Un Rocker “Inglese” Di Casa A New York! James Maddock – Live At Daryl’s House

James maddock live at daryl's house

James Maddock – Live At Daryl’s House – Casa Del Fuego Music

James Michael Alexander Maddock, rocker e songwriter di Leicester (città diventata famosa per la squadra di calcio locale diventata campione d’Inghilterra), è un ospite abituale di questo blog (in quanto le uscite precedenti sono state spesso recensite puntualmente dall’amico Bruno http://discoclub.myblog.it/2016/09/03/bella-gita-italiana-james-maddock-amici-jimmyimmy-with-alex-valle-live-italia/ ), ma da tempo si era trasferito a New York (tanto per cambiare per amore della sua compagna). Questo Live At Daryl’s House uscito in edizione molto limitata (e precisiamo subito, in teoria, acquistabile solo ai suoi concerti o sul suo sito), lo vede questa volta salire sul palco accompagnato dalla sua solida band, composta da Aaron Comess degli Spin Doctors alla batteria, Jason Darling alle chitarre, Drew Mortali al basso, Ben Stivers alle tastiere, per circa sessanta minuti di ottima musica, un concerto dove il buon James Maddock snocciola il meglio del suo repertorio.

La struttura del concerto pesca a piene mani dagli ultimi album, e l’iniziale Rag Doll (tratta da The Green) è la granitica conferma, canzone a cui fanno seguito l’ammiccante Change e un bel brano roots-rock come Another Life, mentre Step Into The Water è armoniosa e pure con un piglio lievemente soul. Con una dolce Better On My Own arriva la prima ballata della serata, con un delizioso lavoro al pianoforte di Ben Stivers, per poi passare all’andamento dolecemente dance-soul di una sorprendente Driving Around, cambiare nuovamente ritmo con la commovente My Old Neighborhodd, riletta in chiave acustica e cantata con voce sofferta da Maddock, prima di avvilupparci con una trascinante Beautiful Now, brano firmato a quattro mani con Mike Scott dei mai dimenticati Waterboys. Ci si avvia alla parte finale del concerto, prima con la gradevole e leggera I’ve Been There Too, poi con una delicata e sussurrata Mr. Universe, e andare a chiudere con una delle “perle” del suo “songbook” più recente, la bellissima Wake Up And Dream, introdotta dall’armonica e nel suo percorso accompagnata da un importante lavoro delle tastiere, senza dimenticare le note lancinanti della “slide” di Jason Darling. Sipario e applausi!

Questo eccellente Live At Daryl’s House, ha tutte le ragioni di far parte del vostro scaffale (se trovate ancora posto), in quanto la voce roca e strozzata, ma assai coinvolgente ( e che tanti suoi più famosi e celebrati colleghi non si possono permettere) è certamente uno dei punti di forza di James Maddock, e, per chi scrive, la dimensione live (soprattutto quando supportato dalla notevole band che l’accompagna), tende ad esaltarla, come era stato nel precedente Live At Rockwood Music Hall (11).

Chi lo conosce e lo segue, sa che questo rocker anglo-americano è stato adottato dalle nostre parti, come era successo in precedenza per altri artisti, tra i quali ricorderei Elliott Murphy, Willie Nile (i più noti), e Jono Manson, Bocephus King  (tra i “meno noti”), e  certamente non sarà il futuro del rock’n’roll, ma il suo talento, la sua voce e le sue canzoni lo certificano un autore d’altri tempi, in grado di ridestare emozioni degne dei grandi del passato. Chapeau.!

Tino Montanari

Una Bella Gita Italiana Per James Maddock E Amici. Jimmy/Immy With Alex Valle – Live In Italia

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James Maddock/David Immergluck – Jimmy/Immy With Alex Valle Live In Itallia – Appaloosa/IRD

James Maddock è in possesso di una voce prodigiosa, roca e vissuta, tenera e maschia, anche romantica, una via di mezzo tra il vecchio Rod Stewart e Steve Forbert, con dei tocchi alla Springsteen, scrive canzoni magnifiche ed è in grado di incantare le platee nei suoi concerti dal vivo. Dovrebbe essere uno dei cantautori più conosciuti del mondo, dovrebbe … Ma nonostante tutto è uno degli esempi più eclatanti del cantante di culto, “beautiful losers” si chiamano in inglese, e in effetti lui è pure belloccio. Ha pubblicato quattro album di studio, tre bellissimi, e uno, The Green, che mi non ha convinto per l’uso in alcuni brani di un sound anni ’80, molto carico, francamente fuori posto con la sua musica, più due dischi dal vivo, Live At Rockwood Music, quello elettrico con band, addirittura splendido nella sua travolgente musicalità, ed un altro acustico, registrato nel 2010 e pubblicato nel 2012, sempre nello stesso locale di New York (sua città di adozione, lui inglese andato in America per amore), uscito come Jimmy/Immy, ovvero James Maddock e David Immergluck, il chitarrista e mandolinista dei Counting Crows, un passato con Camper Van Beethoven e Cracker, ma anche con John Hiatt, Sheryl Crow e con chiunque abbia bisogno di un musicista dal tocco sopraffino.

Lo confesso, io preferisco Maddock in versione elettrica con il gruppo, ma devo anche ammettere che questo Live In Italia è un disco di notevole spessore, registrato con grande passione, tra il Folk Club di Torino e All’Una E Trentacinque di Cantù, undici canzoni, nessuna che si sovrappone con il precedente Jimmy/Immy, e questa volta anche con l’aggiunta del bravissimo Alex Valle, chitarrista storico di De Gregori e di molti altri, lui pure in grado di creare, con gli altri due, un tappeto strumentale in grado di farci dimenticare che stiamo ascoltando il disco di un trio acustico, tanto il suono è avvolgente e ricco di mille sfumature, con la voce di James Maddock in grado di stregare un pubblico che ascolta quasi incredulo un cantante ed autore così bravo e completo. Tra chitarre acustiche, slide, il mandolino di Immergluck e la voce magnetica di James, siamo catapultati in una serie di canzoni una più bella dell’altra, dove poesia, melodie indimenticabili e grinta vocale si fondono in ballate metropolitane, canzoni d’amore, momenti intimi ed altri più estroversi, per creare una perfetta simbiosi con il pubblico, una dote che non tutti posseggono. Ed ecco quindi scorrere brani da tutti gli album di Maddock: l’apertura è con una intensa Stella’s Driving, un pezzo splendido (ma non ce ne sono di scarsi) tratto da Wake And Up Dream, uno dei più springsteeniani del suo repertorio, con il mandolino di Immergluck e il dobro di Valle, oltre all’acustica e alla voce di James che incantano per l’atmosfera intima che riescono a creare sul palco.

La mossa Another Life, title-track del suo terzo album, con mandolino e dobro danzanti sembra quasi un brano estratto da Every Picture Tells A Story, ai tempi in cui Rod Stewart faceva dei bellissimi dischi. Sempre dallo stesso album, What Have I Done?,  con un intricato lavoro dei vari strumenti a corda impiegati, ha il fascino del folk più raffinato, con le armonie vocali, anche degli altri musicisti sul palco, che evocano reminiscenze quasi alla CSN. Better On My Own sempre da Another Life, è un altro pezzo che anche in questa veste acustica non perde il fascino dell’originale, belli di nuovo i coretti. Per completare la sequenza dal terzo album, una versione quasi sospesa e raccolta della splendida e penetrante melodia di Leicestershire Mist. Once There Was a Boy pt.1, era uno dei brani che meno risentiva degli arrangiamenti troppo carichi di The Green, ma nella dimensione Live acquista la giusta prospettiva, con una lunga introduzione strumentale veramente magnifica e anche Rag Doll, migliora di molto rispetto alla versione in studio, sempre esuberante ma più raffinata, con My Old Neighborhood, sempre da quel disco, che di nuovo evidenzia paralleli con lo Springsteen più romantico e confidenziale. Keep Your Dream,di nuovo da Wake Up And Dream, è un bel valzerone tenero ed appassionato, senza essere sdolcinato, e ricorda di nuovo il Rod The Mod dei bei tempi che furono, con il mandolino di Immergluck a sottolineare con brio le evoluzioni vocali di Maddock. E per congedarsi dal pubblico una Once There Was A Boy pt.2, che su disco era carica di troppi archi ridondanti e nella dimensione live, grazie al raffinato arrangiamento degli strumenti a corda acquista una nuova dimensione più malinconica e appassionata. Se non potete vederlo dal vivo acquistate il CD, l’ideale sarebbe entrambe le cose, merita!

Bruno Conti