Di Nuovo Pregevole E Ruvido Electric Blues Made In Italy. T-Roosters – The Sunny Wine Session

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T-Roosters – The Sunny Wine Session – Holdout’n Bad

Torna la band lombarda, puntuale al solito appuntamento biennale con un nuovo disco, e anche il sottoscritto è pronto ancora una volta, come per i due album precedenti https://discoclub.myblog.it/2017/05/08/ancora-eccellente-blues-allitaliana-t-roosters-another-blues-to-shout/ , a parlarvi di questo The Sunny Wine Session, quarto album della loro discografia, che li vede sempre alle prese con il tipico electric blues che li contraddistingue, sporco, polveroso, spesso ipnotico e dall’andamento lento, ma anche screziato di boogie, di swing-blues, shuffle, insomma tutte le forme, classiche e meno, delle 12 battute canoniche. La musica del quartetto non è legata ad una ortodossia assoluta verso le sonorità classiche, facendoli preferire per questo anche a gruppi autoctoni americani, benché la foto interna del CD che li vede mentre mostrano un cartello indicatore per Beale Street, la strada del blues di Memphis, dice più di molti trattati forbiti.

Tornando appunto più prosaici, con citazione “colta” estrapolata dal repertorio di Stanlio e Olio, potrei dire che Paolo Cagnoni, l’autore dei testi dei loro brani, e Tiziano “Rooster” Galli, chitarrista, cantante ed autore delle musiche, sono sempre come “due piselli in un baccello”, coadiuvati dall’ottimo Marcus Tondo alle armoniche, e dalla solida sezione ritmica (si usa dire così), formata da Lillo Rogati al basso e Giancarlo Cova alla batteria. Venendo alle canzoni, tredici in ttuto, direi che non ci sono grandi variazioni rispetto al precedente Another Blues To Shout, dopo gli esperimenti con tromba, piano, organo e contrabbasso, del pur ottimo disco del 2015 Dirty Again: devo dire che li preferisco così, più “nudi e crudi”, come testimoniano i brani di questo nuovo album. L’iniziale In The Cold Darkness, con il suo incedere scandito e misterioso tiene fede al titolo della canzone, con il cantato di Galli quasi minaccioso e  declamatorio, punteggiato dagli sbuffi dell’armonica e poi nel finale da un assolo tirato e cattivo della chitarra solista, con il basso potente di Rogati a dare il groove.

Sam’s Blues, uno dei due brani che nel suffisso del titolo riporta il termine blues, è in effetti un lento, sempre inquietante, con un cantato che a tratti volge al parlato, ma con la chitarra che invece è limpida e raffinata nel proprio lavoro, prima di lasciare spazio a Sometimes My Soul, dove rimandi gospel ci spingono quasi nella paludi della Louisiana, grazie alla presenza dei due ospiti Veronica Sbergia e Max De Bernardi che con la loro vocalità aggiunta caratterizzano questo blues quasi primigenio, con un bel lavoro dell’armonica di Tondo. Surreal Love, sempre con le due di voci di supporto in azione, è più mossa e scattante, con l’armonica sempre protagonista di una sorta di raccordo nel suono e un breve solo di chitarra nella parte centrale; Freedom In The Morning, dall’andamento ondivago e con qualche stop and go nel suo dipanarsi, vive ancora nel dualismo tra la vivace armonica e la “riffata” chitarra di Galli, che nel finale rilascia un altro assolo breve ma ben congegnato, con Sores Amd Dreams che imbastisce un classico slow di impianto classico Chicago blues, mentre la voce che ci parla di piogge nucleari e pericolosi dittatori, è utilizzata quasi in modalità da crooner, con la chitarra che segue sinuosamente il dipanarsi della vicenda per poi lasciarsi andare a un assolo.

In Only A Holy Night, introdotta da un bottleneck flessuoso, poi si vira di nuovo verso un call and response con la voce della Sbergia  e un groove che, nei continui cambi di tempo,  a tratti ricorda il beat di Bo Diddley; Ice And Dust è forse il brano che più si avvicina a stilemi blues-rock, con un suono più aggressivo e “moderno” che poi nel finale lascia spazio ad un altro bel assolo dell’armonica di Tondo. Shouting Hard è uno shuffle in puro Chicago style, sempre giocato sulle spire della mouth harp e della slide, che poi rimane protagonista anche della successiva Lost In Space, un lento atmosferico e quasi ferino. Night Desert Boogie mi ha ricordato, come in altri del loro repertorio passato, certe affinità con i primi Canned Heat, quelli dove il  compianto Larry Taylor (che ci ha lasciato di recente) pompava di gusto sul suo basso elettrico, prima di lasciare spazio alla chitarra di Vestine o Wilson, qui impersonata da Galli, 3.95Euros Blues è un altro pezzo più elettrico e tagliente, prima del commiato affidato alla lenta e sognante Wedding Ring, il brano più lungo e forse più bello di questo album che conferma la classe e il valore della band milanese, una realtà della scena blues italiana ed internazionale.

Bruno Conti

Ancora Eccellente Blues “All’Italiana”! T-Roosters – Another Blues To Shout

T-Roosters Another Blues To Shout

T – Roosters  – Another Blues To Shout – Holdout’n Bad/Ird

Non sono passati neppure due anni dal precedente Dirty Again http://discoclub.myblog.it/2015/09/08/la-via-italiana-al-blues-2-t-roosters-dirty-again/  ed ecco pronto il nuovo album dei T-Roosters, Another Blues To Shout, sempre con la classica formazione a quartetto, anche se con un nuovo bassista, Lillo Rogati, che affianca il classico trio di Tiziano Tiz “Rooster” Galli, voce solista e chitarre, Marcus “Bold Sound” Tondo alla armoniche (o se preferite Mississippi Sax) e Giancarlo Cova alla batteria. Rispetto al precedente album sono spariti gli “esperimenti” con tromba, piano, organo e contrabbasso con l’archetto, a favore di un suono più classico e compatto, al solito tra boogie, shuffles, ballate lente e qualche leggero tocco soul, un menu immancabile nei praticanti delle 12 battute, e al solito, se devo esprimere un parere, ma scrivo per quello, e quindi lo dico di nuovo, il sound al sottoscritto ricorda, a tratti, quello dei Canned Heat dell’epoca d’oro, tra serrati boogie che risvegliano pure ricordi di Hound Dog Taylor o del Thorogood più sanguigno, oltre a groove che risalgono ai bluesmen neri più canonici e a qualche loro controparte più pallida nel colore della pelle, benché sempre legata alla grande tradizione del miglior blues elettrico.

Come di consueto i brani sono tutti originali, con Paolo Cagnoni che scrive i testi, amari e poco inclini all’ottimismo, e cura anche la co-produzione del CD con Galli. Tredici brani, in tre dei quali, quasi inevitabilmente, nel titolo ricorre la parola “Blues”, ma in tutti scorre e fluisce la passione per questa musica; che sia il boogie tra ZZ Top e Canned Heat dell’iniziale Lost And Gone, con un riff insistito della chitarra che lascia spazio all’armonica di Tondo, agile e vibrante, mentre Tiziano Galli si conferma cantante intenso ed in possesso di una bella voce, oltre che chitarrista eclettico, oppure l’intenso folk-blues della cupa Morning Rain Blues che scivola lungo le rive del Mississippi fino alle colline. I Wanna Achieve The Aim è un blues-rock lento e tirato dove Galli si sdoppia alle chitarre per un’altra potente razione di cadenzato electric blues, dove la solista è ben spalleggiata dall’armonica e la band mostra la sua passione per le 12 battute in modo chiaro. On This Life Train, tra pesci gatto e pescatori assonnati, ci porta ancora sui territori cari ai Canned Heat, con un bel groove rotondo del basso che ancora il suono e c’è anche il primo intervento della solista in modalità slide. E anche Naked Born Blues rimane in questo mood incalzante, con il ritmo che sale in un crescendo irresistibile grazie anche alle evoluzioni dell’armonica e ai tocchi felpati e minimali della chitarra che poi libera un breve solo nel finale del brano. Sugar Lines è più elettroacustica e raccolta, ma sempre incalzante, mentre la lunga Beale Street Bound, ci porta in una delle strade più famose di Memphis, per l’immancabile slow lancinante che non può mancare in qualsiasi disco blues che si rispetti, e armonica e chitarra si sfidano e si intrecciano come vuole il canovaccio del genere.

Livin’ On Titanic, buia e cupa, dipinge un mondo quasi senza speranza, che sta per affondare come il famoso transatlantico, il tutto a tempo di shuffle, con l’armonica di Tondo ancora in bella evidenza; e pure in Black Stars Blues non è che l’ottimismo prevalga, ma d’altronde il blues ha sempre raccontato storie dure e spesso con poche speranze, e il bottleneck iniziale minaccioso in questo brano è molto pertinente all’atmosfera scura e ombrosa del pezzo, con il titolo della canzone ripetuto coralmente e ossessivamente da tutta la band. Mentre l’atmosfera sonora poi si stempera nella ballata corale e quasi hendrixiana di Still Walkin’ Down South, con una slide insinuante che poi si impadronisce del brano nella seconda parte, al solito ben sostenuta dal soffio vigoroso dell’armonica. E poi arriva il wah-wah a manetta di una violenta e selvaggia Missing Bones, altro episodio doloroso e poco consolatorio di un disco che a livello testuale offre poche speranze all’ascoltatore, ma hey ragazzi, è il blues! Per fortuna che nel boogie scatenato di The Way I Want To Live Cagnoni ci ricorda che siamo tutti destinati a diventare vecchi, e su queste “note di speranza” Galli e Tondo inscenano un altro bel duetto armonica-chitarra. Finale romantico con una bella I’m Rolling Down Away, ballata malinconica, quasi con accenti soul, anche se il blues prevale nel mood della canzone, grazie all’immancabile duopolio dei due solisti che si dividono democraticamente gli spazi, come peraltro accade in tutto il disco. Non dominerà l’ottimismo ma la buona musica comunque non manca.

Bruno Conti  

La Via Italiana Al Blues 2. T-Roosters – Dirty Again

t-roosters dirty again

T-Roosters – Dirty Again – Holdout’n Bad/dist. IRD

Esiste una via italiana al Blues? Probabilmente no, nel senso che ultimamente ci sono varie formazioni italiane che senza innovare, perché obiettivamente sarebbe difficile, quantomeno propongono variazioni sul tema piuttosto interessanti e valide. Penso alla Gnola Blues Band, a Fabrizio Poggi, a Paolo Bonfanti, tanto per dire i primi nomi che mi vengono in mente (gli altri, che ci sono, non si sentano offesi), gli stessi Nerves And Muscles, che erano un progetto che includeva vari bluesmen italiani http://discoclub.myblog.it/2012/11/18/blues-nostrano-grinta-e-quali/ , tra cui Tiziano “Rooster” Galli, il leader dei T-Roosters e Paolo Cagnoni, che, come in New Mind Revolution dei Nerves qui cura la produzione, insieme a Galli, ed è l’autore dei testi. Quello che è interessante in Dirty Mind, al di là della bravura dei vari musicisti impiegati, è l’eclettismo degli stili usati in questo album. L’utilizzo delle tastiere, del contrabbasso con l’archetto, della tromba e certi arrangiamenti complessi ampliano lo spettro sonoro fornito dal consueto quartetto blues, che è comunque tra gli elementi principali del menu. Se aggiungiamo che Tiziano Galli è in possesso di una voce adeguata alla bisogna, a tratti minacciosa, in altri suadente e carezzevole, in altri ancora vicina agli stilemi classici delle 12 battute, il risultato finale ci regala un dischetto interessante e valido, meglio di parecchia produzione americana che ultimamente, in certi casi, vive di ricordi (e fin qui non ci sarebbe nulla di male, visto che la tradizione è importante) e spesso rilascia dischi privi di nerbo e grinta, filologicamente molto rispettosi, ma se mi è permesso dirlo, in parecchi casi anche abbastanza “pallosi”!

Non è il caso di Dirty Again,il secondo album dei T-Roosters, che promette fin dal titolo, un viaggio nelle varie sfumature “più sporche” della musica blues: la partenza con In My Black Soul è sintomatica, voce filtrata, una slide minacciosa e tagliente raddoppiata dalla solista, l’armonica di supporto e un inconsueto finale a base di quello che sembra un cello ma probabilmente è il contrabbasso trattato con l’archetto di Andrea Quaglia. Goddess Of Blue Rains è più vicina agli stilemi del rock-blues classico, la “solita” armonica di Marcus Tondo, voce con una leggero eco vagamente alla ZZ Top, come pure la chitarra che riffa a tempo di boogie moderato. Playin’ Alone Blues aggiunge elementi psichedelici, tempi spezzati della batteria, armonica in libertà e chitarra “trattata” per un trip nel blues-rock acido e jazzato, finale free form, nuovamente con cello (o contrabbasso), una tromba, Raffaele Kholer, che appare dal nulla a sovrapporsi alle evoluzioni della chitarra. No Monkey But The Blues è un episodio più morbido, con le percussioni soffuse (e un battito di mani) di Giancarlo Cova a sostenere le evoluzioni di armonica e chitarra solista, che arriva solo nel finale, ma si fa notare. One Of These Days, l’unica cover, viene dal repertorio di Shawn Pittman, un giovane bluesman texano, che penso condivida con i T-Roosters una passione per questi blues umorali, cantato ed atmosfera vagamente alla Canned Heat periodo dorato, ritmo cadenzato, sferzate di organo e armonica, mentre la chitarra, inesorabile, crea lampi elettrici di stampo seventies, interessante.

In Your Room This Morning è il classico slow blues canonico, chitarra limpida che mi ha ricordato quella di Mike Bloomfield, sonorità lancinanti assai vicine agli stilemi dei maestri della chitarra elettrica, un piano di sostegno affidato a Davide Spagnuolo, e poi Tiziano Galli immagino vada di “faccine”, quelle che inevitabilmente si stampano sui volti dei chitarristi quando “improvvisano” musica, classico ma bello. Blues In My Bones, piano, chitarra acustica e voci (anche quella di supporto di Chiara Lucchini) profuma di Mississippi Blues, come viene ripetutamente ricordato nel testo, ha comunque un bel supporto ritmico e quando entra l’armonica decolla alla grande, mentre Miss Bella (Please Don’t Cry), di nuovo con voce filtrata, potrebbe venire dall’epoca del Cotton Club, grazie alla tromba pimpante che la punteggia. All That You Clean, elettrica e santaneggiante, vive tutta sulle evoluzioni della solista di Galli, non male anche Operating Instructions con un bel solo di acustica nella parte centrale e Tapoo Blues, altro blues vagamente beefheartiano, giocato sul lavoro della slide. Every Damn Days è nuovamente un intenso blues lento, anche con uso fiati, di quelli dove la chitarra si prende i suoi spazi. Daylight, campagnola e corale, piacevole ma non memorabile, chiude, mentre la bonus-track sembra incisa in cantina e provenire da qualche bootleg.

Bella confezione digipack apribile, con libretto con i testi e traduzione italiana.

Bruno Conti