Novità Di Settembre, Appendice Finale. Darlene Love, Lucero,Tommy Keene, Dead Weather, Taste

darlene love introducing

E siamo arrivati al capitolo finale delle varie anticipazioni sulle uscite discografiche più interessanti (almeno per il Blog) del mese di settembre: nel Post odierno ho recuperato alcuni titoli che erano sfuggiti per vari motivi nei capitoli precedenti. Sicuramente ce ne saranno altri che mancano all’appello, alcuni di cui comunque ci saremmo occupati in ogni caso ed insieme ai più importanti di quelli via via segnalati avranno diritto ad un Post apposito ad hoc.

Questo Introducing Darlene Love in un primo momento mi era sfuggito perché pensavo si trattasse di una antologia dedicata alla leggendaria cantante americana da sempre associata con Phil Spector, ma che vanta anche una sorta di venerazione da parte di Bruce Springsteen e Miami Steve Van Zandt. Proprio Little Steven è il produttore e l’arrangiatore di questo progetto in uscita il 18 settembre per la Wicked Cool Records via Columbia, con la partecipazione di una miriade di ospiti incredibili:

1. Among The Believers (Stevie Van Zandt)
2. Forbidden Nights (Elvis Costello)
3. Love Kept Us Foolin Around (Linda Perry)
4. Little Liar (Desmond Child/Joan Jett)
5. Still Too Soon To Know (Elvis Costello)
6. Who Under Heaven (Jimmy Webb)
7. Night Closing In (Bruce Springsteen)
8. Painkiller (Michael Des Barres/Paul Ill)
9. Just Another Lonely Mile (Bruce Springsteen)
10. Last Time (Stevie Van Zandt)
11. River Deep, Mountain High (Phil Spector/Jeff Barry/Ellie Greenwich)
12. Sweet Freedom (Barry Mann/Cynthia Weil)
13. Marvelous (Walter Hawkins)
14. Jesus Is The Rock (That Keeps Me Rollin) (Stevie Van Zandt)

Quelli tra parentesi sono gli autori, ma molti di loro partecipano in modo fattivo anche alla realizzazione dell’album di Darlene Love, il primo album nuovo dal lontano 1988; come vedete ci sono due canzoni di Springtsteen e due di Costello (e tre di Van Zandt, che suona anche la chitarra in tutto il disco): francamente non sentivo la mancanza di Linda Perry e Desmond Child, ma fanno parte del pacchetto totale e in ogni caso il video di Forbidden Nights è delizioso, con l’avvertenza che quelli che si vedono non sono i sosia di Patti Scialfa, Bruce Springsteen, Joan Jett, Bill Murray, Elvis Costello, Paul Shaffer e Steven Van Zandt, oltre a David Letterman con barba, ma gli originali..

e qui la troviamo con Bruce e soci alla serata speciale per i 25 anni della Rock And Roll Hall Of Fame

lucero all a man should do

Un po’ a sorpresa, sempre il 18 settembre, esce anche il nuovo album dei Lucero
All A Man Should Do. Dieci nuovi brani per la band di Ben Nichols, preceduti dal singolo, che già mi piace solo dal titolo, Went Looking For Warren Zevon’s Los Angeles

1. Baby Don’t You Want Me
2. Went Looking for Warren Zevon’s Los Angeles
3. The Man I Was
4. Can’t You Hear Them Howl
5. I Woke Up in New Orleans
6. Throwback No. 2
7. They Called Her Killer
8. Young Outlaws
9. I’m in Love with a Girl
10. My Girl & Me in ‘93

Etichetta Ato Records, come al solito.

tommy keene laugh in the dark

Nuovo album anche per Tommy Keene, purtroppo uno dei secreti meglio conservati del rock americano, questo Laugh In The Dark, in uscita negli USA il 4 settembre per la Second Motion (e il 25 settembre per il mercato europeo), tra CD, EP, Compilations e Live è già il 20° album della sua discografia. Se vi piace il rock classico ad alto tasso chitarristico (vogliamo chiamarlo power pop?) ricco di melodie, canzoni di gran classe e raffinatezza questo signore fa per voi. Titoli dei brani:

1. Out Of My Mind
2. Dear Heloise
3. Last Of The Twilight Girls
4. All The Lights Are Alive
5. Laugh In The Dark
6. I Belong To You
7. Alone In These Modern Times
8. I Want It To Be Over Now
9. Go Back Home
10. All Gone Away

Video del nuovo album ancora nulla, per avere una idea di chi parliamo un paio di brani dal passato. Dal classico Songs From The Film del 1986

e dall’ultima uscita del 2013, Excitement at Your Feet, un disco di cover, questa è la sua versione di Guiding Light dal capolavoro dei Television Marquee Moon

e le tracce audio del nuovo disco

dead weather dodge and burn

Registrato approssimativamente tra il luglio 2014 e il luglio 2015 (ma il singolo solo in vinile con Open Up e Buzzkill(er) era stato inciso sul finire del 2013 e pubblicato dall’etichetta personale di Jack White Third Man Records). Stessa etichetta, con distribuzione Warner, per il terzo album dei Dead Weather Dodge And Burn, uscita prevista per il 25 settembre: con White, versione capello corto, i soliti Alison Mosshart, Dean Fertita e Jack Lawrence. Non mi hanno mai fatto impazzire, lo preferisco con i Raconteurs, comunque questo è il brano che anticipa l’album, un buon pezzo di hard rock classico

taste what0s going on

E per finire, Taste What’s Going On Live At The Isle Of Wight. Come i più attenti avranno notato, nel recentissimo cofanetto quadruplo della band di Rory Gallagher I’ll Remember,  il concerto registrato all’isola di Wight non c’era, pur facendo parte della discografia ufficiale ed essendo stato pubblicato varie volte in CD. Ma questa volta il concerto esce in vari formati: CD, 2 LP e, per la prima volta, anche in DVD e Blu-Ray. Il tutto ad opera della Eagle Rock e con data di pubblicazione 18 settembre. Se proprio vogliamo essere pignoli nel DVD Message to Love:The Isle of Wight Festival 1970 c’erano due brani dei Taste, Sinner Boy e Gamblin’ Blues, ma questa volta c’è tutto il concerto completo:

TRACKLISTING CD / 2LP
1) What’s Going On
2) Sugar Mama
3) Morning Sun
4) Gambling Blues
5) Sinner Boy
6) I’ll Remember
7) I Feel So Good
8) Catfish Blues
9) Same Old Story
10) Blister On The Moon

TRACKLISTING DVD / Blu-Ray
1) What’s Going On
2) Sugar Mama
3) Morning Sun
4) Gambling Blues
5) Sinner Boy
6) Same Old Story
7) Catfish Blues
8) I Feel So Good

Quindi anche chi già possiede il CD sarà costretto al “sacrificio”, ci tocca!

In ogni caso soldi ben spesi, la leggenda di Rory Gallagher continua…

E anche noi proseguiamo, ci sentiamo alla prossima.

Bruno Conti

Ristampe Agosto 2015. Taste – I’ll Remember You Cofanetto 4 CD

taste i'll remember

Taste – I’ll Remember You – Box 4 CD – Polydor/Universal 28-08-2015

Se ne parlava già da alcuni mesi, e a fine agosto uscirà questo cofanetto di 4 CD per ricordare Rory Gallagher, nel ventesimo anniversario della sua scomparsa, ma anche per rendere onore e merito agli irlandesi Taste, uno dei gruppi che viene giustamente considerato tra gli inventori del cosidetto power-rock trio, contemporanei dei Cream e degli Experience di Jimi Hendrix, a distanza di tanti anni non vengono ricordati con la stessa riverenza accordata ai gruppi di Clapton ed Hendrix, forse anche perché Richard McCraken, al basso e John Wilson, alla batteria,  non sono entrati nella leggenda del rock come Ginger Baker e Jack Bruce, Mitch Mitchell e Noel Redding (e forse, ma forse, perché erano anche meno bravi), ma Gallagher era uno dei chitarristi più straordinari prodotti da quell’epoca, e da tutte le successive, uno dei chitarristi elettrici più bravi di sempre, ancora oggi al n° 57 nella classifica all time di Rolling Stone. E con quella presunta famosa frase attribuita a Jimi Hendrix “Come ci si sente ad essere il più grande chitarrista del mondo? “ Non lo so vai a chiederlo a Rory Gallagher”  entrata nella mitologia del rock.

Diciamo subito che il cofanetto, I’ll Remember You, è molto bello, sia a livello estetico che di contenuti, ma non è la discografia completa del gruppo: mancano i due dischi dal vivo postumi (la band si è sciolta nel 1970) Live Taste e Live At The Isle Of Wight, entrambi pubblicati nel 1971, Taste First, con le registrazioni del 1967, uscito nel 1972 per la Basf, e In Concert, etichetta Ariola 1976, come Taste featuring Rory Gallagher, con un concerto al Marquee del 1968. Però gli inediti e le rarità compensano abbondantemente. I primi due CD contengono gli album originali di studio Taste, del 1969 e On The Boards, del 1970, entrambi arricchiti da molte tracce aggiunte, mentre il terzo e quarto CD riportano materiale dal vivo e in studio di grande valore, con demos, alternate takes e materiale dal vivo inedito, tra cui la registrazione parziale del famoso Woburn Abbey Festival del 1968 in cui si incrociarono per la prima volta le strade di Rory Gallagher e Jimi Hendrix (e di cui esistono anche i nastri di Hendrix, già venduto in rete dalla Dagger Records della Experience Hendrix come official bootleg, ma si presume verranno pubblicati in futuro anche dalla Sony a livello ufficiale, ma questa è un’altra storia).

Comunque ecco il contenuto completo del cofanetto:

CD1 – Taste:
01: Blister On The Moon ( 3:26 )
02: Leaving Blues ( 4:15 )
03: Sugar Mama ( 7:14 )
04: Hail ( 2:35 )
05: Born On The Wrong Side of Time ( 4:00 )
06: Dual Carriageway Pain ( 3:13 )
07: Same Old Story ( 3:32 )
08: Catfish ( 8:04 )
09: I’m Moving On ( 2:29 )
10: Blister On The Moon – Alt Version ( 3:30 )
11: Leaving Blues – Alt Version ( 4:20 )
12: Hail – Alt Version ( 2:36 )
13: Dual Carriageway Pain – Alt Version – No Vocal ( 3:00 )
14: Same Old Story – Alt Version ( 3:30 )
15: Catfish – Alt Version ( 8:00 )

CD2 – On The Boards:
01: What’s Going On ( 2:44 )
02: Railway and Gun ( 3:33 )
03: It’s Happened Before, It’ll Happen Again ( 6:32 )
04: If The Day Was Any Longer ( 2:07 )
05: Morning Sun ( 2:38 )
06: Eat My Words ( 3:45 )
07: On The Boards ( 6:01)
08: If I Don’t Sing I’ll Cry ( 2:38 )
09: See Here ( 3:04 )
10: I’ll Remember ( 3:01 )
11: Railway and Gun – Off The Boards mix ( 3:30 )
12: See Here – Alt Version ( 3:00 )
13: It’s Happened Before, It’ll Happen Again – Take 2 – Beat Club audio 1970 ( 10:52 )
14: If The Day Was Any Longer – Beat Club audio 1970 ( 2:35 )
15: Morning Sun – Beat Club audio 1970 ( 3:31 )
16: It’s Happened Before, It’ll Happen Again – Take 1 – Beat Club audio 1970 ( 9:48 )


CD3 – Live In Stockholm and London 1970:
01: What’s Going On ( 3:00 ) – Live in Stockholm – September 1970
02: Sugar Mama ( 7:00 ) – Live in Stockholm – September 1970
03: Gambling Blues ( 4:00 ) – Live in Stockholm – September 1970
04: Sinner Boy ( 4:00 ) – Live in Stockholm – September 1970
05: At The Bottom (4:00) – Live in Stockholm – September 1970
06: She’s 19 Years Old ( 4:00) – Live in Stockholm – September 1970
07: Morning Sun ( 2:40 ) – Live in Stockholm – September 1970
08: Catfish ( 5:30 ) – Live in Stockholm – September 1970
09: I’ll Remember ( 5:30 ) – BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***
10: Railway and Gun ( 4:10 ) – BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***
11: Sugar Mama ( 6:31 ) – BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***
12: Eat My Words ( 8:17 )- BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***
13: Catfish ( 5:32 ) – BBC Radio One – Live from the Paris Theatre 1970***

*** Off-air recordings

CD4 – Taste Mark I – Belfast Sessions and Demos / 7” single and Live at Woburn Abbey Festival 1968:
01: Wee Wee Baby ( 2:45 ) – Major Minor demo
02: How Many More Years ( 3:24 ) – Major Minor demo
03: Take It Easy Baby ( 7:09 ) – Major Minor demo
04: Pardon me Mister ( 2:41 ) – Major Minor demo
05: You’ve Got To Pay ( 2:42 ) – Major Minor demo
06: Norman Invasion ( 3:01 ) – Major Minor demo
07: Worried Man ( 2:30 ) – Major Minor demo
08: Blister On The Moon – A-Side of the Major Minor 7” single
09: Born On The Wrong Side of Time – B-Side of the Major Minor 7” single
10: Summertime ( Instrumental ) ( 1:31 ) – Live at Woburn Abbey Festival 1968
11: Blister On The Moon ( 3:38 ) – Live at Woburn Abbey Festival 1968
12: I Got My Brand On You ( 7:23 ) – Live at Woburn Abbey Festival 1968
13: Medley – Rock Me, Baby / Bye Bye Bird / Baby Please Don’t Go / You Shook Me, Baby ( 10:59 ) – Live at Woburn Abbey Festival 1968

Il box costerà tra i 40 e 50 euro e per chi non conosce i dischi dei Taste sarà una sorpresa ascoltare Rory Gallagher impegnato di tanto in tanto anche al sax, oltre che alla chitarra e all’armonica, in incursioni in territori jazz inconsueti nella sua opera successiva.

Le altre “ristampe” di agosto le leggete in un altro Post.

Bruno Conti

Archivi Inesauribili E Preziosi! Rory Gallagher – Irishman In New York

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Rory Gallagher – Irishman In New York 2 CD S’more Entertainment/Rockbeat Records

Il 14 giugno del 1995 moriva a Londra Rory Gallagher, aveva solo 47 anni, ma la lunga dipendenza dal cocktail tra gli alcolici e le pastiglie sedative che prendeva per superare la paura del volo sviluppata negli ultimi anni, ebbe la meglio sul suo fegato e nonostante un tentativo di trapianto fatto all’ultimo istante, il grande musicista irlandese dovette soccombere alla sua malattia. Fino al gennaio di quell’anno Gallagher aveva continuato a suonare, ma nell’ultimo concerto tenuto in Olanda era visibilmente malato e fu costretto ad interrompere la sua ennesima tournée. Perché in effetti i concerti dal vivo sono sempre stati il fiore all’occhiello di una carriera comunque leggendaria, costellata anche da grandi album di studio ma soprattutto da tantissimi dischi live, alcuni tra i più belli della storia della musica rock (e blues). Non considerato uno dei primissimi chitarristi nelle classifiche di categoria (Rolling Stones nel suo elenco lo pone al 57° posto), Rory godeva comunque della stima incondizionata dei suoi colleghi: Brian May, Bonamassa, Gary Moore, Johnny Marr, per ricordarne alcuni di quelli recenti, lo citavano tra i loro preferiti, mentre leggenda (o verità), non sapremo mai, vuole che Jimi Hendrix incalzato da un giornalista che gli chiedeva come ci si sentisse ad essere il più grande chitarrista del mondo, rispose: “Non lo so, chiedetelo a Rory Gallagher”! E qualcuno a Cork, in Irlanda ha dedicato un enorme murale a questa dichiarazione.

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In ogni caso quest’anno sono già venti anni dalla scomparsa e proseguono le pubblicazioni di materiale d’archivio tratte dalle inesauribili scorte curate dal fratello Donal (ma non solo), che culmineranno a fine agosto con la pubblicazione da parte della Universal di un cofanetto quadruplo I’ll Remember, dedicato alla sua prima band, i Taste, che conterrà gli album originali rimasterizzati nei primi due CD e due dischetti di materiale dal vivo, inedito, registrato a Stoccolma, Londra e al Festival di Woburn Abbey. Nel frattempo, lo scorso anno, è uscito il bellissimo box dedicato al celebre Irish Tour ’74 http://discoclub.myblog.it/2014/09/16/gradita-consistente-sorpresa-rory-gallagher-irish-tour-boxset/, considerato il suo miglior disco dal vivo in assoluto, anche se io preferisco il Live In Europe di due anni prima, ma è una questione di differenze infinitesimali. Comunque dopo la sua morte di album postumi, soprattutto dal vivo, ne sono usciti molti: tra i migliori in assoluto Notes From San Francisco, metà in studio e metà live, il doppio delle BBC Sessions, il Live At Montreux CD + 2 DVD e quello delle Beat Club Sessions che torna agli inizi della sua carriera http://discoclub.myblog.it/2010/10/11/cosi-non-ne-fanno-piu-rory-gallagher-the-beat-club-sessions/ Chi scrive, per fortuna ( o purtroppo, perché il tempo passa) ha avuto la fortuna di vederlo dal vivo ai tempi d’oro, e quindi non posso che confermare le meraviglie che si dicono di questo stupendo e genuino personaggio, camicia a quadrettoni d’ordinanza (comprata all’ingrosso e in quantità a qualche liquidazione dove l’altro cliente era Neil Young), chitarra Fender Stratocaster scrostata, ma dal suono meraviglioso, e una grinta e una potenza quasi paranormali, purtroppo alla fine pagate.

Ora esce questo doppio Irishman In New York, pubblicato dalla Rockbeat americana, che è la testimonianza di un concerto registrato al My Father’s Place il 7 settembre del 1979, nel tour americano a cavallo tra l’uscita di Photo-Finish dell’anno prima (presente con quattro brani) e Top Priority, in uscita dieci giorni dopo, di cui Rory Gallagher presenta in anteprima Keychain. Tra l’altro, curiosamente, come ha ricordato il fratello Donal, l’irlandese considerava come suoi album migliori Defender e Fresh Evidence, forse non perché fossero i più belli (sicuramente non lo erano) ma in quanto ultimi usciti, e il più recente è sempre il migliore per un’artista. Tornando al concerto di New York, formazione in trio, con Gerry McAvoy al basso e Ted McKenna alla batteria ed un repertorio che alterna vecchi classici, materiale più recente e brani meno noti e quindi non è un doppione rispetto ai moltissimi Live in circolazione e poi non dimentichiamo che ogni concerto di Gallagher era un evento, per la passione e la furia chitarristica che il nostro donava sempre al suo pubblico. Tratto da un broadcast radiofonico dell’epoca il sound è ruspante, ma decisamente buono e presente.

Si parte subito fortissimo con Shin Kicker e anche se il CD presenta alcune analogie con il repertorio presente nel disco ufficiale dell’epoca Stage Struck (dove però non erano riportati i classici e la durata era molto più ridotta) è sempre un gran bel sentire. D’altronde se di Grateful Dead, Dylan e Johnny Winter con le loro bootleg series, in tempi recenti Gov’t Mule e Phish, esistono decine di registrazioni Live, non si vede perché non possa essere così anche per Rory Gallagher, che era un vero animale da palcoscenico, non tanto a livello scenografico, quanto a consistenza qualititativa dei suoi spettacoli, ma potremmo citare moltissimi altri artisti di cui esistono concerti, ufficiali e non, in quantità, che non valgono l’opera del nostro. Tornando al concerto, il brano di apertura, tratto da Photo-Finish,  ha una potenza inaudita, con Rory che estrae dalla sua Stratocaster un mare di note e riff, la voce forte e sicura, un misto di classe e rabbia che lo avvicina al Johnny Winter degli esordi, tra R&R e blues, con la solista che rilancia continuamente, in un florilegio di citazioni del grande songbook della chitarra elettrica. The Last Of The Indipendents viene dallo stesso disco e l’intensità non cala di una briciola, anzi, se possibile, la velocità accelera verso ritmi supersonici in questa orgogliosa dichiarazione di intenti verso il mondo della musica, con Rory che inizia a fare i numeri sul manico della sua chitarra, di cui era un vero virtuoso, anche se forse non sembrava vista la violenza sonora che scaturiva da quel piccolo e nervoso ometto (per l’occasione munito anche di giubbetto di jeans, oltre alla immancabile camicia a quadrettoni). Il terzo brano, Keychain, è l’unico estratto del nuovo album in uscita, Top Priority, ma il pubblico gradisce lo stesso, si tratta di un brano più lento ed intenso, un hard blues di quelli tipici di Gallagher, con tanto di assolo acido e contorto, quasi hendrixiano, puro power rock trio, seguito da una potentissima Moonchild, uno dei brani migliori di Calling Card, una vera scarica di adrenalina e anche la riffatissima The Mississippi Sheiks, sempre uno dei brani nuovi dell’epoca, non cede di intensità.

I Wonder Who è il classico slow blues che non può mancare in un concerto di Rory, un brano di Muddy Waters dove Gallagher dimostra la sua perizia di grande bluesman bianco, uno di quelli che conosceva l’argomento come pochi altri in circolazione e qui la chitarra scorre fluida e ricca di feeling e tecnica. con un fantastico lavoro di vibrati e toni. A seguire uno dei brani più noti, quella Tattoo’d Lady che era il titolo di uno dischi più belli della sua discografia, anche nella versione senza pianoforte, un torrente di note e ritmo. Poi c’è l’intermezzo acustico a base di slide guitar, Too Much Alcohol (perché sapeva!), un vecchio brano di J.B. Hutto che coinvolge alla grande il pubblico presente, peccato venga sfumato nel finale, ottima anche l’interpretazione quasi ragtime della divertente e complicata Pistol Slapper Blues. La seconda parte riprende con una tiratissima Shadow Play, sempre tratta da Photo-Finish, altra fucilata rock-blues di grande potenza, con Bought And Sold, tratta da Against The Grain, pezzo presente anche su Stage Struck, dove Gallagher dimostra che era un uomo fatto riff, una inesauribile fabbrica di scariche chitarristiche. Walk On Hot Coals, viene da Blueprint, uno dei dischi migliori di studio, datato 1973, e raramente, la troviamo nei Live di Rory (quella di Irish Tour in effetti è insuperabile), versione poderosa e coinvolgente con quel misto di uso della chitarra tra ritmica e solismo tipico del miglior power blues trio, poi ribadito in uno dei suoi cavalli di battaglia, quella Messin’ With The Kid, che anche se è un classico del blues e del rock, per me rimane sempre legata inscindibilmente alla figura di Gallagher, con la chitarra che infiamma il pubblico presente. I due bis sono Bullfrog Blues, un boogie incredibile e sfrenato, e qui sono indeciso tra la sua versione e quella dei Canned Heat, una bella lotta, ma forse vince quella di Rory e Sea Cruise, che nasce come R&R pianistico di Frankie Ford, e diventa un altro violentissimo attacco alle coronarie del pubblico presente, aggredito da un tornado chitarristico, anche slide, e vocale che conclude in gloria un fantastico concerto https://www.youtube.com/watch?v=B4KfRakagTg !

Bruno Conti

Nuovo Batterista, Vecchio Rock-Blues! Mount Carmel – Get Pure

mount carmel get pure

Mount Carmel – Get Pure – Alive Naturalsounds Records

Terzo disco per il terzetto dei fratelli Reed (scusate il bisticcio), Matthew, chitarra e voce, Patrick, basso, con un nuovo batterista, James McCain,  a sostituire l’ottimo Kevin Skutback, che sedeva dietro ai tamburi nelle due precedenti prove http://discoclub.myblog.it/2012/04/15/un-poderoso-terzetto-di-rock-blues-mount-carmel-real-women/ . Ma il risultato parrebbe non cambiare di molto, il “solito” power trio, inserito fino in fondo nel proprio rock-blues dalle venature profondamente 70’s, con le “solite” leggere spennellature di psichedelico abbandono della decade precedente. Undici brani, firmati dai due fratelli nativi dell’Ohio, 35 minuti e spiccioli dove il sound volutamente anacronistico della band sembrerebbe fare a pugni con i dettami delle ultime mode musicali, ma il suono “puro” e naturale del gruppo conquista sia l’ascoltatore di vecchia data quanto i novizi del vecchio rock https://www.youtube.com/watch?v=yUSwcf-xmdM .

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Se ai primi nomi come Bad Company, Free (gli uni la prosecuzione degli altri), Humble Pie, Cream e quant’altri non dicono molto, ai novizi potrebbe non interessare più di tanto (ma forse sì, se volessero investigare le radici di questo suono): si potrebbe anche dire che il sound non è derivativo, ma sarebbe una palla di dimensioni quasi epiche, anche se, qui e là, in altre recensioni passate, mi è parso di leggerlo. Comunque se volete inserirli in un contesto più “moderno” e chiamare il loro genere stoner rock, lo stile non è che poi cambi di molto, sotto i cappellini esibiti sulla copertina “abitano” tre giovanotti che sembrano catapultati in un mondo dove la loro visione sonora fa a pugni con quella che passa sulle radio commerciali o di cui si legge nelle riviste di tendenza, ma il talento non manca e se l’originalità non c’è, ce ne faremo una ragione.

mountcarmel

Così, con molto groove, tanti assoli e, forse, poca melodia, scorrono episodi rocciosi come l’iniziale Gold, riffatissima e cattiva, con la chitarra che inizia a disegnare le sue linee soliste veloci e acide, mentre la sezione ritmica picchia di brutto. Back On It potrebbe provenire da un disco dei citati Bad Company e Humble Pie, anche se Reed non ha la voce né di Paul Rodgers, né di Steve Marriott, ma l’impegno e la grinta non mancano, la chitarra comincia a ingranare e gli amanti del genere hanno di che compiacersi https://www.youtube.com/watch?v=7Zv7hB0qtoY . Anche Whisper, con un bel giro di basso di Patrick Reed, che ancora il brano, ha una certa vivacità che sfocia negli assolo brevi e, anche se già sentiti mille volte, piacevoli di fratel Matthew. No Pot To Piss vira il sound verso un attitudine più marcatamente blues, anche se il rock’n’roll rimane il principale ingrediente del menu, semplice ed immediato, forse anche troppo, ma la chitarra comincia a dilatare la sua presenza e le jam iniziano ad estendersi, anche se dal vivo, come dimostra il primo album, forse sono più nel loro elemento.

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Shallow Me Up, tanto per non fare altre citazioni, potrebbe venire da Led Zeppelin II o da Paranoid, potrebbe, se non li avessero fatti, e meglio, già altri, prima di loro, comunque i tre suonare suonano, i Cream li abbiamo già nominati, vero? Bridge To Nowhere è un breve strumentale, neanche due minuti, dove chitarra, basso e batteria, se le danno di santa ragione prima di cedere la scena a One More Morning, uno dei rari lenti, cadenzati e sempre intrisi di blues (rock) con la chitarra che disegna linee sinuose sul groove sempre energico, anziché no, della sezione ritmica. Will I è quanto di più vicino ad una ballata possiamo aspettarci da un disco di questo tipo, una love song dall’andatura gentile per quanto sempre pronta a sfociare nel rock, con un bel assolo del buon Matthew, niente di memorabile ma stempera l’atmosfera più cupa del disco. Hangin’ On è un altro “bluesaccio” di quelli cattivi, sempre uscito dai solchi di vecchi dischi dei bei tempi che furono, con il basso che si avventura anche in qualche giro armonico. Fear Me Now, a 4’51” il brano più lungo del disco, torna su tematiche heavy più dark e vagamente psych,  rispetto allo spirito maggiormente blues-rock del resto del disco, senza essere una svolta epocale nella storia del rock si lascia ascoltare. Tornano i Cream (ma Clapton, Bruce e Baker erano di un’altra classe) o i Taste (e anche Rory Gallagher era di un’altra categoria) per la conclusiva Yeah You Mama, ancora power trio blues-rock di buona fattura, niente di nuovo sotto il Monte Carmelo!

Bruno Conti      

Così Non Ne Fanno Più Molti! Rory Gallagher – The Beat Club Sessions

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Rory Gallagher – The Beat Club Sessions – Capo/Eagle Records/Edel

Rory Gallagher è stato sicuramente una delle figure più carismatiche della scena musicale blues-rock Britannica (irlandese per la precisione) dalla fine degli anni ’60 quando esordiva con i Taste, un grande power-trio nato sulla scia dei Cream e poi come leader di un gruppo che ha portato il suo nome fino alla sua prematura morte avvenuta nel 1995 per le complicazioni in seguito ad un’operazione per sostituire il suo fegato distrutto da anni di problemi con l’alcol.

Gallagher era una specie di eroe nazionale in Irlanda, per valutarne la portata basta ricordare che il giorno della sua morte tutte le televisioni nazionali sospesero le trasmissioni per dare la notizia della sua morte (BBC compresa) e i funerali furono trasmessi in diretta nazionale. Rory Gallagher è stato sicuramente uno dei musicisti bianchi che meglio hanno applicato la lezione del blues alle scansioni del rock realizzando, soprattutto nei primi anni, una serie di album che ancora oggi rimangono tra le cose migliori mai uscite nell’ambito di quel genere definito per convenzione rock-blues: dischi come i 3 dei Taste e tra la produzione solista, il primo omonimo, Deuce, Blueprint e Tattoo, e i fantastici Live In Europe e Irish Tour sono quasi indispensabili per chi è un appassionato di Blues(rock) e di chitarra in particolare.

In possesso di una tecnica irruente, torrenziale, quasi rude ma capace anche di grandi virtuosismi alla slide e con la chitarra acustica, Gallagher è stato sicuramente uno dei dieci più grandi chitarristi nella storia del genere. Dal vivo soprattutto era quasi irrefrenabile, una vera forza della natura, con i suoi immancabili camicioni di flanella spesso a quadrettoni rossi e neri (così l’ho visto al Lirico di Milano nel 1971), la sua Fender scrostata e arrugginita ma con un suono unico da cui era in grado di ricavare un torrente di note, la sua voce cruda e appassionata, i suoi concerti erano degli eventi per chi vi assisteva. Negli anni successivi alla sua scomparsa è già stato pubblicato del materiale inedito: penso al doppio disco delle BBC Sessions ma anche al DVD Live At Montreux e al cofanetto triplo di DVD che raccoglieva le sue partecipazioni al mitico Rockpalast. Il Beat Club era la trasmissione che ha preceduto il Rockpalast, registrato negli studi di Brema tra il settembre 1965 e il dicembre 1972 ha visto transitare nei suoi studi la storia della musica rock, da Jimi Hendrix ai Led Zeppelin, passando per Santana, Who e mille altri, spesso in playback ma molte volte anche in performances dal vivo inedite.

Questo CD di Gallagher raccoglie il meglio delle sue tre apparizioni nella trasmissione tra il maggio del 1971 e il dicembre del 1972: accompagnato dai fidi Gerry McAvoy al basso e Wilgar Campbell alla batteria sciorina il meglio dei suoi primi due dischi di studio, 10 originali e due cover per un totale di 12 brani. Esiste anche una pubblicazione gemella in doppio DVD che oltre a questi brani dal vivo contiene un secondo dischetto con la storia della sua carriera, si chiama Ghost Blues.

Tornando al CD, diciamo che è strepitoso, dalla partenza sparatissima con una scatenata Laundromat, uno dei suoi cavalli di battaglia, con la chitarra che fischia, urla e strepita con il suo sound inconfondibile e poi l’ottima Hands Up molto raffinata, quasi jazzata in alcuni passaggi chitarristici e ancora l’eccellente Sinnerboy dalla partenza in sordina che poi si scatena in un’orgia di slide guitar che nulla ha da invidiare a vituosi come Winter, Cooder o Landreth, anzi! Una pausa acustica con Just The Smile dove le sue origini irlandesi si palesano e il blues con armonica di I Don’t Know Where I’m Going e poi un fantastico slow blues come I Could’ve Have Religion ancora con la slide in overdrive. Used to Be è un altro di quei blues-rock riffatissimi che erano il suo marchio fabbrica, imperdibile mentre In Your Town con la sua andatura boogie era un altro dei suoi brani più noti, qui in una versione devastante ancora con il suono della slide a dettar legge mentre la ritmica macina ritmi forsennati.

Should’ve Learned My Lesson è uno slow blues che, anche in questo caso, non ha nulla da invidiare a quel capolavoro che si chiama Since I’ve been Loving You che trovate sul terzo capitolo degli Zeppelin, entrambi sono dei miracoli di equilibri sonori e virtuosismo nell’ambito del blues, senti che roba!

Crest of a wave è un’altra grande canzone, questa volta rock puro, mentre Toredown è uno dei classici con cui si sono misurati i grandi della chitarra e Messin’ With The Kid, altro cavallo di battaglia, uno dei pezzi blues-rock più irresistibili di tutti i tempi.

Da non perdere!

Bruno Conti