Non Solo “Uno Dei Tanti”! Terry Quiett Band – A Night At The Orpheum

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Terry Quiett Band – A Night At The Orpheum – Lucky Bag Records

Secondo voi un chitarrista e cantante (blues) che è noto come “The Kansas Tornado” dove avrà registrato questo album dal vivo? In che parte sperduta delle lande americane si trova l’Orpheum Theatre? Ma è elementare Watson! Siamo a Wichita, Kansas, in pieno Midwest degli Stati Uniti e Terry Quiett (doppia t, please!), con Jim Gaines al seguito in cabina di regia (già produttore del precedente disco di studio Just My Luck), fiore all’occhiello del “nuovo” sound più rifinito della band, che non perde però il suo stile ruspante, acquisito in una lunga gavetta ed in una decina di album pubblicati in precedenza a livello autogestito. Naturalmente l’ambientazione live è quella ideale per questo blues molto carico anche di rock e boogie, in una collocazione sonora che in America, peraltro, ha decine se non centinaia di praticanti, più o meno validi.

Non voglio scomodare paragoni con illustri chitarristi come fanno i “miei colleghi recensori” sulle pagine del suo sito, chi cita Clapton, chi Larry Carlton, chi l’immancabile Jimi Hendrix, qualche tocco boogie à la ZZ Top, tutti collegamenti che ci stanno ma forse sono un tantino esagerati. Intanto se amate il genere “rock-Blues chitarristico” qui c’è pane per i vostri denti. Il lungocrinito Quiett è un bel manico, ha una voce espressiva, un tantino nasale e di gola ogni tanto, ma della scuola Marriott e dintorni, scrive del buon materiale e sa scegliere alcune cover forse risapute (meno una), ma di sicuro effetto. I suoi pard, Aaron Underwood al basso e Rodney Baker alla batteria, sono solidi veterani in grado di fornire un supporto vibrante e tirato senza scadere nel caciarone o nell’hard di maniera e il risultato finale di questo CD dal vivo sicuramente soddisferà gli aficionados del genere, nulla di nuovo ma un ulteriore “amico” da aggiungere alla lista di quelli che vale la pena di ascoltare, se amate il genere.

Il suono è nitido e ben definito, grazie al lavoro di Gaines, e già dall’iniziale Getting Through Me l’atmosfera è bella calda, con Quiett che strapazza subito le corde della sua chitarra con assoli lancinanti e tirati, vagamente alla Bugs Henderson, altro vecchio maestro del power trio o alla Bonamassa per restare in anni più recenti (ma senza averne la classe). La slide è protagonista in Judgment Day con un suono country-blues che poi rivela delle folate elettriche. Big Man Boogie al giro boogie del titolo sovrappone anche una bella andatura da shuffle classico, mentre Wheelhouse ha ritmi più funky alla Band Of Gypsys, anche per il suono “secco e marcato” di basso e batteria, con Quiett che continua ad inanellare una serie di soli ricchi di tecnica e feeling. Caroline è la classica power blues ballad che ricorda il sound degli Humble Pie dello Steve Marriott citato prima o di certo rock-blues americano dei primi anni ’70. Long Saturday Night è uno dei must del repertorio del trio, il classico slow blues ad alta intensità dove Quiett si dimostra anche padrone di toni e sfumature sottili nel suo incedere da solista e poi di nuovo alla slide per il classico “unisono” voce e chitarra di un blues in solitaria come The Horizon.

La prima cover è quella più inconsueta, una versione di Cover Me (un invito fin dal titolo) di Springsteen che diventa un torrido funky blues alla SRV con un bel solo di complemento, abbastanza difficile da riconoscere obiettivamente se uno non segue il testo. Onesta ma nulla più Gimme Some, più dinamica e tirata Weak Minded Man dove il buon Terry si destreggia sia con la slide che con il wah-wah per un finale hendrixiano che è propedeutico alla seconda cover della serata, proprio una corposa versione di Hear My Train A Comin’ di Mastro Jimi, ancora occasione per mostrare la sua destrezza con la chitarra solista. Just My Friends ha qualche retrogusto da ballata soul ma più che Marvin Gaye ricorda Mick Hucknall, niente di male. Short Dress con un bel funky groove di basso e batteria è l’occasione ancora per qualche esercizio di lascivo uso di slide. E la conclusione è affidata ad un altro classico, questa volta dal repertorio di Eric Clapton, con una poderosa rilettura in crescendo chitarristico di Forever Man che sicuramente incontrerà l’approvazione di Mister Manolenta e chiude in gloria questo Live!

Bruno Conti