Un Disco Del Cactus – Ultra Sonic Boogie 1971

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Oggi non ho fatto in tempo a preparare un nuovo post, sto “studiando” il nuovo bellissimo Darden Smith Marathon, ma non era pronto, per cui vi propongo, in anteprima, una delle mie recensioni per il prossimo numero del Busca, a gratis!

CACTUS

Ultra Sonic Boogie 1971

Purple Pyramid Records

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I Cactus erano stati definiti i Led Zeppelin americani (per la verità si erano autodefiniti così, ancora oggi il loro sito recita Cactus – The American Led Zeppelin): non erano così bravi ma sono stati sicuramente una delle bands più valide dell’hard rock blues dei primi anni ’70.

La formazione, a fine 1969, avrebbe dovuto comprendere Jeff Beck alla chitarra, Rod Stewart alla voce e la sezione ritmica dei Vanilla Fudge, Tim Bogert e Carmine Appice. Poi l’incidente automobilistico di Beck e la susseguente nascita dei Faces di Rod Stewart bloccarono il tutto sul nascere e quella sarebbe stata una formaziocina mica da ridere che avrebbe dato del filo da torcere anche ai Led Zeppelin (la rivalità tra Beck e Page in quegli anni era accesissima). A questo punto Bogert e Appice si sono guardati intorno e hanno scelto Rusty Day, cantante e armonicista che veniva dagli Amboy Dukes di Ted Nugent e il chitarrista Jim McCarthy, il meno conosciuto, che però aveva suonato nei Detroit Wheels di Mitch Ryder e con Buddy Miles. Una formazione più che rispettabile che ha registrato tre ottimi album, Cactus, One Way…Or Another e Restrictions, ha partecipato a molti festival dell’epoca e alla fine del 1971 si è disintegrata consentendo a Bogert e Appice di riunirsi con Jeff Beck.

In quel breve periodo la loro esplosiva miscela di blues, hard rock e una sezione ritmica eccezionale ha permesso loro di avere un buon successo di pubblico e critica e di essere ricordati ancora oggi con piacere dagli appassionati di rock. Qui siamo ad uno show radiofonico alla WLIR di Long Island, per promuovere il nuovo album Restrictions che sarebbe uscito nel novembre del 1971, viene organizzato un concerto ad inviti con il pubblico formato da amici del gruppo agli Ultra Sound Studio a due passi da dove abitavano all’epoca. Quindi atmosfera informale e super rilassata con i musicisti liberi di improvvisare senza problemi in un ambiente che ben conoscevano visto che erano gli studi dove avevano registrato il primo album. Dopo la messa in onda dello show in radio, i nastri originali, come spesso succede, si erano persi nella notte dei tempi e sono stati ritrovati solo recentemente e ora vedono la luce a livello ufficiale.

Qualità sonora più che accettabile e ottimo concerto: 8 brani piuttosto lunghi ed improvvisati con qualche concessione di troppo ad una certo autoreferenzialismo. Per intenderci l’iniziale Evil scorre gagliarda e poderosa tra la voce potente e sorprendentemente efficace (non me la ricordavo così) di Rusty Day e i virtuosismi chitarristici di Jim McCarthy che non hanno nulla da invidiare a quelli dei colleghi del tempo, la sezione ritmica è fantastica con il basso di Bogert e la batteria strabordante di Carmine Appice a legare il tutto, poi dopo 5 o 6 minuti di veemente rock blues scatta l’assolo di batteria che allora era quasi indispensabile e oggi quasi impensabile. Una lunga e rilassata introduzione di Day(sospettosamente troppo rilassata, cosa si era fumato?) ci introduce a Bro.Bill un brano bluesato che faceva parte del primo omonimo album e che suona molto simile alle varie versioni di Spoonful che giravano all’epoca con l’armonica di Day che si aggiunge alla chitarra di McCarthy come strumento solista.

Oleo con la sua introduzione di armonica e il ritmo boogie ricorda molto il groove dei Canned Heat un’altra della grandi band che all’epoca rinverdivano l’epopea del Blues-rock, Jim McCarthy è in grado di passare con disinvoltura anche ad un ottimo stile slide per il suo lungo assolo e il tutto dura quegli 11 minuti, tempo minimo per riscaldarsi.

No Need To Worry era uno dei loro cavalli di battaglia, uno slow blues acido e tiratissimo con una lunga introduzione chitarristica che poi si dipana con grande perizia tecnica per quei 14 minuti che occorrono.

Taken’ Chokin’ l’unico brano sotto i quattro minuti, era il singolo dell’epoca, con la particolarità di Carmine Appice che passa alla chitarra ma è l’unico particolare memorabile del brano. Big mama boogie, un nome un programma è l’ultimo brano del programma e viene diviso addirittura in tre parti, I-II e Outro per un totale di una dozzina di minuti, l’armonica di Day sparisce a momenti nel mixaggio del disco per probabili problemi tecnici ma gli altri per compensare ci danno dentro alla grande.

Un onesto documento sonoro di una ottima band al picco della loro carriera e non ho neppure detto che era un disco del Cactus!

Bruno Conti

Un Disco Del Cactus – Ultra Sonic Boogie 1971ultima modifica: 2010-09-14T17:52:00+02:00da bruno_conti
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