Da Omaha, Nebraska Un “Sudista” Convertito! Michael Lee Firkins – Yep

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Michael Lee Firkins – Yep – Magnatude/Magna Carta

Anche se Michael Lee Firkins è sempre stato considerato uno dei nuovi “fenomeni” della chitarra, un axeman funambolico, sin dalla sua apparizione con il primo omonimo album del 1990, pubblicato dalla Shrapnel di Mike Varney, tra critiche e musiche roboanti, capello lungo alla Yingwie Malmsteen (e un po’ anche la musica, stranamente però con echi roots, country e sudisti, un pizzico di Steve Morse, ma vicino pure a Vai e Satriani), ebbene, devo dire che al sottoscritto la sua musica non è mai apparsa irresistibile, pur apprezzandone le indubbie qualità tecniche, mi sembrava sempre “troppa”, non so se mi spiego, non sulla mia lunghezza d’onda. Dopo una decina di anni di onorata carriera Firkins ha avuto una sorta di ripensamento, di “crisi mistica” musicale, si è più volte ritirato nella sua città natale di Omaha, Nebraska, per studiare a fondo la sua musica ed il suo strumento.

E’ emerso una prima volta nel 2007, con l’album Black Light Sonatas che interrompeva il digiuno dei fans che durava dal 1999 del precedente Decomposition e introduceva le prime interessanti variazioni al suo stile; in alcuni brani erano presenti Matt Abts e Andy Hess, praticamente la sezione ritmica dei Gov’t Mule, e alle tastiere sedeva Chuck Leavell (per dirne tre con cui ha suonato, Allman, Stones, Clapton oltre ai suoi Sea Level) e la musica cominciava a dirigersi verso lidi più papabili per i miei gusti, anche se, aggiungo per i “chitarrofili,” nei vari dischi passati di Firkins ci sono fior di cover di Lynyrd Skynyrd, Rick Derringer, naturalmente Jimi Hendrix, ma anche la “Pantera Rosa” di Henry Mancini e Caravan di Duke Ellington, tutte suonate in modo incredibile (forse anche troppo) con la particolare tecnica di Michael Lee che non prevedeva l’uso del plettro, un vero virtuoso in sostanza. In questi anni di studio e ricerca il nostro amico ha “creato” una Reso-Electric Guitar, un incrocio tra una acustica Resonator e il corpo e il collo di una Fender Telecaster una sorta di slide, ma di quelle vigorosamente elettriche. Con undici nuove canzoni, niente cover, ha preso baracca e burattini e si è trasferito a Nashville, negli studi di Johnny Neel, dove lo aspettavano nuovamente Abts, Hess e Leavell, per registrare questa volta tutto il nuovo disco.

Michael Lee Firkins, in questi anni ha lavorato anche molto sulla propria voce e i risultati più che vedersi si sentono, per questo disco sfodera una voce da perfetto southern rocker. Ovviamente non ha perso neppure la sua prodigiosa tecnica, che però viene utilizzata in funzione delle canzoni e non solo per un mero sfoggio di bravura, anche se ci sono molti assolo che vi costringeranno ad andare a ricercare in giro per la stanza la vostra mascella che è caduta per terra per la meraviglia. Dalla Clapton anni’70 meets Allmans dell’iniziale Golden Oldie Jam dove la Reso e la solista di Firkins duettano con lo splendido organo old school di Leavell in modo magistrale e misurato, ho subito capito che questo è un disco ricco della “nostra” musica, spesso realizzato in presa diretta, senza sovra incisioni, con i quattro musicisti registrati live in studio, come nella deliziosa Cajun Boogie, ancora nella migliore tradizione del vecchio southern rock dei primi Lynyrd Skynyrd, già rivisitati da Firkins nel passato,ma qui presi solo come fonte d’ispirazione, sempre con quella solista che scorre velocissima sul groove solidissimo della sua band. No More Angry Man è un altro ottimo esempio del sound “roots” che Firkins per l’occasione riesce a cavare dalle sue chitarre, mentre Standing Ovation ancora con le splendide tastiere di Leavell ad affiancare le evoluzioni della solista ci trasporta sulle onde del miglior rockin’ country di Outlaws o Charlie Daniels Band, ragazzi se filano.

Long Day ci mostra che il musicista del Nebraska padroneggia anche l’arte della ballata, rock, ricca di chitarre e tastiere, ma pur sempre ballata, mentre Wearin’ Black è nuovamente quel country according to Michael Lee Firkins che si lascia ascoltare con piacere. Out Of Season è un’altra ballata mid-tempo sudista in crescendo, con continui spunti chitarristici, come pure Take Me Back, con un bel tessuto sonoro elettroacustico sempre orientato verso gli stati del Sud. Last Call con la sua slide tagliente è decisamente più bluesata, mentre No More Angry Man (Part 2) è un discreto boogie rock con Michael Bland (ex della band di Prince) che sostituisce Abts alla batteria, un po’ scontato, anche se non è che il disco tutto brilli per innovazione, ma non manca di feeling, come dimostra l’atmosferica e “misteriosa” The Cane, peraltro un po’ pretenziosa e che come il brano precedente lascia calare la giusta tensione che sostiene il resto dell’album. Bravo e sorprendente per chi conosceva la produzione precedente, solo del buon sano vecchio rock (anche sudista)!      

Bruno Conti