Il Ritorno Di Uno Dei Tanti Outsiders Americani, Di Quelli Veramente Bravi. Jason Eady – Jason Eady

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Jason Eady – Jason Eady – Old Guitar/Thirty Tigers CD

Qualche mese fa stavo riordinando la mia collezione di CD, e quando mi è capitato tra le mani Daylight And Dark, una delle sorprese più piacevoli del 2014, mi sono chiesto che fine avesse fatto il suo autore, il bravo cantautore del Mississippi Jason Eady. La risposta è arrivata di recente, allorquando è uscito il nuovo album di Jason (il precedente non era l’esordio, ce n’erano già quattro usciti prima, ma vi sfido a trovarli nuovi ed a prezzi umani), che il nostro ha deciso di intitolare semplicemente con il suo nome. E la semplicità è proprio la sua caratteristica principale, in quanto le sue canzoni sono costruite con pochi accordi, suonate con un numero limitato di strumenti, e quasi sempre acustici: ma la sua è una musica vera, autentica, un tipo di country che è distante anni luce da quello finto che passa nelle radio di settore, e per questo Jason non sarà mai un million seller, ma di sicuro i suoi album troveranno sempre spazio nelle collezioni di chi ama la musica pura. Jason Eady è forse ancora migliore di Daylight And Dark, e più maturo, e le canzoni sembrano scritte ed eseguite con piglio maggiormente sicuro: la produzione è ancora nelle mani di Kevin Welch, cantautore dell’Oklahoma ben noto su queste pagine, mentre tra i musicisti coinvolti troviamo il grande Lloyd Maines, che suona un gran numero di strumenti a corda, la bravissima violinista Tammy Rogers (membro degli SteelDrivers ma anche presente in molti album di Buddy e Julie Miller) e, come voce di supporto in un brano, nientemeno che Vince Gill (oltre alla moglie di Eady stesso, Courtney Patton, alle armonie vocali).

Jason, che ha anche una bella voce, ci delizia quindi per i 35 minuti scarsi del disco, con una serie di canzoni scritte ed eseguite in modo classico, puro country d’autore per chi vuole suoni veri, personali, non appariscenti ma di grande impatto emotivo: le sue influenze sono nobili (Willie Nelson, Merle Haggard, Joe Ely, Guy Clark), ma in definitiva non somiglia a nessuno di questi. Il CD si apre con Barabbas, una ballata molto intensa e decisamente ispirata, dalla musicalità profonda, con steel e dobro ad accarezzare la melodia e la voce espressiva di Jason a fare il resto. Drive è più ritmata, anche se gli strumenti restano acustici, al punto da farla sembrare un canto folk d’altri tempi, merito anche di un motivo dal sapore tradizionale; splendida Black Jesus, dotata di una melodia diretta e vincente, una country song pura come l’acqua e suonata in maniera deliziosa, mentre No Genie In This Bottle, una drinkin’ song con due strumenti in croce ma dal feeling notevole, è nobilitata dalla seconda voce di Gill e da un’atmosfera degna di John Prine.

Molto bella anche Why I Left Atlanta (ma di brani di livello basso non ce ne sono), altra country balad accattivante che ricorda certe sonorità “americane” dell’Elton John dei primi anni settanta, Rain è ancora un pezzo di stampo tradizionale, con banjo e violino protagonisti, ed un motivo folkeggiante che fa la differenza, Where I’ve Been è uno squisito brano delicato e gentile, decisamente toccante, che non fa che confermare la bravura di Eady nello scrivere canzoni semplici ma intense. Waiting To Shine, vivace, ritmata e godibile, precede Not Too Loud, languida e tersa ballata di grande spessore, e la conclusiva 40 Years, struggente e poetica, accompagnata solo da chitarra e violino ma dal pathos indiscutibile. Pensavo si fosse perso Jason Eady, ed invece eccolo di nuovo tra noi, e più in forma che mai.

Marco Verdi

Una Grande Serata Per Chiudere Il Cerchio! Nitty Gritty Dirt Band & Friends – Circlin’ Back

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Nitty Gritty Dirt Band & Friends – Circlin’ Back: Celebrating 50 Years – NGDB/Warner CD – DVD

Oggi si parla molto poco della Nitty Gritty Dirt Band, e ci si dimentica spesso che nei primi anni settanta fu una delle band fondamentali del movimento country-rock californiano in voga all’epoca, che vedeva Byrds e Flying Burrito Brothers come esponenti di punta. Formatisi nel 1966 a Long Beach (e con un giovanissimo Jackson Browne nel gruppo, con il quale purtroppo non esistono testimonianze discografiche), la NGDB stentò parecchio durante i primi anni, trovando poi quasi per caso un inatteso successo con la loro versione del classico di Jerry Jeff Walker Mr. Bojangles (ancora oggi il loro brano più popolare), tratto dall’ottimo Uncle Charlie And His Dog Teddy. Ma, bei dischi a parte (All The Good Times ed il doppio Stars & Stripes Forever sono due eccellenti album del periodo), la loro leggenda iniziò quando nel 1972 uscì Will The Circle Be Unbroken, un triplo LP magnifico, nel quale il gruppo rivisitava brani della tradizione country con un suono più acustico che elettrico e come ospiti vere e proprie leggende come Mother Maybelle Carter, Merle Travis, Roy Acuff, Earl Scruggs, Jimmy Martin e Doc Watson, e che anticipava quella riscoperta della musica e delle sonorità dei pionieri che oggi è molto diffusa, ma all’epoca era quasi rivoluzionaria: un disco che, senza esagerare, potrebbe essere definito da isola deserta, e che negli anni ha avuto due seguiti (1989 e 2002), entrambi splendidi ed a mio giudizio imperdibili, ma che non ebbero l’impatto del primo volume.

Dalla seconda metà degli anni settanta la carriera del gruppo prese una china discendente (fino al 1982 si accorciarono pure il nome, ribattezzandosi The Dirt Band), per poi ridecollare nella seconda parte degli ottanta, in coincidenza con la rinascita del country, con ottimi album di successo come Hold On e Workin’ Band. Negli ultimi 25 anni la loro produzione si è alquanto diradata, anche se sempre contraddistinta da una qualità alta, portando però il gruppo a non essere più, per usare un eufemismo, sotto i riflettori: lo scorso anno però i nostri hanno deciso di riprendersi la scena festeggiando i 50 anni di carriera con un bellissimo concerto, il 14 Settembre, al mitico Ryman Auditorium (che sta a Nashville come la Royal Albert Hall sta a Londra), preludio ad una lunga tournée celebrativa in corso ancora oggi. Circlin’ Back è il risultato di tale concerto, un bellissimo CD dal vivo (esiste anche la versone con Dvd aggiunto) nel quale la NGDB riprende alcune tra le pagine più celebri della sua storia, con l’aiuto di una bella serie di amici e colleghi. I nostri avevano già celebrato i 25 anni nel 1991 con l’eccellente Live Two Five, che però vedeva sul palco solo i membri del gruppo, ma con questo nuovo CD siamo decisamente ad un livello superiore.

Il nucleo storico dalla band è rappresentato da Jeff Hanna e Jimmy Fadden, ed è completato da John McEuen, vera mente musicale del gruppo e comunque con loro dal 1967 al 1986 e poi di nuovo dal 2001 ad oggi, e da Bob Carpenter, membro fisso dai primi anni ottanta (mentre l’altro dei compagni “storici” Jimmy Ibbotson, fuori dal 2004, è presente in qualità di ospite), con nomi illustri a completare la house band quali Byron House al basso, Sam Bush al mandolino e violino e Jerry Douglas al dobro e steel, i quali contribuiscono a dare un suono decisamente “roots” alle canzoni. La serata si apre con una vivace versione di You Ain’t Goin’ Nowhere di Bob Dylan, più veloce sia di quella di Bob che dei Byrds, con assoli a ripetizione di mandolino, dobro, violino e quant’altro, una costante per tutta la serata: ottima partenza, band subito in palla e pubblico subito caldo. Il primo ospite, e che ospite, è John Prine, con la mossa e divertente Grandpa Was A Carpenter (era sul secondo volume di Will The Circle Be Unbroken) e la splendida Paradise, una delle sue più belle canzoni di sempre: John sarà anche invecchiato male, ma la voce c’è ancora (a dispetto di qualche scricchiolio) e la classe pure. My Walkin’ Shoes, un classico di Jimmy Martin, è il primo brano tratto dal Will The Circle del 1972, ed è uno scintillante bluegrass dal ritmo forsennato, un bell’assolo di armonica da parte di Fadden e McEuen strepitoso al banjo; sale poi sul palco Vince Gill, che ci allieta insieme ai “ragazzi” con la famosissima Tennessee Stud (Jimmy Driftwood), nella quale ci fa sentire la sua abilità chitarristica, dopo aver citato Doc Watson come fonte di ispirazione, e la fa seguire da Nine Pound Hammer, di Merle Travis, altro bluegrass nel quale duetta vocalmente con Bush, e tutti suonano con classe sopraffina, con il pubblico che inizia a divertirsi sul serio.

Buy For Me The Rain è una gentile e tersa country ballad tratta dal primo, omonimo album dei nostri, molto gradevole ed anche inattesa dato che come dice Hanna non la suonavano da 35 anni; è il momento giusto per l’arrivo di Jackson Browne, accolto da una vera e propria ovazione, il quale propone il suo classico These Days, in una versione decisamente intima e toccante, e poi si diverte con l’antica Truthful Parson Brown, un brano degli anni venti dal chiaro sapore old time tra country e jazz, davvero squisito. E’ la volta quindi della sempre bella e brava Alison Krauss, che ci delizia con una sublime e cristallina Keep On The Sunny Side, notissimo country-gospel della Carter Family, e con la bella Catfish John, scritta da Bob McDill (ed incisa da tanti, tra cui anche Jerry Garcia), country purissimo con ottima prestazione di Douglas al dobro; Alison rimane sul palco, raggiunta da Rodney Crowell, che esegue due suoi pezzi, la solare e godibilissima An American Dream, un brano che sembra scritto per Jimmy Buffett, e la bellissima ed intensa Long Hard Road.

Poteva forse mancare Mr. Bojangles? Assolutamente no, così come non poteva mancare il suo autore, Jerry Jeff Walker, che impreziosisce con la sua grande voce ed il suo carisma una canzone già splendida di suo: uno dei momenti più emotivamente alti della serata. Fishin’ In The Dark è stato uno dei maggiori successi della NGDB, che in questa rilettura torna ad essere un quintetto in quanto è raggiunta da Jimmy Ibbotson, e la canzone rimane bella e coinvolgente anche in questa veste meno radio-friendly di quella originale del 1987. Il vivace medley Bayou Jubilee/Sally Was A Goodun, dove il gruppo si lascia andare ad un suono più rock, prelude al gran finale di Jambalaya, il superclassico di Hank Williams (in una travolgente versione tutta ritmo) ed alla conclusiva, e non poteva che essere così, Will The Circle Be Unbroken, con tutti quanti sul palco a celebrare la carriera di uno dei più importanti gruppi country-rock di sempre, altri sei minuti di puro godimento sonoro.

Gran bel concerto, inciso tra l’altro benissimo: praticamente imperdibile.

Marco Verdi