Mai Giudicare Un Disco Dalla Faccia Del Suo Autore! Jason James – Seems Like Tears Ago

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Jason James – Seems Like Tears Ago – Melodyville CD

A vedere la faccia pulita da bravo ragazzo della porta accanto raffigurata sulla copertina di questo CD, si potrebbe pensare più ad un diligente impiegato di banca che ad un musicista country. Quando poi ho letto che Jason James è un texano doc ho iniziato a cambiare opinione, e già dopo le prime note del brano di apertura Seems Like Tears Ago (title track dell’album) i miei dubbi sono stati completamente fugati, in quanto mi sono trovato di fronte ad una scintillante honky-tonk ballad d’altri tempi, con grande uso di steel, violino e coretti anni sessanta. Jason James è proprio questo, uno che fa del vero country come si faceva una volta e che oggi purtroppo non fa quasi più nessuno, un musicista cresciuto a pane e George Jones, Webb Pierce, Ray Price oltre naturalmente a Hank Williams.

Se lo stile è antico, il suono è però attuale, con sessionman capaci di dare al disco quella marcia in più che valorizza i dieci brani in esso contenuti (tutti peraltro originali), gente che suona con grande padronanza e disinvoltura come Cody Braun (dei Reckless Kelly) al violino, T Jarrod Bonta al piano, John Evans alla chitarra (e produzione) e l’ottimo Geoff Queen alla steel. Seems Like Tears Ago segue di ben cinque anni l’omonimo esordio di James, e si rivela un album gradevolissimo e da ascoltare tutto d’un fiato, un lavoro di country classico non rielaborato in chiave moderna, ma proposto esattamente come si faceva sessanta anni fa. Della title track ho già detto, I Miss You After All ha un tempo più veloce ed una melodia squisita, puro honky-tonk texano del tipo che uno come Dale Watson canta sotto la doccia, ancora con la steel protagonista; Move A Little Closer è più elettrica e roccata e sfiora il territorio di Waylon, un brano diretto e coinvolgente fin dall’attacco: Jason è bravo, anzi molto bravo, ed il suo è country purissimo ed immacolato, da vero texano.

La saltellante We’re Gonna Honky Tonk Tonight è semplicemente deliziosa e sembra trarre ispirazione direttamente dal grande Hank, la languida Achin’ Takin’ Place mostra il lato tenero del nostro ma sempre con la barra dritta, senza cadute di tono o sdolcinature, mentre Simply Divine, di nuovo introdotta dalla steel, resta sul versante melodico-sentimentale, un pezzo che piacerebbe molto a Raul Malo e Chris Isaak. La pianistica Coldest Day Of The Year ha una delle melodie migliori e rimanda ancora ai grandi classici come i già citati Jones, Price ed anche il Merle Haggard più romantico, e si contrappone con la vivace Cry On The Bayou, dal ritmo sostenuto ed un arrangiamento cajun che fa muovere il piedino; il CD, 32 minuti spesi benissimo, termina con Foolish Heart e Ole Used To Be, due honky-tonk songs dal sound classico al 100% che confermano Seems Like Tears Ago come uno dei più piacevoli album di vero country pubblicati ultimamente.

Marco Verdi

Ottimo Rockin’ Country Tutto Texano. Drew Fish Band – Wishful Drinkin’

drew fish band wishful drinkin'

Drew Fish Band – Wishful Drinkin’ – Reel CD

Primo album per Drew Fish, altro giovane countryman proveniente da quella fucina di talenti che è il Texas, dopo un paio di EP usciti nel 2014 e 2016. Wishful Drinkin’ è un esordio col botto, un disco di puro country-rock texano di quelli che fanno saltare sulla sedia fin dal primo ascolto, in cui non manca l’apporto di violini e steel ma a dominare sono le chitarre ed il ritmo. Il suffisso “Band” fa figo e non impegna, dato che in realtà Drew è un solista che usa una lunga serie di sessionmen bravissimi anche se poco conosciuti, a parte Cody Braun dei Reckless Kelly e la cantante Pam Tillis, ma alla fine quello che più importa è che Wishful Drinkin’ è tra i migliori album di country elettrico da me ascoltati ultimamente, dieci brani originali dove, a parte un paio di ballate, il ritmo ed il feeling la fanno da padroni. La produzione poi è nelle sapienti mani di Adam Odor, che in passato ha collaborato con Dixie Chicks, Jason Boland, Pat Green e Randy Rogers, e che ha saputo valorizzare al massimo il suono diretto e potente del nostro.

Non c’è molto altro da dire, se non lasciare spazio alle canzoni dell’album, che iniziano alla grande con Lone Star Saturday Night, un country’n’roll irresistibile dal gran ritmo, voce sicura, chitarre in tiro ed il violino che fende l’aria, un avvio decisamente trascinante. La title track è un vivace honky-tonk elettrico sempre con il ritmo accentuato ed un gustoso botta e risposta a suon di riff tra chitarra elettrica e steel; la prima ballata è Every Damn Time, con il violino che si fa suadente ma la strumentazione resta asciutta e diretta e la seconda voce della Tillis aggiunge il tocco di soavità, ma con Better Place riparte subito il trip elettrico, un delizioso e cadenzato brano dal sapore western servito da una melodia vincente (e le chitarre, steel compresa, continuano a fare il loro lavoro alla grande). Devil You Know è un boogie-swing texano al 100% con il solito gran ritmo (non è più una sorpresa), train sonoro coinvolgente ed ottimi interventi di violino e pianoforte. 

Another You è un lento elettroacustico intenso e con tutti i suoni a posto, anche se io Drew lo preferisco in pezzi come la seguente High Rolling Home, altro rockin’ country decisamente elettrico e dal mood contagioso (con tracce di Waylon e Billy Joe Shaver): sentire per credere. One Beer At A Time è potente, grintosa e con una chitarra che cavalca il ritmo per tutta la durata del brano; il CD termina con Baby Just Let Go, ballatona elettrica davvero bella ed evocativa, e con la strepitosa Waiting For The Sun, puro country & western sferzato dal vento che evoca paesaggi a perdita d’occhio tra rocce, canyon, cactus e pompe di benzina abbandonate. Drew Fish Band: segnatevi questo nome, ne sentiremo parlare ancora.

Marco Verdi