Vecchie Glorie 13. Cactus – An Evening In Tokyo

cactus an evening in tokyo

Nuovo capitolo della “sottocategoria” Vecchie Glorie. Sarebbe il numero 13 (anche se mi sono accorto di avere fatto due numeri 12 e due spinoff “vecchie glorie sempre in forma”): la rubrica, come i più attenti avranno notato, non tratta di ristampe o materiale d’archivio, ma di gruppi e solisti storici che si ripresentano sul mercato, più o meno nelle formazioni originali, salvo assenti giustificati perché ci hanno lasciato, con nuovi dischi o, in ogni caso, dischi in concerto, incisi in tempi recenti. I Cactus sono un caso emblematico, in quanto Carmine Appice https://www.youtube.com/watch?v=2zhuZgkDH5I  ha firmato un contratto di distribuzione con la Cleopatra Records del materiale pubblicato dalla sua Rocker Records, quindi, oltre al CD di cui state per leggere, stanno per uscire o sono usciti, un altro TKO Tokyo, Live In Japan (che sarà il prossimo a venire recensito), un Live In USA, oltre a Tim Bogert Carmine Appice Friends, questo in studio e Travers & Appice Live In Concert.

appice cactus vari

Diciamo che il “problema” dei Live dei Cactus è che i brani sono pù o meno sempre quelli, ma anche loro, come Allman, Grateful Dead, Phish e Co. vogliono dare fondo agli archivi, anche se non è proprio la stessa cosa. Partiamo con questo comunque.

Cactus – An Evening In Tokyo – Purple Pyramid/Cleopatra

Torniamo quasi agli albori della musica rock, seconda metà anni ’60, in quel di New York, una cinquantina di anni fa, nascono i Vanilla Fudge, un gruppo popolarissimo nell’America di quegli anni, non dimentichiamo che i Led Zeppelin furono il loro opening act in quel periodo dorato. Ma già nel 1969 le cose cominciavano a scricchiolare nel gruppo e Tim Bogert e Carmine Appice, la sezione ritmica, se ne volevano andare per formare un gruppo con Jeff Beck. All’epoca non fu possibile per un incidente che tenne Beck lontano dalle scene per circa un anno e mezzo (ma poi Beck, Bogert & Appice si sarebbero fatti) e quindi i due unirono le forze con Jim McCarthy, il chitarrista dei Detroit Wheels di Mitch Ryder e del Buddy Miles Express e con Rusty Day, che era il cantante degli Amboy Dukes di Ted Nugent (poi assassinato nel 1982 in un caso che coinvolgeva anche la droga, a tutt’oggi irrisolto e ancora aperto, parliamo di Day ovviamente). La band non partecipò a Woodstock, ma all’isola di Wight c’erano, registrò tre dischi con la formazione originale (e un quarto dove non c’erano Day e McCarthy). Fautori del classico hard-rock-blues che imperava all’epoca, forse non furono memorabili come i Vanilla Fudge, ma soprattutto il primo album rimane notevole.

carmineappice721

A questo punto procuratevi un mangianastri o un registratore a cassette (se non lo avete, chiedete a Quentin Tarantino, che pare ne abbia una collezione), schiacciate il tasto fast forward e fatevi proiettare negli anni 2000, giugno 2006 per la precisione, quando si riuniscono tre dei membri originali (uno, per i motivi di cui sopra non poté esserci), McCarthy, Bogert & Appice, con tale Jimmy Kunes, presentato come cantante dei Savoy Brown, dove peraltro fece solo una fugace apparizione nel 1986 e Randy Pratt, altro carneade, ma bravo, all’armonica https://www.youtube.com/watch?v=fuEPkeOg9rM . Da allora, a periodi alterni, come le targhe, si riformano sia i Vanilla Fudge che i Cactus, manca Tim Bogert, nel frattempo si è ritirato dalle scene e il bassista, in entrambe le formazioni, è diventato Pete Bremy. Non aspettatevi il vigore e la forza del gruppo originale, ben documentata anche dal live del 1971 Ultra Sonic Boogie, pubblicata sempre dai tipi della Purple Pyramid/Cleopatra e recensita su queste pagine virtuali dal vostro fedele, all’incirca quattro anni http://discoclub.myblog.it/2010/09/14/un-disco-del-cactus-ultra-sonic-boogie-1971/ , però … Saltate ancora nel tempo, dicembre 2012, Tokyo: il repertorio è per certi versi differente, visto che in quel caso il concerto radiofonico promuoveva l’album Restrictions, di prossima uscita, ma un paio dei “classici” sono in comune. A partire da una chilometrica Evil, con Appice e McCarthy ancora in gran forma, che fanno i numeri ai rispettivi strumenti, soprattutto Appice, un vero martello, Kunes, che è una sorta di piccolo Plant, con i dovuti distinguo, qualche forzatura di troppo, ma comunque in possesso di una voce notevole, ben utilizzata nella band https://www.youtube.com/watch?v=vDN0jlFSrqg , e poi Bro.Bill, il solito blues-rock molto tirato e cadenzato che ci permette di apprezzare l’armonica di Pratt e la chitarra di McCarthy, ma poco altro.

Cactus_Band_(2012)

Il resto viene dal repertorio del gruppo: Swim, un boogie rock ancora molto zeppeliniano, presente come Let Me Swim nel disco d’esordio, One Way…Or Another, che era la title-track del secondo album, altro lungo tour de force in salsa hard-rock che ci permette di gustare l’impatto d’assieme dei Cactus e le evoluzioni dei vari solisti https://www.youtube.com/watch?v=rsUs_S260-s . You Can’t Judge A Book By His Cover è la loro rilettura in chiave diciamo “molto energica” dello standard blues a firma Willie Dixon, altro brano che si avvicina di dieci minuti di durata, ma questo si aspettano i fan del genere, grezzo pur se efficace, con un bel call and response tra chitarra ed armonica. Alaska era su Restrictions e ci permette di godere il gruppo in un mood più rilassato e di classe, prima di approdare alle evoluzioni più psych e spaziali di una Electric Blue, che come la successiva Muscle And Soul, molto riff’n’roll, viene da Cactus V, il disco registrato nel 2006 dalla versione a guida Kunes dei Cactus, entrambe un po’ manieristiche, con tutti i clichés del genere, ma comunque godibili. Di Evil abbiamo già detto, manca all’appello il loro brano forse più celebre, la versione tiratissima di Parchman Farm, scritta da Mose Allison e che risentita ai giorni nostri ha sempre un gran bel tiro. Per concludere ancora gli oltre dieci minuti di Rock n’ Roll Children, nuovamente molto bluesata, ovviamente a modo loro, che si lascia apprezzare non solo per la grinta ma anche per il virtuosismo del gruppo, ovvero picchiano ma con classe, discorso che vale per tutto il disco.

Bruno Conti