Confermo, Trattasi di Uno Bravo: Forse Migliore Anche Del Disco Precedente! Owen Campbell – Breathing Bullets

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Owen Campbell – Breathing Bullets – owencampebllmusic.com/Roc Records

“Questo è uno bravo, talent show a parte”! Così concludevo la recensione del precedente disco di Owen Campbell The Pilgrim, uscito nel 2014 e accolto con buone critiche in giro per il mondo e vendite interessanti nel suo paese, l’Australia http://discoclub.myblog.it/2014/11/09/i-talent-producono-anche-dei-talenti-veri-australia-owen-campbell-the-pilgrim/ . Perché questo signore, non più giovanissimo, è approdato alla musica che conta (almeno a livello qualitativo) attraverso la versione down under di Australia’s Got Talent, ma aveva comunque già pubblicato dei dischi a livello locale prima di partecipare al famoso talent. Diciamo che, a mio avviso, le eccezioni alla regola, ovvero che i partecipanti ai talent show dovremmo lasciarli al loro destino, sono abbastanza rare: mi vengono in mente d’acchito Crystal Bowersox, prodotta da Jono Manson, ma era American Idol e in Australia a The Voice la bravissima Mahalia Barnes, la figlia di Jimmy, ma si contano sulle dita di una mano. Ora Campbell, dopo un paio di EP, Songs For Syria e In The Shadow Of The Greats, un mini di cover di brani celebri https://www.youtube.com/watch?v=DL3jasJ5RNw , approda a questo nuovo album Breathing Bullets, registrato in quel di Memphis, con la produzione di Devon Allman e con Tom Hambrdige che si occupa, con buoni risultati come sempre, del lato tecnico: i musicisti, a parte l’ottimo Rick Steff alle tastiere e Wendy Moten alle armonie vocali, sono nomi locali, mai sentiti da chi scrive, ma che contribuiscono comunque al suono solido e vibrante che scaturisce dal disco, con un punto di merito per il secondo chitarrista, dal nome esotico, Von Dé Nammla, che duetta spesso con Owen nelle parti strumentali del CD.

Per il resto siamo di fronte ad un disco che potremmo definire “sudista”, sia per la provenienza di Owen, viene dal New South Wales australiano, sia per la musica, una miscela di blues, rock, qualche tocco soul e un pizzico di country, Americana – bisognerebbe forse dire Australiana –  dieci brani che portano tutti la sua firma, dove si apprezza la sua voce, non eccelsa magari, ma consistente, se dovessi azzardare un paragone mi ricorda quella di Chris Rea quando si occupa di blues e non di canzoncine, oppure anche, vagamente, Tony Joe White, senza dimenticare i modelli southern,  come è ovvio per un disco registrato tra Memphis, Nashville e il sud dell’Australia. La canzone Breathing Bullets racconta delle frustrazioni degli ultimi anni, quando ha dovuto “respirare pallottole”, ovvero tornare a fare il musicista di strada, dopo anni di tour che lo avevano portato in giro per il mondo, Italia inclusa, risorgendo come una sorta di fenice musicale, più forte e gagliardo di prima: un brano che tira alla grande, con organo, chitarre e una scatenata Wendy Moten, che tirano la volata a Campbell, per un canzone che mescola rock got soul, profumi gospel e pure qualche reminescenza stonesiana alla Gimme Shelter, bella partenza. Sempre bluesy, con un bel blend di chitarre acustiche ed elettriche, e il solito organo di Steff, è la successiva On My Knees, ancora la Moten che titilla la voce vibrante di Owen, per un altro sano pezzo di rock, sudista e sudato.

Howling è un ottimo mid-tempo atmosferico, avvolgente e incalzante, potrebbe ricordare persino le cose di quel grande che fu un altro Campbell, John, non dimenticato, spero (almeno da chi scrive, sicuramente) grande musicista americano, e anche l’assolo di chitarra è cattivo e ruvido quanto basta. C’è spazio anche per brani più acustici, folkeggianti, come la raccolta Rattlin’ Round, un perfetto brano da stoyteller, quale Owen Campbell anche è, non sfigura, per dire, rispetto a certe ballate malinconiche di Steve Earle. Eagle Man nasce da un viaggio di ritorno dal Grand Canyon, una sorta di sogno ad occhi aperti su un vecchio indiano, a tempo di ballata, con chitarra acustica, violoncello ed organo a circondare mirabilmente la bella voce del nostro, mentre Keep On Walkin’ ritorna al rock-blues deciso del resto del disco, con la slide a dettare l’atmosfera, sino a che non entra l’armonica, sempre suonata da Campbell, a chiudere il cerchio. Soldier Of Fortune, sembra un brano del vecchio british blues più rockeggiante, pensate a Savoy Brown, Foghat, ancora grazie alla slide tagliente che rievoca Rod Price, con la Motem che si “agita” nuovamente, sempre sullo sfondo. Rise ci introduce di nuovo all’uso del bottleneck, questa volta usato con classe su un tessuto acustico, ma dall’arrangiamento complesso ed affascinante, altra gran bella canzone, come pure Struggle Town, ancora una pillola di rock sudista energico e ricco di grinta, mentre il finale è lasciato al country, un po’ vaudeville, un po’ honky tonk, della deliziosa Coming Home To You. Non posso che confermare, questo signore è bravo, se il vostro budget ve lo permette fateci un pensierino, il disco merita.

Bruno Conti

I Talent Producono Anche Dei Talenti Veri, In Australia! Owen Campbell – The Pilgrim

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Owen Campbell – The Pilgrim – Reckless Grace Music US Version

Owen Campbell, Owen Campbell, perché non mi dice niente? Un ulteriore ennesimo, cantante e chitarrista blues-rock, mai sentito nominare! La prima risorsa è leggere le note del CD, scritte al solito in piccolissimo, lasciandoci quindi una parte della vista, ma anche lì indizi zero, tra i tanti collaboratori il nome di Jeff Lang, pure lui chitarrista e mandolinista, qualcosa mi ricorda (in effetti ha una copiosa discografia), ma poi in fondo trovi Mill Studio, Melbourne, Australia. E le cose cominciano a chiarirsi, più o meno: parte la ricerca in rete, autore di due album, finalista di Australia’s Got Talent nel 2012, prego https://www.youtube.com/watch?v=VVM_SH2QFbc ? Nel frattempo però ho iniziato ad ascoltare questo The Pilgrim e la musica che ne fuoriesce mi sembra ottima, un rock-blues energico, ben suonato e anche meglio cantato, non siamo di fronte ad un fenomeno da baraccone ma ad una persona, Owen Campbell, che ha sfruttato i vantaggi dei moderni mezzi di comunicazione, almeno per farsi conoscere in Australia, dove vive e poi nel resto del mondo https://www.youtube.com/watch?v=EJ23m-kb0yI  (è stato anche in tour ovunque, Italia compresa, non sapevo).

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Dieci anni di gavetta ed ora i primi accenni di fama, peraltro meritata. Spesso, nell’ambito blues, troviamo ottimi chitarristi che sono mediocri cantanti o viceversa ottimi cantanti che sono anche discreti chitarristi, dovendo scegliere molto meglio la seconda opzione, se sei Jimmy Page o Jeff Beck (per volare alto), e non sai cantare, ti cerchi il tuo Robert Plant o Rod Stewart, se riesci ad unire le due cose, magari in piccolo, ma in modo onesto, potresti rientrare nella categoria di questo Owen Campbell. 10 brani, capitoli vengono definiti nel libretto che comprende tutti i testi, che spaziano dal possente blues-rock della iniziale Wreckin’ Ball, dove la voce profonda di Campbell è minacciosa ed espressiva e le chitarre slide dello stesso Campbell e di Jeff Lang si sfidano a suon di riff e di soli dai canali dello stereo https://www.youtube.com/watch?v=7kE7Dd4wrz8 . Leave It Alone,di nuovo con la slide di Campbell in grande evidenza e con due voci femminili di supporto, ha un forte ritmo scandito dalla batteria e dal contrabbasso, e anche se forse non ricorda moltissimo il sound di Robbie Robertson, a cui dice di ispirarsi, è comunque un notevole esempio di blues contemporaneo, con un bel sax e l’organo ad arricchire ulteriormente il suono. You Know I’m Gone, è un notevole folk-blues, solo la bellissima voce di Owen ed una chitarra acustica  https://www.youtube.com/watch?v=xgqSpwqe7Yc . Anche Cried For Yesterday, di nuovo con sax aggiunto e voci femminili di supporto, viaggia più o meno su queste coordinate sonore, e se lui cita tra le influenze Bob Dylan, Van Morrison, la Band (ma piacciono pure a me) e gli Stones, forse qualcosa di vero c’è, in questo sapido roots-rock che sembra provenire dal profondo Sud, non so se degli States o dell’Australia, si intravede comunque una notevole classe e la capacità di scrivere ottime canzoni.

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Come ribadito in It Don’t Mean A Thing, dove all’impianto acustico iniziale si aggiunge un piano malandrino, una intera sezione fiati e una atmosfera ricca di gospel e soul music, quasi dalle parti del Van Morrison più carnale, che di è un’altra categoria, ma qui la stoffa c’è. Devilish Woman, di nuovo con le duelin’ guitars di Campbell e Lang è un altro sano rock-blues, deciso e ritmato, sempre nel giusto groove, con una elettricità trattenuta che emana dalle note delle canzone fino al solo strozzato e “cattivo” della chitarra https://www.youtube.com/watch?v=dPZ93e46aGc . E pure Remember To Breathe ha quella tensione emotiva che sembra ricordare il miglior Chris Whitley degli inizi o anche un altro Campbell, John, di nuovo tra noi, con in più la voce di Owen Campbell che è uno strumento duttile e versatile, il mandolino di Lang aggiunge un ulteriore tocco di classe ad un brano già di per sé veramente notevole. Gli ultimi quattro brani sono particolari: Burkhu’s Blues è uno strumentale dalla struttura orientaleggiante, con l’acustica del nostro amico che si misura con il “Mongolian Throat Singing” e l’horse hair fiddle, qualunque cosa siano, di tale Bukhu Gangburged. New Years Eve è una bellissima ballata acustica di stampo folk, delicata e deliziosa, veramente una sorpresa nella sorpresa. Highway Bound, banjo e percussioni orientali è un altro esempio di folk blues primigenio https://www.youtube.com/watch?v=hn3_XYzrD1c , mentre A Better Place si inserisce nuovamente nel filone di quelle che semplicemente si possono definire belle canzoni, una accattivante melodia, la voce struggente di Campbell, un violino malinconico sullo sfondo e i giochi sono fatti, basta saperle scrivere. Questo è uno bravo, talent show a parte!

Bruno Conti