E Da Questo Disco In Poi La Sua Carriera Cambiò Passo! Dave Alvin – King Of California 25th Anniversary

dave alvin king of califonia front dave alvin king of califonia cd

Dave Alvin – King Of California 25th Anniversary – Craft/Universal CD

All’indomani dello scioglimento dei Blasters avvenuto a metà degli anni ottanta, tutti avrebbero scommesso su una fulgida carriera del cantante del gruppo, Phil Alvin, che invece si infilò in un vicolo cieco ed è tuttora fermo a County Fair 2000 del 1994 (anche se ci sono state reunion sporadiche con gli stessi Blasters, con o senza Dave Alvin, ed i due recenti album proprio in duo con il fratello). Quello che invece ha avuto un percorso costante e fatto di album di qualità media sorprendentemente alta è stato proprio Dave, che nei Blasters era il chitarrista e l’autore delle canzoni: mancava la voce, ma fin dal suo debutto solista Romeo’s Escape (Every Night About This Time in Europa) rivelò di possederne una bellissima, profonda e baritonale, completamente in contrasto con quella nasale ed un po’ chioccia di Phil. I due lavori successivi, Blue Blvd. e Romeo’s Escape, erano due ottimi esempi di rock americano al 100%, ma è con King Of California del 1994 che Dave fece il botto (di critica, non di vendite purtroppo), un album davvero splendido, uno dei primi e più fulgidi esempi di quel roots-rock che nei primi anni novanta andava per la maggiore in decisa contrapposizione con l’imperante movimento grunge. Prodotto da Greg Leisz, King Of California vedeva Dave rivisitare alcune pagine del suo passato, proporre una manciata di cover ed anche introdurre un paio di pezzi nuovi, ma con un approccio perlopiù acustico ed una visione che andava dal folk al blues al country, in cui il rock veniva solo sfiorato.

Da lì in poi Dave venne giustamente considerato come uno dei principali esponenti del rock d’autore made in USA, ed oggi la Craft, etichetta distribuita dalla Universal (in origine il CD uscì per la Hightone), ristampa quel disco fondamentale per il venticinquesimo anniversario, rimasterizzandolo ad arte ed aggiungendo tre bonus tracks. E, se possibile, King Of California è cresciuto ancora in tutti questi anni migliorando ulteriormente: le sonorità cristalline ad opera di Dave (che qui suona solo la chitarra acustica) e di Leisz, superbo musicista che si occupa di tutti ali altri strumenti a corda, risplendono magnificamente anche a distanza di cinque lustri, grazie alla bravura degli altri sessionmen coinvolti (tra cui segnalerei Bob Glaub e James Intveld al basso, Donald Lindley alla batteria, Skip Edwards alla fisarmonica ed organo e Steve Van Gelder al violino) e soprattutto alla bellezza delle canzoni. Come ho accennato prima i brani nuovi sono soltanto due ed il primo è proprio la title track con la quale inizia l’album, una splendida folk ballad con il vocione caldo di Dave a tessere un motivo che profuma di tradizione, con il solo accompagnamento di una chitarra acustica arpeggiata con forza, la slide acustica e il mandolino di Leisz ed una leggera percussione; anche meglio Goodbye Again, meravigliosa canzone dal sapore messicano in cui Alvin duetta con Rosie Flores (che è anche co-autrice del pezzo), una melodia cristallina e grande lavoro di fisa di Edwards: grandissimo brano, me lo ero (colpevolmente) dimenticato.

Dave ripropone anche un paio di pezzi dai suoi primi album solisti: Fourth Of July rimane una splendida canzone anche in questa versione più roots, con ritmo sempre sostenuto ed ottime parti di chitarra (l’elettrica è di Leisz) ed organo, ed anche Every Night About This Time non è da meno neppure in questa rilettura lenta ma piena di pathos, dotata di un crescendo degno di nota. Alvin ci delizia poi con quattro cover: una gustosa East Texas Blues (di Whistlin’ Alex Moore) eseguita in totale solitudine, voce e chitarra alla Mississippi John Hurt, una bellissima Mother Earth di Memphis Slim, sempre blues ma con un godurioso arrangiamento a base di slide acustica, mandolino, basso e batteria (e sentori di old-time music), la tenue Blue Wing, scritta dall’amico Tom Russell ma fino a quel momento inedita (un tipico pezzo del cantautore californiano, con profumo di frontiera), ed uno splendido duetto con Syd Straw sulle note di What Am I Worth (vecchio brano di George Jones), versione formidabile che mantiene intatto lo spirito country dell’originale. Dulcis in fundo, Dave riprende in mano cinque canzoni dei Blasters, a partire da Barn Burning, originariamente una robusta rock song che qui viene spogliata di ogni parte elettrica ma mantiene il suo approccio coinvolgente, diventando uno scintillante boogie acustico (con sezione ritmica) degno di un consumato bluesman. Bus Station diventa una deliziosa country ballad con tanto di steel e fisarmonica, Little Honey un folk elettrificato di grande forza e guidato dalla slide elettrica di Leisz, degna di Ry Cooder, mentre (I Won’t Be) Leaving è un lento fluido e disteso.

Ma il vero capolavoro di re-interpretazione è senza dubbio la celebre Border Radio, che da scatenato rock’n’roll si trasforma in una folk ballad lenta e di incredibile intensità, con solo due chitarre, un basso ed un feeling enorme: praticamente un’altra canzone. Le bonus tracks iniziano con l’inedita Riverbed Rag, squisito strumentale di stampo bluegrass, un brano originale di Dave che sarebbe stato benissimo nell’album del 1994, con Leisz strepitoso al dobro; The Cuckoo è un traditional in duetto con Katy Moffatt (tratto da un album della cantante texana), bellissima e folkeggiante, mentre il CD si chiude definitivamente con la toccante rilettura da parte di Dave di Kern River, brano di Merle Haggard di recente incluso anche nel tributo dedicato dalla Ace al grande countryman, Holding Things TogetherKing Of California si conferma quindi in tutto il suo splendore anche dopo 25 anni, anzi forse è ancora più bello: se uscisse oggi sarebbe disco dell’anno a mani basse.

Marco Verdi

Palla Al Centro…E Una Bella Chitarra! Rosie Flores – Working’s Girl Guitar

rosie flores working.jpg

 

 

 

 

 

 

Rosie Flores – Working’s Girl Guitar – Bloodshot Records

Spiego subito il titolo (vero, Marco?). Nel 1986 usciva una bellissima compilation intitolata A Town South Of Bakersfield, l’etichetta era l’Enigma Records, poi sarebbe uscito anche il CD, per la Restless, con il secondo volume aggiunto (e ce n’è stato pure un terzo meno valido). Su quel disco muovevano i primi passi quelli che sarebbero stati i campioni del country “alternativo” degli anni a venire: c’erano Jim Lauderdale, Candye Kane, Katy Moffatt, Lucinda Williams, Dwight Yoakam e Rosie Flores (insieme a molti altri di cui si sono perse le tracce). La Warner, su etichetta Reprise, mise sotto contratto entrambi, e nel 1986 uscì il primo disco di Yoakam, Guitars, Cadillacs, Etc., Etc. mentre l’anno successivo usciva Rosie Flores, l’omonimo debutto della nostra amica, sempre con la produzione di Pete Anderson e Rosie veniva presentata dalla stampa (e dalla casa discografica) come la risposta femminile a Dwight. Inutile dire (la storia è sempre quella) che a seguito delle non congrue, per l’etichetta, vendite dell’album, la Flores venne mollata all’istante. Comunque quel disco è rimasto un piccolo classico del genere, ristampato più volte in CD, prima dalla Rounder nel 1997 con il titolo Honky Tonk Reprise e con 6 tracce aggiunte e nel 2008 dalla American Beat Records nella sua forma originale.

Già ma genere era? Un misto di country “californiano” per la spinta di Anderson, unito alle radici musicali della Flores, una nativa texana, con abbondantissime spruzzate di rockabilly, rock and roll, la giusta dose di roots music, il tutto condito da una bella voce squillante, innamorata di Elvis, della female Elvis (ma allora è un vizio!) Janis Martin (ma anche Wanda Jackson non scherzava!) e con una passione anche per i Beatles e le belle melodie in generale. E, il che non guasta, anche un notevole virtuosismo alla chitarra. Chitarra, una copia di Telecaster denominata James Trussart Deluxe Steel Topcaster, che troneggia anche nella copertina del suo nuovo CD, Working’s Girl Guitar, che la riporta in parte ai fasti dei primi dischi, oltre al già citato esordio anche gli ottimi After The Farm e Little Bit Of Heartache. Già il precedente Girl Of The Century, pubblicato sempre dalla chicagoana Bloodshot Records nel 2009, mostrava segnali di risveglio ma questo nuovo dischetto, nei suoi 33:18, mi sembra più che buono.

Dalle cavalcate chitarristiche (ma non solo) della “galoppante” title-track dove Rosie Flores, oltre alla sua perizia alla lead guitar mette a frutto l’eccellente gruppo che la accompagna, Tommy Vee e Noah Levy a basso e batteria, le tastiere affidate a T Jarrod Bonta e Red Young, oltre al grandissimo, come sempre, Greg Leisz alla pedal steel. La Flores, a dispetto dei 62 anni compiuti (sono veramente maleducato, sempre a dire l’età delle signore!), mostra ancora una grinta invidiabile. Le “libidini chitarristiche” vengono reiterate nella potente Little But I’m Loud, con i backing vocals di una brava Teal Collins. Ma anche quando i ritmi rallentano, come nella bellissima ballata Yeah yeah, dove il country di gran classe, contrassegnato dalla deliziosa pedal steel di Leisz, incontra le melodie di John Lennon, per un brano sognante e delicato che ricorda i brani della maturità del grande John. I titoli sono invertiti nella copertina ma Surf Demon #5, come da titolo, è un divertente strumentale a tempo di surf dove tutto il gruppo ha l’occasione di mettersi in mostra. Mentre Drugstore Rock And roll è il sentito omaggio al brano più celebre di quella Janis Martin citata prima, “it’s only R&R but we like it”.

Love Must Have Passed By è una cover di un vecchio brano, quelli romantici e strappalacrime dell’era pre-Beatles, scritto da tale Robert Thomas Velline, in arte Bobby Vee, che è presente anche in questa versione come seconda voce (in fondo ha più o meno l’età dei vari McCartney, Jagger, Richards, Dylan & co.). Se anche il brano successivo ha un’aria familiare è perche si tratta di uno dei brani del primo Elvis Presley (che sarebbe il “male Janis Martin”), classe ’56, e anche in questo caso Rosie Flores conferma di meritare il suo appellativo di controparte femminile di Dwight Yoakam con il suo stile sincopato e vigoroso. If (I Could Be With You) è una cover di un bel brano R&B scritto da Lavelle White e cantato con passione dalla Flores. Che nel finale estrae il classico cilindro dal coniglio (o è viceversa?) con una bella versione, jazzy e notturna, di While My Guitar Gently Weeps, sempre Beatles ma George Harrison, se il brano è bello lo puoi fare a tempo di tarantella, samba o flamenco, ma se hai talento viene sempre bene. E a Rosie Flores certo il talento non manca. Sarà il classico dischetto di “culto” ma si ascolta con piacere, palla al centro!

Bruno Conti