The Art Of McCartney – Arctic Poppy 2CD – Deluxe 2CD/DVD – Super Deluxe 4CD/DVD/4LP/USB
E’ solo negli ultimi anni che la critica “intelligente” ha riabilitato e sdoganato Paul McCartney. Infatti, per decenni il buon Paul era considerato l’anima poppettara e commerciale dei Beatles, a lui si preferiva di gran lunga John Lennon, che rappresentava alla perfezione l’essenza di artista radical-chic, con cuore a sinistra e portafoglio a destra (e lussuoso appartamento nell’Upper West Side di New York), o anche George Harrison (da sempre il Beatle preferito da chi scrive), per la sua riservatezza, la sua spiritualità, il suo sarcasmo e la sua elegante e raffinata tecnica chitarristica (Ringo Starr è invece sempre stato visto come il simpaticone del gruppo e basta).
A concorrere all’opera di riabilitazione artistica di McCartney un posto di primo piano lo occupa questo sontuoso tributo appena uscito, The Art Of McCartney, nel quale le canzoni dell’ex scarafaggio vengono rivisitate da una serie impressionante di artisti.
Il curatore e produttore del progetto, Ralph Sall, è un esperto del settore, avendo in passato pubblicato lo splendido Deadicated, che omaggiava i brani dei Grateful Dead, ed il popolarissimo Common Thread, dedicato agli Eagles (Stoned Immaculate, che riguardava le canzoni dei Doors, è meno conosciuto). Sall ha impiegato ben undici anni per mettere insieme il cast presente su questo tributo (non faccio nomi per ora per non ripetermi dopo), ma il risultato finale lo premia oltremodo: The Art Of McCartney è un lavoro splendido, nel quale tutti gli artisti coinvolti hanno dato il meglio, con esiti quasi sempre eccellenti, specie nel primo CD, che sfiora a mio parere il massimo dei voti.
Certo, ci sono dei brani sottotono, qualche assenza importante (la più clamorosa quella di Ringo, ma aggiungerei anche quella di Elvis Costello, che alla fine degli anni ottanta collaborò con Paul alla stesura di varie canzoni), ma è il classico pelo nell’uovo: The Art Of McCartney è senza dubbio il tributo dell’anno, ed uno dei più belli degli ultimi anni.
Merito anche dell’idea di Sall di usare come house band, tranne pochi casi, il gruppo che da anni accompagna Paul dal vivo, e che quindi conosce le canzoni a menadito: Brian Ray, Rusty Anderson, Paul “Wix” Wickens ed Abe Laboriel Jr.
E poi ci sono, naturalmente, le canzoni, molte delle quali sono tra i capolavori degli ultimi cinquant’anni. L’album esce in versione standard doppia con 34 canzoni, doppia con un DVD che presenta un documentario sulla realizzazione (che al momento non ho ancora visto), ed una Super Deluxe Edition con un CD aggiuntivo con otto brani extra, un altro CD che però è la parte audio del documentario, il DVD, quattro LP colorati con tutte le 42 canzoni ed una chiavetta USB a forma di basso Hofner con i pezzi dei primi due dischetti (oltre ad uno splendido libro, vari poster, ecc.).
Ed è proprio questa versione che vado ad esaminare.
Il tributo si apre con il redivivo Billy Joel che rifà alla grande Maybe I’m Amazed, la prima grande canzone del Paul solista: Billy è in ottima forma, è ancora in possesso di una gran voce, e la band fornisce un background lucido e potente. Non male come inizio https://www.youtube.com/watch?v=8nJZwRIy8G8 .
Il fiore all’occhiello del lavoro è senza dubbio la presenza di Bob Dylan: il Vate rifà alla sua maniera Things We Said Today, uno dei brani simbolo del periodo noto come Beatlemania, la band lo segue con discrezione e Bob dylaneggia alla grande, secondo me divertendosi non poco https://www.youtube.com/watch?v=efr5XyMd-sw .
Mi sono sempre piaciute le Heart (soprattutto Nancy Wilson, e non solo musicalmente), e con Band On The Run, una delle grandi canzoni di Paul, hanno gioco facile: il brano si impenna come al solito con l’arrivo del tema centrale ed Ann Wilson si dimostra una cantante di peso (battuta scontata, lo so) https://www.youtube.com/watch?v=mXBLUmAo0j8 .
Steve Miller negli ultimi anni ne ha azzeccate poche, ma Junior’s Farm è una pop song gradevole e Steve non delude; di primo acchito The Long And Winding Road non è il primo pezzo che assocerei a Cat Stevens (o Yusuf che dir si voglia), ma il Gatto è ancora un grande e la sua versione, pianistica e senza l’overdose di archi dell’originale dei Beatles, è ben fatta.
Quel piacione di Harry Connick Jr. se la vede con My Love, un brano che mi ha sempre lasciato indeciso: melodia bellissima ma arrangiamento troppo zuccheroso nell’originale di Paul (anzi, dei Wings), e qui il dubbio rimane perché Harry non cambia una virgola, anche se la voce non è male.
Ed ecco uno degli highlights del triplo CD: Brian Wilson si porta la sua band da casa e ci regala una versione scintillante di Wanderlust https://www.youtube.com/watch?v=kG9tXM_x_1o , uno dei brani di punta di quel grande disco che era Tug Of War. L’ex leader dei Beach Boys è in forma smagliante, e se non fosse per il “giovanotto” che incontreremo tra due brani, la palma del migliore se la aggiudicherebbe lui. Bluebird, per contro, è un pezzo che non ho mai amato, e Colinne Bailey Rae non fa molto per farmi cambiare idea.
Non pensavo di dover arrivare nel 2014 per ascoltare la versione definitiva di Yesterday, un brano che vanta circa 315.600 riletture, eppure Willie Nelson riesce, con il solo ausilio della sua voce, di tre strumenti in croce e di tonnellate di feeling, a regalarci qualcosa di meraviglioso, al limite del commovente: a 81 anni Willie è ancora uno dei numeri uno, e che voce… https://www.youtube.com/watch?v=0KZYBvkVq0M
Da brividi.
Il mio amico Jeff Lynne non ha mai fatto mistero di essere un grande fan di McCartney, e la sua versione della bella Junk ha il suo tocco tipico (oltre ad un suo intervento in sede di produzione) e si rivela godibilissima, come peraltro anche l’ex leader dei Bee Gees (e purtroppo l’unico in vita), Barry Gibb, con una divertente e scanzonata rivisitazione di When I’m 64.
Confesso di non conoscere Jamie Cullum, ma la sua Every Night è fatta con gusto e misura, mentre un altro momento clou è la riproposizione di Venus And Mars/Rock Show da parte dei KISS: Gene Simmons e Paul Stanley (gli altri due non ci sono) fanno quello che sanno fare meglio, cioè rock’n’roll, e la canzone ne esce rivitalizzata, addirittura non di tanto inferiore all’originale.
Paul Rodgers è ancora in possesso di una gran voce, e Let Me Roll It è una grande canzone: il risultato non può che essere esplosivo, meglio di quanto faccia Roger Daltrey con Helter Skelter, ma forse solo perché il brano mi piace di meno. Perfino i Def Leppard si ricordano di essere una rock band che quando vuole sa suonare, e la loro Helen Wheels ha un sapore boogie che l’originale non aveva; viceversa, i Cure non mi sono mai piaciuti, anche se alle prese con Hello Goddbye (insieme al figlio di Paul, James McCartney) riescono a non deludere https://www.youtube.com/watch?v=uDxDW9jEjHg .
Billy Joel apre anche il secondo CD, stavolta con la potente Live And Let Die; stesso discorso fatto prima; non pensavo che Let It Be, un capolavoro ma comunque una ballata, potesse riuscire bene nelle mani di Chrissie Hynde, che è essenzialmente una rockeuse, ma la bruna leader dei Pretenders fornisce un’interpretazione di gran classe https://www.youtube.com/watch?v=0egprfEy6yM .
Robin Zander e Rick Nielsen dei Cheap Trick si occupano di Jet, e qui più che in altri momenti affiora l’effetto karaoke, in quanto il brano è proposto pari pari; meno male che c’è Joe Elliott, in ottima forma anche senza i Leppard, che rocka e rolla da par suo con la trascinante Hi Hi Hi.
Ancora le Heart, ancora brave con l’ottima Letting Go, mentre meno bene la seconda chance di Steve Miller: Hey Jude, grandissima canzone, non è secondo me assolutamente tagliata per lui (una provocazione: e chiamare a cantarla Julian Lennon, primogenito di John, dato che Paul l’aveva dedicata a lui?).
I peggiori del lotto sono però gli Owl City, una band di pop elettronico senza alcun talento (ma che ci fanno qui?), che provano a rovinare Listen To What The Man Said e non ci riescono del tutto solo perché la canzone è bella; Perry Farrell invece si dimentica di essere il leader dei Jane’s Addiction e mi stupisce con una versione decisamente in parte di Got To Get You Into My Life, mentre mi aspettavo di più da Dion: il rocker del Bronx, alle prese con Drive My Car, sembra infatti avere il freno a mano tirato.
Allen Toussaint è un grandissimo arrangiatore, un ottimo pianista ma come cantante non è mai stato il massimo, e pertanto alla sua Lady Madonna manca qualcosa (peccato), ed anche Dr. John, solitamente una sicurezza, arranca non poco con Let ‘em In, a causa anche della pochezza del brano.
Per fortuna termina questo piccolo momento di crisi con il grande Smokey Robinson: So Bad è una bella canzone romantica, con il tasso zuccherino tenuto a bada, e poi il vecchio Smokey ha ancora una grande voce. I poco noti Airborne Toxic Event rilasciano un’ottima No More Lonely Nights in versione ballata acustica, una piccola perla, mentre Alice Cooper è una delle migliori sorprese del tributo: non pensavo che un giorno avrei trovato il suo nome nella stessa frase con la parola “classe”, ma provate ad ascoltare la sua Eleanor Rigby e poi mi direte. Da non credere https://www.youtube.com/watch?v=sdsevtSO_FU .
Non amo molto il reggae, ma Toots Hibbert, insieme con Sly & Robbie, rilascia una versione divertente e solare di Come And Get It (un brano a suo tempo ceduto da Paul ai Badfinger), l’enorme (in tutti i sensi) B.B. King bluesa da par suo con On The Way (alzi la mano che si ricorda la versione di Paul, era su McCartney II), mentre chiude il doppio CD “regolare” il rossocrinito Sammy Hagar, che alle prese con Birthday ci regala una versione un po’ sguaiata e sopra le righe.
Il terzo dischetto vede ancora sotto i riflettori Robert Smith, stavolta senza i Cure: C Moon non è mai stata una gran canzone, e Smith non è certo quello che può migliorarla; Booker T. Jones invece personalizza alla grande Can’t Buy Me Love, sostituendo la parte cantata con il magico suono del suo organo: eccellente. Ma il top il CD lo raggiunge con Ronnie Spector, che fornisce una grande interpretazione di P.S: I Love You: con alle spalle un wall of sound che avrebbe fatto felice l’ex marito Phil Spector, l’ex leader delle Ronettes tira fuori una voce modificata dagli anni e dai vizi, ma profonda e carismatica come poche (alla Marianne Faithfull per intenderci). Meritava di stare nei primi due CD. Sempre scuderia Spector con Darlene Love: qui la voce è ancora purissima, e All My Loving è sempre bella; Ian McCulloch, ex frontman di Echo & The Bunnymen, non è un granché, e così anche For No One risulta un po’ piatta.
La band indie svedese Peter, Bjorn & John rifà molto bene Put It There, una delle ballate acustiche di Paul che preferisco (complimenti anche per la scelta), mentre la “nonna del rock” Wanda Jackson mostra grinta e feeling nella mossa Run Devil Run, nonostante la voce da cartone animato. Chiude ancora Alice Cooper, che dimostra di essere in stato di grazia roccando con finezza e misura con la coinvolgente Smile Away.
Un opera importante quindi, nonostante qualche episodio di livello inferiore: so che questo tributo ha ricevuto critiche controverse da più parti, ma per quanto mi riguarda rientra nella categoria imperdibili.
Marco Verdi
*NDB Come forse sapete anche il titolare del Blog, cioè il sottoscritto è un fan dei Beatles, e di conseguenza di Paul McCartney, anzi alla famose domande: preferisci i Beatles o i Rolling Stones? Ami di più Paul McCartney o John Lennon? Ho sempre risposto: entrambi (ma con una leggerissima preferenza per i primi in entrambi i quesiti, anche se non era politically correct)! Quindi mi unisco agli elogi di Marco per questa operazione, ma secondo me ci si può “accontentare” anche della versione in doppio CD!