Tra Leggende…Ci Si Intende! Bob Dylan – Shadows In The Night

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Bob Dylan – Shadows In The Night – Columbia/Sony CD

I mondi di Bob Dylan e Frank Sinatra sono distanti soltanto in apparenza. Infatti il Vate di Duluth ha sempre avuto una smisurata ammirazione per la Voce di Hoboken (e per Charles Aznavour, ma questa è un’altra storia), ammirazione d’altronde ricambiata da Sinatra stesso, che a differenza di atteggiamenti pubblici al limite dello sprezzante, ha sempre guardato con attenzione al mondo del rock, dal celebre duetto con Elvis in diretta televisiva, all’incisione di brani di Beatles e Paul Simon, fino all’incontro negli anni settanta con Alice Cooper per discutere della possibile incisione da parte di Frank della hit del rocker di Detroit Only Women Bleed (ipotesi poi tramontata, ma esistono foto che immortalano l’incontro).

I due mondi si incontrarono nel 1995, quando, durante il concerto celebrativo per gli ottant’anni di Ol’ Blue Eyes, Dylan offrì forse la performance più toccante della serata, con una splendida versione full band della poco nota Restless Farewell (pare su richiesta di Sinatra stesso), che, come ha intelligentemente suggerito qualcuno, è un po’ la My Way di Dylan (anche se Bob l’ha scritta all’età di 23 anni, per marcare forse l’addio all’ambiente del folk politicizzato che cominciava a stargli stretto). Tutto questo per far capire che non deve sorprendere il fatto che Dylan, come suo nuovo album di studio, abbia deciso di pubblicare un disco di covers di brani di Sinatra: che poi non è esattamente così, dato che Shadows In The Night (pronto già dallo scorso anno ma slittato a favore dei Basement Tapes) è in realtà un disco di standards della musica americana che sono stati ripresi anche dal grande cantante del New Jersey.

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Quindi non ci sono le hit di Sinatra, niente Strangers In The Night, My Way o New York, New York, ma una bella serie di classici che Ol’ Blue Eyes ha ripreso almeno una volta in carriera, anche se difficilmente li troverete in un greatest hits di Frank. Una scelta trasversale, molto dylaniana, che però dimostra una profonda conoscenza del songbook di Sinatra e di quello americano in generale; qualcuno inoltre ha storto il naso per il fatto che uno con la voce di Dylan omaggiasse quello che è stato forse il più grande crooner della storia, ma ad un attento ascolto dei dieci brani che compongono Shadows In The Night posso dire tranquillamente che tutte queste critiche preventive crollano miseramente. Dylan ha fatto un lavoro splendido, adattando i sontuosi ed orchestrati arrangiamenti tipici di Sinatra ad un combo rock di sei elementi (oltre a Bob, la sua abituale touring band, cioè Charlie Sexton, Tony Garnier, Stu Kimball, Donnie Herron e George Receli), con appena qualche discreto intervento di fiati: il risultato è un disco meraviglioso, nel quale il nostro adatta al suo stile attuale una serie di evergreen che parevano intoccabili, spazzando via in un colpo solo, per esempio, tutti i vari volumi dell’American Songbook di Rod Stewart.

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Bob ha capito che riproporre questi brani con un arrangiamento “alla Sinatra” sarebbe stato rischioso e probabilmente fallimentare (lui stesso, con il solito genio, ha definito queste interpretazioni “uncovers”), così ha deciso di spogliare le canzoni e di adattarle al suo sound, con un esito molto vicino al suono che ultimamente si sente ai suoi concerti. Chitarre discrete e mai invadenti, batteria leggera e spesso spazzolata, una steel che langue in sottofondo, la voce di Dylan al centro, una voce che appare ancora più presente del solito, con punte inattese di dolcezza ed un feeling enorme; un plauso va anche al Dylan produttore (Jack Frost è lo pseudonimo che di solito usa), che migliora di disco in disco, e che qui è quasi al livello di gente come Daniel Lanois, Joe Henry o T-Bone Burnett (a cui ha affidato i cosiddetti New Basement Tapes).  Ma veniamo ad una veloce disamina dei brani presenti nel CD (che dura appena 35 minuti, ma sono minuti molto intensi).

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Dylan ha trascurato il periodo Reprise di Sinatra, quello forse più popolare, prendendo solo un brano, mentre ne ha scelti quattro dal periodo Capitol (il migliore), peraltro tutti dall’album Where Are You?, ed i restanti cinque dal primo periodo, quello Columbia.

I’m A Fool To Want You: uno dei rari brani in cui Sinatra figura anche tra i co-autori, ma paradossalmente resa immortale non da Frank ma dalla grande Billie Holiday. A molti sarebbero tremate le mani, ma Dylan la fa sua con classe, leggerezza ed un tocco country (merito della steel di Herron, grande protagonista del CD), rispettando la melodia originale.

The Night We Called It A Day: uno standard jazz inciso anche da Chet Baker, Doris Day e, in anni recenti, Diana Krall. Bob la canta benissimo, non la maltratta come ogni tanto fa con i suoi classici, e la band alle spalle lo accompagna con grande discrezione, quasi accarezzando la melodia. Un’interpretazione di gran classe (ma sarà una costante in tutto il disco).

Stay With Me: questo è l’unico pezzo del periodo Reprise di Sinatra, un brano recentemente proposto più volte da Dylan come chiusura dei suoi concerti. Apre come al solito la steel, una chitarra arpeggiata, un violoncello, e la voce del nostro che sembra tornata indietro di almeno vent’anni.

Autumn Leaves: uno dei brani più famosi del disco, riadattata dalla francese Les Feuilles Mortes, l’hanno fatta in mille, oltre a Sinatra (tra di loro, Edith Piaf e Nat King Cole). Qui l’interpretazione di Dylan è decisamente sofferta, quasi drammatica, e si candida come uno degli episodi da ricordare di questo album, per merito anche dell’arrangiamento spoglio. Da brividi.

Why Try To Change Me Now: uno dei brani meno noti di Sinatra, riproposto da Bob in maniera più distesa, quasi rilassata, con la band che lo segue languidamente e fornendo un background in perfetto stile “country afterhours”.

Some Enchanted Evening: altro brano famosissimo, scritto da Rodgers e Hammerstein per il musical South Pacific. Forse tra tutte è il brano meno nelle corde di Dylan, che però se la cava ugualmente con mestiere e…l’ho già detto? Classe!

Full Moon And Empty Arms: già uscita lo scorso anno (solo per il download) con largo anticipo sull’album, vede la band più presente, con intrecci di steel, chitarra, ed una batteria appena accennata. Bob, manco a dirlo, la canta come se non avesse fatto altro nella sua carriera.

Where Are You?: canzone che vanta, tra le altre, versioni da parte di Shirley Bassey, Aretha Franklin ed Ella Fitzgerald; bella melodia, languida e distesa, ancora la steel dietro la voce (strumento al quale imputerei almeno il 40% della riuscita dell’album).

What I’ll Do: altro pezzo con mille versioni diverse (Chet Baker, Perry Como, Judy Garland, Sarah Vaughan ma anche Cher, Linda Ronstadt e Harry Nilsson); qui Dylan sembra inserire il pilota automatico, ma man mano che il brano procede canta con maggiore convinzione, e porta a casa quindi il risultato un’altra volta.

That Lucky Old Sun: un’altra tra le canzoni più popolari del lotto, grande successo per Frankie Laine, ma rifatta poi anche da Louis Armstrong, Ray Charles, Jerry Lee Lewis, Willie Nelson, Johnny Cash, Jerry Garcia e Brian Wilson. Lo stesso Dylan la suonò più volte negli anni 1986/87 durante il tour con Tom Petty.  (*NDB: Anche nel 2000.)

Questa versione, introdotta da un french horn, è splendida, con Dylan che canta in maniera superba, regalando emozioni a gogo con la sua voce imperfetta, rovinata, ma nella quale si riesce ancora a sentire il sacro fuoco di mille battaglie.

Un capolavoro, a chiusura di un album che ci accompagnerà a lungo in questo 2015. E negli anni a seguire.

Marco Verdi

Come Quei Bei Doppi Dischi Dal Vivo Di Una Volta! Another Day, Another Time: Celebrating The Music Of Inside Llewyn Davis

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Another Day, Another Time: Inside The Music Of Llewyn David – 2 CD Nonesuch/Warner

Tutto partiva all’incirca un abbondante anno e mezzo fa, con la presentazione del film dei fratelli Coen Inside Llewyn Davis ( A Proposito Di Davis in italiano) al Festival del Cinema di Cannes del 2013. IL film era una sorta di versione riveduta e corretta della storia di Dave Van Ronk, Ramblin’ Jack Elliott e dei loro amici (qualcuno ha detto Dylan?), nella New York di inizio anni ’60, nella zona del Greenwhich Village, dove il boom della musica folk stava per esplodere in tutta la sua dirompente carica. Ma noi ovviamente non parliamo della pellicola cinematografica ma della sua bellissima colonna sonora: sul finire di quell’anno, circa tre mesi prima dell’uscita nelle sale, nel settembre del 2013, i fratelli Coen e il produtttore della musica della soundtrack, T-Bone Burnett, decidono di riunire i musicisti presenti nella colonna sonora ed altri validi alfieri, vecchi e nuovi, del filone folk, per uno storico concerto tenuto alla Town Hall di New York, il 29 settembre per la precisione, nel corso delle manifestazioni promozionali legate al lancio del film. Il tutto viene debitamente filmato (e prima al cinema e poi in DVD è uscito una sorta di documentario relativo all’avvenimento https://www.youtube.com/watch?v=-hQZyeMLMag ) e anche registrato, per la parte audio, e ora vede la luce in questo gennaio 2015 con un doppio CD pubblicato dalla Nonesuch Records di cui ora andiamo a parlare (purtroppo, come detto in altre occasioni, per questioni di diritti, essendo stati pubblicati da diverse case di produzione, non esiste una bella confezione che raggruppa i due formati). E comunque il doppio album basta e avanza.

Marcus Mumford, Oscar Isaac Another Day, Another Time the Music of "Inside Llewyn Davis"

La qualità musicale della colonna sonora era già di per sé molto elevata, ma i contenuti del doppio live, anche grazie alla partecipazione dei numerosi ospiti non presenti nella soundtrack stessa, sono ancora più eclatanti, in questa cavalcata nelle radici della musica popolare americana, ma anche nel repertorio di alcuni dei più grandi cantautori che la scena folk abbia saputo proporre, rivisitati in nuove scintillanti versioni. I primi a presentarsi sul palco sono i Punch Brothers, la strepitosa band di Chris Thile (che proprio in questi giorni presenta il nuovo album The Phosphorescent Blues), giovane talento dell’area folk-bluegrass, che, pur non avendo ancora compiuto 35 anni, ha già una discografia copiosa, con decine di album, prima a nome Nickel Creek, poi come solista e incollaborazioni varie, oltre a quelli con i Punch Brothers (dal 2006), tutti pubblicati negli ultimi venti anni: cantante, oltre che virtuoso del mandolino, Thile & Co. prima ci propongono una malinconica Tumbling Tumbleweeds, scritta da Bob Nolan dei Sons Of The Pioneers, prima di aprire le danze con la loro mossa versione di un celebre traditional come Rye Whiskey, con Thile, il violinista Gabe Witcher, il banjoista Noam Pikelny, il chitarrista Chris Eldridge e il contrabbassista Paul Kowert (tutti anche ottimi cantanti) impegnati a riversare il loro virtuosismo sul pubblico presente. Per il terzo brano, uno dei super classici della canzone americana, Will The Circle Be Unbroken, scritta negli anni ’30 da A.P. Carter della celebre famiglia, sul palco sale anche la coppia Gillian Welch e David Rawlings, per una ottima versione corale del celebre brano. In questa alternanza di classici e brani contemporanei, ma sempre inseriti nel grande filone della folk music, i due poi eseguono una loro composizione, The Way It Goes, bellissima, presente nell’album del 2011 The Harrow And The Harvest, tutt’ora l’ultimo della succinta discografia della coppia.

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Che rimane sul palcoscenico per unirsi all’ex Old Crow Medicine Show Willie Watson, per una superba versione di un altro capolavoro come The Midnight Special, altro brano tradizionale che molti attribuiscono a Leadbelly, ma che è stato eseguito negli anni da centinaia di musicisti, non ultimi i Creedence, la cui versione, peraltro molto bella, è forse la più conosciuta dal grande pubblico. David Rawlings esegue  un medley di I Hear Them All, brano scritto con Ketch Secor, sempre degli Old Crow, accoppiato con l’inno non ufficiale dei musicisti folk (e non) americani, This Land Is Your Land, la celeberrima canzone di Woody Guthrie che è anche l’occasione per far cantare tutto il pubblico presente (Rawlings non è un gran cantante, ma le armonie della Welch e la bontà della canzone fanno il resto). Le voci sono invece il grande pregio di un’altra coppia che si affaccia sulla scena americana, i Milk Carton Kids ci regalano una bella versione del brano New York tratta dal primo disco Prologue, impreziosita anche dagli intricati giri delle due chitarre acustiche. Ancora una coppia, le protette del produttore T-Bone Burnett, le Secret Sisters, con la dolce cantilena di Tomorrow Will Be Kinder e a seguire un altro nuovo gruppo come i Lake Street Dive, che, anche se forse perdono qualcosa nella versione acustica di Go Down Smooth, ci permettono di gustare comunque la bellissima voce della  cantante Rachael Price (e anche gli altri non scherzano http://discoclub.myblog.it/2014/03/12/raffinato-quartetto-che-voce-la-ragazza-lake-street-dive-bad-self-portraits/).

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Please Mr. Kennedy è una canzone del film, un bravo divertente interpretato da Elvis Costello, aiutato da Punch Brothers, Oscar Isaac e Adam Driver, mentre Conor Oberst (Bright Eyes) ci regala una ottima versione di un altro dei classici degli anni gloriosi del folk, Four Strong Winds che viene dal periodo ’60’s del duo canadese Ian & Sylvia (Tyson): canzone bellissima con le armonie vocali e l’accompagnamento musicale nuovamente di Gillian Welch David Rawlings, che rimangono anche per il brano scritto da Oberst, Man Named Thruth, molto nello spirito della musica di quel periodo. Colin Meloy dei Decemberists, in versione solitaria, come si confà alla serata, rilegge uno dei brani culto dell’epoca, quella Blues Run The Game, unica canzone “celebre” dello sfortunato Jackson C. Frank, uno dei “beautiful losers” per eccellenza. Meloy poi invita sul palco Gillian Welch e Joan Baez, la madrina del folk movement dell’epoca, per interpretare uno dei brani più noti della Baez stessa, Joe Hill, una delle grandi canzoni di protesta, resa in una versione emozionante a tre voci con la fisarmonica di Dirk Powell aggiunta per colorire il suono. Fine della prima parte del concerto (e del primo CD) con tre brani eseguiti dagli Avett Brothers: All My Mistakes è uno dei loro cavalli di battaglia, un brano dolcissimo e delizioso anche in versione acustica, molto bella pure la versione di un classico del country, scritta da Tom T. Hall come That’s How I Got To Memphis, con un bel crescendo coinvolgente e per finire un medley di altri due brani che confermano l’eccellenza di questa band americana che in pochi anni è diventata una delle migliori realtà in circolazione, Head Full Of Doubt/Road Full Of Promises si incastrano alla perfezione una nell’altra e il pubblico apprezza alla grande.

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La seconda parte del concerto riparte con ben tre brani cantati da Jack White, che in versione cantante folk fa un figurone: accompagnato da Lillie Mae Rische, violino e seconda voce, Fats Kaplin, banjo e chitarra, e Dominic Davis, basso, propone prima un brano della tradizione come Mama’s Angel Child, poi un brano di uno dei protagonisti del folk anni ’60 Tom Paxton, di cui riprende Did You Hear John Hurt?, un gioiellino, grazie anche alla deliziosa voce della Rische, per finire con un suo brano, We’re Going To Be Friends (così è scritto sul CD, ma mi sembra che il brano sia I Can Tell https://www.youtube.com/watch?v=nb70f4DtHdw) , molto sulla lunghezza d’onda della serata e accolto da un boato del pubblico. E’ poi il turno di Rhiannon Giddens (la multistrumentista e cantante dei Carolina Chocolate Drops, di cui sta per uscire il 10 febbraio per la Nonesuch il disco d’esordio da solista, prodotto guarda caso da T-Bone Burnett), reduce nel 2014 dalle partecipazioni ai New Basement Tapes e al tributo al Bitter Tears di Johnny Cash, ma per la serata alle prese, con la sua voce stentorea e potente, con il gospel-folk di una intensa Waterboys e poi con le derive celtiche delle impronunciabili (ma molto belle) Siomadh rud tha dhith orm/Ciamar a ni mi ‘n dannsa direach. Oscar Isaac è l’attore principale del film, ma si è scoperto anche ottimo cantante, qui, accompagnato dalle Secret Sisters e dai Punch Brothers, interpreta ottimamente Hang Me, Oh Hang Me, altro celebre brano tradizionale e uno dei migliori presenti nella colonnna sonora originale https://www.youtube.com/watch?v=X672aJ3iytY , nonché Green, Green Rocky Road una delle canzoni più note proprio di Dave Van Ronk, intorno alla cui figura è incentrata tutta le vicenda. Il primo brano di Dylan della serata Tomorrow Is A Long Time è affidato alla voce ed alla chitarra di Keb’ Mo’, a seguire, in una delle sue rarissime apparizioni live, uno dei vecchi amici di Bob, quel Bob Neuwirth tra gli interpreti principali di Renaldo & Clara, qui alla prese con un piccolo classico di Utah Phillips, Rock Salt And Nails, che molti ricordano nella versione di Steve Young, la voce è molto “vissuta”, ma la versione è decisamente bella.

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Per eseguire un altro dei classici della canzone folk delle isole britanniche Auld Triangle (anche questa presente nella soundtrack del film), molto irish (anche se tra l’ilarità del pubblico, precisano che nessuno di loro è irlandese), si presenta Marcus Mumford con tutti i Punch Brothers, in versione rigorosamente accappella, solo voci https://www.youtube.com/watch?v=9vi14x4nCpQ ; formato che prosegue anche nella successiva Didn’t Leave Nobody But The Baby, cantata dal trio Gillian Welch, Rhiannon Giddens, Carey Mulligan. Nell’ultima parte del concerto altra accoppiata inconsueta per uno dei brani più celebri del repertorio di Pete Seeger, Which Side Are You On, cantata con passione dalla strana coppia Elvis Costello e Joan Baez, con un congruo e sostanzioso accompagnamento strumentale guidato dal mandolino di Chris Thile. Baez che rimane ancora per la ripresa di un ennesimo super classico come The House Of The Rising Sun, che tutti ricordiamo per la versione meravigliosa degli Animals, ma che è sempre stata nel repertorio di tutti i grandi folksingers, da Dylan in giù, la voce non difetta certo alla nostra amica Giovanna, come dimostra in un altro bel duetto con il “giovane” Marcus Mumford, alle prese con un enesimo traditional come Give Me Conbread When I’m Hungry. Gli ultimi tre brani sono affidati proprio al leader dei Mumford And Sons, e non a caso sono tutti e tre di Bob Dylan: la prima è I Was Young When I Left Home, cantata benissimo da Marcus, che si conferma un ottimo talento, a dispetto dei tanti detrattori che si sono manifestati dopo l’enorme successo planetario e transgenerazionale (secondo l’assioma che se vende, fa musica commerciale e quindi risaputa). Fare Thee Well, cantata con Oscar Isaac, è il brano tradizionale a cui Dylan si è ispirato per scrivere proprio Farewell, la canzone che chiude il film (nella versione di Bob Dylan), mentre in questa serata speciale Mumford è accompagnato ancora una volta dai Punch Brothers https://www.youtube.com/watch?v=QyVo_AT-DYM , veri co-protagonisti del concerto. Scusate se mi sono dilungato un po’, ma il disco vale assolutamente tutti i complimenti utilizzati.

Domani ripartiamo proprio da Bob Dylan, quello nuovo, e non aggiungo altro.

Bruno Conti

Sotto Un Cappello Texano…Tanta Buona Musica ! Ryan Bingham – Fear And Saturday Night

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Ryan Bingham – Fear And Saturday Night – Axster Bingham Records

Nel giro di qualche anno, a partire dal suo esordio reale con Mescalito (07) (prima erano stati pubblicati Lost Bound Rails, Wishbone Saloon e Dead Horses, dischi da tempo introvabili), Ryan Bingham è diventato un personaggio importante del circuito musicale americano. Dopo il grande successo di Mescalito (accolto benissimo anche dalle nostre parti) https://www.youtube.com/watch?v=MRDNPo1_Q0w , per Ryan obiettivamente era difficile bissare un lavoro così fresco, energico e ispirato, ma il “nostro” c’era, a tratti,  riuscito, prima con i successivi Roadhouse Sun (09) e Junky Star (10), vincendo anche l’Oscar con la canzone The Weary Kind (dal film Crazy Heart di cui era tra gli interpreti) https://www.youtube.com/watch?v=4Aqh7XZUaW4 , poi Bingham ha voluto, o dovuto, cambiare, fondando la sua casa discografica Axster Bingham Records e distribuendosi da solo, una scelta che si è rilevata discutibile, abbandonando il produttore T-Bone Burnett per Justin Stanley, e il risultato è stato  un disco interlocutorio come Tomorrowland (12). Per questo nuovo Fear And Saturday Night, il “texano” si avvale di nuovo di una produzione “importante”, Jim Scott (Wilco, Tom Petty, Stones, Grace Potter & The Nocturnals), e di una nuova band composta da Shawn Davis al basso, Daniel Sprout e Jedd Hughes alle chitarre, Chris Joyner alle tastiere e Nate Barnes alla batteria: risultato, una cinquantina di minuti di musica di nuovo “polverosa”, con testi scritti come da abitudine nella sua roulotte e cantati come sempre con la sua voce rauca intrisa da whisky.

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“Le paure del sabato notte” si aprono con il cadenzato country-rock di Nobody Knows My Trouble https://www.youtube.com/watch?v=cg3HfOaC4KE  e proseguono con una ballata elettrica e “dylaniana” come Broken Heart Tattoos https://www.youtube.com/watch?v=-y0GB5QNj84 , il blues chitarristico di Top Shelf Drug, passando per le atmosfere folk di Island In The Sky https://www.youtube.com/watch?v=4Dz2vSu0kkE, il ritmo da frontiera messicana in Adventures Of You And Me, e la title track Fear And Saturday Night, che è figlia di The Weary Kind, un brano quasi narrato, con la chitarra che traccia le linee armoniche e la voce roca di Ryan che dà il suo meglio. Una chitarra acustica apre My Diamond Is Too Rough https://www.youtube.com/watch?v=aDFpHvTucw4 , poi la canzone si tramuta in una ballata elettrica con un bel percorso di chitarre nel finale, mentre Radio ripercorre i sentieri cari al Neil Young di Harvest, per poi tornare alle pennellate acustiche e romantiche di Snow Falls In June e ad un brano pieno di “pathos” come Darlin, arrivando all’alba delle “paure” con il blues elettrico di Hands Of Time velocizzato in un “Bo Diddley style”, e il fatto di saper fare grande musica lo conferma con la conclusiva Gun Fightin’ Man, cadenzata, sofferta e tesa, con un tocco acido di blues che si fonde in modo mirabile con l’armonica di Bingham.

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Fear And Saturday Night anche se forse non è al livello dei primi lavori, è sicuramente superiore di due spanne al precedente lavoro in studio, (anche per merito di Jim Scott che ha aggiunto quel “quid” che ha reso più efficace la musica di Ryan Bingham), e se anche il nostro non diventerà come Steve Earle o Joe Ely (come qualcuno ha azzardato), ha tutte le possibilità di proseguire un viaggio che potrebbe davvero portarlo a ridosso dei grandi “rocker” del Texas. Per chi scrive, uno dei migliori “road album” di questo inizio d’anno !

Tino Montanari

Novità Di Gennaio Parte I. Another Day, Another Time Celebrating Llewyn Davis, Decemberists, Waterboys, Ryan Bingham, Belle And Sebastian, King Crimson, Justin Townes Earle

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Anno nuovo, ripartiamo con la rubrica delle uscite discografiche imminenti, bando alle ciance e iniziamo con le novità più interessanti (per il blog) in uscita martedì 20 gennaio. In verità il primo titolo, negli Stati Uniti, è già uscito il 13 gennaio, comunque…

Another Day, Another Time, Celebrating The Music Of Inside Llewyn Davis – 2 CD Nonesuch/Warner

I più attenti avranno notato che accanto al doppio CD c’è anche l’immagine del DVD (peraltro uscito nella primavera dello scorso anno) che però contiene un documentario e non l’intero concerto tenutosi nel settembre del 2013 alla Town Hall di New York per celebrare l’uscita del film dei fratelli Cohen Inside Llewyn Davis, film che era una specie di versione romanzata e fittizia degli anni di Dave Van Ronk (e Dylan e Ramblin’ Jack Elliott, e tutti gli altri che si muovevano nel Greenwhich Village dei primi anni ’60). Credo che la Nonesuch abbia pubblicato solo il CD perché i diritti del DVD sono di proprietà di un’altra casa di produzione, Studiocanal in Europa (Sony Pictures in USA https://www.youtube.com/watch?v=QPQP9Xp9dnU). In ogni caso, per chi è interessato il DVD dura circa un’ora e quaranta minuti e, oltre a varie porzioni del concerto, contiene anche interviste, filmati delle prove e materiale vario originale degli anni ’60.

Mentre il doppio CD, che contiene 34 brani, è il resoconto dell’intera serata (forse, perché questa non la vedo nella tracklist del CD https://www.youtube.com/watch?v=nb70f4DtHdw e neppure questa  https://www.youtube.com/watch?v=-hQZyeMLMag) coordinata da T-Bone Burnett, come la colonna sonora del film, e contiene i seguenti brani:

Disc 1
  1. 1 Tumbling Tumbleweeds – Punch Brothers
  2. 2 Rye Whiskey – Punch Brothers
  3. 3 Will the Circle Be Unbroken? – Punch Brothers
  4. 4 The Way It Goes – David Rawlings
  5. 5 The Midnight Special – Willie Watson
  6. 6 I Hear Them All/This Land Is Your Land – Willie Watson
  7. 7 New York – The Milk Carton Kids
  8. 8 Tomorrow Will Be Kinder – The Secret Sisters
  9. 9 You Go Down Smooth – Lake Street Dive
  10. 10 Please Mr. Kennedy – Adam Driver
  11. 11 Four Strong Winds – Conor Oberst
  12. 12 Man Named Truth – Conor Oberst
  13. 13 Blues Run the Game – Colin Meloy
  14. 14 Joe Hill – Colin Meloy
  15. 15 All My Mistakes – The Avett Brothers
  16. 16 That’s How I Got to Memphis – The Avett Brothers
  17. 17 Head Full of Doubt/Road Full of Promise – The Avett Brothers
Disc 2
  1. 1 Mama’s Angel Child – Jack White
  2. 2 Did You Hear John Hurt? – Jack White
  3. 3 We’re Going to Be Friends – Jack White
  4. 4 Waterboy – Rhiannon Giddens
  5. 5 ‘S Iomadh Rud Tha Dhìth Orm/Ciamar A Nì Mi ‘n Dannsa Dìreach – Rhiannon Giddens
  6. 6 Hang Me, Oh Hang Me – Oscar Isaac
    https://www.youtube.com/watch?v=X672aJ3iytY
  7. 7 Green, Green Rocky Road – Oscar Isaac
  8. 8 Tomorrow Is a Long Time – Keb’ Mo’
  9. 9 Rock Salt & Nails – Bob Neuwirth
  10. 10 The Auld Triangle – Marcus Mumford
    https://www.youtube.com/watch?v=9vi14x4nCpQ
  11. 11 Didn’t Leave Nobody but the Baby – Carey Mulligan
  12. 12 Which Side Are You On? – Chris Thile
  13. 13 House of the Rising Sun – Dirk Powell
  14. 14 Give Me Cornbread When I’m Hungry – Marcus Mumford
  15. 15 I Was Young When I Left Home – Marcus Mumford
  16. 16 Fare Thee Well (Dink’s Song) – Oscar Isaac
  17. 17 Farewell – Marcus Mumford

Quindi temo che bisognerà acquistarli entrambi, soprattutto se amate la buona musica folk.

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The Decemberists – What A Terrible World, What A Beautiful World – Capitol Usa/Rough Trade EU

A quattro anni dal precedente (e bellissimo) The King Is Dead, che debuttò direttamente al n° 1 delle classifiche americane, a dimostrazione che anche la musica di qualità vende, esce il nuovo album della band di Portland, Oregon, capitanata da Colin Meloy. Se ne parla molto bene e a giorni, magari lunedì o martedì, recensione completa sul Blog, per il momento…

waterboys modern blues

Waterboys – Modern Blues – Harlequin and Clown

Dopo il grande successo (tra gli appassionati) del cofanetto dedicato alle sessions di Fisherman’s Blues, torna la band di Mike Scott e Steve Wickham, con un nuovo album, annunciato da mesi, registrato con l’aiuto di musicisti americani, tra cui David Hood, leggendario bassista dei Muscle Shoals Studios, nonché babbo di Patterson, leader dei Drive-by-Truckers.

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Ryan Bingham – Fear And Saturday Night – Humphead Records

Dopo i clamorosi successi degli esordi, culminati in un Oscar, un Golden Globe e un Grammy, per The Weary Kind, contenuta nella colonna sonora di Crazy Heart, torna Ryan Bingham, anche lui tornato alla distribuzione indipendente, con un nuovo album che è stato presentato addirittura come il migliore della sua carriera, a tre anni di distanza da Tomorrowland che probabilmente era stato il peggiore. Vedremo, e sentiremo. Questa era nella colonna sonora di Joe

belle and sebastian girls in peacetime

Belle And Sebastian – Girls In Peacetime Want To Dance – Matador

Nuovo disco per la band inglese, che è andata a registrare questo nuovo capitolo della loro discografia ai Maze Studios di Atlanta. In alcuni brani c’è un ritorno alle vecchie sonorità, pop raffinato https://www.youtube.com/watch?v=n-3sluZGTzk magari con l’aggiunta magari di più chitarre, ma in altri quattro o cinque, come lascia presagire il titolo, tra le fonti di ispirazione citano la techno di Detroit e Giorgio Moroder. Quindi un bel mah…

king crimson live at the orpheum

King Crimson – Live At The Orpheum – CD + DVA – DGM/Panegyric

Robert Fripp non è uomo da mezze misure, sia nelle formazioni delle sue band, in questo caso sono i King Crimson del tour 2014 con i tre batteristi https://www.youtube.com/watch?v=N1JapuD0ikk , sia nelle durate delle uscite discografiche. Dopo il cofanetto da 28 dischetti di Starless e il doppio CD The Elements Tour Box, con materiale registrato tra il 1969 e il 2014, questa volta la doppia confezione contiene 41 di musica registrata all’Orpheum Theatre di Los Angeles tra il 30 settembre ed il 1° ottobre, sette brani ripetuti nei due dischetti:

1. Walk On: Monk Morph Chamber Music
2. One More Red Nightmare
3. Banshee Legs Bell Hassle
4. The ConstruKction of Light
5. The Letters
6. Sailor’s Tale
7. Starless

Questa è l’attuale line-up della band:
Gavin Harrison – Pat Mastelotto – Bill Rieflin – Mel Collins – Robert Fripp – Jakko Jakszyk – Tony Levin

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Justin Townes Earle – Absent Fathers – Vagrant Records Usa/Loose Music Uk

Anche questo nuovo titolo di Justin Townes Earle (a proposito il babbo Steve Earle è in uscita con il nuovo Terraplane il prossimo 17 febbraio) è già uscito la scorsa settimana, sia negli States come in Europa, si tratta del seguito di Single Mothers, pubblicato da pochissimo, a settembre, e presenta l’altra faccia della medaglia. In effetti il disco avrebbe dovuto uscire come doppio, ma poi è stato editato in due parti, che comunque mantegono lo stesso sound e le stesse atmosfere musicali. A me il precedente non era dispiaciuto, ascolteremo.

Per oggi è tutto, alle prossime uscite.

Bruno Conti

Il Supplemento Della Domenica: “C…o Che Bello”! John Mellencamp – Plain Spoken

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John Mellencamp – Plain Spoken – Republic/Universal – 23/09/2014

“C…o Che Bello”! Sono le prime due parole che mi sono venute in mente all’ascolto di questo nuovo, ventiduesimo, album di John Mellencamp (perché, che bello non si può dire? E’ osceno?). Facezie a parte, il nuovo album del Puma esce, assolutamente a sorpresa, a soli due mesi dall’uscita di Trouble No More Live At Town Hall: un colpo doppio al cuore dei fans, prima un disco dal vivo, atteso e mai pubblicato in passato, e poi uno nuovo di zecca, che è anche tra i più belli degli ultimi tempi e in assoluto, nella sua discografia. D’altronde, in un certo senso, lo avevano fatto intendere le parole utilizzate nell’intervista concessa a Rolling Stone sul finire dello scorso anno: la casa è vuota (parlando della mega magione vicino a Bloomington, Indiana, dove vive), nessuno risponde al richiamo “dov’è papà”, da quando non ci sono più. la moglie Elaine, da cui ha divorziato nel 2011, e anche gli ultimi due figli, Hud e Speck, ora al college, se ne sono andati; John si aggira tra le stanze dell’abitazione con aria malinconica (un brutto colpo per uno che si era autodefinito Mr. Happy Go Lucky) e quindi evidentemente ha avuto parecchio tempo per meditare e scrivere queste bellissime dieci canzoni che compongono Plain Spoken. Oddio, a voler essere cattivi, Mellencamp si era subito consolato per la separazione (o era già successo prima?), presentandosi alla data di luglio del 2011, in Italia, a Vigevano, in compagnia dell’attrice Meg Ryan, però sembra essere finita anche quella relazione (pure se la foto di copertina del CD è sua), quindi buttiamoci sul lavoro.

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Contrariamente a quanto si era letto sulla stampa, T-Bone Burnett questa volta non produce, limitandosi ad un ruolo “esecutivo” e a suonare la chitarra nel disco, lasciando il pallino della produzione allo stesso Mellencamp. Il risultato ci riporta al suono classico, dopo una serie di dischi che avevano attinto molto alle grandi tradizioni del blues, del folk e del country primigenio, con un sound volutamente scarno ed austero: comunque Life, Death, Love And Freedom e No Better Than This erano due fior di dischi (e nel frattempo è uscito il progetto Ghost Brothers Of Darkland County e John prosegue anche con la sua attività di pittore). Sarà quel che sarà, ma questo nuovo Plain Spoken ci riporta in parte alle sonorità roots e Americana di dischi come The Lonesome Jubilee Big Daddy, forse non sarà così bello, ma quasi ci siamo. L’umore è quello pensoso della ballata, forse il mezzo più adatto per rendere l’attitudine leggemente amara e risentita che aleggia in questi brani. Anche se John, vicende familiari a parte, dovrebbe essere più che ottimista, in considerazione del fatto che la Universal/Republic gli ha rinnovato il contratto discografico “a vita”, in un certo senso, finche morte non ci separi, forse un altro dei motivi per cui si è sentito in dovere di pubblicare subito un album nuovo. Circondato dai fedelissimi Mike Wanchic e Andy York alle chitarre e strumenti a corda in generale, e dalle acquisizioni più recenti, come l’ottima violinista Miriam Sturm, Troye Kinnett alle tastiere e fisa, più la sezione ritmica di John Gunnell al basso e Dane Clark alla batteria, il Coguaro dimostra ancora una volta perché è uno dei migliori cantautori americani di sempre, parte di quella pattuglia che partendo da Springsteen e Seger, e con l’aggiunta di Petty e dello stesso Mellencamp, ha regalato alcune delle pagine migliori del rock americano degli ultimi 40 anni, roots e non roots che sia la loro musica.

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Insomma, se la solitudine e l’amarezza hanno questi effetti sulla sua musica non gliene auguriamo, ma ne godiamo i risultati. I titoli delle canzoni sono esplicativi in questo senso: a partire daTroubled man, aperta da un delicato arpeggio di chitarra acustica, poi viaggia serenamente sulle note del violino della Sturm, mentre Gunnell e Clark accarezzano i loro strumenti, il nostro canta con una convinzione che non difettava certo negli ultimi dischi, ma qui è più inserita nella tradizione delle suoi migliori brani, dove la melodia regna sovrana https://www.youtube.com/watch?v=3oEquZwvG0k . Sometimes There’s God, con il suo approccio elettro-acustico, tra chitarre acustiche ed elettriche, mandolino e tocchi di pianoforte, con il violino che lavora sullo sfondo, il tutto che rinnova i fasti delle canzoni del periodo d’oro anni ’80, ci riporta a quella voce, roca ed espressiva come poche, non potentissima, ma unica e subito riconoscibile, un vecchio amico che non puoi fare a meno di amare. The Isolation Of Mister, ennesima ballata uggiosa, ma il tempo è quello, conferma questa ritrovata vena: non sembra, non me ne intendo della parte dell’autore, ma evidentemente non deve essere facile scrivere sempre delle belle canzoni, qualche volta la Musa si posa su di te, e tutto funziona, “solite” chitarre acustiche, un organo che scivola che è un piacere e  il suono dell’armonica, con un breve intervento quasi dylaniano, a suggellare il risultato. Ovviamente il nostro amico si “incazza” ancora, The Company Of Cowards è uno dei suoi brani “politici”, leggermente più mosso dei precedenti, le chitarre acustiche sono più vivaci, la sezione ritmica batte il tempo con più vigore e Mellencamp si infervora ancora una volta, estraendo nuovamente l’armonica, che irrobustisce ulteriormente il tessuto sonoro della canzone. Tears In Vain, con due twangy guitars in azione e la solita armonica, potrebbe quasi uscire da Scarecrow, un brano incalzante, si potrebbe parlare di rock? Ma sì!

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E siamo solo a metà. In The Brass Ring ci parla ancora di questo suo umore poco propenso all’ottimismo e alla positività: “Questo mondo che ho visto qui non è mai giusto, così lasciatemi con i miei dispiaceri!”, e noi lo lasciamo, però ci gustiamo questa ennesima bella canzone, sempre del filone di quelle più mosse, rock è una parola forte, però le chitarre si fanno sentire e la sezione ritmica è più in evidenza che in altri momenti. Forse manca quel piccolo quid di maggiore varietà per inserire Plain Spoken tra le sue opere più riuscite, questo lo dirà il tempo, ma al sottoscritto piace. Freedom Of Speech è una folk tune che viaggia solo sulle note del violino della Sturm, una fisarmonica appena accennata e una chitarra acustica, pochissimi elementi ma che rendono funzionale il messaggio sociale del brano. Blue Charlotte è una delle love songs del canone mellencampiano, ritornello cantabile, violino ricorrente, chitarre discrete ma incisive e una breve, deliziosa, parte centrale strumentale, con il buon John che ci rende edotti delle vicende di questa Charlotte.The Courtesy Of Kings è un bel valzerone rock che potrebbe quasi uscire dai solchi di Blonde On Blonde di Dylan, uno degli eroi di Mellencamp, che estende la sua influenza nel tempo e che ci regala una delle pagine migliori di questo disco. Che affida la sua conclusione all’altro brano espressamente politico di questa raccolta, Lawless Times, il brano più rock-blues del CD, con la slide a segnare il tempo e l’armonica che fa sentire il suo lamento per l’ultima volta https://www.youtube.com/watch?v=g6k-dOF8K5U .

Quindi? Quindi…esce martedì 23 settembre, giudicate voi, io la mia opinione ve l’ho detta e visto che è ripartito, me lo risento!

Bruno Conti

Bob Dylan Basement Tapes Complete E Lost In The River The New Basement Tapes, Costello Mumford T-Bone Burnett & Co. – Entrambi In Uscita A Novembre!

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Bob Dylan And The Band – The Basement Tapes Complete The Bootleg Series Vol. 11 – 6 CD Columbia Legacy 04/11/2014

Bob Dylan And The Band – The Basement Tapes Raw – 2 CD o 3 LP Columbia Legacy

E in principio furono questi…

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O meglio, in principio ci furono una serie di bootleg, uno in particolare, chiamato Great White Wonder, “uscito” nel 1969, che iniziò a svelare il contenuto di quella cornucopia di delizie che sarebbe stata nota come The Basement Tapes. Una serie di registrazioni, durate alcune mesi, avvenute nella cantina di una casa chiamata “Big Pink” a West Saugerties, sobborghi di Woodstock, New York, dove Bob Dylan, reduce dal suo misterioso incidente motociclistico, e Robbie Robertson, Rick Danko, Richard Manuel, Garth Hudson e, arrivato più tardi, Levon Helm, ovvero The Band, diedero alla luce (ma anche no) più di cento canzoni che avrebbero potuto cambiare ancora di più la storia della musica rock https://www.youtube.com/watch?v=1lD-64YsRg0 . Purtroppo, a parte qualche brano, che riuscì a scappare, i più noti I Shall Be Released, The Mighty Quinn, This Wheel’s On Fire e You Ain’t Going Nowhere, il resto delle canzoni rimase cocciutamente negli archivi di Dylan e della casa discografica, fino al 1975,  annoin cui venne pubblicato un doppio LP da parte della Columbia Records, con 16 brani di Dylan e 8 della Band, in rigoroso mono. Disco che fu un grande successo su entrambi i lati dell’oceano, entrando nei Top 10 sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito.

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Ripubblicato in CD in varie occasioni, l’ultima quella che vedete effigiata più sopra, nel 2009, sempre con 24 brani. Quando negli anni ’90 inizio ad uscire la Bootleg Series si pensò che uno dei primi dischi a subire il trattamento Deluxe sarebbe stato questo e invece abbiamo dovuto aspettare fino al capitolo 11, ma alla fine ci siamo, il 4 novembre usciranno The Basement Tapes Complete, 138 brani registrati in quella “mitica” estate del 1967, The Summer Of Love,  raccolti in un cofanetto da 6 CD, che negli Stati Uniti è annunciato per la “modica” cifra di 150 dollari, oltre a due versioni, in 2 CD o 3 LP, definite Raw, che contengono 38 “highlights” estratti dal Box completo, con un libretto da 56 pagine ad illustrarne i brani contenuti. L’edizione Deluxe, con libro rilegato da 120 pagine, conterrà questi brani:

Disc: 1
1. Edge of the Ocean
2. My Bucket’s Got a Hole in It
3. Roll on Train
4. Mr. Blue
5. Belshazzar
6. I Forgot to Remember to Forget
7. You Win Again
8. Still in Town
9. Waltzing with Sin
10. Big River (Take 1)
11. Big River (Take 2)
12. Folsom Prison Blues
13. Bells of Rhymney
14. Spanish is the Loving Tongue
15. Under Control
16. Ol’ Roison the Beau
17. I’m Guilty of Loving You
18. Cool Water
19. The Auld Triangle
20. Po’ Lazarus
21. I’m a Fool for You (Take 1)
22. I’m a Fool for You (Take 2)

Disc: 2
1. Johnny Todd
2. Tupelo
3. Kickin’ My Dog Around
4. See You Later Allen Ginsberg (Take 1)
5. See You Later Allen Ginsberg (Take 2)
6. Tiny Montgomery
7. Big Dog
8. I’m Your Teenage Prayer
9. Four Strong Winds
10. The French Girl (Take 1)
11. The French Girl (Take 2)
12. Joshua Gone Barbados
13. I’m in the Mood
14. Baby Ain’t That Fine
15. Rock, Salt and Nails
16. A Fool Such As I
17. Song for Canada
18. People Get Ready
19. I Don’t Hurt Anymore
20. Be Careful of Stones That You Throw
21. One Man’s Loss
22. Lock Your Door
23. Baby, Won’t You be My Baby
24. Try Me Little Girl
25. I Can’t Make it Alone
26. Don’t You Try Me Now

Disc: 3
1. Young but Daily Growing
2. Bonnie Ship the Diamond
3. The Hills of Mexico
4. Down on Me
5. One for the Road
6. I’m Alright
7. Million Dollar Bash (Take 1)
8. Million Dollar Bash (Take 2)
9. Yea! Heavy and a Bottle of Bread (Take 1)
10. Yea! Heavy and a Bottle of Bread (Take 2)
11. I’m Not There
12. Please Mrs. Henry
13. Crash on the Levee (Take 1)
14. Crash on the Levee (Take 2)
15. Lo and Behold! (Take 1)
16. Lo and Behold! (Take 2)
17. You Ain’t Goin’ Nowhere (Take 1)
18. You Ain’t Goin’ Nowhere (Take 2)
19. I Shall be Released (Take 1)
20. I Shall be Released (Take 2)
21. This Wheel’s on Fire
22. Too Much of Nothing (Take 1)
23. Too Much of Nothing (Take 2)

Disc: 4
1. Tears of Rage (Take 1)
2. Tears of Rage (Take 2)
3. Tears of Rage (Take 3)
4. Quinn the Eskimo (Take 1)
5. Quinn the Eskimo (Take 2)
6. Open the Door Homer (Take 1)
7. Open the Door Homer (Take 2)
8. Open the Door Homer (Take 3)
9. Nothing Was Delivered (Take 1)
10. Nothing Was Delivered (Take 2)
11. Nothing Was Delivered (Take 3)
12. All American Boy
13. Sign on the Cross
14. Odds and Ends (Take 1)
15. Odds and Ends (Take 2)
16. Get Your Rocks Off
17. Clothes Line Saga
18. Apple Suckling Tree (Take 1)
19. Apple Suckling Tree (Take 2)
20. Don’t Ya Tell Henry
21. Bourbon Street

Disc: 5
1. Blowin’ in the Wind
2. One Too Many Mornings
3. A Satisfied Mind
4. It Ain’t Me, Babe
5. Ain’t No More Cane (Take 1)
6. Ain’t No More Cane (Take 2)
7. My Woman She’s A-Leavin’
8. Santa-Fe
9. Mary Lou, I Love You Too
10. Dress it up, Better Have it All
11. Minstrel Boy
12. Silent Weekend
13. What’s it Gonna be When it Comes Up
14. 900 Miles from My Home
15. Wildwood Flower
16. One Kind Favor
17. She’ll be Coming Round the Mountain
18. It’s the Flight of the Bumblebee
19. Wild Wolf
20. Goin’ to Acapulco
21. Gonna Get You Now
22. If I Were A Carpenter
23. Confidential
24. All You Have to do is Dream (Take 1)
25. All You Have to do is Dream (Take 2)

Disc: 6
1. 2 Dollars and 99 Cents
2. Jelly Bean
3. Any Time
4. Down by the Station
5. Hallelujah, I’ve Just Been Moved
6. That’s the Breaks
7. Pretty Mary
8. Will the Circle be Unbroken
9. King of France
10. She’s on My Mind Again
11. Goin’ Down the Road Feeling Bad
12. On a Rainy Afternoon
13. I Can’t Come in with a Broken Heart
14. Next Time on the Highway
15. Northern Claim
16. Love is Only Mine
17. Silhouettes
18. Bring it on Home
19. Come All Ye Fair and Tender Ladies
20. The Spanish Song (Take 1)
21. The Spanish Song (Take 2)

Non mi addentro ulteriormente nella disamina dei brani, in quanto so che, quando sarà il momento, nella vicinanza dell’uscita, l’amico Marco Verdi (ora impegnato in un trasloco, auguri o son cacchi tuoi, come preferisci!) saprà intrattenervi con dovizia di dettagli su questa importantissima uscita discografica.

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Ma la storia non finisce qui. Infatti, lo stesso giorno, ma più probabilmente l’11 novembre, la Harvest/Universal pubblicherà questo Lost On The River – The New Basement Tapes che documenta, in due versioni, entrambe in singolo CD, ma una con 15 brani e l’altra Deluxe con 20 brani (MAH!?! Non capirò mai il perché), il risultato delle sessions tenute nel mese di marzo di quest’anno ai Capitol Studios di Hollywood da Elvis Costello, Rhiannon Giddens (Carolina Chocolate Drops), Taylor Goldsmith (Dawes), Jim James (My Morning Jacket) e Marcus Mumford (Mumford & Sons), sotto la produzione di T-Bone Burnett, al quale lo stesso Dylan aveva affidato i testi di due dozzine di brani “incompiuti”, che gli stessi artisti sopra citati hanno provveduto a completare ed incidere https://www.youtube.com/watch?v=Iq66_lWB7I4 . Si dice che ne siano stati registrati anche altri, per cui potremmo aspettarci ulteriori capitoli di questa operazione meritoria, ma per il momento quelli che verranno pubblicati sono i seguenti:

1. Down On The Bottom
2. Married To My Hack
3. Kansas City
4. Spanish Mary
5. Liberty Street
6. Nothing To It
7. Golden Tom Silver Judas*
8. When I Get My Hands On You
9. Duncan And Jimmy
10. Florida Key
11. Hidee Hidee Ho #11
12. Lost On The River #12
13. Stranger
14. Card Shark
15. Quick Like A Flash*
16. Hidee Hidee Ho #16*
17. Diamond Ring*
18. The Whistle Is Blowing*
19. Six Months In Kansas City (Liberty Street)
20. Lost On The River #20

*Deluxe Edition only

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C’è anche un sito http://store.universalmusic.com/thenewbasementtapes/ , dove per soli 120 dollari potete comprare la versione limitata in cofanetto per fan, quella che vedete qui sopra.

In un brano, Kansas City, Johnny Depp ha sostituito Costello che si era dovuto assentare per la durata di una session. Il tutto è stato ripreso dal regista Sam Jones, per un documentario Lost Songs: The Basement Tapes Continued, che verrà trasmesso sul canale Showtime negli Stati Uniti il 21 novembre e poi, chissà, magari uscirà in DVD e Blu-Ray. Non dovrebbero esserci altri musicisti coinvolti, i partecipanti, che hanno registrato tutto in presa diretta, come nell’album originale, hanno provveduto a registrare anche la parte strumentale, scambiandosi ai vari strumenti nel corso delle diverse takes delle canzoni.

Ovviamente anche di questo, come del Dylan, se ne parlerà ancora a tempo debito.

Bruno Conti

Cantautore O Produttore? Joe Henry – Invisible Hour

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Joe Henry – Invisible Hour – Work Song/ Ear Music/Edel Records

Lo ammetto, sono un “fan” di lunga data di Joe Henry (cognato di Madonna, ha sposato la sorella Michelle, ma non è una colpa), dai tempi dell’esordio con Talk Of Heaven (86), e l’ho seguito negli anni, mentre uscivano Murder Of Crows (con Mick Taylor e Chuck Leavell) (89), lo splendido ma poco considerato Shuffletown (90) (andatevi a risentire la traccia iniziale Helena By The Avenue https://www.youtube.com/watch?v=l2nDnE4LQS8 ),  e poi ancora Short Man’s Room (92) accompagnato dai Jayhwaks, e Kindness Of The World (93), i due lavori più influenzati dal suono americana, la trilogia Trampoline (96), Fuse (99) e Scar (01); poi Joe ha firmato per la Anti Records e le cose sono cambiate, con un disco dal suono molto personale come il geniale Tiny Voices (03), e le raffinate incisioni dell’ultimo periodo con Civilians (07) con Bill Frisell e  Van Dyke Parks, Blood From The Stars (09), e infine le sfumature blues di Reverie (11). Nel contempo Joseph Lee Henry (il suo vero nome) ha imparato a fare il produttore iniziando con Bruce Cockburn (insieme a T-Bone Burnett), Teddy Thompson (figlio di Richard & Linda) , proseguendo con Solomon Burke (con cui ha vinto un grammy nel 2003), Ani DiFranco, Bonnie Raitt, Bettye Lavette, il suo amico Loudon Wainwright III e ultimamente, con uno dei miei gruppi preferiti, gli Over The Rhine, e  mille altri (anche Lisa Hannigan, che troviamo sotto, tra i collaboratori di questo album)…

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Mi viene da pensare che l’occasione di stare a contatto con musicisti di diverso genere ed estrazione musicale gli ha fatto certamente bene, lo ha stimolato ad apprendere tutte le mille sfumature che la musica offre, e ora tutto quello che ha appreso si certifica in questo nuovo Invisible Hour (che esce in questi giorni) uno dei suoi dischi migliori in assoluto, un lavoro intenso e maturo, musicalmente ineccepibile, curato sia negli arrangiamenti che nella stesura delle canzoni.  Registrato in una settimana nel suo studio di Pasadena, Joe come sempre si avvale di musicisti di grande qualità, tra i quali ricordiamo Greg Leisz e John Smith alle chitarre, David Piltch o Jennifer Condos al basso, Jay Bellerose alla batteria, il figlio Levon ai fiati, e tra gli ospiti la brava Lisa Hannigan (cantante e musicista irlandese, a sua volta, già collaboratrice di Damien Rice) e i Milk Carton Kids alle armonie vocali, e direi anche non trascurabile l’apporto del noto romanziere Colum McCann per la stesura dei testi.

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Pur non essendo un “concept album”, le canzoni di Invisible Hour girano attorno al concetto del matrimonio, come ha ricordato in alcune interviste lo stesso Henry, a partire dal trittico iniziale, con la magnifica Sparrow https://www.youtube.com/watch?v=f5nAIX1aM6w , Grave Angels https://www.youtube.com/watch?v=XSneRuPlN3I  e i nove minuti di una Sign dove è la voce di Joe a farla da padrona (tra Van Morrison e il miglior Dirk Hamilton), dialogando con il suono minimale degli strumenti https://www.youtube.com/watch?v=cRp1w8Zqr4g . Un tocco dolce di chitarra introduce la title track, Invisible Hour, composizione intensa e struggente https://www.youtube.com/watch?v=MTl25EQ9Zls , per poi passare alle trame più ricche e complesse di Swayed  e ai suoni quasi gospel di Plainspeak, con largo uso del sax da parte del figlio Levon, mentre nell’ottima Lead Me On troviamo Lisa Hannigan al controcanto.

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Lo spirito di Tom Waits aleggia nell’acustica Alice, mentre il ritmo si innalza con Every Sorrow, la canzone più “roots” dell’album, andando poi a chiudere con Water Between Us, una solida ballata melodica, introdotta dalle note del piano e accompagnata nello sviluppo da sax e clarinetto (ha tutte le qualità per entrare nel novero delle sue canzoni più belle), e nella conclusiva, lunga e intensa Slide, una di quelle composizioni che rimangono impresse nella memoria per lungo tempo.

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Anche se il suo “status” attuale di produttore supera quello dell’autore e cantante (ma non per chi scrive), Henry non rinuncia a pubblicare dischi, e dopo una lunga e importante carriera quasi trentennale https://www.youtube.com/watch?v=567GTsSgNtw , esce con questo lavoro raffinato e delicato, percorso da avvolgenti trame, acustiche e non, supportate dalla sua abituale voce calda e sinuosa, rendendo l’ascolto un esercizio di gusto e delicatezza. Per i pochi che ancora non lo conoscono, Joe Henry è un amante della musica, di quella vera, e Invisible Hour conferma la sua bravura di musicista e produttore, e quindi di essere ampiamente in grado di portare avanti entrambe le professioni. Tra i dischi dell’anno!

Tino Montanari

Novità Di Aprile, Speciale Pasqua E Dintorni Parte III. Billy Bragg, The Both (Aimee Mann-Ted Leo), Secret Sisters, Needtobreathe, Katie Herzig, Let The Music Play Black America Sings Bacharach/David

billy bragg live at the union chapel

Billy Bragg – Live At The Union Chapel – CD + DVD Cooking Vinyl

Si tratta della registrazione tenuta nel giugno del 2013 alla Union Chapel di Londra, nel corso della quale il Bardo di Woking presentava con la band l’album Tooth And Nail ed altre chicche del suo repertorio. Nel bis esegue in acustico l’intero Life’s A Riot With Spy vs Spy” e tra gli extra del DVD ci sono altri brani registrati a Lexington e alla Wembley Arena nonché promo videos, making of e interviste https://www.youtube.com/watch?v=nBfY9OnxTng . Più cinque cartoline. Questi i contenuti:

Disc: 1 (CD)

  • 1. Ideology
  • 2. Way Over Yonder In The Minor Key
  • 3. Do Unto Others
  • 4. All You Fascists Bound To Lose
  • 5. I Aint Got No Home
  • 6. You Woke Up My Neighbourhood
  • 7. Never Buy The Sun
  • 8. Between The Wars
  • 9. There Is Power In A Union
  • 10. Goodbye Goodbye
  • 11. My Flying Saucer
  • 12. Swallow My Pride
  • 13. Over You
  • 14. Valentine’s Day Is Over
  • 15. There Will Be A Reckoning
  • 16. Sexuality
  • 17. Handyman Blues
  • 18. Tank Park Salute
  • 19. Waiting For The Great Leap Forwards

Disc: 2 (DVD)

    • 1. Ideology (DVD)
    • 2. First Interview (DVD)
    • 3. Way Over Yonder In The Minor Key (DVD)
    • 4. Do Unto Others (DVD)
    • 5. All You Fascists Bound To Lose (DVD)
    • 6. I Ain’t Got No Home (DVD)
    • 7. You Woke Up My Neighbourhood (DVD)
    • 8. Interview 2 (DVD)
    • 9. Never Buy The Sun (DVD)
    • 10. Between The Wars (DVD)
    • 11. There Is Power In The Union (DVD)
    • 12. Interview 3 (DVD)
    • 13. Goodbye Goodbye (DVD)
    • 14. My Flying Saucer (DVD)
    • 15. Interview 4 (DVD)
    • 16. Swallow My Pride (DVD)
    • 17. Interview 5 (DVD)
    • 18. Over You (DVD)
    • 19. Valentines Day Is Over (DVD)
    • 20. Interview 6 (DVD)
    • 21. There Will Be A Reckoning (DVD)
    • 22. Sexuality (DVD)
    • 23. Interview 7 (DVD)
    • 24. Handyman Blues (DVD)
    • 25. Tank Park Salute (DVD)
    • 26. Waiting For The Great Leap Forwards (DVD)
    • 27. Life s A Riot With Spy Vs Spy Encore (DVD)
    • 28. No One Knows Nothing Anymore (Promo Video DVD)
    • 29. Handyman Blues (Promo Video DVD)
    • 30. Handyman Blues – The Outtakes (DVD)
    • 31. The Space Race Is Over (Live from The Lexington DVD)
    • 32. Chasing Rainbows (Live from The Lexington DVD)
    • 33. A New England (Live from Wembley DVD)
    • 34. Tooth & Nail EPK (DVD)
    • 35. Interview With Billy Bragg and Andrew Collins (DVD

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The Both Aimee Mann & Ted Leo – Superego records

Questa è una collaborazione tra Aimee Mann e Ted Leo, ma mentre più o meno tutti conoscono la prima. tra i quali il sottoscritto che l’apprezza dai tempi dei ‘Til Tuesday e per la sua eccellente carriera solista, di cui, stranamente il disco più conosciuto è una colonna sonora, quella di Magnolia, pochi conoscono Ted Leo che invece è in giro dai primi anni ’90, prima nei Chisel (non Cold, la band australiana di Jimmy Barnes), e poi a seguire una carriera solista che gli ha fruttato sette album, di cui ammetto di non conoscerne nemmeno uno. Nel 2012 hanno fatto uno tour degli States insieme e da cosa nasce cosa ed ecco questo The Both, che esiste anche in una versione deluxe con due tracce acustiche extra venduta dalla catena Barnes & Noble https://www.youtube.com/watch?v=PNaEM54nfK4 . E sapete una cosa, la mia amica Aimee ancora una volta non delude, e pure lui è bravo, ca va sans dire che il disco è bello, c’è persino una cover di un brano dei primi Thin Lizzy di Phil Lynott, Honesty Is No Excuse, che fa guadagnare ulteriori punti ai due https://www.youtube.com/watch?v=V_D-c-4xANs . Con quella voce, lei e Chrissie Hynde (primo album solista a giugno, speriamo bene), sono due delle migliori cantautrici che fanno rock al femminile https://www.youtube.com/watch?v=nivz7x_TMK4 .

secret sisters put your needle down

The Secret Sisters – Put Your Needle Down – Republic/Universal

Un’altra coppia, ma queste sono sorelle, per la precisione Secret Sisters, Lydia & Laura Rogers, due giovani e paffute sorelline americane, ma molto brave; il nuovo Put Your Needle Down è prodotto come il precedente da T-Bone Burnett https://www.youtube.com/watch?v=BQgJ_2Rnufw ed hanno detto (tale Steve Leggett, per attribuirgli il merito di una descrizione molto efficace) dell’album: “Suona come Wrecking Ball, il disco di Emmylou Harris prodotto da Lanois, cantato dalle sorelle minori degli Everly Brothers mentre sono alla guida dei Cowboy Junkies”. E c’è anche un brano incompleto di Dylan, un demo dato dallo stesso Bob alle ragazze che l’hanno completato, The Lie, che quindi porterà la firma Dylan/Rogers/Rogers, non male. Oltre a composizioni firmate da Brandi Carlile, che ha diviso spesso i palchi con le sorelle, una cover di Lonely Island, un brano di Boudleaux Bryant che era nel repertorio proprio degli Everly Brothers https://www.youtube.com/watch?v=mdPYwsbuASc . Se non vi basta tutto ciò, nel disco suonano Jay Bellerose, Keefus Ciancia, Zachary Dawes, Gurf Morlix, Marc Ribot, oltre allo stesso Burnett. E c’è pure una bella cover di The Pocket Knife di PJ Harvey. Sarà mica bello?

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Needtobreathe – Rivers In The Wasteland – Atlantic

Vengono dalla Carolina del Sud e sono etichettati come Christian Rock meets Alternative, ma niente paura i Needtobreathe, di cui Rivers In The Wasteland è il quinto album, fanno solo del buon vecchio sano rock, già il precedente The Reckoning era ottimo, questo nuovo è anche migliore. Tante chitarre, ma anche tastiere, fiati ed arrangiamenti complessi, ma anche momenti più riflessivi con la bella voce di Bear Rhineheart in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=Se2C3v1a7OY. Il tutto prodotto da Joe Chiccarelli https://www.youtube.com/watch?v=Ub1q16hLxJg. Per avere un piccolo paragone, ma non prendetelo troppo alla lettera, pensate ai Coldplay o agli U2 se non vi fossero persi per strada e avessero proseguito per la strada “americana”, o ai Counting Crows con un maggior zelo religioso. E anche qualcosa di Cat Stevens  “modernizzato” con i classici oh oh oh che ora vanni di moda, sentite qui https://www.youtube.com/watch?v=Z5Yo99VjE2o. Bravi, in una parola!

katie herzig walk though walls

Katie Herzig – Walk Through Walls – Marion-Lorraine Records

Anche Katie Herzig ha dovuto arrendersi agli album finanziati dai fans, questo Walk Through Walls, il suo quinto, che esce per la propria etichetta indipendente che già da anni pubblica i suoi CD. La Herzig fa parte di quella pattuglia di cantanti americane (e non solo) molto apprezzate dai curatori delle colonne sonore delle serie televisive americane, tipo Grey’s Anatomy, che spesso ha usato i suoi brani o di film, spot pubblicitari e cose simili. Questo ha fatto dimenticare che la ragazza ha talento, una bella voce tra Neko Case e Devon Sproule, i suoi brani eseguiti anche dai Duhks (un bel “ma che fine hanno fatto”, cade a fagiolo) e prima, per alcuni anni, era stata la voce solista di una band come i Newcomers Home che non sono entrati nella storia della musica. Tutto bene quindi? Più o meno, questo è il singolo https://www.youtube.com/watch?v=V0dGwtAL1AE bello il video, ma troppa “elettronica” per i miei gusti, come nel resto del disco https://www.youtube.com/watch?v=fGeQTIpczcQ , non tutti i brani ma quasi…piacerà alle radio, dove va molto questo genere, ma la preferivo prima, vedremo in futuro.

let the music play black america sings bachrach david

Let The Music Play – Black America Sings Bacharach & David – Ace

Ogni tanto l’etichetta inglese Ace pubblica questi volumi a tema, con nomi famosi e carneadi del soul (ma sempre bravissimi) che interpretano le canzoni dei grandi della storia della nostra musica, ci sono stati i volumi dedicati a Otis Redding, Bob Dylan e Lennon-McCartney, questa volta è il turno di Burt Bacharach e Hal David. Si legge già tutto in copertina, comunque questa è la tracklist completa:

  1. 1 Make It Easy On Yourself – Dionne Warwick (2:40)
  2. 2 My Little Red Book – Tony Middleton (2:16)
  3. 3 Long After Tonight is All Over – Irma Thomas (2:29)
  4. 4 Another Tear Falls – Marv Johnson (2:35)
  5. 5 I Say a Little Prayer – Aretha Franklin (3:33)
  6. 6 Message To Martha – Jerry Butler (3:01)
  7. 7 This Empty Place – Cissy Houston (2:30)
  8. 8 In the Land of Make Believe – The Drifters (2:35)
  9. 9 I Cry Alone – Ruby & the Romantics (2:41)
  10. 10 Let the Music Play – Roy Hamilton (2:24)
  11. 11 Always Something There to Remind Me – Patti Labelle & the Bluebelles (2:37)
  12. 12 The Last One To Be Loved – Lou Johnson (3:30)
  13. 13 Reach Out For Me – Willie Tee (3:35)
  14. 14 Alfie – The Delfonics (2:47)
  15. 15 (There Goes) the Forgotten Man – Gene McDaniels (2:58)
  16. 16 The Look of Love – Nina Simone (2:23)
  17. 17 Anyone Who Had a Heart – The Orlons (2:49)
  18. 18 What the World Needs Now is Love – James Carr (3:13)
  19. 19 Walk On By – Gloria Gaynor (3:04)
  20. 20 (They Long To Be) Close To You – Bobby Womack (4:51)
  21. 21 One Less Bell To Answer – Gladys Knight & the Pips (3:16)
  22. 22 I Just Don’t Know What To Do With Myself – Isaac Hayes (3:48)
  23. 23 Don’t Make Me Over – Brenda & the Tabulations (4:02)
  24. 24 A House is Not a Home – Mavis Staples (4:29)

Quelle due o tre(cento) canzoni famose le trovate, perché molte ne valgono cento di oggi! Non c’entra con il brano contenuto nel CD, ma che oggi quasi nessuno abbia sentito parlare di James Carr, uno dei più grandi cantanti di soul di tutti i tempi (per qualcuno il migliore) è quasi un delitto, https://www.youtube.com/watch?v=VR6BkppSGNc

Fine delle trasmissioni anche per oggi.

Bruno Conti

Un Raffinato Quartetto: E Che Voce La Ragazza! Lake Street Dive – Bad Self Portraits

lake street dive bad self portraits

Lake Street Dive – Bad Self Portraits – Signature Sounds

Il recente successo di Inside Llewyn Davis ha scatenato tutto un indotto intorno al film e alla colonna sonora, e in occasione del lancio del film, si è tenuto un concerto “One Night Only” dove alcuni musicisti, invitati da Burnett e dai fratelli Cohen, hanno cantato alla Town Hall di New York brani ispirati da quell’epoca gloriosa. Diventerà un CD/DVD, Another Day, Another Time, più avanti nell’anno (a marzo esce quello del film) ma non è inerente al CD di cui stiamo parlando, se non fosse per il fatto che i Lake Street Dive sono tra coloro che sono stati invitati da T-Bone Burnett per questa serata speciale e questo denota, secondo me, che si tratta di gente di valore http://www.youtube.com/watch?v=np3ru7z-PRE .

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Non fanno folk, ma qualcosa c’è, probabilmente, se non in piccola parte, non fanno neppure il jazz che gli viene attribuito come genere principale, ma fanno un pop assai raffinato e ricco di sfumature soul,  qualche brivido rock, folk e jazz intesi in un’ottica alla Laura Nyro o Carole King, in virtù del fatto che il gruppo ruota tutto intorno alla voce di Rachael Price, che è il motivo per cui questo Bad Self Portraits è così piacevole http://www.youtube.com/watch?v=crqkkXCGMyk . Non la solita da voce da cantante o cantautrice triste e malinconica che va per la maggiore al momento (e al sottoscritto ce ne sono molte che piacciono, è un genere che frequento con piacere, quindi non è una critica), quanto una bella voce pimpante, con dei piccoli timbri gutturali, di gola, alla Tony Childs, (ricordate?), oppure quelle voci bianche, ma innamorate della musica nera, un blue eyed soul semplice ma movimentato, musica che ha dei ritmi  vivaci e mossi, frutto di parecchi anni on the road, dove hanno affinato lo stile, portato alla luce da metà anni 2000, in quel di Boston, Massachusetts, con alcuni album, quattro in tutto, dove lentamente ma con progressi costanti, sono passati dalla indie jazz band degli inizi, al raffinato quartetto che pubblica questo nuovo lavoro per la Signature Sounds, probabilmente il loro migliore fino ad ora.

lake street dive rachael price

Il disco è stato registrato in uno studio di una piccola cittadina del Maine, Parsonsfield, meno di 2.000 anime, mentre, come raccontano nelle note, un piccolo terremoto per fortuna innocuo si abbatteva sui dintorni del piccolo borgo. Non so se il tutto abbia contribuito a dare una piccola scossa alla loro creatività, ma il prodotto che ne è uscito è estremamente piacevole: il loro amore per il soul, la musica di Hall & Oates, i Beatles e in particolare Paul McCartney, i Fleetwood Mac, i Mamas and Papas, i Drifters, i primi Jackson 5 (su YouTube circola un video, dove, all’impronta, per le strade di Brighton, Ma., improvvisano una versione di I Want You Back http://www.youtube.com/watch?v=6EPwRdVg5Ug ), tutto questo confluisce nel CD, che non sarà di quelli che fanno svoltare la storia della musica, ma per chi ama tutti i nomi citati potrebbe essere una piacevole sorpresa.

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La Price è la frontwoman della band, e i tre musicisti che completano il gruppo scrivono tutto il materiale, Mike “McDuck” Olson, che oltre alla chitarra, suona anche tromba, trombone e piano, la bassista (anche al piano) Bridget Kearney, forse l’autrice principale e alla batteria Mike Calabrese, tutti contribuiscono al sound strumentale e vocale che è raffinato il giusto, senza eccessi. In effetti la Price ha anche una carriera parallela come cantante jazz, ma qui il pop-soul più gioioso impera: la Kearney al contrabbasso e Calabrese alla batteria “swingano” a tempo di rock-soul sin dall’iniziale title-track, giravolte di piano e chitarra, ambientazioni sudiste, accenni di doo-wop, la voce squillante di Rachael http://www.youtube.com/watch?v=nCHiB1IymBQ , ancora intrecci vocali beatlesiani in una Stop Your Crying ricca di energia 60’s. Better Than è soul music divina, con un organo in sottofondo, la voce di gola della Price e un assolo di tromba di Olson delicatissimo. Rabid Animal ricorda il miglior Billy Joel degli anni ’70 con un pianino insinuante http://www.youtube.com/watch?v=zSDeO66VxL8  mentre You Go Down Smooth ha l’energia irrefrenabile di Walking On Sunshine di Katrina And The Waves http://www.youtube.com/watch?v=GfOkqLxjaMI .

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Use Me Up si appoggia sul fantastico contrabbasso della Kearney e sulle tastiere di Sam Kassirer, il produttore del disco, che aggiunge dei piccoli tocchi di genialità al suono d’assieme della band. Anche Bobby Tanqueray ha quel suono volutamente retrò e arrangiamenti pop raffinatissimi, studiati per valorizzare la voce di Rachael Price. Just Ask avreste potuto trovarla su Back To Black di Amy Winehouse, con la voce che ha la stessa intensità della scomparsa cantante inglese, tonalità quasi perfette. Seventeen è un’altra costruzione sonora semplice e complessa al tempo stesso, con voci e strumenti che si incastrano alla perfezione e in What About Me, per una volta si fanno più aggressive, prima di lasciare spazio ad una ballata pianistica molto McCartney come Rental Love http://www.youtube.com/watch?v=5wUvzfz6F-A . Se vi piacciono le bravi cantanti e il pop raffinato qui troverete pane per i vostri denti!                                                                    

Bruno Conti

Un Tuffo Negli Anni Settanta! – Elton John – The Diving Board

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Elton John – The Diving Board Mercury CD – Deluxe CD – Super Deluxe Cd + LP + DVD

Il titolo del post si ricollega direttamente all’immagine di copertina (che ricorda curiosamente lo stile della Hipgnosis), ma è anche una estrema sintesi di quello che trovate su questo splendido nuovo disco di Elton John il quale, dopo aver passato gli anni ottanta e novanta a creare molte canzoni pop di successo, ma raramente dei bei dischi (anzi, alcuni erano proprio da gettare nel cestino, penso a Leather Jackets, il terribile Duets e buona parte di The Big Picture), nel 2001 si ricorda che nei settanta era un fior di musicista e torna a fare un album come si deve (Songs From The West Coast), creando un nuovo trend positivo che continua con i seguenti Peachtree Road (meno bello, più che altro per la debolezza di alcune canzoni, ma il suono era ok), l’ottimo The Captain And The Kid (il migliore dei tre) ed il delizioso The Union, registrato in coppia con l’idolo di gioventù Leon Russell.

A parte il disco con Russell, che era più che altro la realizzazione del sogno di una vita, ultimamente si erano comunque un po’ perse le speranze di avere ancora nuove canzoni da parte di Elton: il merito del suo ritorno in sala d’incisione va attribuito a…Bob Dylan! Infatti il nostro Reginald (vero nome di Elton, per quei due o tre che non lo sapessero) ha recentemente dichiarato che era stanco di fare dischi, e che temeva di non avere più nulla di interessante da dire (oltre ad avercela con la casa discografica per non avere tratto alcun singolo da The Captain And The Kid), ma che l’ascolto di Modern Times di Bob lo ha spronato a tornare a creare musica (chissà allora cosa ne pensa di Tempest, che è molto meglio).

Ebbene, visti i risultati, devo dire che Dylan ha fatto l’ennesimo miracolo: The Diving Board è infatti un grandissimo disco, pieno di bellissime canzoni e con un Elton ispirato come non mai, prodotto alla grande da T-Bone Burnett (già responsabile del disco con Russell) e suonato divinamente.

Proprio il suono, oltre chiaramente alle canzoni, è la caratteristica vincente di The Diving Board, un suono pianistico come mai prima d’ora, neppure nei gloriosi anni settanta, con la chitarra (di Doyle Bramhall II) presente in appena due brani: il resto è puro Elton, accompagnato soltanto da Jay Bellerose alla batteria e Raphael Saadiq al basso, più qua e là misurati e mai invasivi interventi di archi o fiati, oltre a qualche backing vocalist di supporto.

(NDM: se non ricordo male, l’unico disco della carriera di Elton in trio piano-basso-batteria è il mitico 11-17-70, che però era un live).

E poi ci sono le canzoni (tutte scritte con il fido Bernie Taupin), bellissime, che ci fanno tornare di colpo indietro di quasi quarant’anni: non vorrei esagerare, ma The Diving Board vede il miglior Elton John dai tempi di Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy (1975).

E non è poco.

L’album si apre con Oceans Away, solo per voce e piano, un brano dalla squisita melodia, molto classica, in cui Elton dimostra subito di essere in forma.

Oscar Wilde Gets Out ha uno splendido fraseggio di piano, poi entrano quasi di soppiatto basso e batteria, con il nostro che intona una melodia molto evocativa: sembra quasi una outtake di Tumbleweed Connection, grande canzone.

A Town Called Jubilee, con Bramhall alla slide, vede ancora un ispiratissimo Sir Elton, alle prese con un uptempo di gran classe, il solito gran lavoro al pianoforte ed un coro quasi gospel; la saltellante The Ballad Of Blind Tom è un altro brano decisamente riuscito, con la ritmica pressante e le dita del baronetto che viaggiano che è un piacere sui tasti.

Dream # 1 è un brevissimo strumentale per piano solo (che avrà due seguiti nel corso del disco), che anticipa la struggente My Quicksand, una di quelle melodie che Elton tira fuori anche quando dorme ma che colpiscono dritto al cuore; la godibile Can’t Stay Alone Tonight ricorda un po’ nello sviluppo la nota I Guess That’s Why They Call It The Blues, ma con una strumentazione nettamente migliore, e si candida ad essere una delle più riuscite.

Voyeur è ben costruita, un po’ meno immediata ma superiore a gran parte del materiale che si sente in giro oggi, mentre Home Again (il primo singolo) è un capolavoro: un lento leggermente southern, con un motivo che sembra semplice ma vi sfido ad ascoltarlo senza provare un brividino lungo la schiena.

E poi Elton suona come ai tempi di Madman Across The Water.

Take This Dirty Water è un gospel-rock di grande spessore, liquido, scorrevole, vibrante; The New Fever Waltz fin dall’inizio si propone come una delle più belle, un motivo toccante, con Elton vocalmente ineccepibile ed una leggera spolverata di archi che aggiunge il tocco finale: davvero non si direbbe di essere di fronte ad un brano del 2013.

Mexican Vacation è un pimpante brano dal retrogusto blues (ma sentite come suona Elton, una goduria), mentre la title track chiude la versione normale del CD con un raffinatissimo pezzo dall’incedere tra il jazz e il blues.

La  deluxe contiene Candlelit Bedroom, certamente non inferiore alle precedenti, e la resa dal vivo di tre dei brani migliori (Home Again, Mexican Vacation e The New Fever Waltz), registrate ai Capitol Studios.

Che dire ancora? Sicuramente uno dei dischi dell’anno.

Chissà se Elton ne manderà una copia omaggio a Dylan, con i suoi ringraziamenti…

Marco Verdi

*NDB. E pensate che questo brano bellissimo si trova solo nella edizione per la catena americana Target e nella versione giapponese, che hanno altre bonus!