Genio O Non Genio? Sufjan Stevens. The Age Of Adz

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Sufjan Stevens – Tha Age Of Adz – Asthmatic Kitty 12-10-2010

E’ subito tornato alle “cattive abitudini”: non è passato nemmeno un mese dall’uscita di un EP che durava più di un’ora ed eccolo di nuovo in pista con un intero album. Quindi la minacciata idea del ritiro è stata subito ritirata (scusate il bisticcio di parole voluto), un poco come è stato per la “serie completa” sugli stati americani, ma Sufjan Stevens bisogna prenderlo com’è, un’artista vecchio stampo di quelli che una ne pensano e cento ne fanno.

Non so se sià un genio, nell’ambito artistico e nella musica in particolare, ma lo è sicuramente a livello artigianale, come dicevo nel Post relativo all’EP forse non è uno dei Grandi della musica, né mai lo sarà però è uno che dà delle soddisfazioni all’ascoltatore, uno che ogni volta ti sorprende.

Una volta fa del rock alternativo (con spruzzate di Canterbury Sound anche se non le ho mai viste rilevate), un’altra volta è musicista folk con tendenze alla Nick Drake e il momento successivo si dedica alla classica d’avanguardia (qui meno bene, devo dire), ricordandosi sempre che il campo dove eccelle è la musica Pop (sia pure con la P maiuscola).

Questa volta si è dato alla musica elettronica (uhm!): undici pezzi per una durata totale di poco superiore ai 75 minuti, e qui concordo parzialmente con alcuni dei suoi detrattori, non sempre è facile ascoltare i suoi dischi tutti d’un fiato, alcune volte devi prenderti delle pause, ascoltarli a rate e assimilarne i contenuti un po’ alla volta ma, di solito, alla fine, rimani soddisfatto.

Premessa, non sono un appassionato di “Elettronica e dintorni” ma ascolto (come avrete avuto occasione di notare, leggendo questo Blog) un po’ di tutto, basta che sia musica buona e quindi questa volta potrei essere un tantino parziale.

Comunque l’album inizia con un breve sketch acustico Futile Devices, una piccola gemma acustica che lo riporta alle sonorità folk di Seven Swans e di alcuni brani dell’EP e che lo avvicinano almeno idealmente al grande Nick Drake. Ma di là in avanti, come di consueto, è il festival dell’eccesso, questa volta in chiave elettronica: Too Much potrebbe essere il titolo programmatico dell’opera, sintetizzatori in deliranti blip, percussioni elettroniche in libertà, la voce flirtatissima, fiati e archi sintetici e non, cori di più voci ripetuti ma sotto sotto è ancora pop music.

La successiva The Age of Adz (si pronuncia odds, in onore della figura dell’artista schizofrenico Royal Robertson una opera del quale è riportata in copertina, ma l’adz è anche lo strumento con cui si scolpisce il legno) ancora una volta torna ad un tema caro a Sufjan Stevens, l’Apocalisse messa in musica, e allora vai con orchestrazioni massicce, fiati in libertà, tastiere a iosa, eco e riverbero dispensati senza risparmio sulla voce dell’autore, qualcuno ha rivelato una analogia con i Radiohead di Kid A. I walked parte con delle percussioni elettroniche in libertà ma in fondo si tratta di una bella pop song con il falsetto di Stevens ancora una volta in evidenza, rivestito di mille orpelli sonori ma è lui.

Now I’m Older vede il ritorno di un pianoforte acustico e di nuovo questi coretti paradisiaci costruiti in studio con la probabile sovrapposizione di molte voci (anche femminili, credo ci sia la sua collaboratrice abituale Annie Erin Clark, ovvero St. Vincent alle voci, chitarre e tastiere varie mentre Shara Worden (My Brightest Diamond) è in pausa maternità), comunque il risultato finale è un brano molto bello che irradia serena maestosità.

Insomma ci siamo capiti, per non stare a citare tutti i brani, il suono è quello abituale di Stevens, virato in elettronica ma con i consueti arrangiamenti vocali e strumentali molto complessi come in Get Real, Get Right che mi ha ricordato una volta di più il Canterbury Sound di Caravan & Co (quella voce in falsetto che ricorda Pye Hastings e Robert Wyatt aiuta)!

Ma essendo Egli quella personcina che tanto ci piace si congeda da noi con un ultimo brano Impossible Soul che valica il limite dei 25 minuti, ben oltre la durata di una facciata dei vecchi vinili (ma non per il suo predecessore Todd Rundgren che riusciva a farle durare anche delle belle mezz’ore come in Initiation): e qui ritornano quegli assoli di chitarra spaziali, unici che già avevano caratterizzato i lunghi brani di All Delighted People e si uniscono all’elettronica predominante di questo album, che nel suo brano conclusivo si riappropria anche di sonorità più vicine alla sua produzione precedente, percussioni più ricercate, tastiere analogiche, i soliti fiati, anche una bella tromba, un cantato molto avvolgente ben supportato da altre voci (con una voce femminile, la Clark?, che ha ampio spazio nella parte centrale) che rafforzano quella di Sufjan Stevens. Mi ripeto un tantinello lunghetto ma affascinante, come l’album che lo accoglie.

Un paio di notazioni finali: l’uso del vocoder lo poteva lasciare a Cher e Snoop Dogg (in un solo brano per fortuna) e l’autocitazione del coro che esorta ripetutamente”Sufjan Stevens, Sufjan Stevens” nel testo di Vesuvius ha il tocco del genio, piccolo ma geniale particolare.

Come al solito, su NPR lo potete ascoltare in streaming nella sua interezza e farvi un’idea da soli story.php?storyId=130049247.

Bruno Conti

Genio O Non Genio? Sufjan Stevens. The Age Of Adzultima modifica: 2010-10-01T18:21:00+02:00da bruno_conti
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