Lydia Loveless – Real. Non Solo Country-Punk, E’ Un Bene?

lydia loveless real

Lydia Loveless – Real – Bloodshot/Ird

La giovane cantante dell’Ohio Lydia Loveless (26 anni il 4 settembre) approda al terzo album per la Bloodshot (più un Mini e un disco pubblicato nel 2010, ma registrato anni prima e poi tenuto in sospeso per parecchio tempo) e rispetto al country-punk, all’honky-tonk e all’alternative country dei dischi precedenti, Somewhere Else del 2014 e Indestructible Machine http://discoclub.myblog.it/2011/09/13/giovani-talenti-lydia-loveless-indestructible-machine/, c’è una maggiore svolta verso un pop-rock più morbido, meditato e bene arrangiato, anche se, come dice lei stessa nella presentazione di questo Real, i suoi testi sono sempre “onesti, veri e reali” https://www.youtube.com/watch?v=OuoYv56HVpA (e questa volta dopo Steve Earle Chris Isaak, niente “omaggi” ad altri cantanti).Il produttore è pur sempre lo stesso dei dischi precedenti, il fedele Joe Viers, i musicisti  in gran parte anche, compreso il bassista Ben Lamb, ed essendo il marito si comprende pure. La voce rimane pimpante, calda ed espressiva, uno degli aspetti migliori della sua musica, anche le chitarre sono presenti in modo massiccio, però quasi tutti i musicisti utilizzati nell’album sono accreditati pure con l’uso delle tastiere, al posto del violino e del banjo del passato, creando in parte una impressione più levigata, patinata (il termine inglese slick rende bene l’idea) e anche se il disco ha avuto ottime critiche, fin ad ora una media dell’otto, o se preferite quattro stellette, si ha come l’impressione che questa svolta pop e radiofonica non sia più così aderente ai suoi infuocati e selvaggi concerti https://www.youtube.com/watch?v=0rkd4ou8v8M , dove la Loveless spesso si presenta come una vera forza della natura (a questo proposito esiste un bellissimo recente documentario su di lei, Who Is Lydia Loveless?) https://www.youtube.com/watch?v=D1aIaHL38A8 .

Potrebbe essere, ma non credo, che la sua passione per cantanti come Kesha, Katy Perry e Prince (?!?), dei quali Lydia ha eseguito (ed anche inciso) cover dei loro pezzi, abbia un po’ annacquato la sua grinta o forse per rimanere nell’industria discografica, sia pure quella indipendente rappresentata dalla Bloodshot, si richiede qualche compromesso. Sta di fatto che questo album mi sembra ripercorra, se non nelle voci quantomeno nell’approccio, le strade di Maria McKee, selvaggia e senza compromessi all’inizio, nei primi Lone Justice, o della Chrissie Hynde dei Pretenders, rispetto alle loro versioni successive più “leggere” e pop(olari). Magari è una semplice evoluzione naturale della sua musica, più matura e meno ruspante. Il disco al sottoscritto non dispiace per niente, ma rimpiango ogni tanto quelle belle schitarrate ed esplosioni di energia che caratterizzavano le prove precedenti, magari sarà solo un disco interlocutorio e in ogni caso, nell’ambito pop a cui appartiene, è sicuramente nettamente superiore alla media dei prodotti equivalenti. Canzoni come l’iniziale Same To You, una bella combinazione di chitarre twangy e pedal steel, un ritmo incalzante e la bella voce, sicura e dal timbro ricco e variegato, di una che conosce come trattare la materia rock, costituiscono un buon esempio del nuovo sound più radio-friendly, diverso dal passato ma comunque sempre valido, basta abituarcisi; Longer, con qualche tocco di tastiere in più, ha comunque un bel riff R&R, interessanti intrecci di chitarre cristallini e incantevoli armonie vocali per una incalzante costruzione sonora, in aria di 70’s rock https://www.youtube.com/watch?v=Pr4RZNDIJik . More Than Ever è una delicata mid-tempo ballad,dalla seducente melodia, con il suono delle Rickenbacker ad evocare quello della conterranea Chrissie Hynde, mentre Heaven, scritta con il chitarrista Todd May (che, in riferimento al brano precedente, ha pubblicato un disco che si chiama Rickenbacker Girls) è basata su un “grasso” ed insistente giro funky del basso e potrebbe ricordare la Stevie Nicks meno romantica e più carnale, altro riferimento ricorrente, pure in passato, delle influenze vocali di Lydia Loveless.

Anche Out On Love rimane in questo ambiente sonoro vicino ai Fleetwood Mac, di nuovo una ballata romantica, con la voce in primo piano e raffinati tocchi di chitarra e tastiere, ma niente ritmica, ad avvolgere il cantato https://www.youtube.com/watch?v=r8-Pl7u1wyM . Midwestern Guys è un’altra gagliarda canzone di impianto pop-rock, che quello che parzialmente perde in grinta acquista in un raffinato arrangiamento, dove la voce è comunque sempre la trave portante della costruzione sonora. Bilbao vira verso un alternative-indie-rock piacevole, forse troppo già sentito e manieristico, magari poco incisivo, con Europeans che è probabilmente la canzone che più si avvicina al classico rock’n’country degli album precedenti, con acustiche ed elettriche che si intrecciano piacevolmente sul cantato sempre gradevole ed in questo caso decisamente partecipe della nostra amica. Non manca il momento acustico della dolce Clumps, dove la voce è più vulnerabile e meno assertiva, per quanto sempre affascinante  https://www.youtube.com/watch?v=eraIC6hoYrw. La conclusione è affidata alla bella title-track Real, di nuovo affidata al cristallino e rintoccante suono delle chitarre e della pedal steel di Jay Gasper, altro perfetto esempio di “pure pop for now people” come direbbe Nick Lowe https://www.youtube.com/watch?v=Cmvr4sdoqOA , Vedremo cosa porterà il futuro, il talento c’è, le canzoni richiedono qualche ritocco qui e là, ma più o meno ci siamo.

Bruno Conti 

“Pop Californiano” Ai Massimi Livelli! Fleetwood Mac – Tusk

fleetwood mac tuskfleetwood mac tusk deluxe

Fleetwood Mac – Tusk – Warner CD – Deluxe 3CD – Super Deluxe 5CD/DVD/2LP

Nel 1979 i Fleetwood Mac si trovavano nella difficile situazione di dover dare un seguito a Rumours, uno dei dischi più venduti di tutti i tempi (ad oggi siamo a più di quaranta milioni di copie), uno di quei capolavori di arte, commercio ed equilibrio che di solito riescono una volta nella vita, quasi un greatest hits se stiamo a guardare l’elenco delle canzoni presenti. Un caso in cui le tensioni personali (sia Lindsey Buckingham e Stevie Nicks che Christine e John McVie stavano divorziando, e pure Mick Fleetwood si stava separando dalla moglie) sono da sprone a tirar fuori il meglio da tutti quanti. I Mac due anni dopo misero sul mercato addirittura un doppio album, Tusk, che però in un primo momento deluse sia critica che fans, pur vendendo la più che rispettabile cifra di quattro milioni di copie nel primo anno: la gente però si aspettava un Rumours II, e accolse con diffidenza le nuove canzoni, tra le quali mancava una hit della potenza di Go Your Own Way, Dreams o Don’t Stop, giudicando troppe le venti canzoni dell’album e troppo poco immediate ed un tantino pretenziose. I critici lo definirono “un elefante in una stanza” (definizione oggi ironicamente ripresa e messa come titolo nelle note di questa ristampa), e molte copie giacquero invendute nei negozi. Il tempo (ed i ripetuti ascolti) però è stato generoso con Tusk, ed oggi si può tranquillamente ammettere che il doppio album è il lavoro della maturità per il quintetto anglo/californiano, una vetta artistica non di certo inferiore al suo predecessore, che aveva certo il vantaggio di essere più immediato.

fleetwood mac tusk box

Qui Buckingham si prende in maniera decisa la leadership del gruppo (molti insinuano che Tusk sia in realtà il suo primo album da solista), e costruisce una serie di gioiellini tra pop, folk e rock che definiscono il suo stile da qui agli anni a venire, con le sue sonorità stratificate e sovrincisioni vocali e chitarristiche che diventeranno il suo marchio di fabbrica; la Nicks regala le sue tipiche ballate ariose ed anche la McVie, solitamente quella che mi piace meno, è in forma smagliante (forse anche più di Stevie). Questa ristampa, che giunge a due anni da quella analoga dedicata a Rumours, propone nel primo CD (prendo in esame la versione più ricca, ma esiste anche un buon estratto in tre dischetti, oltre alla classica versione singola) il disco del 1979 rimasterizzato, ed è un grande piacere riascoltare i gioiellini di architettura pop presenti al suo interno, dall’iniziale slow Over & Over, ma con un bel crescendo, al trascinante boogie Think About Me (entrambe opera di Christine), alla famosa Sara, alla splendida Storms, uno dei pezzi migliori della Nicks, ai coinvolgenti episodi che vedono Lindsey protagonista (That’s All For Everyone, Not That Funny, la trascinante I Know I’m Not Wrong, la countreggiante That’s Enough For Me  fino alla celebre title track, ancora oggi uno degli highlights delle esibizioni dal vivo del gruppo). Il secondo dischetto, oltre a riproporre le bonus tracks presenti sulla ristampa del 2004 (tra cui una Walk A Thin Line meglio dell’originale), aggiunge una versione alternata della bella Save Me A Place, cinque takes tutte ugualmente godibili di I Know I’m Not Wrong e quattro di Tusk, nessuna delle quali però avvicina quella nota.

Il terzo CD, intitolato The Alternate Tusk si basa su un’idea interessante, cioè dare una visione diversa del disco, proponendo venti outtakes (di cui ben 17 inedite) nella stessa sequenza dell’album originale: il tutto non perde un’oncia della sua bellezza, ed in alcuni punti gli arrangiamenti meno rifiniti e più diretti riescono quasi a migliorare il brano (penso a Think About Me, o ad una Storms acustica ancora più bella e toccante, con la Nicks in forma vocale strepitosa), anche se la chicca assoluta è una Brown Eyes, languida ballata ad opera di Christine, che vede Lindsay duellare chitarristicamente nientemeno che con l’ex leader della versione “british” della band, cioè il grande Peter Green (che era passato a salutare gli ex compagni https://www.youtube.com/watch?v=0yq-Fw7C26Y ), un finale di brano tutto da godere, dato che nell’originale la presenza di Green non era accreditata e la coda del pezzo era stata sfumata. Il quarto e quinto dischetto sono la ciliegina sulla torta: un doppio live registrato tra il 1979 ed il 1980 in varie locations americane, con un gruppo in splendida forma, forse al top assoluto di sempre (non dimentichiamo che Fleetwood e McVie erano/sono una sezione ritmica che non ha paura di nessuno e Buckingham un chitarrista formidabile, sistematicamente e colpevolmente ignorato dalle classifiche dei migliori axemen che piacciono tanto alle riviste specializzate), ed il doppio dischetto è superiore anche al doppio Live ufficiale pubblicato all’epoca, con versioni brillanti di alcuni highlights di Tusk, ma anche ottime riproposizioni dai due dischi precedenti (l’introduttiva e trascinante Say You Love Me, la classica Rhiannon, la scintillante I’m So Afraid, già da allora perfetto showcase per le evoluzioni chitarristiche di Lindsey, la superba Go Your Own Way, una delle migliori rock songs degli anni settanta) ed una sorprendente Oh Well, sentito omaggio del gruppo a Green ed agli esordi come pionieri del british blues.

Completano il box il disco originale sia in doppio LP che in DVD audio. Da Tusk in poi i Fleetwood Mac iniziarono a perdersi un po’: solo due dischi negli anni ottanta (il sottovalutato Mirage ed il commerciale, ma di grande successo, Tango In The Night), usando poi il gruppo (Buckingham e Nicks, e di recente anche la McVie) come una casa con le porte girevoli dalla quale entrare ed uscire a loro discrezione. Ma, almeno all’epoca di Tusk, c’erano poche band al loro livello.

Marco Verdi

Il Disco Dell’Estate! E Dell’Autunno, Dell’Inverno… Warren Haynes featuring Railroad Earth – Ashes And Dust

warren haynes ashes and dust

Warren Haynes featuring Railroad Earth – Ashes And Dust – Provogue CD/Deluxe 2CD

Sono dell’opinione che Warren Haynes sia il miglior musicista emerso in America negli ultimi trent’anni. Un’affermazione importante lo so, ma trovatemelo voi un altro che viene chiamato nella riformata Allman Brothers Band a sostituire Duane Allman (cioè uno dei più grandi chitarristi di tutti i tempi), forma una band da dopolavoro (i Gov’t Mule) trasformandola in uno degli acts più importanti della Terra, gira con i Grateful Dead orfani di Jerry Garcia (ribattezzati opportunamente The Dead) sostituendo proprio il barbuto leader dello storico gruppo californiano, e viene chiamato da Phil Lesh per suonare la solista e cantare nella sua band (anche perché Lesh meno canta e meglio è, per tutti). In mezzo, riesce anche a pubblicare un paio di dischi da solista (Tales Of Ordinary Madness e soprattutto il bellissimo e soul-oriented Man In Motion) oltre a girare con la sua band e stampare anche due live (Bonnaroo, acustico, e il formidabile Live At The Moody Theatre). Se a tutto ciò aggiungiamo la sua tecnica chitarristica sopraffina, la sua voce espressiva e “negroide”, la sua indubbia abilità come songwriter e la sua creatività e versatilità, che lo portano a suonare con disinvoltura qualsiasi tipo di musica (gli ultimi live con i Mule ne sono la prova), è chiaro che abbiamo davanti un fuoriclasse assoluto. Nonostante tutto ciò, mai mi sarei aspettato da Haynes un disco come Ashes And Dust, non perché non abbia fiducia in lui (anzi…), ma non pensavo che un album di roots rock e di Americana di questo livello fosse nelle sue corde, dato che nelle sue vene scorre comunque principalmente sangue southern e blues.

Eppure Warren è uno tosto, e per far funzionare al meglio le cose ha pensato bene di chiamare i Railroad Earth, uno dei più noti e validi gruppi del filone roots, e li ha utilizzati come backing band, regalandoci non solo un disco strepitoso, ma anche uno dei più belli del genere negli ultimi anni. La band guidata da Todd Sheaffer è ormai in giro da tre lustri, ha maturato un suo stile ed un suo suono, e quando c’è da jammare non si tira certo indietro: insomma, Haynes non poteva fare scelta più felice. Tanto rock, qualche ballata (ed è qui che Haynes stupisce di più), massicce dosi di folk ed una spruzzata di old time music fanno di Ashes And Dust un disco da accaparrarsi assolutamente. Il CD è molto lungo (quasi ottanta minuti), in quanto il più delle volte Warren ed il sestetto proveniente da Stillwater lasciano correre gli strumenti in jam sessions  (poste il più delle volte in coda alle canzoni) che sono una vera goduria per le orecchie, senza annoiare neppure per un minuto. Come ciliegina, Warren porta anche qualche ospite di prestigio, che interviene in un brano a testa: Grace Potter e Shawn Colvin alle voci, Mickey Raphael all’armonica e gli ex Allman Oteil Burbridge e Marc Quinones.

Si comincia alla grande con la sontuosa Is It Me Or You, una ballata che ha una base acustica, ma dove Warren entra spesso e volentieri con decisi riff elettrici, una melodia di grande bellezza e suggestione ed un suono limpido e potente (il produttore del CD, manco a dirlo, è Haynes stesso), cantata benissimo e con la prima coda strumentale del disco. Inizio formidabile. Anche Coal Tattoo è splendida, cadenzata, con sonorità tra folk e rock ed un altro motivo centrale di grande effetto: è la prima volta che sento il leader dei Mule alle prese con brani di questo tipo, ma sembra che non abbia fatto altro in carriera https://www.youtube.com/watch?v=KtUH4ybNZ6o . Come pure i Railroad Earth si confermano una band coi fiocchi. Blue Maiden’s Tale è una ballata fluida e distesa, che il violino di Tim Carbone, tra i protagonisti del disco, fa somigliare quasi ad un brano dei Fairport Convention più rootsy; Company Man è un folk-rock scintillante, con Sheaffer e soci in gran spolvero ed il solito Haynes gigantesco alla chitarra https://www.youtube.com/watch?v=LX6JyyW0baI ; New Year’s Eve ha un motivo toccante ed una resa sonora superba. Warren Haynes balladeer, una piacevole sorpresa.

Stranded In Self-Pity è ancora un gran pezzo, un brano saltellante tra rock e folk, con il piano in evidenza ed un sapore d’altri tempi (c’è perfino un assolo di clarinetto, opera del polistrumentista degli Earth Andy Goessling): minchia se suonano! Glory Road è l’ennesima canzone di grande impatto emotivo, una ballata suonata con grande classe ed una melodia di prim’ordine. Gold Dust Woman è proprio il famoso brano che Stevie Nicks ha scritto per i Fleetwood Mac (era sul multiplatino Rumours), ma Warren, qui in duetto con Grace Potter, gli toglie la patina californiana e gli dà un sapore paludoso, da blues del Mississippi, e la bionda (e bella) cantante del Vermont si dimostra una partner perfetta; Beat Down the Dust è un’altra roots ballad solida e ben costruita, mentre molto bella è anche Wanderlust, intensa, emozionante, suonata alla grande (con la Colvin alle armonie) https://www.youtube.com/watch?v=Vpuu2lERYj0  ed una struttura molto classica, anni settanta. Spots Of Time con i suoi otto minuti e mezzo è la più lunga del CD, ma è anche una delle più riuscite, con stacchi strumentali spettacolari ed uno sviluppo che per fluidità ricorda molto i Dead (e Warren è un marziano) https://www.youtube.com/watch?v=mBkhu_Ressw ; chiudono l’intensa e cantautorale Hallelujah Boulevard e la sudista (e sudata) Word On The Wind, unico pezzo della raccolta scritto in collaborazione con Sheaffer.

L’edizione doppia dell’album contiene anche un mini CD con quattro brani del disco originale in versione demo, più Hallelujah Boulevard suonata dal vivo sempre con gli Earth, ma direi che il dischetto principale basta ed avanza.

Lo ritroveremo certamente a fine anno nelle liste dei migliori: per me, al momento, è il disco del 2015.

Marco Verdi

Dischi Dal Vivo, “Nuovi E Vecchi”, Più O Meno Ufficiali! Parte 1: Neil Young, Rick Derringer, Stevie Nicks, Lucinda Williams, Howard Wales & Jerry Garcia, Copperhead, Cold Blood, Steve Miller

neil young in a rusted

Sul Blog ho parlato spesso di questi live, più o meno ufficiali (direi meno), quasi sempre incisi bene, tratti da broadcast radiofonici e pubblicati da varie etichette “misteriose”. Li ho recensiti sia in breve, nella rubrica delle anticipazioni discografiche, sia per esteso, ad esempio, recentemente, quelli di Steve Miller http://discoclub.myblog.it/2015/04/11/stadium-rock-depoca-steve-miller-giants-stadium-east-rutherford-n-j-25-06-78/, James Taylor http://discoclub.myblog.it/2014/10/18/vecchi-buoni-james-taylor-feel-the-moonshine-georgia-on-my-mind/, Bonnie Raitt http://discoclub.myblog.it/2015/01/13/i-primi-passi-bonnie-raitt-under-the-falling-sky/, tanto per citarne alcuni, ma nel Blog ne trovate molti altri. Purtroppo spesso manca il tempo per parlare di tutti, almeno i più interessanti, quindi, a cominciare da oggi, vi segnalo, in breve e divisa in più parti, una consistente serie di questi concerti dal vivo.

Partiamo con Neil Young & Crazy Horse In A Rusted Out Garage Tour ’86, lo vedete effigiato sopra, etichetta Air Cuts, qualità sonora tra il discreto e il buono, però gran concerto, Live at “Cow Palace”, San Francisco (CA), 21/11/1986, trasmesso dalla radio FM americana; occhio perché circola anche con altri titoli, comunque sempre di non facilissima reperibilità.

rick derringer at the whisky a go-go

Stessa etichetta anche per Rick Derringer Live At The Whisky A Go Go, February 18, 1977, è lo stesso anno del Derrringer Live, il buon Rick apriva per i Led Zeppelin nel loro ultimo tour americano ed era in gran forma come dimostra questo brano https://www.youtube.com/watch?v=GxS-yKBioJ8. Qualità sonora del broadcast decisamente buona.

stevie nicks the summit

Ancora Air Cuts anche per questo Stevie Nicks The Summit, Houston, Texas, October 6th 1989 trasmesso dalla KSAN-FM Radio. Qulaità sonora buona, ma è il sound anni ’80, tipico del periodo, che è “orrido”.

lucinda williams live on texas music

Qui siamo proprio all’inizio della carriera di Lucinda Williams Live On Texas Music Austin, TX, 4th October 1981, la vede nelle vesti della folksinger dei primi tempi, anche se in alcuni brani è accompagnata dal trio di Austin Uncle Walt, mai sentiti ad onor del vero. Qualità sonora discreta, etichetta sempre Air Cuts, tratta da una famosa trasmissione texana che credo sopravviva tuttora in versione televisiva.

howard wales and friends

Questo è un doppio CD, uscito già da qualche mese per la Echoes, qualità sonora eccellente, da avere assolutamente, attribuito a Howard Wales And Friends With Jerry Garcia Symphony Hall, Boston 26th January 1972, nel tour per promuovere l’album Hooterholl http://discoclub.myblog.it/2010/11/15/il-primo-disco-da-solista-di-jerry-garcia-con-howard-wales-h/, oltre a Jerry Garcia, chitarra e voce e Howard Wales, tastiere e voce, c’erano Roger Troy degli Electric Flag al basso e Jim Vincent degli H.P. Lovecraft alla chitarra, Jerry Love alla batteria https://www.youtube.com/watch?v=-2–JM8Ckyc. 

coppehead live at winterland 1973

Raro concerto dal vivo, Live At Winterland, September 1st 1973, nel caso in questione su etichetta Keyhole, pubblicato su CD da un annetto e relativo al quartetto che Cipollina formò nel 1973 dopo avere lasciato i Quicksilver: questa è la formazione della band, attiva solo quell’anno, John Cipollina – lead guitar; Gary Philippet – vocals, guitar, organ; Jim McPherson – vocals, bass, piano; David Weber – drums. Il set, durata poco meno di un’ora, nove brani in tutto, viene dagli archivi di Bill Graham, e quindi la qualità sonora è ottima, con la chitarra di John Cipollina in grande evidenza https://www.youtube.com/watch?v=Qx2ONAJQIjM, il gruppo era superiore come caratura alla relativa “oscurità” che ha avuto a livello discografico grazie all’unico disco pubblicato per la Columbia nella primavera del ’73.

cold blood live at the fillmore west

Altro piccolo pezzo di storia riportato in questo CD, edito ancora dalla Keyhole nel luglio del 2014, riguarda un’altra band della Bay Area, attiva già dal 1969, i Cold Blood, formazione  che venne consigliata al solito Bill Graham da Janis Joplin. Si trattava di un ensemble di nove elementi, con fiati, che mescolava il classico sound acido della West Coast, con funky, blues, molto soul e jazz, tanto da essere considerati uno dei primi gruppi di quel genere che poi sarebbe stato definito blue-eyed soul, ma di quello bello tosto. Il leader e fondatore della band era il chitarrista Larry Field, ma la stella era Lydia Pense, una cantante jopliniana dalla notevole estensione vocale, ideale per il suono ibrido del gruppo: anche questo CD  Live at the Fillmore West 30th June 1971, viene dagli archivi dell’impresario americano e ha circolato in passato come bootleg, pur con qualità sonora sempre eccellente. Se amate la Joplin qui c’è trippa per gatti! Questo è il concerto del giorno prima…

Domani proseguiamo con altri album, lo Steve Miller nel titolo del Post è quello che trovate linkato all’inizio.

Bruno Conti

Novità Di Ottobre, Parte II, Il “Meglio” Del Resto. Bob Seger, Jackson Browne, Stevie Nicks, Jerry Garcia Band

bob seger ride out

Mi rendo conto che siamo al 31 ottobre, e quindi in teoria è l’ultimo giorno utile, ma visto che lo avevo promesso nel Post dell’altro giorno, questi sono alcuni tra gli altri album interessanti usciti nel mese e di cui non mi ero occupato, sia con Post ad hoc, sia in questa rubrica delle novità. Detto che non escludo recensioni più complete di alcuni di questi titoli, vi anticipo che domani leggerete quella del nuovo album di Melissa Etheridge, mentre altre sono in preparazione (come sapete, scrivendo anche sul Buscadero, mi devo sdoppiare, perchè, come diceva un famoso libro di strafalcioni, “non ho il dono dell’obliquità”, e il tempo è sempre tirannno)!

NewSeger

Il nuovo ( e forse ultimo, nel senso che potrebbe non farne altri) di Bob Seger, si chiama Ride Out, è uscito negli Stati Uniti (ma non in Europa, dove non ha contratto) il 14 ottobre, su etichetta Capitol, ora del gruppo Universal, a otto anni di stanza dal precedente. Per compensare la mancata uscita nel nostro continente negli USA, sono uscite due versioni, quella standar con dieci brani, quella Deluxe, ma singola, con tre brani in più, e, per non farsi mancare mancare nulla, la catena americana Target ne ha pubblicata una ulteriore terza versione con 15 brani.  Questi sono i titoli:

1. Detroit Made
2. Hey Gypsy
3. The Devil’s Right Hand
4. Ride Out
5. Adam And Eve
6. California Stars
7. It’s Your World
8. All Of The Roads
9. You Take Me In
10. Gates Of Eden

Deluxe Edition Bonus Tracks:
11. Listen
12. The Fireman’s Talkin’
13. Let The Rivers Run

Le ulteriori tracce della versione Target sono It All Goes On e Passin’ Through. Detroit Made è una cover di un pezzo di John Hiatt, ma in pratica anche la “storia” della vita di Seger, California Stars viene dalla collaborazione tra Wilco e Billy Bragg sui brani di Woody Guthrie, The Devil’s Right Hand è il classico di Steve Earle. Nel disco, che ha l’inconfondibile suono Seger, appaiono: Rob McNelley, chitarra, al basso Glenn Worf, tastiere/chitarra Jim ‘Moose’ Brown e alla batteria Chad Cromwell. Laura Creamer, Shaun Murphy and Barb Payton sono le voci di supporto,  Vince Gill duetta nel brano Listen, quindi niente Silver Bullett Band. Alla fine del tour deciderà di un eventuale ritiro, ma visti i precedenti mai dire mai, Tina Turner si sarà ritirata ottanta volte, fino al disco o al tour successivo.

jackson browne standing in the breach

Altro bel disco di inizio autunno è questo Standing In The Breach, il nuovo album di Jackson Browne, pubblicato sul mercato americano dalla sua etichetta Inside Recordings, distribuita nel resto del mondo dalla Warner Bros. Anche per il nostro amico Jackson sono passati sei anni dal precedente album di studio Time The Conqueror e, per la serie, non si butta nulla, tra i brani presenti, You Know The Night, una canzone del 2011 e The Birds Of St. Marks, che i fans più accaniti conoscevano sotto forma di demo dal lontano 1970. Queste sono le canzoni:

1. The Birds Of St. Marks
2. Yeah Yeah
3. The Long Way Around
4. Leaving Winslow
5. If I Could Be Anywhere
6. You Know The Night
7. Walls And Doors
8. Which Side
9. Standing In The Breach
10. Here

E anche Here era nella colonna sonora di Shrink: nel disco, e anche nel tour americano, ci sono quei due fenomeni della chitarra, Greg Leisz e Val McCallum, che sostituiscono più che degnamente l’amico David Lindley You Know The Night è un adattamento di un brano di Woody Guthrie (mai fuori moda) e Walls And Doors è la versione inglese di un brano del cantautore cubano  Carlos Varela. Oltre ai due chitarristi citati, nel disco, che ha un bellissimo sound, suona una miriade di musicisti, tra i quali, per citarne alcuni, Jay Bellerose alla batteria, l’immancabile Louis Conte alle percussioni, al basso troviamo Bob Glaub, Taylor Goldsmith dei Dawes, anche alle armonie vocali, Kevin McCormick, che suona nel tour, e la giovane Tal Wilkenfeld, vista in passato con Jeff Beck, Benmont Tench alle tastiere, John Heffington e Jim Keltner alla batteria, ma ce ne sono a iosa, di quelli bravi, altro che Pro-Tools!

stevie nicks 24 carat gold

Mentre è impegnata nel tour 2014/15 dei ritrovati Fleetwood Mac (con il rientro in formazione, dopo 16 anni di assenza, di Christine McVie, e si parla anche di un nuovo album di studio), Stevie Nicks ha trovato il tempo di pubblicare il 7 ottobre per la Reprise, questo 24 Karat Gold: Songs From The Vault, che presenta un nuovo sistema di sfruttare le moderne possibilità della rete. Praticamente la Nicks si è andata a risentire su YouTube i video non ufficiali dei suoi concerti e ha scoperto che in passato aveva cantato molti brani che non erano mai apparsi nei suoi dischi ufficiali, ma invece di pubblicare semplicemente una raccolta di materiale inedito ha deciso di incidere ex novo tutte queste “canzoni dagli archivi”, come fossero nuove. Il risultato è uno dei migliori dischi della Nicks degli ultimi anni. Ovviamente non mancano le edizioni Deluxe con ben due tracce extra, ma si trovano solo per il download, oppure direttamente sul suo sito alla modica cifra di 40 dollari, con libro fotografico e 60 dollari, con photobook e litografia. Se vi accontentate della versione normale queste sono le canzoni:

1. Starshine
2. The Dealer
3. Mabel Normand
4. Blue Water
5. Cathouse Blues
6. 24KT Gold
7. Hard Advice
8. Lady
9. I Don’t Care
10. All The Beautiful Worlds
11. Belle Fleur
12. If You Were My Love
13. Carousel
14. She Loves Him Still

Produce Dave Stewart e anche qui come i chitarristi non andiamo male, Waddy Wachtel, Davey Johnstone e Mike Campbell, che si porta dagli Heartbreakers anche Benmont Tench. L’unica eccezione al materiale d’archivio è una cover di Carousel scritta da Vanessa Carlton, mentre i Lady Antebellum che si occupano delle armonie vocali in Blue Water sono meno “zuccherosi” del solito. Ma tutto il disco ha un sound vecchio stile, molto anni ’70-’80, il periodo migliore di Stevie Nicks.

jerry garcia live volume 5

Per concludere con la lista di oggi, quinto volume della serie dedicata alla Jerry Garcia Band, pubblicata non dalla etichetta dei Grateful Dead, ma dal materiale d’archivo di proprietà della vedova del vecchio Jerry, che esce su etichetta ATO (quella di Dave Matthews). Si tratta di un doppio CD registrato all’ultimo dell’anno del 1975 al Keystone di Berkeley, una delle locations preferite di Garcia.

La serie la conoscete, è molto buona, quindi con pazienza aprite il portafoglio e sui CD troverete questi brani:

Set List
Set 1

Let It Rock
Mother Nature’s Son Tuning
It Ain’t No Use
God Save The Queen Tuning
They Love Each Other
Pig’s Boogie

Set 2

New Year’s Countdown
Auld Lang Syne
How Sweet It Is (To Be Loved By You)
Catfish John >
Mystery Train >
Drums >
Mystery Train

Set 3

Tore Up Over You
C.C. Rider
(I’m A) Road Runner

Novembre sarà un mese ricchissimo di uscite, molte già anticipate, altre di cui si parlerà nei giorni a venire: qualcuno ha detto Storytone di Neil Young? Esatto, esce il 4 novembre, versione singola o doppia. State sintonizzati e leggerete tutto questo, nei limiti del possibile, sul Blog (oltre ai “soliti” dischi per carbonari”, naturalmente)!

Alla prossima.

Bruno Conti

Una Famiglia “Canterina”! Kris Delmhorst – Blood Test

kris delmhorst blood test

Kris Delmhorst – Blood Test – Signature Sounds

La prima volta che ho sentito parlare della signora in questione risale a una decina di anni fa, in occasione dell’uscita dell’album Redbird (03,) inciso con i bravi Peter Mulvey e Jeffrey Foucault, il marito (da qui il titolo del “post”), un ottimo lavoro fatto di suoni fatati, di melodie toccanti che univano le radici della musica americana in perfette “folk-song”. Kris Delmhorst, nata e cresciuta a Brooklyn, NY, trova nella Boston area la sua casa musicale, dove si è fatta le ossa suonando per la strada, nelle metropolitane e facendo concerti nei bar, e dopo aver peregrinato per mezza America (e un po’ d’Irlanda), in quindici anni di intensa attività, alla fine si è guadagnata una discreta reputazione nel circuito folk proprio di Boston. Kris ha pubblicato sei album prima di questo Blood Test, tutti per la rispettabile label indipendente Signature Sounds, a partire da due album belli, ma un po’ acerbi, come Appetite (98) e Five Stories (01), trovando poi con i seguenti Songs For A Hurricane (03) e  Strange Conversation (06) quel posto al sole che tutti i “songwriters” cercano e desiderano, confermandosi in seguito con Shotgun Singer (08) e con Cars (11) un tributo alla band di Boston, dal sound corposo e diretto (anche grazie alla presenza di Greg Hawkes, il tastierista del gruppo di Ric Ocasek), in grado di offrirle un nuovo punto di partenza.  

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Per questo nuovo lavoro la Delmhorst ha arruolato solo tre musicisti, a partire dal co-produttore e chitarrista Anders Parker (ex membro di Varnaline e Space Needle oltre che autore di dischi solisti e di un paio di collaborazioni con Jay Farrar, tra cui il disco di inediti di Woody Guthrie http://discoclub.myblog.it/2012/02/23/100-anni-di-woody-guthrie-1912-2012-iniziano-le-celebrazioni/ ), il batterista Konrad Meissner (Brandi Carlile e Silos) e il polistrumentista Mark Spencer (Laura Cantrell e Son Volt): il disco è stato registrato a Brooklyn, dodici tracce che segnano in parte un nuovo inizio del suo percorso musicale.

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Gli “esami del sangue” iniziano con la sanguinosa melodia folk della title track Blood Test https://www.youtube.com/watch?v=08_rIWvRkXc , seguita da due canzoni di compassione e speranza come Homeless https://www.youtube.com/watch?v=m-F3sBc9jBg  e 92nd Street (un omaggio alla sua città natale https://www.youtube.com/watch?v=WJ8l8vgefPc ), passando per la dolcezza di Saw It All e Bees, arrivando alla batteria tribale della splendida We Deliver. Dopo una “flebo” si riparte con la sussurrata e delicata Little Frame,  il mid-tempo pop di Bright Green World (vagamente alla Stevie Nicks), il breve country-rock di Temporary Sun, proponendosi per gli esami finali (i più impegnativi) con due memorabili ballate: l’elettro-acustica Hushabye, e la struggente bellezza “irish” di My Ohio (un elogio per un amico defunto), andando a chiudere il “check-up” con la notturna e vagamente psichedelica Lighhouse.

kris delmhorst jeffery foucault

Blood Test è un disco sorprendentemente grintoso (merito di Anders Parker) ma melodico, che scorre senza intoppi, e che consente a questa signora, che ora vive sulle colline del Massachusetts orientale (con il marito songwriter Jeffrey Foucault e la loro figlia) di scalare rapidamente gli scalini più alti della gerarchia delle cantautrici più popolari e più brave del nuovo “folk” americano.

Tino Montanari

Se Ne Può Fare Anche A Meno! Lissie – Back To Forever

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Lissie – Back To Forever – Fat Possum Records/Sony

Volevo risparmiarvi la battuta “Torna a casa Lissie!”, ma ormai l’ho scritta, e quindi eccomi a parlarvi del secondo album di Elisabeth Maurus (ma in questi anni, prima e dopo l’album di debutto, Catching A Tiger, ha pubblicato anche quattro EP e un album dal vivo): e non ho neppure la scusante di potervi dire che il disco sia stato registrato negli stessi studi del primo, visto che era stato registrato in quel di Nashville, con la produzione di Jacquire King o che sia ritornata ad inciderlo nella sua città natale di Rock Island, nell’Illinois, proprio quella del famoso successo di Lonnie Donegan, in quanto il nuovo album è stato registrato a Los Angeles, con produttore Jacknife Lee.

Dai nomi citati si vede che la sua casa discografica (la multi nazionale Sony /BMG, anche se poi i CD escono con la “fascinosa” etichetta Fat Possum) non risparmia fondi nel fornirle alcuni dei nomi più à la page dell’attuale panorama rock. Peraltro il disco precedente è entrato nei Top 20 in Norvegia e nel Regno Unito ed ha avuto un buon successo in giro per l’Europa, meno negli States dove però ha avuto un buon ritorno di culto e molti suoi brani sono stati utilizzati anche in colonne sonore di film e serie televisive, oltre che per spot vari. La sua cover di Go Your Own Way dei Fleetwood Mac è stata uno spot di quelli a cui non potevi sfuggire anche in Italia, molto simile all’originale, per cui parecchi credevano fosse una nuova versione del gruppo di Stevie Nicks, mentre era sua. A diminuire la lista dei suoi meriti, almeno presso i nostri lettori, è stato un duetto con Robbie Williams Losers, apparso Take The Crown, l’ultimo disco del’ex Take That, ma si sa nessuno è perfetto.

Per il resto, sulla scia di Cuckoo, il singolo tratto dall’album, e di collaborazioni con gente come Ed Harcourt e Joshua Radin, più consone al nostro lessico, Lissie era stata chiamata allo show della televisione inglese The Great British Songbook, per eseguire una versione di Stairway To Heaven, che è stata definita “da perdere il fiato”, però a dirlo era il presentatore dello spettacolo. Comunque alla fine di tutto ciò, la “ragazza” , anche se va già per i 31 anni (lo so, non dovrei dire gli anni delle signore, ma mi scappa sempre), sarebbe pure bravina, ed il suo stile, che miscela, rock, pop (molto), folk (pochissimo, rispetto al passato) e canzone d’autore (visto che se le scrive) è solo gradevole, senza essere memorabile, anche se il sound molto europop anni ’80 o FM americana, sempre ispirato a quel periodo, che Jacknife Lee appioppa spesso e volentieri alla sua protetta, come diceva qualcuno, “fa accapponare i capelli”!.

Brani, come l’iniziale The Habit ricordano molto, anche vocalmente, il sound dei Fleetwood Mac di Tango In The Night, più che quelli di Rumours o Tusk, anche grazie alla voce somigliante in modo impressionante a quella di Stevie Nicks. In effetti Further Away (Romance Police) somiglia molto ai Quarterflash e indubbiamente ci sarà gente che li ama, ma non il sottoscritto. Quindi non fatevi ingannare dal marchio Fat Possum e andiamo a cercare i brani che sono sfuggiti agli inesorabili programming del produttore (ma ci sono?): la ballata Shameless è piacevole ma poi diventa “esagerata”, They All Want You è un discreto rockettino scritto insieme ad Angelo Petraglia, l’eminenza grigia dietro alle ultime mosse dei Kings Of Leon. Non male le atmosfere romantiche di Sleepwalking ma giusto per i primi 30 secondi, poi è davvero Lissie Torna A Casa e restaci. Forse bisognerebbe prendere i primi 30 secondi di ogni brano e fare un megamix, anche I Don’t Wanna Go To Work parte bene e resiste un po’ di più, prima di diventare bombastica. And so on and on and on, per dirla all’americana: in italiano, se ne può tranquillamente fare a meno!

Bruno Conti

P.S. Nella Deluxe Edition, che non manca neanche in questo caso, ci sono quattro brani aggiunti:un brano extra, What’s It Like e tre “stripped down” versions di brani compresi nel CD che, temo, sono più interessanti di quelle “full” apparse nel disco!

Novità Di Marzo Parte II. John Grant, Bon Jovi, Devendra Banhart, Sound City (Dave Grohl), Shooter Jennings

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Questa settimana , uscite del 12 marzo, a parte David Bowie ed Eric Clapton (che avranno la loro recensione singola al più presto) non ci sono molti titoli interessanti in uscita.

Partiamo con il nuovo John Grant Pale Green Green Ghosts, pubblicato dalla Bella Union anche in versione doppia con 6 remix (uhm) nel secondo dischetto. Il precedente Queen Of Denmark del 2010 mi era piaciuto parecchio bread molto seventies, ma decisamente bello. Questo nuovo non mi piace molto, sonorità elettroniche che spesso sfociano nel ballabile anni ’80 e quattro brani stile ballata, molto piacevoli. Se si potesse avere un EP con GMF, It Doesn’t Matter To This, I Hate This Town e Glacier, che sono vicine ai miei gusti ne sarei felice, ma visto che non si può penso che per questo giro, passerò.

Nuovo album anche per Devendra Banhart, Mala, il primo per la Nonesuch Records. Co-prodotto come al solito con l’amico Noah Georgeson (che si sembra sempre un’anagramma di George Harrison, ma quello pseudonimo era Hari Georgeson). C’è un brano dedicato a Hildegard Von Bingen, la prima donna nel canto gregoriano, un pezzo in spagnolo Mi Negrita e in generale non mi sembra un album straordinario, ma non sono mai stato un fan particolarmente sfegatato. Potete ascoltarlo qui, per il momento first-listen-devendra-banhart-mala

Come non sono mai stato un fan di Bon Jovi, comunque martedì esce il nuovo album What About Now, come di consueto Mercury/Universal e, naturalmente non poteva mancare la consueta versione Deluxe, singola, ma con 4 brani in più.

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CD della colonna sonora, DVD o Blu-ray per Sound City, il documentario curato da Dave Grohl sulla chiusura dei mitici (anche se è un “postaccio”) studi Sound City Recordings, Hollywood, una delle ultime mecche del suono analogico. Per l’occasione ha invitato alcuni amici e colleghi per registrare delle sessions all’interno degli studi. Il tutto esce per la Sony con il seguente contenuto:

Track List:

  • Heaven and All – Dave Grohl, Peter Hayes, and Robert Levon Been
  • Time Slowing Down – Brad Wilk, Chris Goss, Dave Grohl, and Tim Commerford
  • You Can’t Fix This – Dave Grohl, Rami Jaffee, Stevie Nicks, and Taylor Hawkins
  • The Man That Never Was – Dave Grohl, Nate Mendel, Pat Smear, Rick Springfield, and Taylor Hawkins
  • Your Wife Is Calling – Alain Johannes, Dave Grohl, Lee Ving, Pat Smear, and Taylor Hawkins
  • From Can to Can’t – Corey Taylor, Dave Grohl, Rick Nielsen, and Scott Reeder
  • Centipede – Alain Johannes, Chris Goss, Dave Grohl, and Joshua Homme
  • A Trick With No Sleeve – Alain Johannes, Chris Goss, Dave Grohl, and Joshua Homme
  • Cut Me Some Slack – Paul McCartney, Dave Grohl, Krist Novoselic, and Pat Smear
  • Once Upon a Time… The End – Dave Grohl, Jessy Greene, Jim Keltner, and Rami Jaffee
  • Mantra – Dave Grohl, Joshua Homme, and Trent Reznor

E,  per finire, nuovo album di Shooter Jennings, The Other Life, etichetta Entertainment One Music, Forse il più country (vicino allo stile del babbo) e tra i più belli della sua carriera, e ne ha fatti alcuni non male. Ospiti Patty Griffin, Jim Dandy (il vecchio cantante dei Black Oak Arkansas con il suo tipico vocione) e Scott H. Biram, un altro fuori di testa da Austin, Texas. Il risultato, come detto, è molto apprezzabile.

E anche per oggi è tutto, alla prossima.

Bruno Conti

Con Leggero Anticipo 3. Uscite Da Confermare, Ma Anche No! Emmylou Harris, Kd Lang, Fleet Foxes, Brandi Carlile, The Cars,Steve Miller Band, Stevie Nicks Eccetera

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Dopo i primi due post di gennaio torniamo a questa rubrica di anticipazioni a lunga gittata (aprile-maggio, le altre uscite marzo le lascio per rubriche di novità “normali): confermate per aprile le uscite di Paul Simon, Foo Fighters e Robbie Robertson vediamo quali sono le altre novità “sicure” di prossima programmazione, al di là dei fastidiosissimi TBA e Tbc che denotano dischi che non hanno nè titoli ne date certe, quindi niente Box di Joni Mitchell, niente ristampe presunte di Van Morrison, niente dischi nuovi di Chris Barber con ospiti a go-go (esce ai primi di settembre).

Iniziano con un terzetto (anzi 4) delle migliori voci femminili in circolazione: K.d. Lang pubblica il nuovo album il 12 aprile per la Nonesuch, è il primo con una band fissa dai tempi dei Reclines, il gruppo si chiama Siss Boom Bang e l’album è intitolato Sing It Loud. Come al solito per i perversi meccanismi del mercato discografico in pre-order sul sito della Lang o della Nonesuch si può trovare una versione speciale con 4 brani in più.

Sempre il 12 aprile ma per la Decca/Rounder esce il nuovo album di Alison Krauss & Union Station Paper Airplane. Fallito il progetto di dare un seguito al disco con Robert Plant Raising Sand vincitore di sei Grammy nel 2007, inclusi quelli pincipali non si è mai capito se perché ci sono stati dei dissapori o semplicemente Plant si era rotto di aspettare T-Bone Burnett (del quale, notizie fra poco), la Krauss è ritornata con il suo gruppo gli Union Station con cui aveva registrato Lonely Runs Both Ways. Pochi sanno che Alison Krauss è l’artista femminile che ha vinto più premi nella storia della musica, ben 26!

Il 26 aprile per la Nonesuch esce il nuovo CD di Emmylou Harris Hard Bargain. Anche in questo caso esiste(rà) una versione Deluxe doppia con DVD allegato con 6 brani filmati e interviste varie. Contiene un brano dedicato a Kate McGarrigle e uno a Gram Parsons (dopo tanti anni evidentemente non dimenticato)!

Della quarta, Brandi Carlile, secondo me la migliore delle “nuove” cantautrici in circolazione e che lo scorso anno mi ha dato un bidone concertistico causa vulcano in aprile e poi di nuovo a novembre per mancanza fondi. Per consolarci il 26 aprile o 3 maggio esce un CD Live At Benaroya Hall (la stessa del live dei Pearl Jam, bravi! D’altronde è a Seattle). Accompagnata da una orchestra sinfonica ci delizierà con i suoi migliori brani e qualche cover gustosa. Etichetta Sony. Se non la conoscete è l’occasione buona.

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Per la serie “a volte ritornano”: Mike & The Mechanics il gruppo dell’ex (?) Genesis Mike Rutherford torna con il nuovo album The Road il 12 aprile su etichetta CMG. E’ il primo del nuovo secolo, non ci sono più i vecchi cantanti Paul Carrack e Paul Young (quello dei Sad Café) sostituiti da Andrew Roachford ( è proprio lui) e dal canadese Tim Howar dei “famosissimi” Vantramp. Apperò!

Nel caso dei Cars dobbiamo risalire addirittura al 1988 ma anche loro riappaiono con un nuovo disco Move Like This di cui non so assolutamente nulla se non il titolo, Move Like This, l’etichetta Hear Music/Concord e la data di uscita, 10 maggio. Speriamo bene.

Chi è già alla fase 2 del ritorno è la Steve Miller Band che con il bluesato Bingo dello scorso anno ci aveva regalato un buon disco (meglio delle recenti penose ristampe). L’etichetta è sempre la Roadrunner/Warner, la copertina è sempre di Storm Thorgerson, la data è il 10 maggio. Viene annunciato come l’ultimo disco dove compare l’armonica di Norton Buffalo, scomparso nel 2009, ma l’avevano già detto per l’album dello scorso anno. Non manca neppure la cattiva abitudine di fare due versioni diverse, quella “Special” con 4 brani in più curiosamente più costosa, strano!

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Su questi tre nutro maggiori speranze. Steve Earle pubblica il nuovo album sempre su etichetta New West il 26 aprile prossimo, si chiama I’ll Never Get Ouf Of This World Alive. Naturalmente non manca la versione Deluxe con DVD del Making Of. Produce…indovinato, T-Bone Burnett e c‘è un duetto con la “sora” Earle, Allison Moorer.

Il 3 maggio esce per la Reprise (lei è una fedelissima) il nuovo di Stevie Nicks In Your Dreams. Anche qui nulla saccio.

Sempre il 3 maggio esce il nuovo dei Fleet Foxes Helplessness Blues.

Quando avrò ulteriori notizie aggiornamenti tempestivi.

Bruno Conti