“Vero” Rock, Blues & Soul Di Squisita Fattura In Arrivo Dall’Altro Emisfero. Teskey Brothers – Half Mile Harvest

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The Teskey Brothers – Half Mile Harvest – Half Mile Harvest Recordings/Decca/Universal

Da qualche anno a questa parte si sta assistendo ad una fioritura di musicisti di talento che si rivolgono a quel filone musicale che fa capo alla soul music, al R&B ed al blues: penso a gente come Nathaniel Rateliff e i suoi Night Sweats, a Anderson East,  in Inghilterra James Hunter, per certi versi ed allargando il genere, pure Chris Stapleton potrebbe rientrare nella categoria (ma ce ne sono molti altri) e comunque non si può dimenticare gente come Marc Broussard o Jimmy Barnes, per non parlare dei “capostipiti” come Rod Stewart, Joe Cocker, Paul Rodgers, Frankie Miller, o il capo della brigata, il grande Van The Man, tutti uniti da una comune passione per la musica nera, per cantanti come Sam Cooke, James Brown, Otis Redding e molti degli alfieri della Stax. Gli ultimi arrivati sono i Teskey Brothers, vengono dall’Australia, da Melbourne, anzi da Warrandyte, dove si trovano i loro studi casalinghi, da cui prende il nome il disco, Half Mile Harvest e anche l’etichetta che lo aveva pubblicato down under già nel 2017.

Ora la Decca, cambiando delle tracce, lo ha distribuito a livello globale: oltre ai due fratelli Teskey, Josh quello dalla voce nera, che sembra uscire da vecchi vinili della Stax, o dai dischi registrati negli studi Fame di Muscle Shoals, troviamo anche il chitarrista Sam Teskey, e la sezione ritmica con Brendon Love, il bassista, che è anche il produttore del  disco, e Liam Gough alla batteria, più una consistente pattuglia di comprimari, impegnati ad armonie vocali, tastiere, fiati ed archi. Il gruppo tende a ricreare il sound di quel decennio magico che furono gli anni ’60, e quando viene fatto con passione, con freschezza, persino con classe, anche se la musica “forse” non è molto originale, si ascolta comunque con estremo piacere. La voce di Josh è potente ed espressiva, il timbro ricorda i grandi del genere, come testimonia subito l’iniziale Crying Shame, un intenso mid-tempo che profuma dei dischi di Otis Redding o del suo grande epigono bianco Eddie Hinton, con qualche retrogusto country, i fiati sincopati, la chitarra pungente di Sam e quella voce ruvida e partecipe che scalda i cuori, musica dell’anima poi ribadita nella vibrante Say I’ll Do che ricorda tanto le ballate intense ed accorate del James Brown più romantico ma non sdolcinato, con la chitarra sostenuta da tastiere, fiati ed archi. Pain And Misery è puro “deep soul from the south”, ancora con il fantasma benevolo di Otis che aleggia nell’aria, mentre Josh Teskey declama i suoi testi con passione e forza lodevoli, sempre con gli svolazzi dei fiati che sono tra gli elementi vincenti in questo brano https://www.youtube.com/watch?v=lBFZNVxG86o .

Shiny Moon, con una slide gentile che ricorda il sound di quella di George Harrison, è laidback country-soul-blues con la voce raddoppiata di Teskey, più pigra e meno urgente https://www.youtube.com/watch?v=Uz7lqcs-KLk  Anche il blues non manca nei contenuti di questo album, Reason Why miscela le dodici battute classiche con il cuore pulsante della musica soul, trovando spazi per l’armonica e la chitarra pungente e sospesa di Sam; I Get Up è un’altra soul ballad di quelle torride, voce solista pulsante, fiati, organo e voci di supporto di ordinanza che rispondono al cantato di Josh https://www.youtube.com/watch?v=R5fjHGtvPl8 .Louisa è uno dei rari brani più mossi, un R&B incalzante sostenuto dal battito delle mani e con un ritmo vagamente alla Baby Please Don’t Go, dove si fanno largo armonica, organo e chitarra https://www.youtube.com/watch?v=19UyfsrSG8s ; Til’ The Sky Turns Black è diversa dalle altre, al blues si aggiunge un tocco di gospel, ma il tutto risulta fin troppo attendista. Per fortuna  con Hard Feeling si torna al soul disperato e dolente del miglior Otis, che quando c’era da soffrire non era secondo a nessuno https://www.youtube.com/watch?v=O09rn7DXJDE , e il buon Josh dimostra di avere imparato la lezione alla perfezione. Ripetendosi nella parte introduttiva della lunga Honeymoon, quasi dodici minuti che diventano una sorta di jam blues, dove Sam Teskey è libero di dare spazio ripetutamente alla sua solista, tra florilegi di archi e fiati che nella parte centrale quando il tempo accelera ed entra anche l’armonica, assume tratti quasi epici, prima della chiusura in dissolvenza affidata all’organo. Un raro piacere per i padiglioni auricolari in un mondo dove ormai la musica di “plastica” è sempre più incombente.

Bruno Conti