Ma Che Genere Fanno? The Sacred Shakers – Live

sacred shakers live

The Sacred Shakers – Live – Signature Sounds Recordings

Quando alcuni anni fa, nel 2008, il batterista e cantante Jason Beek decise di radunare un gruppo di musicisti dell’area di Boston e dintorni per dare libero sfogo alla loro passione per il country e il gospel soprattutto, ma anche per blues, bluegrass e old time music, il tutto suonato con un piglio deciso da rockers scanzonati, non immaginava che in men che non si dica avrebbero trovato un contratto discografico con la Signature Sounds e pubblicato subito un omonimo album d’esordio http://www.youtube.com/watch?v=fdTy5UryycU . La formazione, che all’inizio vedeva cinque o sei elementi, si è poi ampliata fino agli attuali otto, con quattro chitarristi, un banjoista, un violinista, un contrabbassista, oltre allo stesso Beek alla batteria. Non ci sono nomi famosissimi nella formazione, se escludiamo l’ottima cantautrice Eilen Jewell, che però mantiene una presenza molto di supporto, limitandosi a cantare solo in due brani di questo eccellente CD dal vivo registrato nel gennaio 2013 a Cambridge, MA http://www.youtube.com/watch?v=y7hzfER7b4M . Ed è un peccato perché la sua voce sembra ideale per questa esplosiva miscela di generi, ma anche gli altri musicisti che si alternano come voci soliste sono tutti più che adeguati e nell’ambito dell’armonizzazione sono una vera delizia da ascoltare.

Il repertorio viene da oscuri brani tradizionali pescati nell’enorme tradizione della canzone popolare americana di stampo religioso, ma poi vengono eseguiti con una verve ed una freschezza che ricorda sia Carter Family, Hank Williams, Stanley Brothers e bluesman come Son House e Mississippi Fred McDowell, quanto il rock’n’roll, il blues acustico dei primi Hot Tuna meno duri, o il bluegrass di formazioni come i Dillards e i Country Gazette. La traccia d’apertura, All Night, All Day, cantata da Eilen Jewell, è subito un piccolo gioiello di gospel country, con violini, chitarre e tante voci che si rincorrono gioiosamente in una atmosfera festosa. Take Me In Your Boat, cantata dal banjoista Eric Royer, è un country-gospel-rock che mi ha risvegliato vecchi ricordi dei dischi dei citati Dillards e Country Gazette, ma anche degli Old In the Way di Garcia & Co, o dei Byrds di Sweetheart of The Rodeo, con quella riuscita fusione di tradizione e inserti elettrici più moderni. Lord, I Am The True Vine è una travolgente cavalcata gospel, con un riff preso di sana pianta da Bo Diddley ed eseguito come se fossero i Jefferson Airplane in una riuscita fusione tra country, rock e blues, con armonie vocali ammirevoli e tantissima energia, bellissimo brano, Daniel Fram che è la voce solista in questo brano è fantastico, ma tutto il gruppo è debordante! Anche Morning Train, cantata da Jason Beek, ha un train sonoro micidiale, scusate il pasticcio con il titolo, ma banjo, chitarra elettrica, violino e contrabbasso volano che è un piacere e il pubblico sembra gradire.

Satan Your Kingdom Must Come Down potrebbe uscire da qualche disco dei Grateful Dead più acustici, ancora con Royer scatenato al banjo e alla voce, che ricorda vagamente il Garcia degli esordi http://www.youtube.com/watch?v=lPOkpDuWuks . I’m Tired con il chitarrista Greg Glassman alla voce, ha delle intricatissime armonie vocali che esaltano il sapore gospel del brano e Jerry Miller, il chitarrista elettrico della formazione si inventa dei passaggi di cristallina bellezza, ma sono le voci, incredibilmente ben miscelate, a dominare. Belshazzar potrebbe averla scritta Johnny Cash ed in effetti ne ha scritta una, ma con una z sola, però questa canzone, firmata da Mosie Lister è una parente strettissima, sia per lo stile che per l’esecuzione. Won’t You Come And Sing For Me, è una bellissima ballata cantata da Eilen Jewell (in effetti è un peccato che ne canti solo due in tutto il disco), con la bella armonica di Daniel Fram a dividersi gli spazi con banjo, elettrica e violino, altra piccola delizia sonora.

I’ll Remember Your Love In My Prayers di nuovo con Royer alla guida e You Better Quit Drinking Shine, cantata da Fram, rialzano la quota country gospel delle procedure, tra florilegi di banjo, chitarra elettrica e strumenti a corda vari, infiorettati dalle solite geniali armonie vocali. You Got To Move se è quella di Fred McDowell è fatta a una velocità tripla o quadrupla rispetto all’originale, con il violino di Daniel Kellar che rincorre Byron Berline, Vassar Clement  Richard Greene in acrobazie solistiche di pregevole fattura, ben spalleggiato dalla elettrica di Miller, grande protagonista, che ci riporta al Clarence White più country. Anche Run On con Glassman che “spende” il suo secondo biglietto come voce solista, è un’altra cavalcata spericolata tra virtuosismi strumentali e vocali di squisita fattura. Little Black Train è un episodio dall’andatura più compassata e bluesy, ma con un’atmosfera sospesa veramente pregevole e la chiusa con When I Get Home I’m Gonna Be Satisfied è sempre di squisita fattura.

Bruno Conti