Un Ritorno Inatteso Per Una Band Molto Amata, Ed In Ottima Forma: Un Altro Disco Che (Quasi) Non C’è, Solo Vinile E Download Dal 21 Maggio! Counting Crows – Butter Miracle Suite One EP.

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Counting Crows – Butter Miracle Suite One – BMG Rights Management EP Vinile e Download 21-05-2021

Gli anni 90 musicali non hanno fortunatamente prodotto solo grunge e brit-pop, ma anche una bella serie di gruppi che si rifacevano ad un cantautorato rock classico tipico dei seventies, e due tra i migliori esponenti in tal senso erano senza dubbio i Wallflowers ed i Counting Crows. Per un “simple twist of fate” le due band hanno deciso di tornare a pubblicare nuova musica proprio quest’anno, entrambe dopo una lunga assenza dalle scene: se il gruppo di Jakob Dylan ha annunciato di recente un nuovo lavoro in uscita a luglio (Exit Wounds) a ben nove anni da Glad All Over, il combo guidato da Adam Duritz ha deciso un po’ a sorpresa di rifarsi vivo con un EP di quattro canzoni intitolato Butter Miracle Suite One, che segue di sette anni Somewhere Under Wonderland. Sinceramente temevo che l’avventura dei Crows si potesse dichiarare conclusa, dal momento che in questi sette anni l’unico membro attivo musicalmente è stato il multistrumentista David Immergluck, perlopiù coinvolto in progetti per conto terzi (fra i quali vanno ricordate le collaborazioni con John Hiatt e James Maddock), mentre poco si sapeva del resto della combriccola (i chitarristi David Bryson e Dan Vickrey, il tastierista Charlie Gillingham e la sezione ritmica formata da Millard Powers e Jim Bogios).

Duritz sembrava più interessato a condurre il suo podcast radiofonico inaugurato nel 2018 che a comporre nuova musica, ma circa un paio d’anni fa era arrivato l’annuncio che il cantante di Berkeley aveva ripreso a scrivere per una serie di EP con canzoni dal carattere semi-autobiografico, ed ora abbiamo la possibilità di ascoltare il primo prodotto di questa sequenza: Butter Miracle Suite One. E’ chiaro che dopo sette anni di nulla il mio timore sulla forma di Duritz e compagni era più che legittimo, ma è bastato un solo ascolto per spazzare via ogni dubbio: Butter Miracle Suite One è un dischetto davvero bello e riuscito, che ci fa ritrovare un gruppo tra i più creativi delle ultime decadi, e con il suo carismatico leader che non ha perso l’ispirazione. E’ bello ascoltare nuovi pezzi in uno stile familiare, un misto di influenze che vanno da Van Morrison al Bruce Springsteen più classico, con la band che gira a mille: i Counting Crows non hanno mai sbagliato un disco, e anche se forse il successo clamoroso dei primi album e del singolo Mr. Jones non tornerà più, questo EP è un bel modo, anche se un tantino troppo breve (18 minuti totali) per tornare tra noi.

I quattro brani sono uniti come in un medley (da qui il Suite One del titolo), e partono con Tall Grass: una percussione elettronica dà il via, subito doppiata da una chitarra acustica e dalla voce discorsiva di Duritz, che inizialmente sembra che parli più che cantare: poi organo e chitarre elettriche cominciano a farsi largo e lo stesso leader intona una melodia ben definita con un buon pathos (ed anche la batteria entra in azione). Un brano che si apre a poco a poco in un crescendo tipico dei nostri, pur mantenendo un tono intimista di fondo. Elevator Boots è invece una rock ballad potente e decisamente immediata, con un motivo vincente che denota un’indubbia freschezza compositiva ed un bellissimo accompagnamento classico in cui chitarre e piano formano l’ossatura del suono: non a caso è stata scelta come singolo. Con Angel Of 14th il ritmo cresce e si fa molto più sostenuto, le chitarre si mantengono al centro del suono ma la linea melodica, grazie anche ai cori sullo sfondo e ad un notevole wall of sound, fa sì che il brano assuma toni pop-rock diretti e piacevoli (e con un insolito assolo di tromba a metà canzone). La conclusiva Bobby And The Rat Kings è splendida senza mezzi termini: il riff di chitarra doppiato dal pianoforte rimanda direttamente al suono della E Street Band, Duritz intona uno dei refrain in assoluto più coinvolgenti della storia del gruppo, e le similitudini con Springsteen continuano anche nello stile di scrittura. Una canzone magnifica (sentire per credere), che purtroppo interrompe il dischetto sul più bello.

Butter Miracle Suite One è quindi un ottimo lavoro che ci fa ritrovare una band in forma nonostante la lunga assenza: speriamo almeno che il secondo volume di questo EP, disponibile solo in vinile e download arrivi entro fine anno e diventi anche un album completo in tutti i formati.

Marco Verdi

Rock Meneghino, Ma Made In California! Jaselli – Monster Moon

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Jaselli – Monster Moon – Universal Music 

Ogni tanto, dopo anni di onorata carriera ai margini della industria discografica, suonando (e cantando) sempre con passione e senza cedere ai compromessi dei talent show o alle lusinghe della lingua italiana, ma accumulando esperienza attraverso molti concerti dal vivo e qualche disco (un paio) pubblicati a livello indipendente, ti capita la botta di fortuna, di una major che “compra il pacchetto” così come è, senza precondizioni, e ti fornisce, ovviamente, le possibilità di una esposizione ben diversa da quella più “carbonara” precedente. In questo nuovo album ci sono cambiamenti evidenti rispetto ai dischi precedenti di Jack Jaselli, diciamo che dal rock elettroacustico alla Jack Johnson, Matt Costa o anche alla Ben Harper di I Need The Sea Because It Teaches Me https://www.youtube.com/watch?v=3K3olVVhiLo  e in precedenza a derive anche più funky, sporche e meticciate, si passa a questo nuovo album che unisce le varie anime, grazie alla produzione “californiana” del disco, che è stato registrato proprio a Los Angeles la scorsa estate negli studi Fonogenic di Rami Jaffee e Ran Pink (produttore di grido con i Wallflowers di Jacob Dylan, Dave Grohl, Band Of Horses, Pete Yorn).

Ovviamente il sound è diventato più rock, “lavorato”, vicino alle sonorità dei nomi citati, ma si sentono anche echi dei vecchi U2, del rock classico americano, grazie alla presenza di musicisti italiani innamorati di questo tipo di musica che suonano nel disco, Max Elli, chitarrista, arrangiatore e polistrumentista, Nik Taccori alla batteria, entrambi conosciuti da chi scrive grazie alla militanza anche nei Fargo, altra band milanese in cui opera l’amico Fabrizio Friggione, vecchio collaboratore di Jaselli, che aveva cantato a sua volta nei loro dischi (e di cui è in uscita un nuovo album http://discoclub.myblog.it/2016/06/20/fargo-nuovo-disco-invisible-violence-concerto-presentazione-al-rusty-garage-milano-il-23-giugno/?ref=HPn ). Diciamo che il disco ha un suono più “scuro”, tirato, decisamente rock, a tratti quasi da power trio (e infatti dal vivo appare ora al basso anche Chris Lavoro, sempre del giro Fargo), ma con agganci a quel rock americano mainstream che non ci si aspetterebbe da una band italiana. In effetti il fatto che si sia passati da un cantautore con gruppo al seguito ad una band, Jaselli, fatta e finita, è abbastanza palese: come dimostrano l’iniziale This City, una violenta botta di rock adrenalinico molto riffato, che potrebbe far pensare ai Foo Fighters, se non fosse per la voce potente ed espressiva di Jack, che rimanda anche al Bono degli U2 citati prima, I’m The Wolf più bluesata e con intrecci di chitarre acustiche ed elettriche, sempre pronta a scatenarsi in improvvise aperture rock, mentre Kintsukuroi è più atmosferica, raffinata, una bella ballata di “moderno” folk rock con una produzione molto complessa e ricca nei suoni e negli effetti (forse anche troppo, per i miei gusti), con un synth quasi alla PFM anni ’70.

The Road parte come un brano acustico e raccolto e poi accelera in un crescendo rock, con un lavoro ritmico eccellente di Taccori e delle chitarre di Elli, poi ribadito nella corale The End, il singolo dell’album, molto radiofonico grazie ad un refrain che rimane facilmente in testa, con Brightest Angel che rimanda al Jaselli cantautore più intimo e raccolto. Ma il rock tirato riprende il sopravvento nella chitarristica title track Monster Moon, per poi virare verso un brano quasi country-folk come la dolce One At A Time, dove una lap steel sognante quasi rimanda a Jeff Buckley; Hey Lorraine, con violino e organo aggiunti forse è di nuovo troppo “carica” di quel suono californiano attuale, un po’ di maniera, a tratti falsamente epico. My Baby è quasi una ninna nanna o una serenata elettrica e Good Goodnight una deliziosa traccia più intima con due chitarre acustiche ad incorniciare la bella voce di Jack Jaselli. Ebbene sì, sono italiani per caso, americani nel cuore e pure bravi.

Bruno Conti