Alla Fine Soddisfatti! Joe Ely – Satisfied At Last

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Joe Ely – Satisfied At Last – Rack’em Records

Ovviamente quelli soddisfatti sono gli ascoltatori, ma anche Joe Ely deve esserlo. Ha realizzato uno dei migliori album della sua carriera (il 24° se non ho fatto male i conti, antologie e dischi con i Flatlanders eclusi) e anche uno dei migliori album dell’anno. Non male per un signore di 64 anni che in una quarantina di anni di onorata di carriera è entrato solo tre volte nelle classifiche americane (ai tempi della sua liaison con i Clash), e oltre il 150° posto o giù di lì. Quindi se dovessimo giudicare la sua carriera secondo questi parametri dovremmo parlare di un disastro. E invece siamo di fronte a uno dei migliori cantautori attualmente in attività: io lo inserirei nella Top Ten dei migliori (magari considerando fuori classifica i “Grandi Vecchi”). Il genere è quello solito, ovvero non c’è genere: un misto di rock, country, roots music, folk, Americana ma tutti rigorosamente del ramo Texano, anche se poi il risultato finale è universale, vale a dire belle canzoni, scritte (o scelte quando non sono sue) con grande cura, cantate benissimo, suonate alla grande da fior di musicisti (quando può e vuole).

 

Questa volta ha voluto e il risultato è eccellente: 10 brani per una quarantina di musica, secondo alcuni la durata e il numero di brani perfetto per un disco, Satisfied At Last si avvale di dell’operato di alcuni musicisti “storici” nella musica di Joe Ely. C’è l’amico Butch Hancock che gli ha scritto due brani anche se non appare nel CD, Joel Guzman alle tastiere principalmente ma alla fisarmonica nel brano che conta, Teye alla chitarra flamenco anche lui solo in un brano così come David Grissom (che ha condiviso con Ely e Mellencamp alcuni dei loro dischi migliori) alla solista, Lloyd Maines alla steel guitar e poi il suo gruppo in cui spiccano il bassista Glen Fukunaga (o Fukanaga a seconda di come girava a chi ha digitato il suo nome nelle note) e una schiera di chitarristi, elettricisti e acustici, tutti bravissimi, Mitch Watkins, Rob Gjersoe, Fred Stitz, David Holt, Keith Davis, Joel Plankenhorn e alla batteria, principalmente, Pat Manske.

I nomi non sono solo uno sfoggio di nozionismo ma contano nell’economia di un disco (non sempre ma contano) e quindi saperlo aiuta a capire a cosa ci troveremo di fronte. E qui ci troviamo di fronte a un signor disco che si apre sulle note rock dell’iniziale The Highway Is My Home (perchè Ely è uno che dà del tu anche alla musica rock) con percussioni, organo e tastiere che danno un bel drive al brano, al resto pensano la voce e la chitarra di Joe, oltre alle sue storie, bell’inizio. Not That Much Has Changed è anche meglio, uno di quelle sue classiche hard ballads texane, con la steel di Maynes e la chitarra di Teye che gli danno quello spirito di “frontera”, quel tocco esotico e inconfondibile dei brani migliori di Joe Ely.

 

Satisfied At Last è l’altro rocker intemerato di questo CD, con tre chitarre soliste all’opera oltre alla slide di Ely, con quella di Grissom che guida le operazioni, grinta e melodia, come ai tempi migliori, a conferma che questo è il suo disco migliore da un secolo a questo parte, dai tempi di Letter to Laredo del 1995 anche se Twistin’ In The Wind e Streets Of Sin erano fior di dischi. Mockingbird Hill è un’altra bella ballata, che è il tempo musicale prediletto da Ely, che qui si cimenta alla Spanish Guitar che conferisce ancora quelle sonorità inconfondibili alla canzone, abbellita da florilegi vari delle tastiere di Guzman e della chitarra di Gjersoe, veramente bella.

 

You Can Bet I’m Gone è un bel country-honky-tonk dall’andatura saltellante, mid-tempo con l’ottimo lavoro della chitarra twangy di David Holt, altro centro. Leo And Leona è il primo dei due brani a firma Butch Hancock, e il Bob Dylan texano tiene fede alla sua fama di “raccontatore” di grande storie con una canzone epica ed evocativa che calza a pennello alla voce di Joe Ely che le rende onore con una interpretazione da manuale, con la chitarra classica, questa volta di Plankenhorn, in evidenza, e fanno sei!

 

Difficile fare meglio direte voi. E invece Joe Ely cava il coniglio dal cilindro, in questo caso una versione stupenda del classico di Billy Joe Shaver Live Forever con la fisarmonica (accordian, pardon, c’è scritto così nel libretto ma presumo si intenda accordion) di Joel Guzman sugli scudi. Molto, molto bella. Roll Again è uno strano brano country a tempo di reggae con la slide di Ely che gli conferisce sapore, buona ma non eccelsa, forse la canzone meno significativa anche se tutt’altro che brutta. I’m A Man Now è una sorta di country-blues elettrico molto ritmato con chitarre e tastiere che contendono a Ely la guida del brano. La conclusione è affidata all’altra composizione di Butch Hancock, Circumstance altra country ballad dall’andatura ondeggiante che conclude in gloria e soddisfazione per tutti questo eccellente disco che si candida autorevolmente alla lista dei migliori dell’anno. Per chi ama il genere, ovviamente e siete in tanti (sempre relativamente parlando, non per nulla “siamo” nella Categoria Carbonari)!

Bruno Conti