Lasciatemi Suonare, Sono Un Chitarrista! Tom Petty And The Heartbreakers – Hypnotic Eye

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Tom Petty & The Heartbreakers – Hypnotic Eye – Warner Bros 29-07-2014

Come avranno notato i più arguti, il titolo del Post parafrasa un verso del grande vate, il cantante italiano più famoso di tutte le Russie, e vuole celebrare un disco dove il suono della chitarra rock è il padrone assoluto del contenuto di questo Hypnotic Eye, il seguito di Mojo, disco dalle critiche controverse (ma che a chi scrive era piaciuto assai, http://discoclub.myblog.it/2010/06/09/averne-cosi-tom-petty-the-heartbreakers-mojo/) e del “bruttino”, questo concordemente, The Last DJ, sempre nell’ambito della discografia pettyana, perché poi non era un disco orribile. In mezzo sono usciti Highway Companion, disco del solo Tom Petty, il disco dal vivo, solo in vinile, Kiss My Amps Live e lo stupendo cofanetto celebrativo dell’attività concertistica di Petty e del suo gruppo, Live Anthology. Il nostro amico è un personaggio “strano”, dal carattere a tratti spigoloso, ma è anche uno dei grandi della musica americana, siamo sui livelli di Springsteen, Young, Mellencamp e altri numeri uno, e come questi personaggi si affida, per veicolare le sue canzoni, ad una grande band, gli Heartbreakers. Quest’anno, uno dei componenti del gruppo, Benmont Tench, ha pubblicato un disco solista, You Should Be So Lucky, molto bello e che era puro Heartrbreakers sound, quindi per distinguersi, il nostro amico Tom ne pubblica uno che segna un ritorno allo spirito più rock e ribaldo della sua band, quello garagista e innamorato degli anni ’60 dei primi due album, ma anche delle canzoni più dure e tirate del suo repertorio, dove la chitarra,quella di Mike Campbell, è la grande protagonista, ma anche Petty la suona parecchio, per un album che potrebbe essere una sorta di live in studio, con il gruppo che in sala di registrazione è stato in grado di rendere il proprio suono potente come nella performances in concerto, quindi poco jingle jangle e tante chitarre sparate a mille.

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Insomma, se magari manca una American Girl o una Refugee, ci sono molte Breakdown, Anything That’s Rock And Roll, Fooled Again, I Need To Know, o le mitiche cover degli amati Animals, come Don’t Bring Me Down, Yardbirds via Bo Diddley, I’m A Man, per non parlare di Eddie Cochran o Chuck Berry. Lo sta a testimoniare immediatamente una canzone come American Dream Plan B  https://www.youtube.com/watch?v=wSWJZzoznaY , un pezzo dal testo “incazzoso” sulla situazione americana, che si apre con un riff distorto e rabbioso di chitarra, che ci riporta al sound dei primi album, voce “trattata”, ritmica subito in overdrive, Campbell che conquista il centro della scena con le sue chitarre (anche una timida acustica che non farà più la sua ricomparsa fino al settimo brano e poi nell’ultimo) e i suoi assolo, il brano si apre e si “rinchiude”, a livello di suono, ma rimane cattivissimo, con Ron Blair al basso e Steve Ferrone alla batteria, molto presenti e anche la chitarra ritmica di Scott Thurston e la tastiere di Tench contribuiscono a questo suono sparatissimo. Fault Lines, non cambia di una virgola, la voce torna quella tipica, ma il tiro rimane molto garage, chitarra con wah-wah e fuzz, atmosfere sonore che potrebbero uscire da qualche vecchio singolo tratto da Nuggets, assoli brevi e taglienti, ma sempre presenti e ripetuti, della chitarra di Campbell, le tastiere a colorare il suono, l’armonica di Thurston che fa capolino nel finale https://www.youtube.com/watch?v=U-4-sT2KFdo .

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Il gusto per la melodia di Petty non manca, sentitevi un brano come Red River, sempre duro e senza compromessi, ma con quelle improvvise aperture ariose che da sempre caratterizzano le migliori canzoni della band, quello che sembra un sitar diventa immediatamente una chitarra a volume dieci e poi si insinuano le armonie vocali della band  https://www.youtube.com/watch?v=Qv3oaDX9ikYFull Grown Boy è una strana ballata jazzata, quasi leziosa e sinuosa, con la voce che si addolcisce, un assolo della solista di Campbell, in punta di dita e il delicato lavoro delle tastiere di Benmont Tench. Tutti brani che crescono ad ogni ascolto, forse nessuno che diventerà un nuovo inno (ma non è detto) però tante canzoni solide e messe in bella evidenza dalla produzione sgargiante di Ryan Ulyate, che affianca i soliti Petty e Campbell.

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Nuovamente una pioggia di chitarre che si intrecciano nell’affascinante All You Can Carry, che potrebbe ricordare le cose più elettriche della West Coast di CSNY, qualche accenno di psichedelia e tanta bella musica, altro brano decisamente sopra la media, potrebbe ricordare certe cose di Jonathan Wilson, altro amante di questo sound che profuma di Laurel Canyon. Power Drunk ha sempre questo ritmo scandito che tanto ricorda le scorribande chitarristiche dei brani citati in apertura, pennate di chitarra che sono delle esplosioni di pura forza. la voce sardonica ed inconfondibile di Tom che guida le danze, che sono sempre rock, non si fanno prigionieri anche quando i ritmi rallentano leggermente, le tastiere di Bench fiancheggiano sempre le chitarre di Campbell, che dà fondo a tutto il suo armamentario di suoni. I riff tornano feroci ed incalzanti in una breve e devastante Forgotten man, puro Animals sound fine anni ’60, ma rivisto attraverso l’ottica di Tom Petty e degli Heartbreakers. Sins Of My Youth è un brano che mi ha ricordato certe cose del suo amico George Harrison, un brano dalle atmosfere sospese e sognanti, dove anche la voce di Tom ricorda molto quella dell’ex Beatle, una piccola oasi di quiete nel furore incontenibile del resto del disco.

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Che si riaccende nella riffatissima U Get Me High, dove Blair si inventa un dancing bass che sostiene le consuete sferzate della chitarra di Mike Campbell, veramente grande protagonista di questo Hypnotic Eye, è proprio il caso di dire che un assolo tira l’altro e ognuno è diverso dal precedente, li accomuna solo del sano e verace rock https://www.youtube.com/watch?v=6kiy-GLMNxA . L’altro amore di Petty, come è noto, è il Blues, Burnt Out Town lo illustra, pianino di ordinanza, l’armonica di Thurston che riappare e le “solite” rasoiate di chitarra. Siamo quasi alla fine, c’è tempo ancora per la lunga Shadow people, sei minuti e mezzo di puro Heartbreakers sound, un brano dalla tipica struttura in crescendo, che diventerà probabilmente uno dei nuovi cavalli di battaglia del gruppo dal vivo, con un inconsueto intermezzo di un vibrafono che appare come dal nulla, prima di lasciare spazio alla acidissima chitarra di Campbell, ma anche Petty e Thurston aggiungono le loro, con l’organo di Tench che disegna inquietanti ghirigori sullo sfondo, il finale lascia presagire future jam sui palchi del prossimo tour https://www.youtube.com/watch?v=WldcdTMc0_8 , prima che una gentile chitarra acustica ci accompagni alla “morale” finale della canzone. Un “ritorno” al rock chitarristico, se mai se ne erano allontanati!

Bruno Conti