Tanto Rumore Per Nulla. Griffin House – The Learner

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Griffin House – The Learner – Nettwerk/self

Griffin House ha un cognome che evoca antiche magioni in un racconto di Edgar Allan Poe o Alfred Van Vogt ma in effetti è un ragazzone americano di trent’anni col passato universitario da sportivo che ha avuto il torto, senza colpa, di piacere a Bill Flanagan (il grande giornalista musicale americano che ha fondato la rivista Musician, l’emittente televisiva VH1 e scritto il bellissimo libro di interviste Scritto Nell’Anima, quindi uno che se ne intende): Flanagan si è recato ad un concerto di Griffin House a New York e intrigato da quanto ascoltato ha acquistato il suo CD e ha dichiarato, che dopo averlo portato a casa, lo ha ascoltato almeno 20 volte di seguito nel weekend successivo. Ma questo accadeva nel 2004 in occasione dell’uscita del disco Lost And Found (il suo terzo disco) e come tutte le leggende metropolitane gli è rimasta attaccata addosso. Ad ogni nuova uscita ( e siamo al settimo album più un paio di EP e una raccolta di B-Sides simpaticamente intitolata 42 minuti e mezzo con Griffin House, a dimostrazione del fatto che il nostro amico ha il senso dell’umorismo sviluppato), nel comunicato stampa che segue questo fatto di Bill Flanagan viene sempre citato anche se probabilmente sia il giornalista che House se ne sono dimenticati e come una iattura pesa sul disco in questione, tutti pronti a giudicarlo come se si trattasse del Nuovo Salvatore della musica rock.

In effetti Griffin House continua a proporre la sua musica, piacevole e solare, con echi del rock californiano degli anni ’70 (e in particolare il Jackson Browne più disincantato è una fonte di ispirazione) ma anche Tom Petty dal cui gruppo aveva preso in prestito Mike Campbell e Benmont Tench per il precedente Flying Upside Down e che cita anche all’interno di un brano “Se fossi abbastanza Tom Petty ti scriverei una canzone”, evidentemente si cucca di più! Amenità a parte questo nuovo The Learner, come al solito pubblicato dalla sua etichetta Evening Records tramite la Nettwerk, alterna ballate meditate a briosi brani country e rock come nell’iniziale If You Want To (quella che cita Petty) e che ricorda nella sua melodia ariosa il citato Browne ma anche gli Eagles degli inizi.

Anche River City Lights con le deliziose armonie vocali di Alison Krauss va catalogata nel reparto belle canzoni, ancora profumata di country e canzone d’autore.

Bella anche la versione “solo” sul bus. watch?v=EbvR2WDHdPo

Non male anche Standing At The Station con il suo incipit trés chic cantato in francese che poi diventa una galoppante rock song ancora molto anni ’70, Fleetwood Mac /Lindsay Buckingham le coordinate sonore.

Just Another Guy anche a livello vocale mi ricorda i Blue Rodeo più easy ed immediati, mentre She Likes Girls (ma lo dichiara già dal titolo) gli ha attirato gli strali dei critici seriosi che non sanno dove sta di casa l’ironia: “I’ve got a girlfriend and she does too” in inglese è più sfumato dell’italiano “mi piacciono le ragazze e piacciono anche a lei”, ma è in effetti una piccola furbata per un brano che ha velleità radiofoniche con il suo ritmo forsennato molto pop & beat anni ’60, divertente e trascinante con le chitarre che ci danno dentro alla grande. Quando i tempi rallentano come nella delicata Never Hide potrebbe essere una sorta di “fratello perduto” dell’altro Jacksoniano (nel senso di Browne) Ron Sexsmith, ma anche Chris Isaak viene in mente, con quell’arrangiamento di archi e la chitarra con riverbero.

Rule The World è una variazione sul tema del brano precedente, delicata e soffusa con un raffinato sottofondo di percussioni e un cantato molto sentito di Griffin House. Gotta get out dalle sonorità più pop si avvicina al sound, che so dei Crowded House (o i già citati Blue Rodeo), con quel coretto femminile vagamente soul, una elettrica appena sfiorata e un’aria leggerina che non dispiace. watch?v=gFCC5wDen4Q

Feels So Right, molto tompettyana, ha un drive irresistible, con il falsetto di House, una spruzzatina di fiati e la band che estrae un bel intermezzo strumentale nella parte centrale che ti fa muovere il piedino con gusto, power pop rules.

Let My People Go è bellissima, un evocativo brano in crescendo che narra il viaggio dei primi coloni verso il Nord America, cantato con grande trasporto e musicalmente molto raffinata e coinvolgente, una piccola gemma di delicati equlibri sonori.

In Native lascia libero ancora una volta il Jackson Browne che è in lui con lusinghieri risultati mentre nella conclusiva Coming Down The Road con il suo attacco alla U2 degli anni d’oro quando facevano musica che valeva la pena di ascoltare (non mandatemi insulti nei commenti ma, è un parere personale, a me piacevano di più quelli di una volta, sbaglierò), crea un’altra bella costruzione sonora che non avrebbe sfigurato su Joshua Tree, altro brano sopra la media.

Sapete una cosa, non sarà un genio, sarà derivativo nella sua musica, ma a me, questo Griffin House, mi piace.

Bruno Conti

Tanto Rumore Per Nulla. Griffin House – The Learnerultima modifica: 2010-09-05T19:19:00+02:00da bruno_conti
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