Un Disco Molto Bello…A Metà! Donna The Buffalo – Dance In The Street

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Donna The Buffalo – Dance In The Street – Donna The Buffalo CD

C’è stato un periodo negli anni novanta in cui la scena roots rock/Americana negli States era più pulsante che mai, ed uno dei gruppi che seguivo maggiormente, tra quelli riconducibili a quel filone, erano i Donna The Buffalo, un combo proveniente dallo stato di New York che fondeva mirabilmente rock, folk, country, Messico e zydeco. Album come l’omonimo Donna The Buffalo, The Ones You Love e Rockin’ In The Weary Land erano tra i migliori del periodo nel loro genere, ed in più il gruppo, guidato da Tara Nevins e Jeb Puryear, dal vivo era una formidabile macchina da guerra. Anche nel nuovo millennio i DTB non hanno mai smesso di incidere, ma i loro lavori si sono fatti via via meno interessanti, e sembrava che avessero perso il tocco magico; questo almeno fino a Tonight, Tomorrow And Yesterday, album del 2013 che li vedeva di nuovo in buona forma https://discoclub.myblog.it/2013/07/16/una-miscellanea-di-generi-musicali-donna-the-buffalo-tonight/ , non come nei nineties ma quasi.

Ora, a cinque anni di distanza, i nostri si rifanno vivi con questo Dance In The Street, un disco fieramente autodistribuito come d’abitudine, ma se per il lavoro precedente si erano rivolti alla produzione di Robert Hunter (proprio il paroliere di Jerry Garcia), stavolta hanno puntato ancora più in alto: infatti alla consolle troviamo nientemeno che Rob Fraboni, leggendario produttore californiano che negli anni settanta aveva legato il suo nome a The Band, sia da sola che con Bob Dylan (Planet Waves, Before The Flood, ma anche lo storico The Last Waltz), collaborando inoltre con Joe Cocker, Eric Clapton (No Reason To Cry), Bonnie Raitt, John Martyn ed altri. In Dance In The Street Fraboni ha lasciato abbastanza mano libera ai DTB, usando la sua esperienza per dosare i suoni e calibrare la strumentazione. Il risultato è un album fresco e piacevole, con i nostri complessivamente in buona forma ed ancora in grado di scrivere canzoni di valore (oltre alla Nevins e Puryear, che si occupano di chitarre, steel, fisarmonica e violino, abbiamo David McCracken alle tastiere, Kyle Spark al basso e Mark Raudabaugh alla batteria, più qualche ospite perlopiù alle armonie vocali, tra i quali spicca il nome di Jim Lauderdale, che nel 2003 aveva anche inciso un intero album con i DTB come backing band, Wait ‘Til Spring). Tutto positivo quindi?

Beh, non proprio, in quanto ogni volta che la penna e la voce sono quelle della Nevins il disco raggiunge addirittura momenti di eccellenza, ma quando il testimone passa a Puryear il livello cala drasticamente, a causa di un momento non proprio brillante di forma della parte maschile della leadership. Il problema è che i due, su dodici canzoni, si dividono i momenti da solista in parti uguali (Jeb ha i brani dispari, Tara i pari), togliendo continuità ad un lavoro che, se fosse stato solo nelle mani della Nevins, avrebbe avuto un esito finale ben diverso. La partenza con la mossa e ritmata title track è subito un po’ sbilenca, con Jeb che più che cantare parla, sembra quasi un rap su base roots, un brano privo quindi di una vera melodia: mi ricorda alla lontana i B-52s, e non è da intendersi come un complimento. Molto meglio Motor (canta Tara), una deliziosa e ritmata country song, limpida, solare e con un accompagnamento che rimanda a certe cose di Mark Knopfler. Heaven And The Earth è una rock song vibrante nel suono ma leggermente deficitaria dal punto di vista della scrittura, e risulta un po’ incartata su sé stessa, mentre l’intrigante Look Both Ways ha nel ritmo, melodia e modo di porgere il brano più di una similitudine con lo stile di Stevie Nicks, anzi sembra proprio il brano che i Fleetwood Mac, ammesso che si possano ancora definire una band, non scrivono da una vita.

La delicata Across The Way, guidata dal violino di Tara, è la prima bella canzone tra quelle di Jeb, una fluida e malinconica ballata dotata di un bel crescendo e suonata con classe (e qui lo zampino di Fraboni si sente); una slide introduce la squisita Top Shelf, una splendida e distesa rock ballad che ci fa ritrovare i DTB di due decadi fa, con un refrain vincente (Tara non sbaglia un colpo). If You Want To Live, nonostante un grande uso di fisa, è ripetitiva e con poche idee, e faccio quasi fatica ad ascoltarla tutta, e con Holding On To Nothing la Nevins aumenta il già notevole vantaggio su Puryear, grazie ad una bella e tersa country song, dotata del consueto motivo semplice ma diretto e con un ottimo assolo di chitarra acustica. La guizzante The Good Stuff, di Jeb, è una sorta di rockabilly-pop, e se non altro si lascia ascoltare con piacere, l’elettroacustica I Won’t Be Looking Back inizia come un brano roots dei Grateful Dead, ed è un’altra canzone dall’ottimo impianto melodico, che conferma la facilità di scrittura di Tara. Il CD termina con la sinuosa Killing A Man, non male anche se non irresistibile, e con I Believe, fulgido brano folk-rock eseguito con notevole pathos.

Un disco quindi a due velocità, ottimo per quanto riguarda la parte di Tara Nevins, molto meno brillante quando il pallino passa nelle mani di Puryear: peccato che le due metà non siano separabili.

Marco Verdi

Una “Miscellanea” Di Generi Musicali! Donna The Buffalo – Tonight, Tomorrow and Yesterday

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Donna The Buffalo – Tonight, Tomorrow And Yesterday – Sugar Hill Records 2013 

Esordio su queste pagine virtuali dei Donna The Buffalo, un gruppo che con questo lavoro giunge al decimo album della loro produzione, e festeggia i 25 anni di carriera. Esistono dal 1987 e sono di Ithaca (stato di New York), e dopo una lunga gavetta, esordiscono con due cassette autoprodotte  White Tape (89) e Red Tape (91) e due album autogestiti, l’omonimo Donna The Buffalo (93),e  The Ones You Love (96), si conquistano una meritata fama con Rockin’ In The Weary Land (98), edito dalla Sugar Hill Records come pure il successivo Positive Friction (2000). Dopo una pausa e cambio di formazione, ma mantenendo la forza trainante dei componenti storici della band, la cantante e violinista Tara Nevins (autrice di due splendidi album solisti Mule To Ride (99) e Wood And Stone (2011), e il cantante chitarrista Jeb Puryear, i DTB riprendono il cammino con il primo live ufficiale From The American Ballroom (2002) l’intrigante Wait ‘Til Spring (2003) in coppia con uno dei “mostri sacri” del cantautorato country Jim Lauderdale, a cui fanno seguito Life’s A Ride (2005), e l’ultimo disco di studio Silverlined (2008) che vedeva come ospiti David Hidalgo dei Los Lobos, Claire Lynch icona del bluegrass “indie”, Amy Helm (figlia del compianto Levon) e lo straordinario banjoista Bela Fleck.

Durante tutto il loro percorso, il suono e lo stile della band non è mai cambiato di una virgola, un mondo sonoro nascosto, che va dalla Louisiana alla California, passando per i monti Appalachi, mischiando a piacimento rock e folk, country e bluegrass, cajun e zydeco, tex mex e reggae, fino ad arrivare ad assimilare una certa forma di blues, con composizioni dal tessuto estremamente fluido, vicino a quello delle jam band, e dalla ritmica vitale e allegra. Tutto questo si riscontra anche in questo Tonight, Tomorrow and Yesterday, prodotto da Robert Hunter e registrato in una “location” particolare (l’interno di una chiesa nella campagna di Enfield), con l’attuale line-up del gruppo composta dalla seducente Tara Nevins (lead vocal, violino, fisarmonica, acoustic guitar), che divide la leadership con il compare Jeb Puryear (lead vocal, chitarre e pedal steel) e i loro “pards” David McCracken alle tastiere, Kyle Spark al basso e Mark Raudabaugh alla batteria, per quasi un’oretta di musica danzabile, anche da parte di chi, come il sottoscritto, raramente muove il “piedino” durante un concerto.

All Aboard apre le danze, un brano zydeco con il sapore della Louisiana, mentre Don’t Know What We’ve Got vede la voce di Tara in evidenza con un ritornello che prende sin dal primo ascolto. Con Working On That siamo in ambito rock, con la voce di Jeb che accompagna una ritmica quasi a passo di reggae, seguita da I Love My Tribe dalla musica fluida, chitarre arpeggiate e la bella voce di Tara, mentre Tonight, Tomorrow and Yesterday ha il passo tipico dei DTB, con la voce di Jeb che guida la canzone. One Day At Time cambia registro, ci porta subito in un mondo sognante, con una melodia nostalgica che si sviluppa nel ritornello, per poi passare alla sincopata Love Time con un organo anni ’60 a dettare la linea musicale, mentre No Reason Why con la sua atmosfera quasi campestre, mette voglia di ballare sull’aia (se ce ne sono ancora). Si riparte con I See How You Are, un brano fresco e diretto dal suono accattivante, si prosegue con I Can Fly che sembra presa da uno dei dischi dei Black Sorrows di Joe Camilleri , per arrivare a Ms. Parsley dal tocco reggae più accentuato, con l’organo di David a fare da spalla alla voce di Jeb. Ci si avvia alla fine con il cajun di Why You Wanna Leave Me, la ballata Real Love dalla melodia distesa e solare cantata in duetto da Tara e Jeb, per chiudere con una frizzante Spinning World che mischia sonorità cajun e zydeco.

I Donna The Buffalo sono depositari di un suono personale e sanno scrivere canzoni che toccano nel profondo, alternano ballate suggestive a brani dirompenti, ma suonano con grande vitalità e buon gusto. La loro storia è una favola felice sull’amicizia e sull’amore per la buona musica, una musica intesa come messaggio che va oltre la musica stessa, e chi ha avuto la fortuna di assistere alle loro esibizioni live, può certificare che ogni concerto è un’occasione per celebrare attraverso la loro musica, la vita.

Tino Montanari

Novità Di Maggio Parte I. John Martyn, Blind Boys Of Alabama, Tara Nevins, Eliza Gilkyson, Lou Reed, John Mayall Eccetera

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Anche Maggio inizia scoppiettante con una nutrita serie di uscite. Confermo i Fleet Foxes Helplessness Blues che vi avevo annunciato da mesi e che è veramente bello, il Live At Benaroya Hall della Brandi Carlile con orchestra al seguito, anche questo bellissimo e, solo per il mercato americano, il nuovo Stevie Nicks In Your Dreams, che uscirà a giugno in Europa.

Anche per il nuovo album postumo di John Martyn Heaven and Hell uscite differenziate. Stranamente esce prima negli Stati Uniti il 3 maggio, mentre il 17 sarà pubblicato anche in Europa. Quello che accomuna le uscite è la “stranezza” delle etichette, Liaison negli States e Hole In The Rain in UK, speriamo per la reperibilità in Italia. Questo era il disco al quale John Martyn stava lavorando poco prima della sua morte e che è stato completato da Gary Pollitt e Jim Trullio, pare sia molto bello con la consueta serie di ballate malinconiche, struggenti e intime come era caratteristica di questo fantastico cantautore, uno dei più grandi prodotto dalla terra d’Albione. Uno dei miei preferiti di sempre.

Tornano anche i Blind Boys Of Alabama con Take The High Road. Anche per il formidabile sestetto americano uscite differenziate, il 3 maggio in Usa per la Saguaro Road Records e la settimana successiva in Europa per la Proper Records (ma spero nell’Ird per una uscita alla pari). Si tratta di un disco country gospel, o meglio gospel con forti venature country. Vede la partecipazione di molti ospiti che duettano con i Blind Boys come d’altronde è nella loro tradizione: Jamey Johnson, che è anche il produttore, Willie Nelson, Vince Gill, Lee Ann Womack, Oak Ridge Boys e Hank Williams Jr. Divertimento garantito!

Jeffrey Foucault è uno dei migliori cantautori emergenti USA, questo è il suo ottavo album dopo quello di duetti con Mark Erelli (contando anche quello dei Redbird, ma escluso il recente Live). L’etichetta come di consueto è la Signature, esce il 3 maggio ma dalle nostre bande è gia disponibile. Sono con lui alcuni componenti della band di Ray Lamontagne (buon punto di riferimento se volete avere un’idea del genere), Van Dyke Parks e Kris Delmhorst (ottima cantautrice in proprio nonché moglie del bravo Foucault).

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Un po’ di materiale d’archivio. John Mayall che sarà in concerto questa estate a Vigevano nella stessa serata dei Black Country Communion di Bonamassa, pubblica il 3 maggio in America questo Howlin’ At The Moon (ma in Inghilterra è disponibile già da un po’). Si tratta di un CD che raccoglie materiale dal vivo registrato nel tour di reunion dei Bluesbreakers del 1982 tra Italia e Stati Uniti. Sono in formazione Mick Taylor e John McVie.

Uno “strano” disco di Lou Reed, Walk On The Wild Side Live, viene dal periodo d’oro, registrato dal vivo nel 1972 a New York. Si tratta di uno show radiofonico ed esce per la IMV Blueline?!? Il 3 maggio.

I Beautiful South, oltre ad essere molto bravi ed il gruppo che Paul Heaton ha formato dopo gli Housemartins, sono anche una delle formazioni britanniche di maggior successo commerciale di tutti i tempi. Non sorprende quindi che esista una valanga di materiale radiofonico e televisivo. Questo Live At the BBC è un cofanetto quadruplo (3CD + 1 DVD) che raccoglie 50 brani audio e 17 video dagli archivi gloriosi della BBC. Sessioni acustiche, registrazioni in concerto, partecipazioni a Top Of The Pops e a Later With Jools Holland. Di tutto e di più.

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Ce ne sarebbero ancora un tot ma concludiamo con un trio di voci femminili. Magari domani o dopo faccio un appendice sulle altre uscite interessanti. Tara Nevins da oltre 21 anni è una delle componenti dei grandi Donna The Buffalo ma ogni tanto pubblica anche un album da solista questo Wood and Stone che esce martedì 3 maggio per la Sugarhill è il secondo album solista (il primo era del 1999). Registrato nei magici studi di Levon Helm (che suona anche la batteria in un paio di brani) è prodotto da Larry Campbell (dopo l’ottimo ritorno degli Hot Tuna, lo so avevo promesso di parlarne, ma sono sempre in arretrato) che suona anche le chitarre. Molto bello.

Thea Gilmore è una delle migliori (e più prolifiche, 12 album a partire dal 1998) cantautrici britanniche. Questo nuovo John Wesley Harding è proprio quello che dice, cioè l’intero album di Bob Dylan rvisitato brano per brano. Etichetta Full Fill, ne esiste anche una versione Deluxe con un boxettino che include 12 cartoline. Un giusto omaggio al grande Bob per il suo 70° compleanno. Da quello che ho sentito velocemente è anche molto bello. Lei è proprio brava, se volete approfondiire anche gli album precedenti in studio e dal vivo sono molto belli.

Stesso discorso (a livello di bravura) per la texana Eliza Gilkyson (ma nativa della California, Hollywood per la precisione). Ha già fatto una ventina di album (lo so non si dovrebbe dire l’età delle signore, ma è del 1950) tra cui, detto per inciso, manco accreditata, se non nel libretto del CD, Eolian Minstrel di Andreas Vollenweider dove cantava e suonava la chitarra acustica. Non perché sia il suo migliore era solo una curiosità. Dal 2000 incide per la Red House Records e anche questo Roses At The End Of Times esce per l’etichetta di Greg Brown. A proposito tutto tace in quel di Iowa City dopo la partecipazione al bellissimo Hadestown di Anais Mitchell? Certo che no, ho controllato e dovrebbe uscire un nuovo disco proprio questo anno, Freak Flag. Lui è uno dei grandissimi cantautori americani, uno dei migliori e anche la moglie Iris Dement, pure lei ferma dal 2004, non scherza in quanto a bravura.

Alla prossima.

Bruno Conti