Solo Del Sano Buon Vecchio Rock! Howlin Rain – The Russian Wilds

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Howlin Rain – The Russian Wilds – Birdman/American Recordings

Gli Howlin Rain sono la creatura di Ethan Miller, nati come coma una costola, uno spin-off, rispetto ai più psichedelici e sperimentali Comets On Fire ne hanno decretato in un certo senso la fine, visto che dopo Avatar del 2006 questi ultimi non hanno più pubblicato nulla (ma mai dire mai). In pratica non è cambiato moltissimo, chitarre, chitarre e ancora chitarre, ma anche un po’ di organo se è per quello (abbondante), le atmosfere si sono spostate decisamente verso il rock anni ’70, quello hard ma di qualità tralasciando i sixties, e godendo della fiducia (e dei mezzi) di Rick Rubin (guardate le barbe, sembrano gemelli separati alla nascita Miller e Rubin) che veste i panni del produttore esecutivo (che non si sa mai cosa vuol dire) hanno affinato il loro sound affidandosi in una co-produzione all’ingegnere del suono Tim Green che ha contribuito ad un sound più netto e definito, ricco di echi del passato ma che si avvale delle attuali tecniche di registrazione.

Ma non sembra, ossia il disco potrebbero averlo fatto i Led Zeppelin o i Black Sabbath o dei Little Feat meno raffinati ma anche gli Humble Pie di Steve Marriott e quindi il risultato finale di questo The Russian Wilds suona molto simile (ma diverso) rispetto ad altri retro-rockisti come i Black Crowes, sono i classici dieci brani (più un breve interludio) per un’ora abbondante di musica, con Ethan Miller e il suo socio alla chitarra solista Isaiah Mitchell, in prestito dagli Earthless, che danno sfogo al meglio di quello che hanno imparato dalle collezioni di dischi dei loro genitori, lasciando spazio anche alle tastiere, organo, mellotron e qualche synth d’annata e se serve alla terza chitarra di Joel Robinow. Viene dato spazio abbondante anche all’uso di intricate armonie vocali e Ethan Miller rispetto al precedente Magnificent Fiend è notevolmente migliorato come cantante, più misurato ma pronto all’urlo alla Gillan, Marriott e qualcuno aggiunge Byron degli Uriah Heep.

Qui e là affiorano anche altre influenze come nel finale “latin-rock” di Phantom In The Valley dove sembra di ascoltare i primi Santana, quelli con Gregg Rolie, con l’aggiunta di una sezione fiati e una tromba in bella evidenza, che non c’entra nulla con il resto del brano e del disco ma è un retaggio degli anni ’70 quando non eri irreggimentato in nessuno stile particolare, se ti girava di cambiare genere lo facevi e basta. O l’hard rock tra Deep Purple e Led Zeppelin dell’iniziale Self Made Man che dopo qualche omaggio dark anche ai Black Sabbath nella parte centrale approda ad un intervento di twin lead guitars in puro stile Allman Brothers per poi divenire puro blues-rock alla Humble Pie, il tutto nello spazio dello stesso brano. C’è anche la ballatona hard con retrogusti soul alla Frankie Miller o Paul Rodgers dell’ottima Can’t Satisfy Me Now che può ricordare i già citati Black Crowes.

Cherokee Werewolf con piano elettrico e voci femminili di supporto rimane più o meno in quei territori ma aggiunge negli intermezzi strumentali piccoli elementi psichedelici e californiani dell’epoca d’oro, mentre Strange Thunder nella prima parte è un brano acustico cantato quasi in falsetto da Miller poi le chitarre scaldano le corde, il basso e la batteria pulsano alla grande e il brano decolla in un crescendo emozionante degno del miglior Page, come costruzione sonora s’intende. Dark Side è quel “finto soul”, vero funky-rock, che piaceva ai Deep Purple di Coverdale e Hughes ma anche a molti gruppi americani dei primi anni ’70 con un assolo di organo come non si sentiva da secoli. Beneath Wild Wind è quasi blue-eyed-soul, una ballata mid-tempo molto radiofonica vagamente alla Queen (la FM di quei tempi non di oggi), Collage è una cover di un vecchio brano della James Gang di Joe Walsh, con quell’equilibrio tra elettrico ed acustico soprattutto, che avevano i brani della band nel periodo di Barnstorm.

Walking Through Stone con le chitarre tra fuzzy e wah-wah è del sano blues-rock d’annata mentre la conclusiva Still Walking è uno strano divertissement strumentale dove piano e chitarra solista si dividono il proscenio per una conclusione virtuosistica.

Come dice il titolo “Solo Del Sano Buon Vecchio Rock”, niente di più ma neanche di meno, non aspettatevi altro e rimarrete soddisfatti.

Bruno Conti

Solo Del Sano Buon Vecchio Rock! Howlin Rain – The Russian Wildsultima modifica: 2012-03-18T18:44:34+01:00da bruno_conti
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