Brevi Sprazzi Di Led Zeppelin E Altre Storie. Robert Plant & The Sensational Space Shifters – Live At David Lynch’s Festival Of Disruption

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Robert Plant & The Sensational Space Shifters – Live At David Lynch’s Festival Of Disruption – DVD Eagle Rock/Universal

Questo non è sicuramente il primo DVD dal vivo di Robert Plant (esce solo in questo formato, oltre al download) ma è uno dei migliori (anche se forse, anzi sicuramente, non al livello di quello all’Artist Den con i Band Of Joy) ed essendo stato registrato all’interno della prima edizione del Festival Of Disruption di David Lynch (non of destruction, solo di “rottura”) non dura neppure molto: appena 77 minuti, compresi i venti minuti di extra con Lynch, il concerto effettivo 57 minuti scarsi. E’ stato registrato nell’ottobre del 2016, il giorno 8, al teatro dell’Ace Hotel di Los Angeles, quindi un anno prima dell’ultimo controverso Carry Fire http://discoclub.myblog.it/2017/11/15/il-vecchio-sciamano-si-e-un-po-perso-per-strada-robert-plant-carry-fire/ , ed era destinato a raccogliere fondi per una iniziativa di beneficenza di Lynch (anche il ricavato del DVD), se non ho visto male i biglietti costavano da un minimo di 250 dollari in su, quindi il dischetto è più che bene accetto. Plant è accompagnato dai Sensational Space Shifters, ovvero   Liam “Skin” Tyson, chitarre e banjo, Justin Adams, anche lui chitarra e vari strumenti a corda africani, Billy Fuller, al basso, John Baggott, tastiere e tabla, tutti già negli Strange Sensations, oltre a Dave Smith, batteria e Juldeh Camara,  kologo, ritti e Fulani vocals.

Per l’occasione, forse anche per rendere omaggio al suo anfitrione, Plant esegue, in rapporto alla durata del set, “parecchio” materiale dei Led Zeppelin (di cui in questi giorni ha smentito nuovamente varie voci su una probabile reunion per il 50° della band, anche se pare, anzi è certo, che nell’anno uscirà del materiale inedito del gruppo inglese proprio per festeggiare l’Anniversario, per prima, indicata in uscita al 23 marzo, una edizione Super Deluxe potenziata di How The West Was Won ). Il concerto si apre con Poor Howard, tratta dall’album Lullaby And The Ceaseless Roar, uscito nel 2014, e conferma la sempre magnetica presenza sul palco del cantante inglese (oltre alla sua ancora splendida voce), nonché la buona attitudine del gruppo che dal vivo, a mio parere, è molto più brillante che nei dischi in studio, la fusione tra la musica world (o etnica se preferite), folk e il rock funziona alla grande.

Le riprese sono ottime (forse c’è lo zampino di Lynch) e fin dall’inizio si gusta il consueto misto tra rock e altre culture che caratterizza la musica di Plant negli ultimi anni (ma era sempre presente anche in passato), con molto spazio per gli strumenti della tradizione nordafricana e anche intricate armonie vocali; a seguire, sempre da Ceaseless Roar, una potente Turn It Up, dove la quota rock e chitarristica cresce decisamente, ma il groove percussionistico ed etnico è comunque molto vivo. Primo brano dei Led Zeppelin ad apparire in scaletta è una Black Dog “mascherata” e rallentata, ma quando esplode il classico riff la gente è subito catturata, Adams e Tyson, anche insieme, non valgono Page e Smith non è Bonham, però il brano mantiene quasi la potenza dell’originale, e poi la voce è sempre quella, anche se l’intermezzo etnico, per quanto il brano sia conosciuto, è sempre spiazzante. Il medley tra The Enchanter (da Mighty Rearranger) e Rainbow, sempre dall’album del 2014, evidenzia ancora la presenza di Juldeh Camara, uno dei protagonisti principali del concerto, con un forte impatto ritmico nei due brani, anche Plant suona spesso il tamburello, mentre Rainbow è un bel pezzo rock classico con chitarre spiegate.

Babe, I’m Gonna Leave You ce la ricordiamo tutti, era su Led Zeppelin I, un pezzo elettroacustico splendido che miscela raffinatezza ed improvvise esplosioni di impeto rock e la lunga versione presente in questo DVD è veramente notevole, con la voce di Robert che sale e scende in modo impressionante mentre la band lo asseconda alla perfezione, grande musica, molti la fanno dal vivo ma nessuno ha la voce di Plant. Anche Little Maggie, un traditional, conferma l’ottima serata del riccioluto rocker, che esplora anche il suo amore per la musica Appalachiana, scoperta nel suo soggiorno americano e qui rivisitata in una veste più rock, ma sempre vicina alle radici con il banjo di Tyson  e il ritti (una sorta di violino africano) di Camara in evidenza, come pure il synth di Baggott. Altro lungo medley, questo molto più corposo e orientato verso il blues(rock): si parte con una torrida Hoochie Coochie Man, che inizia a citare nel testo quel brano “minore” degli Zeppelin, Whole Lotta Love, che poi esplode in tutta la sua forza dirompente, ed è sempre la voce che fa la differenza, intermezzo etnico, stop e ripartenze, e un breve accenno di Mona, fine del concerto. Poi la band torna sul palco per una bellissima versione di Going To California, con mandolini e chitarre acustiche sugli scudi, titoli di coda. Concerto breve ma intenso.

Bruno Conti