Ci Ha Lasciato Anche “The Screaming Eagle Of Soul”, Il 23 Settembre E’ Morto Charles Bradley, Un Breve Ricordo!

charles bradley

Questo ricordo di Charles Bradley è ricavato da alcuni Post che gli avevo dedicato in passato sul Blog e che vi ripropongo in versione aggiornata.

Questo signore ha aspettato di arrivare alla rispettabile età di 63 anni prima di pubblicare il suo primo disco,  No Time For Dreaming, quindi figuriamoci se si offende perchè il sottoscritto lo ha fatto attendere alcuni mesi prima di decidersi a recensirlo. Intanto diciamo subito che è bellissimo e valeva l’attesa, si tratta di uno dischi soul migliori dell’anno 2011. La Daptone Records (l’etichetta di Sharon Jones e di Naomi Shelton) se lo è “giocato” con calma, pubblicandogli un 45 giri ogni 2 anni circa dal 2002 al 2010 per un totale di sette, poi, sempre affiancato dalla Menahan Street Band (che sono bianchi fuori ma neri dentro), ha deciso che era il momento di fare uscire l’album completo. Vogliamo chiamarlo retro-soul pensando di offenderlo? Con una voce così, nata da mille “battaglie” vissute tra i più disparati lavori per sbarcare il lunario, Charles Bradley non fa certo mistero di quali siano le sue preferenze musicali e basta guardarlo per capire.

Trattasi di soul, infatti lo chiamano “The Screaming Eagle Of Soul” e nella sua voce ci sono echi di Otis Redding, James Brown (il suo idolo), Marvin Gaye (più a livello musicale che vocale ma anche…), sicuramente Al Green, un pizzico abbondante di Wilson Pickett, mica pischelli qualsiasi. A furia di aspettare di pubblicare il suo album, questo genere, nei corsi e ricorsi, è tornato di moda quindi Bradley al momento è perfetto. E i fiati, le chitarre, l’organo, le voci delle coriste, la ritmica rimbombante della Menaham Street Band richiama alla mente Booker T & the Mg’s, i Mar-Keys, il vecchio Isaac Hayes nella sua veste di arrangiatore. Ci sono brani più belli e vissuti, come l’iniziale The World (Is Going Up In Flames), la straordinaria Lovin’ You, Baby che se Otis fosse ancora vivo avrebbe fatto sua, i temi sociali alla Marvin Gaye di The Golden Rule (e anche quel tipo di ritmi) ma cantati con la grinta di un Wilson Pickett. Momenti più leggeri, tipo The Telephone Song che sembra una versione di Buonasera dottore di Claudia Mori rivista in un ottica maschile e black, ma molto migliore dell’originale. La ballata sofferta alla Al Green di I Believe In Your Love, con un giro di basso strepitoso e coriste e fiati ai limiti della perfezione.

Il funky reiterato alla James Brown della gagliarda title-track e lo slow fantastico (sempre vicino alle tematiche dei lentoni à la Brown) con una chitarrina col reverbero sfiziosa che contrappunta, insieme ai fiati, “l’urlato” di Bradley. In You I Found Love, con i suoi fiati sincopati è un’altra variazione sul tema della perfetta canzone soul da declamatore/urlatore più Wilson che Otis ma con con gli ottoni sempre di provenienza Stax. Eccellente anche Why Is it So Hard, altro brano con il testo che si immerge nel sociale e la musica che sprofonda sempre più nel soul, “deep” come non mai. La chitarrina acustica, i ritmi latineggianti, il classico organo hammond, le percussioni e i fiati che entrano in sequenza nello strumentale Since Our Last Goodbye rimandano più ai Mar-Keys che agli Mg’s ma sempre di piacevolissima musica parliamo.Sarà tutto un gioco di rimandi e citazioni come nella conclusiva Heartaches And Pain, che ci riporta nuovamente al miglior Otis Redding ma lasciamoli “citare” ed essere derivativi se il risultato è questo, meglio retro che avant-soul mille volte se sono così bravi.

Per la serie, bravi, fateci incazzare anche proprio voi della Daptone che siete i paladini del vinile, la “nuova” versione per il download dell’album aggiunge alla tracklist le cover di Heart Of Gold di Neil Young e Stay Away dei Nirvana (anche se pare che ci sia nel LP un codice per il download gratuito dei 2 brani). Comunque, in ogni caso, la versione in CD da dodici brani basta e avanza, è di un “derivativo” mostruoso ma così autentico che sembra quasi vero e si gode come ricci sempre quando c’è buona musica!

charles bardley changes

Charles Bradley aveva esordito nel 2011, a 63 anni, con l’album No Time For Dreaming uscito per la meritoria etichetta Daptone (quella di Sharon Jones, anche lei scomparsa alla fine dello scorso anno), o meglio per la divisione Durham Records. Poi, il figlio illegittimo nato dall’unione tra James Brown e Otis Redding (non si può? Scusate!), con qualche gene di Wilson Pickett e Marvin Gaye caduto casualmente nella provetta, aveva confermato il suo talento pubblicando il secondo album, Victim Of Love, nel 2013, e quell’anno, ad inizio novembre era anche passato dal Bloom di Mezzago, dove avevo avuto il piacere di vederlo in concerto. In precedenza, nel 2012 era uscito Soul of America, un eccellente documentario sulla sua vita, e nell’aprile 2016 Changes, quello che rimarrà il suo ultimo album. Poi nel mese di agosto gli venne riscontrato un cancro al fegato e dovette sospendere il suo tour mondiale e tutte le sue altre attività. Da allora non si è più ripreso, fino alla scomparsa avvenuta alla età di 68 anni sabato 23 settembre in quel di  Brooklyn, New York, dove viveva da parecchi anni. Riposa In Pace Vecchia Aquila Del Soul!

Bruno Conti

Forse Fin Troppo Vintage, Ma Sempre Una Gran Voce Soul! James Hunter Six – Hold On!

james hunter six hold on

The James Hunter Six – Hold On! – Daptone Records

Noterete che nel titolo del Post ho detto forse, perché James Hunter,  a ben guardare, non vive di suoni del passato, ma abita in una sorta di mondo parallelo, dove Sam Cooke, Jackie Wilson, Ray Charles, Bobby “Blue” Bland, Solomon Burke e James Brown sono vivi e vegeti, e la “modernità” al limite può essere rappresentata da un giovane Van Morrison, che poi in effetti è stato il mentore e poi lo sponsor di Hunter, nell’aiutarlo a lanciare la sua carriera solista. Carriera iniziata nei lontani anni ’80 quando James, con lo pseudonimo di Howlin’ Wilf, muoveva i primi passi in questo mondo parallelo dove la musica era addirittura quella degli anni ’50, il primo R&B, il rock and roll primevo, i primissimi sommovimenti della soul music, un suono più crudo e meno rifinito rispetto a quello attuale, nel primo disco attribuito a Howlin’ Wilf & The Veejays  pubblicato nel 1986 dalla Big Beat, etichetta della Ace, alla quale Hunter aveva mandato dei demo. Il disco, Cry Wilf!, uscì all’inizio solo in vinile e la versione in CD solo dal 2006, ma è tuttora in catalogo, come pure un bellissimo DVD dal vivo Ya Ya, in circolazione dal 2007 per la Cherry Red https://www.youtube.com/watch?v=1fe03WPirlQ . Questi sono gli inizi, poi usciranno anche un EP, un disco dal vivo ed un altro album omonimo, mai ristampati in compact, prima che nel 1991 inizi la collaborazione con Van Morrison, che lo vuole con sé dal vivo, prima nel 1991 per alcune date e poi nel tour da cui verrà tratto A Night In San Francisco del 1994, e poi ancora in un paio di brani in Days Like This, dove appare con il suo vero nome di James Huntsman.

Van Morrison, che ha definito Hunter una delle migliori voci e dei segreti meglio custoditi del R&B britannico, poi renderà il favore apparendo come ospite, insieme a Doris Troy, nel disco di esordio di James Believe What I Say, dove addirittura i due duettano in Turn On Your Love Light https://www.youtube.com/watch?v=1QkMpMAteqU  Ain’t Nothin’ You Can Do. Poi, dopo un passaggio alla Ruf, Morrison gli farà avere un contratto alla Universal/Concord dove il nostro pubblicherà tre album, l’ultimo come The James Hunter Six, Minute By Minute, prodotto da Gabriel Roth, il co-fondatore della Daptone Records, che oltre ad essere di nuovo dietro alla console anche in questo Hold On!, lo pubblica pure per la propria etichetta. Anzi, per questo sesto album di James i due addirittura hanno deciso di optare per la registrazione su un vecchio nastro a 8 piste e in mono (e per quello al’inizio uso quel fin troppo, che però vuole essere assolutamente benevolo). Fin dal disco del 2006 People Gonna Talk Hunter esegue solo canzoni scritte di proprio pugno, niente cover, ma il profumo che si respira è ovviamente quello dei vecchi dischi della Brunswick (l’etichetta di Jackie Wilson), della SAR (quella di Sam Cooke), della Chess o della Stax, puro soul, ma arricchito da innesti twist, boogaloo, ska, blues, qualche tocco da crooner e tanta classe, oltre ad una voce melismatica ed espressiva come poche ce ne sono in giro nell’attuale panorama della musica, bianca o nera.

Sono dieci brani, per poco più di mezz’ora di musica, ma tutti da gustare con grande piacere, grazie anche all’eccellente band, con due fiati, un tastierista, molto bravo al piano e ottimo all’organo, e lo stesso Hunter alla chitarra: si parte sparati con il cantante di Colchester, dalla voce rauca e poderosa che. nel primo brano If That Don’t Tell You convoglia gli aspetti istrionici del grande vocalist Jackie Wilson, tra urletti e ritmi scatenati a colpi di sax e organo, per poi regalarci una splendida This Is Where We Came In , dove tra cha-cha-cha, bossa nova e soul, sembra di ascoltare un rinato Sam Cooke, con la sua voce splendida e vellutata, arricchita dai coretti dei backing vocalists, tra doo-wop e gospel, e quei whoo-whoa che erano il marchio di fabbrica del cantante di Clarksdale, delizioso anche il lavoro al piano di Andrew Kingslow; (Baby) Hold On. decisamente più mossa, è un bel soul-twist, dove sax, chitarra e ritmica ben spalleggiano il pirotecnico vocalismo del nostro amico https://www.youtube.com/watch?v=tsW1lq__vws . Something’s Calling, il primo singolo è una ballata soul, quasi da crooner https://www.youtube.com/watch?v=YCQsjLsVX8M , come amava anche Cooke, ma qui la voce è più profonda e vellutata, potrebbe ricordare Chuck Jackson,  grande cantore dell’uptempo soul newyorkese, magari meno noto ai più, ma è quello di Any Day Now I keep fogettin’ (l’ha incisa pure Bowie). A Truer Heart è un altro delizioso brano soul, con leggeri tocchi ska, sempre contrappuntato dai quei coretti che si insinuano sotto pelle e un breve break di armonica nella parte centrale, che è la ciliegina sulla torta di un dolce perfetto.

Free Your Mind (While You Still Got Time) è il momento James Brown dell’album, con la sua andatura mossa e funky, un must per gli artisti della Daptone, con James Hunter che rilascia qualche urletto tipico del Godfather of Soul e con la band che tenta anche qualche deriva à la Motown. Light Of My Life, ondeggiante e punteggiata dai fiati, è più leggera e scanzonata, arricchita da un breve assolo di organo che più vintage come sound non si può, mentre Stranded è uno di quei classici brani uptempo, con battito di mani, coretti e fiati avvolgenti, di cui Sam Cooke e  il suo discepolo Otis erano maestri, tra leggeri falsetto e piccoli urletti. Satchel Fool è uno strumentale latineggiante, con fiati sincopati, organo e la chitarra solista di Hunter a rievocare il sound fine anni ’50, con l’assolo di sax che cerca di aggiudicarsi il match con gli altri strumenti, qualcuno ha detto The Champs Tequila? Vince la bambolina! Per l’ultima canzone James Hunter ha tenuto uno dei brani migliori del disco, una In The Dark che è uno splendido mid-tempo soul che se non è degno delle migliori composizioni di Charles Brown Ray Charles poco ci manca e ci fa lasciare questo Hold On! con un sorriso compiaciuto stampato in volto.

Bruno Conti