Bastardi Senza Cuore Ma Ricchi di “Voce” E Grinta – Heartless Bastards – Arrow

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Heartless Bastards – Arrow – Partisan Records 2012

Quando un tempo si usava ancora catalogare (e non era una scienza esatta) i dischi secondo i generi che proponevano questo Arrow sarebbe finito nella categoria “File Under Rock”, senza tanti sottogeneri e sottili distinguo ma, oggi, nei tempi dell’alternative e dell’indie rock che più che un genere indicano una attitudine o una appartenenza virtuale, gli Heartless Bastards, per chi scrive, fanno rock, solo rock, fortissimamente rock, perlopiù, anzi totalmente chitarristico.

Già il fatto di avere come frontwoman una come Erika Wennerstrom, una ragazza con una voce stentorea e potente come nel rock classico dei tempi passati (e di voci femminili che sapessero coniugare rock così bene ce ne sono state poche anche in passato), non è particolare da poco: il gruppo che ruota intorno a lei e che prende il nome da una risposta errata ad un quiz musicale “Il nome del gruppo che suona con Tom Petty?”, è solido e grintoso, chitarra, basso e batteria e la seconda chitarra della stessa Erika, senza fronzoli ma capaci anche di raffinatezza quando serve.

Prendete il brano di apertura, Marathon, che potrebbe fuorviarvi, una sorta di ninna ninna a tempo di valzer con gli strumenti accarrezzati e la voce che sembra, apparentemente, fragile e delicata ma in realtà è raffinata e appassionata e se vi fermaste lì nell’ascolto poi non potreste apprezzare i restanti 50 minuti di solido rock and roll che seguono, dal rock stradaiolo e riffaiolo di Parted Ways con il suo impasto di acustiche ed elettriche e gli interventi puntuali della solista che arriva insinuante e ricorrente nelle pieghe sudiste del brano e il finale con la voce della Wennestrom e il gruppo tutto in estasi rock. O il brano-proclama Got To Have Rock and Roll dalle cadenze glam con il sound del Bowie o dei Mott The Hoople dei tempi che furono nel cuore (che quindi c’è ma non si vede) e le chitarre ruggenti come si conviene, ma stemperate da quei coretti malandrini e dall’ugola “infiammata” della nostra amica.

Only For You è una ballata mid-tempo con una chitarra dal sapore country & Twangy e i vocalizzi in falsetto della brava Erika in grande evidenza, dolce ma sempre con il cuore di acciaio. Simple feeling è nuovamente rock all’ennesima potenza con chitarre e voce (e una batteria insinuante) che si disputano il predominio sulla dinamica del brano mentre Skin and Bone con chitarre acustiche a cascata e le percussioni che si uniscono al basso rotolante forse segnala l’influenza del produttore Jim Eno degli Spoon (batterista lui stesso).

La lunga The Arrow Killed The Beast tra country epico e psichedelia moderna potrebbe segnalare punti di contatto con la collega Jesse Sykes, un’altra che sa trattare la materia con classe. Late In The Night contiene altri quattro minuti di meraviglioso rock and roll classico, duro e puro e non adulterato da menate mentali solo chitarre che sfrecciano e la voce “in coppa” al tutto. Low Low Low è country folk blues tanto per mostrare che sanno maneggiare anche questo stile, che è comunque nel loro DNA.

Vi confesso che quando è partita Down In The Canyon ho controllato il lettore: questo brano dei Black Sabbath non me lo ricordo, su che album è? Forse non c’entra con il resto dell’album ma è una canzone ricca di pathos come quelle cavalcate improvvise elettriche di Neil Young con i suoi Crazy Horse. Non avranno la stessa classe però posso confermare che saranno “bastardi” ma “senza cuore” no!

Un’altra piacevole scoperta. Vengono da Cincinnati, Ohio ma l’album è stato registrato a Austin, Texas (hanno anche partecipato a una memorabile puntata di Austin City Limits con gli Avett Brothers). Dimenticavo, questo è il loro quarto album, il migliore!

Bruno Conti