Come Direbbero I Romani: E Mo’ Basta! Ci Ha Lasciato Anche Paul Kantner!

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Il Gennaio più nero della storia del rock si sta finalmente per chiudere, e dopo le premature scomparse di David Bowie e Glenn Frey (ma anche di Otis Clay e Dale Griffin), è ora purtroppo la volta di Paul Kantner, leader e fondatore di uno dei gruppi americani principali della seconda metà degli anni sessanta, ovvero i Jefferson Airplane, forse la band che più di tutte le altre è stata il simbolo della controcultura hippy e della Summer Of Love.

Paul (scomparso all’età di 74 anni per una setticemia dovuta ad un attacco cardiaco) fondò gli Airplane nel 1965 insieme a Marty Balin, ed in breve tempo (nella formazione classica con Jorma Kaukonen, Jack Casady, Spencer Dryden e la splendida vocalist Grace Slick) diede vita ad uno dei gruppi che, insieme ai Grateful Dead, meglio rappresentavano la scena musicale di San Francisco, grazie anche alla partecipazione a festival come Monterey e Woodstock, ma soprattutto con canzoni del calibro di Somebody To Love, White Rabbit, Crown Of Creation, Volunteers ed album diventati pietre miliari del periodo come Surrealistic Pillow, After Bathing At Baxter’s e Volunteers; la loro musica, un misto di rock, blues e psichedelia, unita a testi di attualità dalla forte impronta politica (e polemica), diventò presto la colonna sonora degli hippies e dei movimenti di sinistra statunitensi (anche se indubbiamente oggi certe tematiche e certe sonorità suonano un po’ più datate di altre appartenenti allo stesso periodo), con il nostro visto quasi alla stregua di un “santone acido”, parallelamente a Jerry Garcia.

Dopo uno storico e bellissimo album solista e corale del 1970 (Blows Against The Empire, un perfetto manifesto del Laurel Canyon Sound https://www.youtube.com/watch?v=ZaHNAVgVkDY , con membri degli Airplane, dei Dead, dei Quicksilver Messenger Service e degli Electric Flag, oltre a Graham Nash e David Crosby, quasi un prologo del magnifico album solo di quest’ultimo, If I Could Only Remember My Name) ed un paio di dischi, quasi altrettanto belli come Sunfighter e  Baron Von Tollbooth  in duo con la Slick, a lui sentimentalmente legata in quel periodo, Kantner sciolse gli Airplane e formò i Jefferson Starship, evoluzione della band precedente ma con un occhio più attento alle classifiche (e con un messaggio politico via via sempre più flebile). Quando però il gruppo negli anni ottanta arriverà a sfiorare il ridicolo, Kantner li lascerà obbligandoli anche a togliere il “Jefferson” dal nome.

Nel 1989, a sorpresa, un nuovo disco omonimo dei Jefferson Airplane con la formazione classica, un album assolutamente non disprezzabile e che andrebbe rivalutato; Kantner riprenderà poi in mano la sigla Jefferson Starship fino ai giorni nostri, con risultati alterni ma anche ottimi come nel caso di Jefferson’s Tree Of Liberty del 2008.

Resta il ricordo di un artista tutto di un pezzo, che ha sempre combattuto le sue battaglie con estrema coerenza e buona fede, anche se a volte poteva sembrare un sognatore un po’ fuori dal suo tempo: vorrei ricordarlo con una delle mie canzoni preferite degli anni settanta (in assoluto), un brano tratto da un album abbastanza dimenticato intitolato Baron Von Toolbooth And The Chrome Nun ed accreditato a Kantner con Grace Slick e David Freiberg e dedicato alla figlia di Paul e Grace.

So Long Paul, sia che tu ci guardi dal tuo Airplane o dalla tua Starship.

Marco Verdi