Un “Sudista” Alla Francese – Leadfoot Rivet – Southern Echoes

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Leadfoot Rivet – Southern Echoes – Dixiefrog/Ird 

Ammetto di non conoscere molto il personaggio, ricordo il nome Leadfoot Rivet perché era uno dei partecipanti al tributo a Roy Buchanan che era uscito a nome Fred Chapellier & Friends nel 2007 e so che ha registrato sei o sette album, tra cui un ottimo Live lo scorso anno https://www.youtube.com/watch?v=VIMhPpWCtw4 . Anche Rivet, come Chapellier è francese, ma non è un chitarrista, più cantante e armonicista, per quanto se la cavi alla electric resonator. Nel libretto del nuovo CD Southern Echoes c’è una lista di tutte le sue collaborazioni passate e presenti, che è lunga come un elenco telefonico, ma che sinceramente non ricordo: da Albert King, Wilson Pickett, Bobby Bland, Irma Thomas, i Flying Burrito Brothers, agli Ozark Mountain Daredevils, Irma Thomas, Steve Young, Duke Robillard, Tom Principato, e mille altri, sarà vero, può essere, visto che il nostro non è più un giovanotto, boh! Sicuramente Larry Garner gli ha dato il soprannome “Leadfoot” mutuato da nomignoli che girano in Louisiana, ma anche se il cognome d’arte viene da quella zona, però non è quello vero, in quanto il nostro all’anagrafe fa Alain Rivey. Al di là di tutto comunque il disco è piacevole, undici pezzi firmati da Rivet e quattro cover, con un buon gruppo di musicisti che lo accompagnano, in gran parte francesi e non particolarmente noti, a parte il texano Anson Funderburgh che suona la solista in Highly Educated Fool, uno dei brani migliori, più vicino al blues elettrico, dove si gusta anche la guitar-sitar di Thomas Weirch.

Per il resto lo stile musicale è molto ibrido, “sudista” nelle intenzioni (Leadfoot viene dalla Provenza, quindi sud della Francia), con elementi country, cajun, zydeco, soul e R&B bianco, un po’ di jazz after-hours leggerino, una sorta di Willie Nelson “de noantri”, anche se lì siamo su ben altri livelli. Comunque la voce è piacevole, rauca, vissuta, non memorabile, ma ben impostata, specie quando si cimenta con una versione gospel-soul di He Ain’t Heavy (He Is My Brother), il famoso brano portato al successo dagli Hollies, qui in una versione quasi knopfleriana, che al primo ascolto mi era parsa abbastanza pacchiana, anche per il lavoro forse troppo complesso alla batteria di Stephane Avellaneda, dalla band di Ana Popovic, ma poi la doppia voce di Slim Batteux e le armonie delle coriste alla fine portano a casa il risultato. Per il resto troviamo pigre ma grintose tracce tra country, soul e blues, come l’iniziale The Bullfrog, dove armonica, chitarre slide e soliste si intrecciano con gusto o Shed My Old Skin dove il profumo delle paludi della Louisiana è insaporito da tocchi R&B, e ancora Hangover In Hanover, che al di là del gioco di parole da quattro soldi è un buon country-folk alla Willie Nelson, non fosse per il vocione di Rivet.

Highly Educated Fool è il blues elettrico con Funderburgh di cui si è detto, e Ghost Train è un veloce country-rockabilly gospel à la Johnny Cash. Slow Motion, cover di tale Billy Stone si muove tra gospel e deep soul, quindi nuovamente territori sudisti, anche grazie alla presenza delle coriste, con JP Avellaneda (fratello del batterista) che rilascia un buon solo di chitarra. Di nuovo aria di New Orleans per Livin’ With Me Is Funny, con l’armonica che fa la parte della fisa, con He Is A Loner di nuovo una di quelle ballate country soul valzerate di cui Willie Nelson è maestro. Somewhere South Of Macon, dall’andatura più marcata e rock è un ottimo brano dal songbook della sottovalutata Marshall Chapman, mentre Damned Tourist con un bel piano elettrico a menare le danze è di nuovo New Orleans style. Non entusiasma il jazz-blues afterhours di una raffinata ma loffia Miss Paranoia, meglio l’ultima cover, ma di poco, il country-swing di Dinosaur, scritta da Hank Williams Jr., a tratti fin troppo gigionesca, Bromberg questo tipo di brani li farebbe molto meglio. Rimangono Why Lie? Need Beer!, una bella traccia countryfied elettroacustica con uso di mandolino e la conclusiva, discorsiva, lunghissima (oltre 8 minuti) The Game Of Love, di nuovo in area country got soul, o se preferite soul blues, con un crescendo intenso e ricco di spirito gospel sudista.

Bruno Conti