E’ Sempre Un Piacere (Nonostante Le Ripetizioni)! Ian Hunter – From The Knees Of My Heart

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Ian Hunter – From The Knees Of My Heart – The Chrysalis Years (1979-1981) – Chrysalis 4CD

Come avevo già scritto parlando della sua ultima fatica When I’m President, io sono da sempre un ammiratore di Ian Hunter, che ho sempre considerato una sorta di Bob Dylan più rock’n’roll (e io adoro sia Dylan che il rock’n’roll, quindi…), con l’aggiunta di un gusto melodico sopraffino che lo ha sempre visto eccellere anche nelle ballate.

Nonostante questo, quando ho visto il contenuto di questo boxettino intitolato From The Knees Of My Heart, in un primo momento mi sono girati i maroni: ma come? Dopo soli tre anni dalla sontuosa edizione doppia deluxe di You’re Never Alone With A Schizofrenic, cioè il disco più bello di Hunter insieme ai primi due (ma non sottovaluterei il recente Man Overboard), lo stesso album mi viene ripresentato in un’edizione più “povera” come primo dei quattro CD?

La cosa che mi ha subito calmato è stato il prezzo del box: praticamente come un singolo CD, e visto che il quarto dischetto è (quasi) totalmente inedito, e che ci sono anche alcune sorprese sparse sugli altri CD, ho deciso che questa era una pubblicazione da avere.

Ma andiamo con ordine: From The Knees Of My Heart, come recita il sottotitolo, prende in esame gli album pubblicati da Ian durante il suo breve periodo alla Chrysalis, cioè due dischi in studio ed un live, più un altro concerto all’epoca uscito solo in VHS (e sfido chiunque di voi ad averlo, nel 1981 in Italia c’erano a malapena i videoregistratori).

Se siete seguaci di questo blog, non penso che io debba parlarvi più di tanto di You’re Never Alone With A Schizofrenic: semplicemente è uno dei grandi dischi rock degli anni settanta, con Hunter ispirato come non mai, e con un gruppo di musicisti incredibile (oltre al fido Mick Ronson, c’è dentro il cuore della E Street Band, cioè Bittan, Tallent e Weinberg, oltre a John Cale ed a Eric Bloom, lead vocalist dei Blue Oyster Cult). Un disco imperdibile, con classici assoluti di Ian quali Just Another Night, Cleveland Rocks, Ships, When The Daylight Comes, Standin’ In My Light, anche se forse il mio brano preferito è The Outsider, una ballata stellare, nella quale Hunter raggiunge punte di pura poesia rock, cantata con un pathos formidabile. Il primo CD contiene anche alcune versioni alternative tratte dalla ristampa del 2009, oltre ad un brano disponibile solo in download (una prima versione di Ships) e tre inediti assoluti, tra cui Alibi, un brano mai pubblicato prima da Ian.

Il secondo CD contiene Welcome To The Club, ovvero il miglior live album della carriera di Hunter: registrato al Roxy di Los Angeles, vede Ian ripercorrere il meglio della sua carriera solista e con i Mott The Hoople, con una band tostissima guidata da un Mick Ronson in stato di grazia. Ian stesso è in forma strepitosa, e ci regala quasi un’ora e mezza di rock’n’roll da strapparsi i capelli (Once Bitten, Twice Shy, All The Way From Memphis, The Golden Age Of Rock’n’Roll, la formidabile cover di Laugh At Me di Sonny Bono) e di ballate strepitose (Irene Wilde, la superdylaniana I Wish I Was Your Mother), oltre naturalmente al superclassico All The Young Dudes. Questo secondo CD non contiene bonus, anzi omette i brani registrati in studio per il disco originale (ma li recupererà sul quarto CD), e mancano anche due live tracks presenti invece nella ristampa del 2007 (ma difficile da trovare). E’ comunque sempre una goduria di disco!

Il terzo CD contiene Short Back’n’Sides che è, parola di fan, l’album meno bello di tutta la discografia di Ian: prodotto con Mick Jones dei Clash, ha i suoi punti di forza in due soli brani, cioè Central Park’n’West, infarcita di sintetizzatori ma con un bel tiro rock ed una melodia coinvolgente, e Old Records Never Die, una delle più belle ballate di Hunter, incisa la sera dell’omicidio di John Lennon. Per il resto, una serie di brani irrisolti, non particolarmente ispirati, e con arrangiamenti talvolta discutibili, tra pop, new wave e reggae, si salvano Rain e la buona Keep On Burning: i bonus sono in parte tratti dalla ristampa del 1994 (ormai introvabile), più un paio di inediti assoluti (Detroit e China) che nulla aggiungono al disco.

Il quarto CD, intitolato Ian Hunter Rocks, è come già detto la ristampa di una videocassetta registrata dal vivo nel 1981 a New York, con Hunter come al solito impeccabile on stage: non è Welcome To The Club (non c’è neppure Ronson), ma ha comunque il suo perché. I brani di Short Back’n’Sides guadagnano punti in questa veste (specialmente I Need Your Love, quasi un’altra canzone, in medley addirittura con Honky Tonk Women degli Stones, che il libretto mette erroneamente mixata con All The Way From Memphis), ed in più nel finale c’è un medley spettacolare di una decina di minuti che fonde All The Young Dudes, Ships, Honaloochie Boogie e la fantastica Roll Away The Stone.

Come cilegina, nel booklet interno ci sono le disamine brano per brano (tra il serio e il faceto, anzi quasi sempre faceto) di Ian stesso, che danno così un sigillo di garanzia all’operazione.

Dio benedica Ian Hunter.

Marco Verdi