Un Piccolo Grande Gruppo Conferma La Propria Classe. The Hold Steady – Open Door Policy

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The Hold Steady – Open Door Policy – Positive Jams/Thirty Tigers

Li avevamo lasciati nell’estate del 2019 con l’ottimo Thrashing Thru The Passion, un CD che mescolava materiale nuovo a canzoni che erano uscite solo in digitale tra il 2017 ed appunto il 2019 https://discoclub.myblog.it/2019/10/21/ottimo-ritorno-per-la-band-di-brooklyn-peccato-per-la-scarsa-reperibilita-the-hold-steady-thrashing-thru-the-passion/ . Album che confermava la ritrovata vena della band newyorchese dopo il rientro in formazione del tastierista Franz Nicolay, e che riportava gli Hold Steady ai fasti della prima decade degli anni 2000. Comunque nel frattempo Craig Finn, la vera mente del gruppo, ha avviato anche una proficua carriera solista, che conta già quattro album. Dopo l’album precedente, per variare il loro approccio, i sei musicisti sono tornati ad applicare il formato del disco classico: due sessions di studio, una ad agosto, l’altra a dicembre del 2019, con delle seguenti verifiche insieme al loro produttore Josh Kaufman, per decidere quali brani rifinire per poi pubblicarli su quello che sarebbe diventato Open Door Policy. Nel mezzo c’è stata anche la lunga pausa causata dalla pandemia, ma alla fine quella che abbiamo tra le mani è un’altra piccola opera d’arte rock che conferma il valore della band di Brooklyn: Sid Selvidge e soprattutto Tad Kubler, sono i due chitarristi che costituiscono gli altri punti di forza della formazione, che è completata dal batterista Bobby Drake e dal bassista Galen Polivka, in un approccio che a grandi linee ricorda quello della E Street Band, o dei Rumour di Graham Parker, classico R&R con influenze sixties, ma nel caso degli Hold Steady anche le loro radici nel punk, che fanno sì che il suono sia quasi sempre energico e potente, lasciando comunque ampio spazio allo stile compositivo composito e geniale di di Finn.

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Nel nuovo album, a differenza dei precedenti, questa volta praticamente (quasi) non ci sono le loro classiche ballate, ma si rimedia con una serie di pezzi ad alto contenuto adrenalinico, caratterizzati dal tipico cantar parlando del leader Craig Finn. Dieci tracce in tutto, oltre alla bonus Parade Days, presente solo nella versione per il download digitale, quaranta minuti scarsi di musica, però belli compatti e senza sbavature: si parte con The Feelers un brano che inizia appoggiandosi sul piano di Nicolay, a tempo di ballata, ma poi accelera subito, diventando una canzone epica, molto vicina ai pezzi rock cantautorali alla Springsteen, entra l’organo, poi una slide che definisce la parte centrale, tra accelerazioni e rallentamenti continui, che tengono desta l’attenzione dell’ascoltatore, grazie ad un arrangiamento maestoso e curato, in virtù del lavoro prezioso di Kaufman, partenza splendida  ; nella successiva Spices, dopo un inquietante riff della chitarra di Kubler, il tempo accelera di nuovo, entrano i fiati di Stuart Bogie, Ray Mason e Jordan McLean, che danno profondità e melodia al brano, peraltro sempre incalzante nel suo dipanarsi https://www.youtube.com/watch?v=w3Bf8zLEqWk . I personaggi delle canzoni di Finn sono sempre ben definiti, come l’attore che cerca la sua strada in Lanyards, vestiti dalla musica urgente ma raffinata come in questo caso, dove tastiere e chitarre si dividono gli spazi, in un crescendo lento ma inesorabile, nel quale si inseriscono anche le voci di supporto di Annie Nero e Cassandra Jenkins, le due eccellenti coriste https://www.youtube.com/watch?v=8Fcj0xB1ZRk ; i riff esaltanti e travolgenti di chitarre, tastiere e fiati della turbolenta Family Farm ricordano tanto il punk “intellettuale” dei Replacements quanto il primo Springsteen, ma alla fine è classico Hold Steady sound, il loro marchio di fabbrica, a prevalere in questa cavalcata che emoziona l’ascoltatore anche più distratto https://www.youtube.com/watch?v=QDLGG1ZsdNw .

photo Adam Parshall

photo Adam Parshall

Unpleasant Breakfast ha un ritmo più frammentato e disomogeneo, spesso con riff che ti attraversano da destra e manca, i fiati che sottolineano, come pure la sezione ritmica, e tanti piccoli particolari gettati con noncuranza nell’arrangiamento comunque complesso e coinvolgente, prima del finale veemente; l’organetto di Nicolay che introduce l’euforica Heavy Covenant poi si frantuma negli innumerevoli rivoli del suono, dai fiati alla chitarra insinuante di Kubler, il declamare di Finn che racconta le vicende di questo venditore di computer dai vizi nascosti https://www.youtube.com/watch?v=KktO5nlLT0c , mentre The Prior Procedure ha tratti decisamente più rock, con sventagliate ed assoli delle chitarre sottolineate dal pianino di Franz e dai fiati springsteeniani, altro grande brano. Riptown nella sua andatura ricorda moltissimo quella delle canzoni di Graham Parker con i Rumour, con una bella melodia che si insinua “subdolamente” nel tuo subconscio e non ti molla più, come i soliti fiati onnipresenti che coloriscono il suono https://www.youtube.com/watch?v=GeFOv_tAxa4 , Me And Magdalena è la storia di una ragazza che si innamora di un junkie, un drogato, altro personaggio ai margini, sottolineato dalla musica complessa ed inquietante degli Hold Steady, arricchita dalle percussioni di Matt Barrick e da un breve assolo torcibudella di Kubler. Per il sereno finale ci si affida al piano elettrico di Nicolay che in Hanover Camera trova un timbro splendido, arricchito dalle sventagliate di fiati e chitarre e dal pulsare inesorabile del basso di Polivka https://www.youtube.com/watch?v=_JkOBD1Cacc , a conferma della grande ecletticità di questa piccola “grande” band from Brooklyn, New York City, ormai una garanzia per chi ama il buon rock

Bruno Conti

Ottimo Ritorno Per La Band Di Brooklyn, Peccato Per La Scarsa Reperibilità. The Hold Steady – Thrashing Thru The Passion

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The Hold Steady – Thrashing Thru The Passion – Frenchkiss Records

Sono passati cinque anni dalla pubblicazione dell’ultimo album degli Hold Steady, Teeth Dreams, un buon disco che aveva ricevuto critiche positive https://discoclub.myblog.it/2014/05/29/buongustai-del-rock-americano-the-hold-steady-teeth-dreams/ , ma che forse non raggiungeva le vette di quelli del periodo 2006-2008, Boys And Girls In America (forse il migliore) e Stay Positive: poi la band aveva pubblicato un live e ad inizio 2010 il pianista Franz Nicolay (che era l’altra stella del gruppo) aveva annunciato il suo abbandono. Nel frattempo, nel 2012, Craig Finn aveva iniziato anche una carriera solista parallela, che finora ha visto l’uscita di quattro album, l’ultimo dei quali, l’ottimo I Need A New War, è uscito da pochissimo, a fine aprile, e nel 2016 Nicolay è rientrato in formazione, portando la line-up a sei elementi. In questi anni in cui Finn pubblicava i suoi dischi solo, comunque la band , dalla fine del 2017, ha iniziato a pubblicare nuove canzoni, solo a livello digitale. Due a fine 2017, altre due l’anno successivo, e una a marzo di quest’anno, tutti  brani inseriti nella seconda parte del nuovo album Thrashing Thru The Passion che, per chi non ama il download e quindi non conosceva già le canzoni, suona fresco e pimpante, come nelle loro migliori prove.

Il “solito” rock americano dove confluiscono le immancabili influenze springsteeniane, quelle del rock di Minneapolis, ma anche del primo Graham Parker, con in più i testi visionari e complessi di Finn, e quel suo tipico e laconico cantar parlando, mentre intorno ribolle il rock veemente creato dalla band che ogni tanto si stempera anche in splendide ballate. Il nuovo CD è edito dalla loro etichetta personale, quella che pubblicava i dischi ad inizio carriera, quindi un ritorno alle origini, come certifica anche il sound, a partire dalla iniziale Denver Haircut, energica anziché no, con Tad Kubler e Steve Selvidge che strapazzano le loro chitarre, mentre il batterista Bobby Drake percuote i suoi tamburi con voluttà, un pezzo degno di uno dei suoi eroi come Springsteen; anche Epaulets (ovvero “spalline”) ricorda il Boss, grazie all’uso dei fiati, ma forse ancor di più il Graham Parker anni ’70, con Nicolay che continua il suo ottimo lavoro al piano.

You Did Good Kid, il recente singolo, non entusiasma, troppa confusione e poca melodia, ma alla fine si ascolta con attenzione per i suoi ritmi sghembi, mentre Traditional Village, con intrecci di piano, chitarre e sax, ed un ritmo incalzante. ricorda ancora il Bruce anni ’80, sempre con il parlar cantando di Finn in evidenza; Blackout Sam è l’unica ballata, che narra di un pianista che si crede Randy Newman, introdotta dal piano di Nicolay poi entra il resto della band, mentre Franz lavora di fino anche all’organo, infine arriva il sax e il brano diventa sempre più intenso ed appassionato, fino all’intervento delle chitarre soliste gemelle, bellissima. Questi sono i pezzi “nuovi”, esclusivi per l’album, vediamo il resto:

T-shirt Tux, tutta riff e un groove alla Thin Lizzy, quando Lynott impiegava il suo stile più springsteeniano (eccolo di nuovo), non è mera imitazione, Finn ha una sua personalità, ma i punti di contatto ci sono, con piano e chitarre che impazzano di nuovo https://www.youtube.com/watch?v=qiRCCfQOrUk , con la precedente Entitlement Crew che è un altro incalzante e impetuoso rocker nella migliore modalità degli Hold Steady, batteria pimpante, organo vintage e fiati travolgenti. Star 18 cita nel testo Mick Jagger, Peter Tosh e pure gli Hold Steady, con Kubler che inchioda un ottimo breve assolo e Drake e il bassista Galen Polivka, che tengono il ritmo sempre alla grande, mentre Finn declama da par suo; The Stove And The Toaster è un altro poderoso esempio di ottimo rock and roll, con il basso che pompa di brutto, la batteria ovunque, i fiati all’unisono che impazzano, e un altro assolo da sballo di Kubler a seguire un breve intermezzo delle tastiere di Nikolay https://www.youtube.com/watch?v=L9tu5Jv-j4I . Chiude un altro pezzo tutto riif,  Confusion In The Marketplace con una dichiarazione di intenti finale di Craig Finn , “I don’t want to dick around/I just want to devastate.”

Bentornati. 

Bruno Conti