Un “Finto” Giovane E I Suoi Maturi Amici Bluesmen. Big Jon Atkinson & Bob Corritore – House Party At Big Jon’s

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Big Jon Atkinson & Bob Corritore – House Party At Big Jon’s – Delta Groove/Ird      

Questo è un disco di cosiddetto “blues old school”, non per l’età del protagonista principale, Big Jon Atkinson (di recente sentito con Kim Wilson nel tributo a Big Walter http://discoclub.myblog.it/2016/06/07/il-piccolo-volta-tocca-al-grande-walter-various-artists-blues-for-big-walter/ ), che quando è stato registrato questo disco di anni ne aveva solo 26, ed ora ne ho 28, quanto per la modalità usata nella registrazione e per il tipo di suono che si è cercato di realizzare. L’album è stato concepito nello studio casalingo di Atkinson, il Big Tone in quel di San Diego, California, da qui il titolo House Party At Big Jon’s. Quindi pochi mezzi, apparecchiature vintage atte a ricreare il sound dei dischi di blues classico, volutamente scarno e con una tecnica sonora per certi versi primordiale. E’ anche un disco multi generazionale , perché l’età dei musicisti impiegati oscilla dai meno di 30 di Atkinson ai quasi 80 di Willie Buck, fino agli 87 di Tomcat Courtney, passando per i 60 del contitolare di questo album, Bob Corritore, che di solito ultimamente partecipava a molte produzioni all stars, ma questa volta si è calato a fondo nel mood voluto da Big Jon Atkinson, che per questa registrazione ha voluto ricreare il suono dei vecchi dischi di Chicago blues degli anni ’40 e ’50, un sound volutamente crudo e vintage, in un certo senso dando vita in musica alla sua passione per il restauro, il commercio e la vendita di vecchi strumenti e amplificatori, che è quello che Atkinson fa di mestiere per vivere.

Che poi questo giovanottone abbia anche una ottima tecnica alla chitarra e una voce gagliarda e vissuta sicuramente non guasta: in effetti il nostro canta 8 dei 16 brani presenti, un misto di materiale originale e vecchi brani blues, spesso oscuri, lasciandone sette ai vocalist ospiti, oltre ai citati Buck e Courtney, anche Dave Riley e Alabama Mike. Il suono forse è fin troppo filologico, a differenza delle abituali produzioni della Delta Groove, che di solito sono caratterizzate da un sound nitido e molto presente, ma per dare ancora maggiore autenticità a questo omaggio alle radici delle dodici battute in chiave elettrica si è preferito optare per questa scelta. Quindi solo voce, due chitarre, una solista ed una ritmica, armonica ed una sezione ritmica “analogica” con vari musicisti che si alternano a seconda dei brani, sia che siano originali di Atkinson o Corritore, sia in brani di Lightnin’ Slim, She’s My Crazy Little Baby, oppure ancora brani oscuri come At The Meeting di Charles Johnson, cantata da Dave RileyMojo Hand di Lightnin’ Hopkins, cantata da Alabama Mike, tutti suonano assolutamente autentici.

Tom(cat) Courtney porta al party (scusate il bisticcio) una Mojo In My Bread che non sarebbe stata fuori posto in qualche registrazione di Muddy Waters o John Lee Hooker degli anni ’40. Corritore, in tutti i brani fa con impegno il Big o Little Walter della situazione e in Mad About It, da lui firmata, dà una dimostrazione della sua eccellente tecnica allo strumento, poi ribadita nello strumentale latineggiante El Centro, anche se poi la parte vocale è di Atkinson, perché il lo strumentista di Chicago, ma trapiantato a Phoenix, non canta neanche se gli sparano. Empty Bedroom, un vecchio brano di Sonny Boy Williamson e I’m A King Bee, forse l’unico brano famoso di questa raccolta, cantata con impeto da Willie Buck, sono altri ottimi esempi della ricreazione di un vecchio sound che si riteneva perduto. Mentre Somebody Done Changed The Lock, cantata di nuovo da Alabama Mike, si arrampica anche sugli impervi sentieri del primo B.B. King, uno slow blues di quelli torridi dove Big Jon Atkinson si impegna con ottimi risultati pure alla slide. E anche i primi due o tre brani, quelli firmati da Atkinson o Corritore, tra cui la poderosa Goin’ Back To Tennessee sono altrettanto “vissuti”.  Insomma, senza citare tutti i brani, ce n’è per tutti i gusti, soprattutto per gli amanti del “vecchio” Blues, quello con la B maiuscola, magari fin troppo integralista nel suo dipanarsi, ma sicuramente questo House Party At Big Jon’s è un eccellente disco, vecchia scuola sì, ma non ancora defunta.

Bruno Conti