Il Magico Mondo Di Robin Pecknold Capitolo Quarto. Fleet Foxes – Shore

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Fleet Foxes – Shore – Epitaph-Anti

Questo album è stato reso disponibile per il download alle 15 e 31 minuti dello scorso 22 settembre, nell’esatto momento in cui era stato calcolato l’equinozio, ovvero il passaggio dall’estate all’autunno. Tale pignoleria rende l’idea dell’estrosa personalità di Robin Pecknold, l’indiscusso leader dei Fleet Foxes, giunti alla quarta uscita, a distanza di dodici anni dal loro omonimo brillantissimo esordio. Shore, (che verrà pubblicato nel suo formato fisico in questo mese di febbraio il giorno 5) già dal titolo e dall’immagine di copertina ci indica le ambiziose intenzioni del suo autore, vale a dire creare un disco che suoni semplice e sofisticato allo stesso tempo, ennesimo tentativo di coniugare modernità e classicismo, avventura e approdo sicuro, come la battigia del titolo evoca la zona dove terra e mare si incontrano e si fondono l’una con l’altro.

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La sua gestazione è partita due anni fa, essendo stato registrato in gran parte a New York negli studi di Aaron Dessner dei National e poi completato in Francia e a Los Angeles, con l’apporto di numerosi musicisti ospiti. Tanta musica, ma i testi sono arrivati solo lo scorso giugno, in pieno lockdown, lasciando l’impressione più di una prova da solista che di un lavoro di gruppo. A conferma di ciò Pecknold ha dichiarato di voler rientrare in studio quest’anno per incidere la decina di canzoni rimaste fuori da Shore insieme ai suoi attuali compagni di viaggio, il chitarrista Skyler Skjelset, il bassista Christian Wargo, il tastierista Casey Wescott e il polistrumentista Morgan Henderson. Rispetto al precedente Crack-Up https://discoclub.myblog.it/2017/06/02/fortunatamente-non-si-sono-persi-per-strada-anteprima-fleet-foxes-crack-up/  qui si apprezza una maggiore immediatezza e solarità. Sono presenti tutti gli ingredienti che hanno reso i Fleet Foxes una band di culto per un pubblico molto variegato, che comprende new hippies, appassionati di folk prog inglese, nostalgici delle sonorità californiane degli anni settanta, seguaci del folk revival dell’ultima decade o semplici estimatori di pop raffinato.

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Photo Credit Emily Johnston

Già nell’iniziale suite Wading In Waist-High Water che sfocia in Sunblind veniamo proiettati in una dimensione sospesa tra reale e fantastico, in cui all’iniziale arrangiamento vocale degli ospiti San Fermin fa seguito una di quelle melodie vincenti che Pecknold ha ereditato dal maestro Brian Wilson  . Can I Believe You prosegue il viaggio spirituale del suo autore tra cori sognanti e chitarre che riportano indietro agli anni sessanta https://www.youtube.com/watch?v=L2E2DpWO3-Y , mentre Jara si apre e si sviluppa con le allucinazioni vocali della cantante e compositrice Meara O’Reilly che accentuano il suo carattere atemporale https://www.youtube.com/watch?v=YWJSKwgQjSs . Featherweigh e la successiva A Long Way Past The Past sono impreziosite dal notevole apporto canoro degli Whitney, band emergente di Chicago, e si rivelano una vera delizia per le orecchie. For A Week Or Two è un breve onirico intermezzo (con tanto di coda con cinguettio di uccellini), che sfocia nella turgida Maestranza. Young Man’s Game spinge sull’acceleratore in territori consoni ai gioielli della premiata ditta Crosby, Stills & Nash https://www.youtube.com/watch?v=OHsGsMD9wW0 , prima di un’oasi intima ed acustica intitolata I’m Not My Season.

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Gli ultimi fuochi d’artificio di questo album piacevolissimo amplificano la nostra immaginazione con le stratificazioni vocali e i contrappunti jazz della suite Quiet Air/Gioia e con l’uso solenne degli ottoni nella sognante Going-To-The-Sun Road, (splendido il finale con gli ultimi versi cantati in portoghese dall’ospite Tim Bernardeshttps://www.youtube.com/watch?v=DQ48DeooyTQ . Ancora un gioiellino acustico con ricamo di fiati in Thymia, poi uno dei vertici della raccolta, Cradling Mother, Cradling Woman, che parte quasi citando la DèjaVu di David Crosby per poi esplodere in una sovrapposizione di suoni e voci davvero efficace https://www.youtube.com/watch?v=n2SZCIZrllc . La chiusura è riservata alla lenta e meditativa title-track, manifesto di un lavoro che nelle stesse parole del suo giovane autore “deve esistere in uno spazio subliminale tra passato e presente, in una dimensione spirituale che comunichi un senso di sollievo”. Per quanto mi riguarda, missione compiuta mister Pecknold!

Marco Frosi