Quasi “Forty Years After”! Alvin Lee – Still On The Road To Freedom

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Alvin Lee – Still On The Road To Freedom – Repertoire

Se avesse lasciato passare ancora un anno avremmo potuto parlare di “Forty Years After” (scusate, ma non ho resistito), tanti quanti ne sono passati dall’uscita del suo primo disco da solista, On The Road To Freedom, pubblicato nel novembre 1973. Ma anche lui non ha resistito e quando l’ispirazione lo ha raggiunto ha deciso di dare alle stampe questa sorta di seguito, Still On The Road On Freedom, sul quale peraltro aveva iniziato a lavorare dal 2008. I Ten Years After (almeno quelli nella versione con Alvin Lee, ne circola una con tale Joe Gooch che è una pallida imitazione dell’originale) si sono sciolti tra il 1973-1974 e per tutti, oltre ad essere stati una delle più grandi formazioni del rock-blues britannico, sono “quelli” di Woodstock, con il chitarrista più veloce del mondo, lo schermo che si apre in tre parti e Alvin Lee che intona I’m Going Home fanno parte dell’iconografia della musica rock.

Ma Lee non ha retto per molti anni la parte e appunto nel 1973 ha deciso di abbandonare quel mondo di tournée interminabili, dischi a getto continuo e stress ad alta densità per dedicarsi ad uno stile più morigerato, quasi roots, con il suo primo album solista. E a quel disco hanno collaborato in modo fattivo George Harrison (sotto lo pseudonimo Hari Georgeson, allora usava) che oltre a suonare nel disco aveva composto anche un brano, Steve Winwood, Ron Wood, Jim Capaldi, Mick Fleetwood, il tastierista Tim Hinkley, che suona anche nel nuovo album, oltre naturalmente a Mylon LeFevre, musicista sconosciuto ai più, ma che prima e dopo ha inciso una valanga di materiale gospel. Risentito oggi, il disco rimane l’ultima prova di valore di Alvin Lee, che da allora non ha più saputo produrre qualcosa degno della sua fama, brani dignitosi e anche ottimi sparsi qui e là ma nulla di significativo. Tra l’altro, vista la provenienza di LeFevre, l’album viene spesso catalogato come gospel, ma in fondo era un disco solista di Alvin Lee con il background dei TYA rivisto attraverso un background più “pastorale”, comunque un ascolto o due li vale!

Quando ho ascoltato per la prima volta il nuovo album ed in particolare la prima traccia, la title-track, mi sono detto, cazzarola ma allora è ancora capace di fare della bella musica! Perché in effetti Still On The Road To Freedom è un signor brano, con l’allure delle migliori composizioni dei Ten Years After, con il suono della chitarra di Lee, che è solo suo ed inconfondibile, come pure la voce, li riconosci dalla prima nota, anche un bel arrangiamento, un testo dignitoso e una resa complessiva che ti resta in testa, ti fa venire voglia di riascoltarlo più volte. E pure il secondo brano, Listen To Your Radio Station, introdotto dal sound di percussioni africane e con un drum loop campionato dello scomparso Ian Wallace, si ascolta con piacere, con la voce filtrata di Lee e la chitarra che disegna linee rapide e pungenti, un’altra canzone di buon spessore. Ma tutto il disco viaggia su livelli dignitosi, non come il primo brano, ma canzoni oneste, un rock di stampo americano, come nell’eccellente Midnight Creeper dove l’organo di Tim Hinkley e la chitarra di Lee si scambiano riff con l’abbandono dei vecchi tempi. Non manca l’omaggio al blues delle origini con Save My Stuff, ma non è quello duro e tirato del suo gruppo, ma molto morbido e raffinato, un country-blues e per l’occasione Alvin rispolvera anche la sua armonica e la chitarra acustica.

I’m A Lucky Man è un R&R/rockabilly scatenato, e chi ricorda la parte centrale del medley di I’m Going Home può capire, ma se aggiungiamo che il nome Ten Years After nel 1966, nasceva in quanto il gruppo ricordava il decimo anniversario della “venuta” di Elvis, tutto si fa ancora più chiaro. Non tutto funziona alla perfezione, Walk On, Wak Tall sembra una parodia non riuscita dell’Elvis country, Blues Got Me So Bad è un blues acustico che ci fa rimpiangere le atmosfere infuocate delle cavalcate elettriche del gruppo di Lee e sembra un brano tra mille, potrebbe essere chiunque anche se la voce lo tradisce. Song Of The Red Rock Mountain è più interessante, uno strumentale acustico con influenze messicane si colloca a cavallo tra Morricone e i Calexico. Piacevole anche Nice & easy che potrebbe essere una traccia perduta di JJ Cale, molto laidback, Back in ’69, sia a livello musicale, molto TYA, che come testo, è un “ricordo” dei bei tempi che furono, e funziona, come l’ottima jam strumentale di Down Like Rock che potrebbe ricordare i duetti strumentali a base di chitarra e organo di Booker T e Steve Cropper con gli altri MG’s. Rimane il breve funky-rock di Rock You e il “seguito”, Love Like A Man 2, che non è il remake della vecchia canzone ma un brano nuovo ispirato, secondo quanto ha detto lo stesso Alvin Lee, da Chuck Berry e da I Hear You Knocking di Smiley Lewis, e se lo dice lui dobbiamo credergli, lo saprà bene! Comunque la chitarra, a sprazzi, ruggisce ancora e conferma la buona qualità di questo ritorno, sono passati quasi 40 anni e il disco è quasi bello!

Bruno Conti