Forse Uragano E’ Troppo, Ma Almeno Un Turbine Sicuramente Sì! Hurricane Ruth – Good Life

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Hurricane Ruth – Good Life – Showplace

Hurricane Ruth LaMaster, come si evince dalla foto di copertina, non è certo una “pivellina”, una giovane novizia del blues, in pista dalla fine degli anni ‘70, anche se il suo sito riporta solo un EP e quattro CD https://discoclub.myblog.it/2015/03/20/fenomeni-musicali-naturali-hurricane-ruth-born-on-the-river/ , compreso questo Good Life, tutti incisi negli ultimi 5/6 anni, ma nel suo CV ci sono vecchie collaborazioni con la Maynard Ferguson orchestra, Adrian Belew e Louis Belson, e svariate frequentazioni dal vivo in cui ha aperto per John Lee Hooker, B.B. King, Taj Mahal, Ramsey Lewis Trio, Sam & Dave, Fenton Robinson e Wiilie Dixon, che, come lei stessa ricorda, peraltro un po’ dovunque, ha detto che “si tratta dell’unico uragano che potrei apprezzare”. La nostra amica, originaria dell’Illinois, quindi una delle terre delle 12 battute, bazzica però anche in ambito rock, Heart, Steppenwolf, Judas Priest, Eddie Money, Kenny Wayne Shepherd, Royal Southern Brotherhood, non le sono sconosciuti, tanto che il suo genere viene definito Power Blues.

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Ma comunque per questo nuovo album ha fatto tutto per benino: produttore Ben Elliott, album registrato negli Showplace Studios della sua nuova etichetta a Dover, nel New Jersey, e soprattutto musicisti come Bruce Katz alle tastiere, Calvin Johnson al basso, l’eccellente batterista Tony Braunagel e soprattutto Scott Holt alla chitarra, per un disco dalle sonorità ruvide, ma dove il blues risalta in modo più evidente che in passato. Anche la voce è ruvida e potente, lei ha una certa resilienza, come recitava il titolo del precedente album Ain’t Ready For The Grave, dove comunque suonavano Tom Hambridge, Rob McNelley, Reese Wynans, McCrary Sisters, quindi tutta gente più che rispettabile https://www.youtube.com/watch?v=Q3zKJtiI0kE : nel nuovo disco scorrono brani come l’iniziale vigorosa Like Wildfire, dove siamo dalle parti di Dana Fuchs, Beth Hart e altre shouter, ma anche Bonnie Raitt , e con Scott Holt e la sua fiammeggiante chitarra e il piano di Katz che sostengono la vocalità ruspante di Hurricane Ruth https://www.youtube.com/watch?v=kavs838155s . Nel mid-tempo Dirty Blues c’è qualche elemento di “sporco riffare” stonesiano, con Holt che mulina la sua solista, mentre Katz passa all’organo e la ritmica picchia di gusto, What You Never Had va più di groove, una sorta di shuffle energico, sempre con organo scivolante e chitarra in evidenza e la voce assertiva della La Master che sciorina quanto imparato su mille palchi https://www.youtube.com/watch?v=OYo5EGi-Dwc .

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Nella lunga title track Hurricane Ruth dimostra di sapere maneggiare con classe anche l’arte della ballata soul, ricca di pathos ed emozionante, con Holt che rilascia un altro assolo da brividi https://www.youtube.com/watch?v=kavs838155s ; Torn In Two, scritta insieme al grande autore e cantante Gary Nicholson, è un brillante esempio di scuola R&B marca sudista, con pianino insinuante, mentre Scott Holt continua ad imperversare https://www.youtube.com/watch?v=fpKfzzJCJDc , con She’s Golden, tra funky e soul, che mostra anche un lato più raffinato e ricercato della sua musica. Black Sheep viceversa torna al rock and roll ribaldo e “sguaiato”, dove Hurricane Ruth è comunque sempre perfettamente a suo agio, tra chitarre tirate e batteria che picchia, ma con costrutto, la super funky Who I Am permette a Bruce Katz una bella improvvisazione di organo nella parte finale, mentre LaMaster catechizza il suo pubblico. Late Night Red Wine propone nuovamente citazioni alla Rolling Stones, della serie l’arte del riff non si scorda mai https://www.youtube.com/watch?v=zPxzX7dv0B0 , ma anche quella della blues ballad pianistica, come nell’intensa I’ve Got Your Back dove ci sono delle analogie con lo stile di Janiva Magness, una ballata cantata con grande passione e impeto da una musicista che aspetta solo di essere conosciuta https://www.youtube.com/watch?v=gXBcnolrmZc : segnatevi il nome, Hurricane Ruth, è veramente brava.

Bruno Conti

“Fenomeni” Musicali Naturali! Hurricane Ruth – Born On The River

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Hurricane Ruth – Born On The River – Hurricane Ruth

Sul retro copertina sono raffigurati quattro loschi figuri: da destra, Compare Turiddu, alla coppola e baffo mafioso, il sosia più giovane di Ozzy Osbourne, la di lui moglie Sharon, o un’altra sosia? E un altro personaggio con cappellino alla City Angels. Come dite? Sono i componenti della Hurricane Ruth Band! Scusate, non li avevo riconosciuti. Ruth LaMaster (un cognome imperioso) è una veterana della scena rock blues americana da oltre un trentennio, ma questo Born On The River è solo il secondo disco (dopo Power Of The Blues… del 2012) che esce a nome della band americana e quindi scusate se non ero informato. Tornando seri, la nostra amica, come l’incipit della recensione lascia intuire, non è una novellina, ma ha sempre operato ai margini, anche della scena indipendente. Nativa e residente in quel di Beardstown, Illinois, non proprio uno dei centri del blues mondiale, questa signora si è costruita negli anni una solida reputazione per essere una delle voci più energiche e potenti nell’ambito del blues elettrico, ma di  quelli che quasi sconfinano nell’hard rock e comunque ad altra gradazione chitarristica e vocale; finezze magari poche, ma tanta grinta ed esperienza maturate in lunghi anni on the road https://www.youtube.com/watch?v=hdWEqxGvo4E . Per intenderci, come tipo di sound siamo dalle parti di Dana Fuchs o Beth Hart (forse senza quella classe e varietà di temi musicali, anzi senza forse, ma i Led Zeppelin piacciono a tutte) o dei più giovani Blues Pills, guidati da Elin Larsson http://discoclub.myblog.it/2014/10/08/pillole-rinvigorenti-blues-pills-cddvd/ .

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I brani sono tutti firmati dalla stessa LaMaster, per la parte testi e da David Lumsden (compare Turiddu), la chitarra solista, Gary Davis (il sosia di Ozzy) al basso e Jim Engel (il City Angel) alla batteria: undici brani di rockin’ blues dalla struttura rocciosa, che partono con la lunga title-track Born On The River, costruita intorno ai continui riff di Lumsden, che poi sale al proscenio con una serie di soli, magari dalla grana grossa, ma di indubbia efficacia e che saranno apprezzati da chi ama questo stile tirato e rockeggiante, poco originale se volete, ma impreziosito dalle evoluzioni della poderosa voce della brava Ruth, che tiene fede al suo soprannome di Uragano, conquistato sul campo. La sezione ritmica picchia con energia e nella successiva Make Love To Me, quando il tempo rallenta, ci si avvicina alle atmosfere più consone ad un blues cadenzato e ribaldo,  per quanto sempre sul cattivello, con il solito Lumsden che macina assolo dopo assolo https://www.youtube.com/watch?v=487P_RxVvgw . Slow Burn potrebbe essere addirittura un brano dei primi Black Sabbath, involontariamente evocati nella presentazione scherzosa dei musicisti, molto heavy, dark e minacciosa, con chiari agganci all’hard rock di marca Seventies.

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The Walls è uno slow blues, ma sempre di quelli granitici, con la signora LaMaster che conferma le sue virtù vocali. Dance, Dance, Norma Jean è un boogie-rock à la ZZ Top, con citazioni dei grandi nomi del rock nel testo del brano, divertente e coinvolgente, sempre con grande impegno di Ruth e del chitarrista David Lumsden https://www.youtube.com/watch?v=WgcaEbvsxyk , mentre Money Train comincia a mostrare la corda di una certa ripetitività, anche se continuano a darci dentro di impegnohttps://www.youtube.com/watch?v=ZG6yxVn-mpw  e pure Cold Day In Hell e Big Helen sono solo ulteriori, piccole, variazioni sul tema, forse la seconda più raffinata e ricercata. Work It è un brano rock più classico e compatto, una sorta di canzone alla Black Crowes prima maniera, se avessero avuto una vocalist femminile in formazione, e anche Whiskey Chute ha queste connotazioni da rock sudista nella struttura del pezzo, più agile e meno “massiccio” di molti brani precedenti, prima di lasciarci con un altro festival del riff come la conclusiva Real Good Woman che conclude con grinta e compattezza, ma in un ambito abbastanza ripetuto e risaputo, per quanto ben strutturato. Se amate il genere acquistate con fiducia, sicuramente non indispensabile.

Bruno Conti