Bob “Sinatra” Si E’ Fatto In Tre! Bob Dylan – Triplicate

bob dylan - triplicate

Bob Dylan – Triplicate – Columbia/Sony 3CD – 3LP

Nel corso della sua lunga carriera Bob Dylan ha sempre fatto quello che ha voluto e quando ha voluto: a volte ciò è coinciso con i gusti del pubblico e le tendenze del momento (il folk revival dei primi anni sessanta, la svolta elettrica del 1965 – Newport a parte – ed anche l’approccio country di fine decade, in un periodo nel quale tutti andavano a Nashville ad incidere), altre volte molto meno (i dischi “religiosi” del triennio 1979-81, la crisi della metà degli anni ottanta, quando Bob sembrava scegliere le canzoni da mettere sui suoi dischi tirando i dadi). Due anni fa, allorquando Dylan ha pubblicato Shadows In The Night, collezione di standard della musica americana che avevano il comune denominatore di aver fatto parte del repertorio di Frank Sinatra, tutti hanno promosso l’operazione anche con toni abbastanza entusiastici, ma già quando lo scorso anno Bob ha bissato l’operazione con Fallen Angels più di uno ha cominciato a storcere il naso, anche per il fatto che era venuto a mancare l’effetto sorpresa rispetto al primo volume. Vi lascio immaginare la reazione della critica internazionale (ed immagino anche della Columbia) alla notizia che Bob avrebbe pubblicato un altro CD di evergreen non singolo, non doppio ma addirittura triplo, dal titolo non molto fantasioso di Triplicate: infatti le reazioni sono state, per usare un eufemismo, piuttosto contrastanti, tra chi ha applaudito all’operazione definendo questo nuovo lavoro il migliore tra i tre (cosa vera, come vedremo) e chi l’ha bocciata più che altro per il timore che Dylan avesse prosciugato la vena creativa smettendo di fatto di scrivere canzoni proprie, altri ancora criticando il fatto che il nostro stia ormai facendo dischi solo per il suo piacere personale.

Tra l’altro un triplo album non è uno scherzo, a memoria non ricordo molti tripli in passato che non fossero antologie o dischi dal vivo (All Things Must Pass di George Harrison, che in realtà era un doppio con un terzo disco di jam sessions, e Sandinista! dei Clash sono, credo, i casi più celebri), ed è per questo che, a parere di molti, Triplicate sarà l’episodio conclusivo della serie: in realtà, data la durata complessiva che supera di poco l’ora e mezza, il CD poteva anche essere doppio, ma Dylan ha voluto dividerlo in tre e dare ad ognuno dei dischetti un sottotitolo, a seconda dei temi trattati dalle canzoni (‘Til The Sun Goes Down, Devil Dolls e Comin’ Home Late). E che Triplicate sia da considerare il più importante album della trilogia lo confermano anche l’elegante confezione in digipak ed il fatto che sia l’unico volume ad avere nel booklet interno un saggio descrittivo (ad opera del noto scrittore Tom Piazza); musicalmente l’album prosegue nel mood dei due precedenti, cioè con le interpretazioni molto laidback da parte del nostro, ma la produzione è migliore (ad opera di Dylan stesso, sotto il consueto pseudonimo di Jack Frost) ed in molti momenti l’accompagnamento della band è decisamente più presente, grazie anche al fatto che, a parte i soliti noti (Tony Garnier al basso, Charlie Sexton alla chitarra, Donnie Herron alla steel guitar e George Receli alla batteria), troviamo alla seconda chitarra un vero e proprio fuoriclasse come Dean Parks, uno che nel corso degli anni ha suonato praticamente con tutti, ed in molti brani vi è anche la presenza di un’ottima sezione fiati e corni guidata da James Harper.

Anche il repertorio non è così legato a Sinatra come nei due episodi precedenti: nonostante ben 29 pezzi sui 30 totali siano stati interpretati anche da Old Blue Eyes, molte di queste canzoni sono infatti maggiormente note nella versione di altri, tra cui Nat “King” Cole, Ella Fitzgerald, Judy Garland, Glenn Miller, Bing Crosby, Sarah Vaughan e Billie Holiday. Infine Bob, che canta con ottimo rigore melodico a differenza di quanto faccia solitamente dal vivo con le sue canzoni, in questo album omaggia anche brani molto più celebri di quelli presenti sui primi due volumi, veri e propri classici del calibro di Stardust, Sentimental Journey, Stormy Weather, Once Upon A Time, As Time Goes By ed altri. E Triplicate contiene diversi highlights, a partire da I Guess I’ll Have To Change My Plan, deliziosa, dal tempo jazzato, con i fiati che commentano con classe sullo sfondo e la band dal suono più presente del solito (rock sarebbe una parola grossa), o la raffinatissima Once Upon A Time, dove Bob canta benissimo, oppure la poco nota (ma bella) It Gets Lonely Early, non facile da cantare (ma il nostro se la cava egregiamente), o ancora la godibile e mossa Trade Winds, in cui la classe si tocca con mano. Splendida poi Braggin’ (unico brano mai affrontato da Sinatra, era un successo della Harry James Orchestra), dal suono ricco, ritmo sostenuto e con Dylan che dà il meglio di sé; ottima pure Imagination, nella quale la band ha più spazio del consueto, ed anche il superclassico Stardust è rifatto in maniera seria e rigorosa, anche se, per rimanere in tema di artisti contemporanei, preferisco la versione di Willie Nelson.

Alcune interpretazioni sono più di routine, come This Nearly Was Mine, ottima dal punto di vista vocale ma con la band quasi inesistente, l’umoristica There’s A Flaw In My Flue, che Bob rifà in maniera fin troppo seriosa, How Deep Is The Ocean?, con un arrangiamento eccessivamente cupo, od anche Sentimental Journey, che avrei preferito con un po’ più di brio. Poi ci sono pezzi, pochi per fortuna, che a mio parere non sono molto nelle corde di Dylan, come Stormy Weather, My One And Only Love, P.S. I Love You (che non è quella dei Beatles), o anche la pimpante Day In, Day Out, splendida dal punto di vista strumentale ma palesemente fuori dal range vocale di Bob. Una menzione a parte la merita The Best Is Yet To Come, un brano di grande importanza per Sinatra in quanto è l’ultima canzone cantata dal vivo dal grande crooner (nel 1995), nonché l’iscrizione sulla sua pietra tombale: Dylan questo lo sa, e quindi fornisce una delle interpretazioni più convincenti del triplo, “dylaneggiando” tra l’altro più del solito, ed aiutato alla grande dalla band e dai fiati. In conclusione, forse Triplicate va preso a piccole dosi, forse non è un album adatto a tutti, e forse ha perfino ragione chi vorrebbe che Dylan tornasse finalmente a fare Dylan, ma insomma avercene di dischi come questo.

Marco Verdi