Rock, Blues E Tanta Chitarra Slide, Da New Orleans Alla Toscana Con Molta Classe! Luke Winslow-King – Blue Mesa

luke winslow-king blue mesa

Luke Winslow-King – Blue Mesa – Bloodshot Records

Lo avevamo lasciato un paio di anni fa, prostrato dagli effetti della sua separazione con la ex moglie Esther Rose King (un matrimonio durato peraltro solo due anni, non per minimizzare) che aveva però prodotto  I’m Glad Trouble Don’t Last Always, il suo quinto album, e terzo per la Bloodshot, nonché il suo migliore in assoluto, proprio incentrato quasi completamente “sulle pene dell’amor perduto”, almeno a livello testuale, mentre a livello musicale lo spettro si era ulteriormente ampliato da quella sorta di vintage blues-folk-jazz-ragtime delle prime prove, ad una roots music di eccellente fattura, con ballate cantautorali sopraffine che si alternavano a blues-rock anche feroci e ferali, grazie al fondamentale apporto della chitarra solista, quasi sempre in modalità slide, del prodigioso strumentista italiano Roberto Luti https://discoclub.myblog.it/2016/10/06/sempre-debbono-soffrire-le-pene-damor-perduto-se-il-risultato-luke-winslow-king-im-glad-trouble-dont-last-always/ . Entrambi cittadini onorari di New Orleans, la città della Louisiana dove Winslow-King si era trasferito nel 2002, all’età di 19 anni, per passare un semestre all’università, e poi lì è rimasto per 15 anni, fino a poco tempo fa, quando ha deciso di tornare nella natia Cadillac, nel Michigan. Ma la musica di New Orleans ovviamente continua  a scorrere nelle vene di Luke, innervata da moltissimi rivoli di altri stili musicali che fanno di Winslow-King uno dei migliori eredi, per esprimere un parere personale, già esplicitato nella precedente recensione, del Ry Cooder degli anni ’70, che comunque è tornato in quella forma sonora, con il nuovo album intitolato, non a caso, The Prodigal Son, e che esce negli stessi giorni di questo Blue Mesa.

Il disco di Luke Winslow-King è stato registrato a Lari, una piccola frazione di Casciana Terme in Toscana, dove Luti ha il suo studio di registrazione: visto che la recensione viene scritta in anticipo sull’uscita del disco, le informazioni sono frammentarie e quindi cerco di integrarle con pareri personali (come andrebbe sempre fatto), perché ognuno nei dischi che ascolta ci sente cose e sensazioni diverse. E quindi se nell’iniziale, bellissima, You Got Mine, scritta con la recentemente scomparsa “Washboard” Lissa Driscoll (una musicista locale che era una sorta di piccola leggenda a New Orleans, amica di Luke e compagna di vita in passato di Luti, e a cui è dedicato l’album) https://www.youtube.com/watch?v=Hwv-jzT_BYU , qualcuno ci ha visto tocchi di Paul Simon e Robert Cray, per il sottoscritto il brano è una suadente ballata deep soul/blues targata Memphis/Muscle Shoals (e quindi Cray ci può stare), attraversata dalle pennellate dell’organo di Mike Lynch (all’opera con Bob Seger, Whitey Morgan e già presente nell’ultimo CD), con l’ottimo Chris Davis alla batteria (che suonava con King James And The Special Men, una delle migliori band di NOLA), da deliziosi interventi vocali e dalle chitarre splendide di Luti e Winslow-King, che pure lui non scherza alla slide, quindi tutti ottimi musicisti, come usava anche Ryland ai tempi d’oro. Se vogliamo cercare il pelo nell’uovo, forse il nostro Luke non ha una voce memorabile, ma comunque molto espressiva e porta con garbo e ricca di una profonda frequentazione con la musica del Sud, sia essa blues, soul o roots-rock.

Come nella vigorosa Leghorn Women, uno swamp-boogie-rock che rimanda ad un’altra band che faceva una sapiente miscela del meglio del rock americano come i Little Feat, oppure di nuovo le derive Stax soul della title-track che narra di una relazione che finisce (forse non ha superato del tutto i suoi dolori amorosi), con una musica malinconica ed evocativa che ricorda proprio il miglior Cooder anni ’70, impegnato con la musica nera vista da un’ottica da “bianco”, di nuovo con magica slide in azione. O ancora nella vibrante Born To Roam, un bel rock and roll dalle melodie ariose, dove si intravede un Tom Petty in trasferta in Louisiana, e pure Better For Knowing You continua il filotto di ottime canzoni, questa volta uno slow malinconico e dalle atmosfere carezzevoli, sempre suonato con sapienza dal gruppo che accompagna il nostro amico. Thought I Heard You, con il suo riff sincopato e la slide tangenziale, è un altro blues-rock di ottimo valore, che ricorda il Sonny Landreth più energico, notevole anche la delicata ballata Break Down The Walls, che mischia con maestrai soul, gospel e stile cantautorale, con una slide sempre evocativa ad elevarne ulteriormente il valore.

Chicken Dinner aggiunge anche dei fiati sincopati al già ampio menu sonoro, per un brano laidback e profondamente sudista nel suo andamento volutamente pigro e vintage nell’atteggiamento, ma mosso e vivace nella realizzazione, con intrecci di chitarre da antologia. After The Rain è un altro brano che poteva venire solo dal melting pot di suoni della Crescent City, tra voci suadenti, chitarre accarezzate, come anche l’organo e la sezione ritmica discreta, per una canzone che, questa volta sì, mi ha ricordato il Paul Simon più ispirato. Per chiudere, giustamente, troviamo Farewell Blues, dove un violino malandrino aggiunge un ulteriore tocco raffinato alle 12 battute classiche ma non convenzionali di questo ottimo musicista che risponde al nome di Luke Winslow-King, uno dei talenti più interessanti del sottobosco musicale americano. Da scoprire, se non l’avete già fatto.

Bruno Conti