“Nuovi” Dischi Live Dal Passato 2. Linda Ronstadt – Live In Hollywood

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Linda Ronstadt – Live In Hollywood – Rhino/Warner CD

Sembra quasi impossibile che un’artista dalla lunga e luminosa carriera (purtroppo interrotta da diversi anni a causa del morbo di Parkinson) come Linda Ronstadt non avesse mai pubblicato un disco dal vivo, pratica quasi obbligatoria per ogni musicista di successo negli anni settanta. E di successo Linda ne ha avuto per davvero, in quanto stiamo parlando probabilmente della cantante donna più popolare in America almeno nella seconda parte dei seventies, con diversi album e singoli andati al numero uno (e quello era ancora il periodo in cui i dischi si vendevano ed in classifica ci andavi solo se eri bravo). Questa mancanza è stata oggi in parte riparata dalla sempre benemerita Rhino con l’uscita di questo Live In Hollywood, testimonianza audio di un concerto televisivo tenuto dalla Ronstadt nell’aprile del 1980 ai Television Center Studios, ed andato in onda all’epoca per il canale via cavo HBO.

Una performance coi fiocchi, i cui nastri si pensava che fossero stati persi da anni, fino a quando il produttore e tecnico del suono John Boylan si è imbattuto quasi per caso nel classico scatolone il cui contenuto non rifletteva quanto c’era scritto all’esterno; Boylan aveva cercato per diverso tempo le bobine originali di questo show, specie dopo aver assistito ad una versione di esso uscita in un bootleg DVD di pessima qualità, ed è riuscito nel suo intento proprio quando aveva cominciato a perdere le speranze. Il risultato finale dimostra però che i suoi sforzi sono valsi a qualcosa, in quanto siamo di fronte ad una performance coi fiocchi da parte di un’artista al massimo del suo potenziale, la cui importanza si capisce ancora di più se si leggono i nomi della band stellare che l’accompagna: Danny “Kootch” Kortchmar alla chitarra, Dan Dugmore alla steel, Billy Payne (dei Little Feat) alle tastiere, Bob Glaub al basso, Russell Kunkel alla batteria, l’ex compagno di Linda negli Stone Poneys Kenny Edwards a banjo e chitarra, oltre al noto produttore Peter Asher alle percussioni e lo stesso Asher con Wendy Waldman alle voci, un gruppo di veri e propri habitué nei dischi dei musicisti che all’epoca contavano, specie in California.

Il concerto originale era durato un’ora e venti, ma per questo CD Boylan ha selezionato con l’aiuto della Ronstadt stessa le dodici performance a loro giudizio migliori (più una bonus track che però altro non è che la presentazione dei musicisti da parte di Linda), per quasi cinquanta minuti di ottimo country-pop-rock made in California, cantato e suonato alla grande, e con la ciliegina di un suono reso eccellente dalle moderne tecnologie. Si inizia con una splendida versione, puro rock californiano, di I Can’t Let Go (di Chip Taylor, come saprete la Ronstadt è sempre stata essenzialmente un’interprete), chitarre in primo piano e prestazione grintosa: Linda è in forma vocale top ed i membri della band si dimostrano subito degni della loro fama. La rilettura da parte della cantante di Tucson del classico di Buddy Holly It’s So Easy è uno dei grandi brani degli anni settanta, e quella sera Linda ne offre una versione più trascinante che mai, mentre tutti sappiamo che Willin’ dei Little Feat è un capolavoro assoluto, e la cantante la riprende con classe e maestria, guidata sapientemente dal piano liquido di Payne (che credo conoscesse la canzone piuttosto bene): interpretazione strepitosa di un brano monumentale.

La sbarazzina e solare Just One Look, un successo di Doris Troy, è un’altra grande hit di Linda, e mantiene il suo sapore anni sessanta, Blue Bayou di Roy Orbison (cantante che all’epoca non era ancora stato riscoperto), con ultimo verso cantato un spagnolo, non è esplosiva come quella di Roy, ma resta comunque una bella resa, mentre Faithless Love è una deliziosa country ballad scritta da J.D. Souther. A quell’epoca Linda aveva appena pubblicato un nuovo album, Mad Love, dal quale sono tratte la sinuosa Hurt So Bad (di Little Anthony & The Imperials), puro soft rock californiano di classe, e la roccata e coinvolgente How Do I Make You, scritta da Billy Steinberg, songwriter poco noto al grande pubblico ma responsabile, tra le altre, di vere e proprie hit come Alone delle Heart, Like A Virgin di Madonna, Eternal Flame delle Bangles e True Colors di Cyndi Lauper. Poor Poor Pitiful Me è una delle grandi canzoni di Warren Zevon, e Linda la riprende in modo vivace e ruspante, ma l’highlight del CD è una notevole versione della classica You’re No Good (Dee Dee Warwick), con una strepitosa jam finale guidata da Kortchmar che porta la durata del pezzo a sei minuti. Finale a tutto rock’n’roll con Back In The U.S.A. di Chuck Berry e con l’evergreen degli Eagles Desperado, versione lenta per sola voce e piano, cantata al solito splendidamente.

Ci sono voluti cinquant’anni per avere un disco dal vivo di Linda Ronstadt, e Live In Hollywood ha il merito di farci tornare idealmente nel bel mezzo di un periodo in cui la California, musicalmente parlando, era al centro dal mondo.

Marco Verdi