Una Trasferta Californiana Per Il Più Inglese Dei Cantautori. Paul Weller – On Sunset

paul weller on sunset

Paul Weller – On Sunset – Polydor/Universal CD

Paul Weller si può ormai considerare tranquillamente una vera e propria istituzione britannica, dal momento che ogni suo album solista uscito a partire dal suo debutto omonimo del 1992 è entrato dritto nella Top Ten UK, nella maggior parte dei casi oscillando tra la prima e la seconda posizione. Tutto ciò è dovuto sicuramente allla reputazione conquistata dal musicista inglese quando era a capo dei Jam prima e degli Style Council dopo, abbinata ad una indubbia capacità nel songwriting, anche se l’elemento determinante per farne un artista così popolare in terra d’Albione (e viceversa così poco considerato in America) sono i testi intrisi fino nel profondo di cultura, usi e costumi del Regno Unito, oltre al fatto di essere stato una delle figure centrali della rinscita del movimento Mod (da cui il suo soprannome, “The Modfather”). Pur con tutte le differenze del caso, vedo dei paralleli con il gruppo più British degli anni sessanta, ovvero i Kinks, anche perché sia Ray Davies che lo stesso Weller hanno sempre guardato musicalmente all’America.

Nel caso di Paul, i suoi generi di riferimento sono il soul ed il rhythm’n’blues, che mescolati con il suo indiscutibile gusto pop hanno forgiato il suono che è ormai il suo marchio di fabbrica e che gli ha permesso di creare album ormai considerati dei piccoli classici nel suo paese d’origine, come Stanley Road, Wild Wood, Illumination e 22 Dreams (anche se personalmente il Weller che preferisco lo trovo nel bellissimo disco di cover del 2004 Studio 150 e soprattutto nello splendido box quadruplo dedicato al meglio dei suoi concerti alla BBC).Il nuovo lavoro del cantante del Surrey, On Sunset, arriva a due anni da True Meanings, un lavoro che ci presentava un lato più intimo ed introspettivo dell’artista, mentre qui ritroviamo il Weller autore pop che ben conosciamo. On Sunset è fin dal titolo un omaggio del nostro alla California (fatto corroborato dalle foto interne al booklet del CD, che ritraggono Weller a bordo di una decappottabile sulle strade di Los Angeles), ed anche il suono è decisamente più arioso e strumentato che sul disco precedente, con una serie di brani di soul-pop raffinato che come al solito si rivelano un ascolto piacevole.

I suoni sono moderni ma tenuti abbastanza a bada, la produzione è decisamente professionale (ad opera dello stesso Weller con Jan Stan Kybert) e la band di supporto conta diversi elementi di valore come il chitarrista Steve Cradock (presenza fissa nei dischi di Paul), l’ex Style Council Mick Talbot all’organo, la sezione ritmica formata da Andy Crofts al basso e Ben Gordelier alla batteria ed una lunga serie di altri musicisti e voci di supporto, oltre all’uso qua e là dei fiati ed una piccola sezione d’archi. Paul apre il CD con Mirror Ball, una pop ballad sognante ed eterea dai suoni moderni ed un’atmosfera di fondo che sembra trarre ispirazione dalle vecchie pellicole hollywoodiane, un brano che scorre abbastanza facilmente pur non lasciando più di tanto il segno nonostante gli oltre sette minuti di durata. Decisamente meglio Baptiste, un pezzo più diretto dal buon sapore soul con un tappeto strumentale ricco ed un motivo piacevole guidato dall’organo e dalle chitarre; Old Father Tyme è un errebi ritmato dal sound pieno e rotondo, un cocktail riuscito e sufficientemente coinvolgente (non sono contro i suoni moderni quando sono usati con intelligenza), mentre Village è una pop song dalla melodia deliziosa ed un mood di fondo solare e californiano: puro Weller doc.

More è un po’ troppo levigata e da cocktail party per i miei gusti, molto meglio la title track, che inizia con il rumore delle onde ed un riff di chitarra acustica per poi proseguire con una buona linea melodica ed ancora un retrogusto soul, un brano semplice ma ben costruito. Con Equanimity torniamo di botto in Inghilterra per una squisita e saltellante pop song in pieno stile sixties con elementi vaudeville, e restiamo in UK anche con la seguente Walkin’, altra canzone orecchiabile guidata dal piano e da un solido motivo di matrice pop-errebi; la fin troppo radiofonica e commerciale Earth Beat (in duetto con la giovane popstar Col3trane) e la limpida ballata Rockets, tra le più belle del disco e con una splendida orchestrazione, chiudono il CD “normale”, dato che esiste anche un’edizione deluxe con cinque brani in più, cioè un mix orchestrale di On Sunset, una versione strumentale di Baptiste e tre inediti dalla qualità altalenante (l’elettronica ed orripilante 4th Dimension, il trascinante pop-rock Ploughman, con il suo organo molto anni sessanta, e la discreta slow ballad acustica I’ll Think Of Something).

On Sunset è dunque un altro piacevole tassello nella carriera di Paul Weller, un disco che contribuirà a consolidare la sua enorme reputazione in patria e continuerà a renderlo invisibile oltreoceano nonostante l’ispirazione californiana.

Marco Verdi

Novità Di Aprile Parte I. Mark Kozelek, Mountain Goats, Alela Diane, Steve Cradock, Roger Waters Eccetera

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Intanto mi scuso per il Post veloce di ieri ma il Blog funzionava bene per chi leggeva ma non per chi scriveva per cui mi sono arrangiato alla meglio. Ma veniamo alle prime uscite di Aprile, martedì 4 (escluse tutte quelle che vi ho già dato con largo anticipo) e riguardano nomi non notissimi ma interessanti, da divulgare, direi in alcuni casi.

Partiamo con Bill Callahan, l’ex (?) leader degli Smog pubblica il suo nuovo album Apocalypse etichetta Drag City dist. Self. Registrato dal vivo in studio con il suo gruppo sono solo sette brani con la conclusiva One Fine Morning che supera abbondantemente gli otto minuti. Come di consueto tra Leonard Cohen e Nick Cave (con qualche spruzzata di Cat Stevens) a livello vocale ma più complesso del solito negli arrangiamenti con un inconsueto flauto che fa capolino qui e là. In una parola “bello”!

Mark Kozelek si divide tra i Red House Painters e i Sun Kil Moon ma ogni tanto pubblica anche degli album solisti come nel caso di questo What’s Next To The Moon già uscito nel 2001 che viene ripubblicato in questi giorni. Si tratta di un disco di cover “acustiche” di brani degli AC/DC.

Steve Cradock è il chitarrista e leader degli Ocean Colour Scene ma è anche da più di quindici anni il fido luogotenente di Paul Weller. Questo Peace City West è il suo secondo album da solista ed esce per la “sua” etichetta Kundalini Music. Naturalmente Paul Weller ricambia il favore.

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Solito trio di voci femminili. Alela Diane (qual’è il nome? Tutti e due. il cognome è Bevitori o Menig a seconda se si considera il marito o il padre) approda al suo terzo album, questo Alela Diane & Wild Divine. Se vi piacciono le belle voci femminili, corpose ma agili, immaginate la Dolores O’Riordan dei primi dischi dei Cranberries anche musicalmente. Fatto? Adesso aggiungete la produzione di Scott Litt (proprio quello dei R.E.M.), una bella manciata di canzoni e le chitarre dei due signori citati prima, marito e padre, strano caso di musica fatta in casa. Risultato finale uno dischi migliori di cantautrici usciti recentemente, tra Canada e California musicalmente parlando. Etichetta Rough Trade/Self. Chi fa una versione di Matty Groves così bella è dei “nostri”a prescindere!

Sarabeth Tucek è stata una bella sorpresa, non conoscevo se non marginalmente avendo ascoltato distrattamente il primo disco. Ma questo Get Well Soon con la sua cristallina voce che ricorda vagamente quella di Karen Carpenter inserita in un ambito folk-rock è decisamente affascinante. A inizio carriera era la voce di supporto di Bill Callahan (casualmente) mentre il suo omonimo disco di debutto era prodotto da Ethan Johns e Luther Russell che è rimasto anche in questo nuovo album. Pensate a una sorta di Neil Young meno feroce (ma ogni tanto le elettriche viaggiano) al femminile. Etichetta Sonic Cathedral.

Anche Julianna Barwick mi era ignota. Questo The Magic Place è il suo terzo album e devo dire che mi ha incuriosito l’etichetta, la Asthmatic Kitty Records. Cosa ha pensato questa volta Sufjan Stevens? Niente. Nel senso che ha fatto tutto lei ma proprio tutto, solo voce o meglio tante voci sovrincise a ripetizione per creare questo effetto veramente strano e “magico” di non facile impatto al primo ascolto ma affascinante. Da ascoltare con attenzione.

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Se avete un po’ di soldi da sbatter via o se siete dei fans di Roger Waters (propenderei per la seconda ipotesi) la Sony/Bmg pubblica il prossimo martedì, in occasione del tour di The Wall, quel cofanetto che contiene tutti gli album da solista dell’ex Pink Floyd. Non ci sono inediti o rarità, fate vobis. Sono 7 CD + 1 DVD a prezzo speciale. Almeno quello.

I Mountain Goats sono uno dei gruppi storici, e migliori, della scena indie americana, questo All Eternal Decks è il loro tredicesimo album. Quattro diversi produttori e quattro studi per registrarlo, il tema di fondo è l’occulto, almeno per i testi. Qualche titolo: Damn These Vampires, Birth Of The Serpents ma anche For Charles Bronson e Liza Forever Minnelli. In America è già uscito da una settimana e anche in Italia, etichetta Tomcat/Audioglobe, loro sono veramente bravi tra ballate e pezzi rock molto lineari, uno dei migliori gruppi americani tra R.e.m. della prima onda e Yo La Tengo.

That’s All Folks!

Bruno Conti