Tra Texas E Oklahoma, Sempre Ottima Musica Country! Stoney LaRue – Onward

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Stoney LaRue – Onward – One Chord Song CD

Texano di nascita ma cresciuto nella vicina Oklahoma, Stoney LaRue è sempre stato associato al cosiddetto movimento Red Dirt, grazie anche alla sua amicizia con colleghi come Cody Canada, Jason Boland e Bob Childers. E poi il titolo del disco che nel 2005 lo fece conoscere ad una platea più grande, The Red Dirt Album, lasciava ben poco spazio all’interpretazione. LaRue è ormai attivo da più di quindici anni, ed ogni suo lavoro riesce ad ottenere buone critiche ed ultimamente anche un discreto successo di pubblico: countryman dal pelo duro, Stoney non ha mai modificato il suo suono per aver più passaggi in radio, ma è riuscito a ritagliarsi una buona fetta di popolarità rimanendo sé stesso. Musica country vera, di chiara appartenenza texana, con brani dal suono robusto ed elettrico anche nelle ballate ed un sapore rock sudista che emerge spesso: tutti elementi che troviamo anche in questo nuovo Onward, album che segue di quattro anni US Time e che ha tutte le carte in regola per soddisfare i palati più esigenti.

Oltre ad avere portato in studio il solito numero di ottime canzoni, in Onward LaRue ha fatto le cose in grande, facendosi produrre dall’esperto Gary Nicholson, uno dei nomi più di rilievo a Nashville anche come songwriter, e chiamando Ray Kennedy al mixer: in più, in session troviamo gente del calibro di Kenny Greenberg (marito di Ashley Cleveland, nonché produttore del bellissimo Blood di Allison Moorer) alle chitarre, Dan Dugmore alla steel, Mickey Raphael all’armonica, Mike Rojas al piano ed organo e, in un brano, Colin Linden alla chitarra. Il disco inizia benissimo con You Oughta Know Me By Now, una country song tersa e limpida che si dipana in maniera scorrevole e viene gratificata da una melodia immediata ed da una bella steel guitar; Hill Country Boogaloo ci mostra invece il lato rock di Stoney, un pezzo elettrico e cadenzato dal deciso sapore southern accentuato dal coro femminile nel refrain. La vivace Falling And Flying è puro country-rock caratterizzato da un motivo che prende fin dalle prime note, ed una fisarmonica sullo sfondo fornisce l’elemento tex-mex, mentre la gradevole Not One Moment, è un midtempo dallo sviluppo melodico fluido e con un’atmosfera d’altri tempi.

Segue Meet In The Middle, un grintoso country’n’roll in cui in nostro duetta con Tanya Tucker. Message In A Bottle non è il noto successo dei Police ma uno scintillante honky-tonk di stampo classico nello stile di George Jones, uno dei pezzi più riusciti del CD; Evil Angel è un gustosissimo e coinvolgente southern gospel nobilitato dalle voci delle McCrary Sisters e del leader degli Asleep At The Wheel Ray Benson https://www.youtube.com/watch?v=UEJX-6kpImA , mentre Drowning In Moonlight è un languido slow che stempera un po’ la tensione elettrica ed offre un momento di quiete. Worry Be Gone è ancora puro country dallo sviluppo contagioso, gran lavoro di piano e dobro ed una tromba a dare un sapore dixieland, la pianistica I Can’t Help You Say Goodbye è ancora una ballata di buon valore e Let’s Chase Each Other Around The Room è un trascinante honky-tonk dal gran ritmo, texano al 100%. Chiusura con la struggente Thought You’d Want To Know, forse il migliore tra i brani lenti del CD, e con la deliziosa High Time, country song elettroacustica in cui il nostro duetta con Brandon Jenkins, altro noto Red Dirt Man.

Stoney LaRue è uno che non tradisce mai, ma questo già lo sapevamo.

Marco Verdi

Del Sano Country-Rock, Fatto Come Si Deve! Jason Boland & The Stagglers – Hard Times Are Relatives

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Jason Boland & The Stragglers – Hard Times Are Relative – Proud Souls/Thirty Tigers CD

Jason Boland, countryman dell’Oklahoma e tra i più autorevoli esponenti del cosiddetto movimento Red Dirt, è ormai sulla scena da un ventennio, periodo nel quale non ha mai cambiato di una virgola il proprio suono: un country-rock robusto e di spiccata propensione elettrica, con le chitarre sempre in primo piano ed una serie di dischi perfetti da suonare durante i lunghi viaggi in macchina. Hard Times Are Relative è il suo nono album di studio, tre anni dopo Squelch, e devo dire che siamo di fronte ad uno dei suoi lavori più positivi e riusciti. Con Jason, che si occupa delle chitarre oltre che delle parti vocali e del songwriting, troviamo gli inseparabili Stragglers (Grant Tracy al basso, Brad Rice alla batteria e Nick Worley al violino e mandolino), ma anche alcuni ospiti che arricchiscono la proposta sonora, come Bukka Allen (figlio di Terry) alla fisarmonica, Cody Angel, bravissimo alla steel, e David Percefull al piano, organo e chitarre aggiunte. Rockin’ country come piace a noi, belle canzoni eseguite in maniera trascinante, tante chitarre e feeling a profusione: questo è Hard Times Are Relative, dieci canzoni da godere tutte d’un fiato, con in più una ghost track finale decisamente sorprendente.

Il disco inizia ottimamente con I Don’t Deserve You, un gustosissimo honky-tonk elettrico e dal gran ritmo, steel guizzante e refrain delizioso (che ricorda vagamente quello di When Will I Be Loved degli Everly Brothers), il tutto dominato dal vocione di Jason. La title track è un lento senza cedimenti a sonorità zuccherine, e proprio per questo ancora più intenso: voce centrale, chitarre, dobro, banjo ed un languido violino, tutti al posto giusto (e verso la fine il ritmo aumenta pure). Decisamente bella e trascinante Right Where I Began, un rockin’ country chitarristico dal tempo veloce e feeling a mille: il Texas non è lontano dall’Oklahoma, e qui l’influenza del Lone Star State si sente tutta; Searching For You prosegue sulla stessa falsariga, ma se possibile il brano è ancora più coinvolgente, sembra di stare in un disco del miglior Dale Watson: ritmo e swing, impossibile tenere fermo il piede. Do You Remember When è una ballatona che più classica non si può, nello stile del grande George Jones (che, non dimentichiamo, era texano pure lui), mentre Dee Dee Od’d è uno dei pezzi più roccati del CD (notevole la chitarra), ancora con un refrain di ottimo livello, e non sto a dirvi del ritmo perché lo sapete già https://www.youtube.com/watch?v=PoKBPa3XBUU .

Going, Going, Gone non è quella di Dylan, ma una nuova canzone scritta insieme a Stoney LaRue (altro “red-dirter”), ed è un lentaccio di ampio respiro, solido e sufficientemente evocativo, con strumentazione rock (chitarre, organo e slide) appena stemperata dal violino; Tattoo Of A Bruise è un velocissimo brano a metà tra rockabilly e western swing, dalla ritmica al solito forsennata. Il disco, un vero piacere per le orecchie, termina con Predestined, fluida e toccante country ballad, dotata di uno dei motivi migliori dell’album, e con l’ambiziosa Grandfather’s Theme, un pezzo tra rock e country melodicamente complesso e dal tono quasi crepuscolare, caratterizzato da continui cambi di tempo ed un lungo ed intenso finale strumentale. Abbiamo detto della bonus track, che non è una canzone qualsiasi: si tratta infatti di una cover della splendida Bulbs, una delle canzoni più belle e meno conosciute di Van Morrison (era uno degli highlights del bellissimo Veedon Fleece, per chi scrive quanto di più simile ad Astral Weeks abbia mai pubblicato il grande irlandese), un brano strepitoso che qui viene reinventato e proposto come un vivace country tune elettroacustico, una rilettura che dà la misura del livello raggiunto da Jason Boland, e sigilla al meglio un disco tra i più godibili in ambito country-rock di quelli usciti ultimamente.

Marco Verdi