Una Pagina Meno Conosciuta Ma Non Per Questo Minore. Joan Baez – Come From The Shadows

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Joan Baez – Come From The Shadows – Music On CD/Universal CD

Ci sono ristampe super deluxe (e super costose) di dischi importanti o addirittura fondamentali che si prendono giustamente le prime pagine delle riviste specializzate, ed altre che passano praticamente sotto silenzio pur trattando di album di ottimo livello. La Music On CD è una sussidiaria della Universal che si occupa di ristampare dischi del passato non molto famosi ma comunque di alto spessore artistico, senza prestare troppa attenzione alla veste grafica ed alla rimasterizzazione (e di bonus tracks manco a parlarne), il tutto però ad un costo decisamente contenuto. Uno degli ultimi prodotti dell’etichetta è Come From The Shadows, album del 1972 di Joan Baez che non è certo tra i più famosi degli anni settanta per quanto riguarda la grande folksinger. Infatti i lavori più noti di Joan pubblicati in quella decade sono i popolari Blessed Are e Diamonds And Rust, ma anche dischi meno venduti come One Day At A Time, Gulf Winds e Gracias A La Vida, LP cantato in lingua spagnola.

Ma Come From The Shadows non è di certo inferiore a quelli citati poc’anzi, e sinceramente non so perché oggi sia uno dei lavori più dimenticati di Joan dato che, dopo un attento ascolto di questa apprezzata ristampa in CD, lo considero uno dei suoi migliori per quanto riguarda i seventies. Un disco piacevole e ben fatto tra folk, country e pop, prodotto dal grande Norbert Putnam (musicista e produttore dal pedigree lunghissimo, tra l’altro ex bassista di Elvis), dominato dalla straordinaria voce di Joan che all’epoca era al massimo del suo splendore e suonato da un manipolo di “Nashville Cats” di gran nome tra i quali David Briggs, Charlie McCoy, Kenneth Buttrey Grady Martin. Le dodici canzoni del disco si dividono tra brani a sfondo politico e non, e soprattutto vedono ben sei composizioni autografe di Joan, cosa non comunissima visto che la cantante di origini messicane non è mai stata un’autrice prolifica (oltre ad avere sempre avuto una scarsa autostima come songwriter, e pare che fu proprio Bob Dylan nei sixties ad incoraggiarla a comporre di più). Il pezzo più famoso del disco è senza dubbio l’iniziale Prison Trilogy (Billy Rose), un racconto scritto da Joan sottto forma di deliziosa country song dalla melodia cristallina e cantata magnificamente.

Tra i brani scritti dalla Baez la più bella (oltre appunto a Prison Trilogy) è To Bobby, sincero e toccante omaggio a Dylan, in tono affettuoso e molto meno caustico (e deluso) di quello che verrà utilizzato in Diamonds And Rust. Gli altri pezzi autografi sono Love Song To A Stranger, limpida e struggente ballata dal motivo splendido che contraddice il credo che Joan non fosse una brava autrice, la rilassata e godibile Myths, l’intensa e pura All The Weary Mothers Of The Earth, che richiama le atmosfere folk dei suoi primi dischi (canzone davvero bellissima), e l’evocativa Song Of Bangladesh, cantata in maniera celestiale. Le cover iniziano con una maestosa resa di Rainbow Road (scritta da Donnie Fritts e Dan Penn), versione pianistica dall’orchestrazione suggestiva e ricca di pathos, per proseguire con lo squisito country-folk In The Quiet Morning, brano scritto dalla sorella di Joan Mimi Farina e dedicato a Janis Joplin, il puro country della bella A Stranger In My Place (Kenny Rogers), la discreta Tumbleweed (di Douglas Van Arsdale), nobilitata dalla solita prestazione vocale eccellente della Baez, ed una strepitosa e drammatica rilettura di The Partisan, canto della resistenza francese reso popolare pochi anni prima da Leonard Cohen. L’unico brano che non mi convince del tutto è una versione un po’ troppo pop e leccata del classico di John Lennon Imagine.

Ma è un peccato veniale: Come From The Shadows è un ottimo album che merita di essere riscoperto nonostante la consueta abbuffata discografica natalizia.

Marco Verdi