E Anche Uno Degli Ultimi Grandi Del Blues Ci Ha Lasciato! E’ Morto James Cotton, Aveva 81 Anni.

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Se ne è andato ieri anche James Henry Cotton da Tunica, Mississippi, aveva 81 anni. E’ morto per i postumi di una polmonite al centro medico di Austin, Texas. E’ stato uno degli ultimi grandi del Blues, a lungo con Muddy Waters, ma anche con una carriera solista ricca di ottimi esempi. Non a caso il suo penultimo album si chiamava Giant. Visto che a maggio del 2013 era uscito il suo ultimo disco in assoluto Cotton Mouth Man, ho pensato di ripubblicare (con qualche piccolo ritocco) quanto avevo scritto per l’occasione, in tributo alla sua memoria, che Riposi In Pace anche lui.

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Il lungo titolo del Post nel-frattempo-la-alligator-continua-a-non-sbagliare-un-disco  è un composito tra un album di Luca Carboni e un film della Wertmuller, ma il contenuto è inequivocabilmente 100% Cotton, come riportava il titolo di uno dei suoi dischi migliori. Il vecchio leone del Mississippi può anche avere perso la voce per i problemi di salute legati ad un cancro alla gola contratto alla fine degli anni ’90, e l’ultima esecuzione vocale “seria” risale al 2000, ma come armonicista è nella categoria Giant, come ci ricordava anche il suo penultimo disco, e primo per la Alligator, del 2010.

James Cotton è stato sicuramente una delle ultime “leggende del blues”: nativo di Tunica, Mississippi, è stato però una delle colonne portanti del blues di Chicago dall’inizio degli anni ’50, prima con Howlin’ Wolf e poi, in alternanza con Little Walter, ma anche da solo, l’armonicista della band di Muddy Waters, nel periodo migliore di McKinley Morganfield, all’incirca fino a metà anni ’60. Tra il 1966 e il ’67 ha iniziato la sua carriera solista, mantenendo comunque una fittissima agenda di impegni (anche un ritorno con Waters per Hard Again) che gli permette di contare la bellezza di 914 credits nella lista delle collaborazioni su AllMusic (non saranno tutti veri perché non sempre il portale musicale è precisissimo ma rimane un numero ragguardevole)!

E sapete una cosa, secondo me, questo Cotton Mouth Man si inserisce nella Top 5 dei suoi migliori lavori all time. Tom Hambrige, il batterista, autore e produttore (anche di questo CD), che negli ultimi anni ha lavorato proficuamente con Joe Louis Walker, George Thorogood e Buddy Guy, confermandosi una sorta di Willie Dixon bianco, ha realizzato un piccolo capolavoro con questo album. Concepito come una sorta di concept album sulla vita di Cotton, questo escamotage permette di incorporare nella musica, che è tutta scritta ex novo, anche molti riff e fraseggi dai classici del blues, senza rischiare la denuncia per plagio. Lo stesso Cotton, Richard Fleming, Gary Nicholson e Delbert McClinton hanno collaborato come co-autori, ma il cuore dell’album risiede nell’opera di Hambridge. L’armonica di James, ancora in grandissima forma al suo strumento, ha un ruolo fondamentale, così come la presenza di un vero who’s who della musica tra gli ospiti che si alternano nel disco.

La partenza è fulminante: su un groove trascinante ordito dalla coppia Hambridge-Tommy McDonald, la voce dell’ottimo Darrell Nulisch e l’armonica poderosa di Cotton, la chitarra di Joe Bonamassa confeziona uno dei migliori solo della sua carriera, conciso ma fulminante come poche volte, l’epitome perfetta del blues(rock). Dopo una breve introduzione di quella che fu la voce del nostro amico, riparte un train sonoro inarrestabile, non per nulla Midnight Train, dove si ricompone la coppia Gregg Allman voce (efficace ma non fantastico per l’occasione) e Chuck Leavell al piano Wurlitzer, ben sorretta da due delle colonne portanti della band dello stesso Cotton, il chitarrista Tom Holland e il bassista Noel Neal. Leavell rimane, al piano acustico, per un sentito omaggio a Waters, Mississippi Mud, uno slow blues che ci permette di apprezzare quello che è, quando vuole, uno dei più grandi cantanti del blues contemporaneo, Keb’ Mo’, eccellente in questo brano. Anche nell’altro resoconto della vita di Cotton nella Chicago anni ’50, He Was There, possiamo ascoltare la James Cotton Blues Band al completo in questo caso, con Jerry Porter che si reimpossessa (per un brano) del seggiolino della batteria a scapito di Hambridge, Nulisch alla voce solista, Holland alla chitarra e l’ospite Leavell al piano, un blues “duro e puro”.

Fantastica è la tiratissima Something For Me con un drive alla Allman Brothers dei tempi di Duane garantito da un assatanato Warren Haynes alla chitarra slide e voce e con Cotton che soffia nella sua armonica come se non avesse i 78 anni che ha! Wrapped Around My Heart con Chuck Leavell che passa all’organo per l’occasione e Rob McNelley alla solista è un gagliardo slow blues cantato alla grande da Ruthie Foster, il sound ricorda quello dei migliori brani dell’ultimo Robert Cray, ben tipizzati dal recente Nothin But Love, di cui questo Cotton Mouth Man si candida come successore per il miglior disco blues elettrico contemporaneo del 2013, e che voce ragazzi, la Ruthie! Ancora Darell Nulisch si difende con classe in una vigorosa Saint On Sunday, dove la chitarra di Rob McNelley (una delle sorprese del disco, è il solista della band di McClinton, ma suona anche in un miliardo di dischi country, di quelli buoni) e l’armonica di Cotton hanno modo di mettersi in evidenza e anche il datore di lavoro di McNelley, ovvero Delbert McClinton, si conferma uno dei migliori cantanti bianchi tuttora in circolazione nella sapida Hard Sometimes, mentre l’armonica di Cotton giganteggia sul tutto.

I ritmi latin blues in apertura di Young Bold Women alleggeriscono per un attimo il mood del disco e si alternano con atmosfere più tirate in una gustosa varietà. Bird Nest On The Ground è l’unica cover del disco, un Muddy Waters minore, come notorietà della canzone, ma non per l’intensità dell’esecuzione, sempre garantita dalla house band del disco, senza ospiti in questo caso, se si esclude Leavell al piano (peraltro presente in quasi tutti i brani, meno due). L’unico ospite che non lascia ma raddoppia è l’ottimo Keb’ Mo’, anche alla chitarra, in una soffusa e leggermente vellutata Wasn’t My Time To Go. Vigorosa viceversa la atmosfera da puro electric Chicago Blues che si respira in Blues Is Good For You, quasi un manifesto di intenti, mentre la conclusione, in tono minore, è affidata al duetto tra James Cotton, anche alla voce, spezzata e vissuta, oltre che all’armonica e Colin Linden alla Resonator Guitar in Bonnie Blue.

La data di uscita ufficiale sarebbe il 7 maggio ma per i misteri del mercato discografico è già in circolazione nelle nostre lande. Un ottimo disco di blues, da 4 stellette nei primi 5 brani, ma eccellente nella sua totalità, candidato già fin d’ora alle liste dei migliori di fine anno e degno epilogo, se così sarà, ma non è detto, della carriera di uno dei più grandi armonicisti della storia del Blues, degno erede del suo mentore Sonny Boy Williamson!

Bruno Conti

E Anche Uno Degli Ultimi Grandi Del Blues Ci Ha Lasciato! E’ Morto James Cotton, Aveva 81 Anni.ultima modifica: 2017-03-17T14:59:23+01:00da bruno_conti
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