Pop, Rock (And Roll), Soul, Blues & Jazz Per Una “Piccola” Grande Band Di Culto Americana. NRBQ – NRBQ/All Hopped Up

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NRBQ – NRBQ/All Hopped Up – Omnivore Recordings

Lo scorso anno hanno già doppiamente festeggiato i loro 50 di carriera (sempre calcolati con lo spannometro), grazie alla pubblicazione del bellissimo cofanetto retrospettivo High Noon: A 50-Year Retrospective e poi ancora sul finire del 2017, con il nuovo mini album Happy Talk https://discoclub.myblog.it/2017/12/25/piccolo-ma-sincero-grande-band-nrbq-happy-talk/ . Stiamo parlando degli NRBQ (New Rhythm & Blues Quartet o Quintet, a seconda delle annate): gli inizi del gruppo vengono fatti risalire al 1965/1966 con i primi concerti, oppure dal 1967 stando al box quintuplo appena citato. Ma a livello discografico la band esordisce proprio con questo omonimo NRBQ uscito per Columbia nel 1969, che però in effetti non era mai stato pubblicato su CD. E quindi questa ristampa colma una lacuna “importante” nella loro discografia. La prima line-up storica del gruppo, quella che incide l’album ruota intorno a Terry Adams, voce e tastiere (l’unico sempre presente sino ad oggi), Joey Spampinato, basso e voce, Frank Gadler, che era il cantante, Steve Ferguson alla chitarra e Tom Staley alla batteria: un quintetto quindi, nel quale Adams era l’autore principale, Ferguson firmava un paio di canzoni come pure Spampinato, sotto lo pseudonimo di Jody St. Nicholas.

Il resto erano cover, che definire eclettiche significa diminuirne la diversità: da Sun Ra a Eddie Cochran, passando per Sonny Terry & Brownie McGhee, oltre a qualche traditional e a un brano nuovo di Adams, dove la co-autrice era la jazzista Carla Bley. E tutto funzionava alla grande, perché l’album risentito oggi, a quasi 50 anni dall’uscita, suona fresco e per nulla datato, per quanto “strano”. Il disco è prodotto dagli NRBQ ma l’ingegnere del suono che smanettava in studio era Eddie Kramer (all’epoca tra un Hendrix, uno Stones e un Led Zeppelin): il tutto veniva registrato in presa diretta e con ogni traccia incisa una sola volta, della serie “buona la prima”. Terry Adams era (ed è tuttora) un tastierista strepitoso, uno dei migliori del  rock americano, appassionato di R&R, come dimostra la cover scatenata, tutta ritmo e grinta di C’Mon Everybody di Eddie Cochran, puro power pop&roll,  Rocket Number 9 di Sun Ra (un altro dei pallini di Adams), è genio e sregolatezza, con un complesso e sghembo arrangiamento quasi zappiano (o appunto alla Sun Ra), dove brilla anche il trombone di Donn Adams.

Kentucky Slop Song con Adams che lavora di fino al piano, sta tra New Orleans R&B e roots music con la bella slide tangenziale di Ferguson che rimanda anche al funky-rock-blues dei  Little Feat; Ida, il breve brano targato Adams/Bley potrebbe essere parente del Randy Newman degli inizi, sempre rock sghembo e jazzato, mentre C’Mon If You’re Comin’ il pezzo di Terry e McGhee, è un folk blues quasi ragtime, You Can’t Hide è un vibrante rock and roll scritto da Spampinato, con slide demenziale e pianino arrapato, Spampinato che poi contribuisce con una deliziosa ballata come I Didn’t Know Myself, sempre con lampi di “stranezza”. Ferguson è il rocker della situazione, sue la brillante Stomp e la delicata Fergie’s Prayer, che sembra quasi un Jonathan Richman ante litteram. Mama Get Down Those Rock And Roll Shoes, come da titolo, è un poderoso boogie, con pianino impazzito di Adams incorporato, Hey Baby è una divertente cover di un country-rock d’annata che venne usata anche nella colonna sonora di Dirty Dancing e Stay With Me una malinconica e vulnerabile ballata pianistica che fa il paio di nuovo con certi brani di Randy Newman.

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Ma la Omnivore continua con le ristampe ed ecco arrivare ora anche All Hopped Up, il quinto album degli NRBQ, targato 1977 (ma registrato tra il 1974 e il 1976), in formazione ci sono Al Anderson alle chitarre (che se ne andrà dal gruppo nel 1993) e l’altra new entry Tom Ardolino alla batteria (scomparso nel 2012), ma il suono a grandi linee non cambia, benché sia forse più pimpante e fresco, grazie anche all’uso saltuario della piccola sezione fiati definita The Whole Wheat Horns, Donn Adams e Keith Spring: i tre leader firmano quasi tutti i brani, a cui aggiungono le solite “bizzarre” cover pescate con gusto. Si tratta del primo album pubblicato dalla loro etichetta indipendente Red Rooster, una primizia all’epoca avere una etichetta personale (se non eri Beatles, Stones o Beach Boys), con Adams e Spampinato che producono anche, tutto fatto in proprio, ma con la consueta maestria: il “quartetto” ha un suono più immediato e diretto, come testimonia la splendida Ridin’ In My Car di Al Anderson, pura e perfetta american music che non si comprende come abbia fatto a non salire ai vertici delle classifiche, oppure It Feels Good di Terry Adams, una deliziosa perla perduta dei Beatles o dei Beach Boys, e ancora la cover di Cecilia, un pezzo anni ’40 e un successo per i Bachelors e Gary U.S. Bonds, qui in una versione swingante e ricca di soul. Per non parlare di un’altra cover come Rocket In My Pocket , puro R&R che avrebbe fatto il suo figurone nel disco Boppin’ The Blues registrato con Carl Perkins  nel 1970, con lo scatenato pianino barrelhouse di Adams a duettare con la chitarra di Anderson.

Call Him Off, Rogers di nuovo di Adams è un altro luminoso esempio del pop sghembo e divertente degli NRBQ, mentre Doctor’s Wind di Joey Spampinato ne illustra il lato jazzato, quasi avant-garde, subito mitigato dalla solare Things To You, altro “pure pop for now people”, senza dimenticare la bluesata e vigorosa Help Me Somebody di Anderson, e il sixties pop delizioso di Still In School, firmato Spampinato. Honey Hush è proprio il pezzo di Big Joe Turner, jump blues fiatistico della più bell’acqua, con piano vorticoso di Adams incorporato, e Queen Talk un altro divertente swing-pop-jazz di Anderson, seguito da un breve demenziale frammento di Bonanza, sigla televisiva che i “diversamente giovani” ricorderanno sotto altra guisa meno zappiana, mentre il disco originale finisce con un’altra piccola perla di Spampinato, il jingle-jangle di That’s Allright. Se il disco non fosse già bello di suo, ci sono pure le quattro bonus: una funky e sanguigna Chicken Hearted, Do The Bump, una specie di Randy Newman in trasferta a New Orleans, She’s Got To Know altra perfetta pop song dalla penna di Spampinato, che si non ci fossero stati prima di lui i Turtles e i Lovin’ Spoonful si potrebbe pensare fosse uno stile inventato dal bassista. Chiude Start It Over, lato B di qualche ipotetico vecchio 45 dei Beatles o degli Stones di metà anni ’60, poi come dice il titolo, potete sempre ripartire ed ascoltare di nuovo, ne vale la pena.

Bruno Conti

Disco Piccolo Ma Sincero, Grande Band! NRBQ – Happy Talk

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NRBQ  – Happy Talk – Omnivore Records/Warner

La nascita della band viene fatta risalire al 1966, e come spesso capita gli NRBQ hanno quindi già festeggiato il loro 50° Anniversario con il bellissimo cofanetto High Noon – A 50-Year Retrospective, pubblicato lo scorso anno dalla Omnivore Recordings https://www.youtube.com/watch?v=9E_cltUB7Ow . Ma come si calcolano questi eventi andando a cercare proprio i primi passi dei gruppi in oggetto, così si è fatto per gli Stones che il loro quinto decennio di carriera lo hanno commemorato nel 2012, a 50 anni dalla prima apparizione sul palco del Marquee (ma il primo singolo è del 1963 e l’album del ’64), e così spesso si fa per altri artisti, in qualche caso posticipando le date, come è successo recentemente per Jeff Beck, che il concerto alla Hollywood Bowl lo ha registrato nel 2016 (e pubblicato) nel 2017, ma sui palchi, prima con i Tridents e poi con gli Yardbirds, ci saliva dal ’64-’65.

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https://www.youtube.com/watch?v=XnBYByM_PAU

Quindi come si suole dire le date sono degli optionals per le case discografiche che le utilizzano a piacere: comunque nel 1966 Terry Adams, il cantante e pianista originale della formazione c’era già, alla nascita del New Rhythm and Blues Quintet (poi Quartet), come era presente nel primo disco della band, l’omonimo NRBQ del 1969 https://www.youtube.com/watch?v=0kz6qtnlOmw , e lo è tuttora, per l’uscita di questo mini album Happy Talk, dove dei vecchi pards ormai non c’è più nessuno, alcuni morti, altri se ne sono andati, con Adams troviamo Scott Ligon alla chitarra, Casey McDonough al basso, e John Perrin, alla batteria, l’ultimo arrivato nel 2015, ma in tre brani c’è Conrad Choucroun. Lo stile non pare cambiato di una virgola nel corso degli anni, ha avuto molti alti e bassi a livello qualitativo, ma anche sulla scia della pubblicazione del box, sembrano avere ritrovato la vecchia verve, quel saper fondere rock, pop, R&B, un pizzico di jazz, folk e country, oltre ad una abbondante dose di umorismo ed allegria, e il vigore delle bar bands più classiche, in uno stile appunto che pare avere influenzato band inglesi come Brinsley Schwarz, Rockpile, e i loro leaders Nick Lowe e Dave Edmunds, NRBQ  a loro volta influenzati agli inizi dal R&R e dal jazz (nel primo disco c’era una cover di un brano di Sun Ra), ma anche splendide canzoni melodiche, come questa tratta da un finto live allo Yankee Stadium https://www.youtube.com/watch?v=Jm5nIoDviD8

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https://www.youtube.com/watch?v=R2_GsuNwPRA

Questo vizio delle cover non lo hanno mai perso, infatti nel nuovo album troviamo Only The Lonely di Roy Orbison, in una brillante versione che avrebbe fatto felice l’autore, ma anche i Beatles, o i Lowe e Costello ricordati, pop music di prima classe, semplice ma accattivante e struggente il giusto, ma anche una ripresa di Happy Talk, la title track che viene dal songbook di Rodgers & Hammerstein, e che era nel musical South Pacific, qui trasformata in una deliziosa e malinconica canzone che ricorda i suoni dei Beach Boys dell’epoca d’oro. Anche Blues Blues Blues è una cover, di tale John Locke (non quello degli Spirit), che non si da dove spunti, ma fonde le 12 battute rivisitate, il rock and roll e il rock classico con souplesse sopraffina e la giusta dose di grinta e raffinatezza, sparsa senza remore anche attraverso la 6 corde pungente di Ligon. Non manca neppure una delle loro classiche novelty song, già il titolo è un programma Yes, I Have A Banana, scritta da Ligon, McDonough e Adams, brano che esplora anche il loro lato country (grazie al pianino honky-tonk del buon Terry che è peraltro strumentista di grande valore, sentitevi l’album del 2015, Talk Thelonius, dove riproduceva a modo suo la musica di Monk https://www.youtube.com/watch?v=wjr9ufLE2_c ), divertente e dai doppi sensi inevitabili, ma suonata in modo impeccabile, come pure l’eccellente Head On A Post che sembra qualche brano perduto dei Rockpile, o degli Nrbq stessi, che in fondo questo “stile” lo hanno inventato https://www.youtube.com/watch?v=e98qWKLRpRU e sembra sappiano sempre praticarlo con la dovuta carica, non smorzata dal passare del tempo. Un album intero sarebbe stato gradito, ma ci accontentiamo.

Bruno Conti