Una Delle Ultime Leggende Del Piano Boogie, Blues E Jazz! Erwin Helfer – Celebrate The Journey

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Erwin Helfer & The Chicago Boogie Ensemble – Celebrate The Journey – The Sirens Records

Erwin Helfer, da Chicago Illinois, è una piccola leggenda della musica locale, sulle scene da tantissimi anni: la sua etichetta, la Sirens Records, lo presenta come ”Legendary Chicago Blues, Boogie, Jazz e Gospel Piano”, e qui si potrebbe chiudere la recensione. Ma visto che non sono un sadico elaboriamo un poco l’argomento: questo signore è ovviamente un artista di culto, a gennaio 2021 ha compiuto 85 anni, ma non è che al di fuori di una ristretta cerchia di appassionati sia molto conosciuto, anche perché i suoi dischi non sono di facile reperibilità, benché solo negli anni 2000 ne abbia pubblicati ben sei per la Sirens Records, (un paio con Barrelhouse Chuck, altro virtuoso del piano) più altrettanti per etichette diverse nei 40 anni precedenti. Il Chicago Blues Ensemble che lo accompagna in questo Celebrate The Journey è un quartetto con doppio sassofono tenore, John Brumbach e Skinny Williams, Lou Marini al basso e Davide Ilardi alla batteria: il resto la fa tutto il piano di Erwin Helfer, che alla sua non più tenera età è ancora un fulmine di guerra con gli 88 tasti del suo strumento di lavoro, brillante, creativo, divertente, dotato di grande tecnica che applica ad uno stile swingante e divertente, ma anche riflessivo a tratti.

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L’apertura con DOXY ha chiari profumi jazz, poi uno guarda l’autore e capisce il perché visto che la firma è di Sonny Rollins, prima Krumbach e poi Williams, ma anche all’unisono, si lanciano in lunghe improvvisazioni al tenore, con un suono comunque caldo e indicato anche per chi non è uno stretto aficionado del jazz, a metà brano arriva il piano di Erwin, e poi nel finale c’è spazio anche per il contrabbasso di Marini https://www.youtube.com/watch?v=mvvlHYiFNpQ . Ma è quando si passa al blues che ci si inizia a divertire, Ain’t Nobody’s Business è una struggente ballata di Jimmy Witherspoon, nella quale Helfer inizia a titillare il suo pianoforte, sempre lasciando ampio spazio ai sassofoni dei suoi compari, qui più intimi ed avvolgenti, sempre con Marini soave contrabbassista al servizio del boss https://www.youtube.com/watch?v=dxcNc41ylLk , poi si passa ad un brano tradizionale come Down By The Riverside, a tutto swing, sempre con sax pronti alla bisogna e il nostro amico che comincia a fare volare le mani sulla tastiera con assoluta nonchalance e classe https://www.youtube.com/watch?v=a3IY_z50hpg .

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Pooch Piddle è uno dei brani firmati dallo stesso Helfer, e qui si comincia ad andare di boogie woogie marcato Chicago, con lavoro sublime del nostro amico, che ha un gusto veramente delizioso https://www.youtube.com/watch?v=SsU_bhQE6_c , poi confermato in un altro classico senza tempo come St. James Infirmary, legato ad Armstrong, ma che hanno suonato tutti i grandi del jazz, del blues, e anche del rock, di nuovo con tutti i solisti in grande spolvero, anche Marini al contrabbasso con l’archetto. Altro pezzo celeberrimo è Alexander’s Ragtime Band di Irving Berlin, un classico dell’American Songbook, sempre suonato con il giusto swing dal quartetto, mentre la lunga Big Joe, ulteriore composizione di Erwin è più felpata e notturna, raffinata il giusto, con il mestiere di questi musicisti sublimi che viene evidenziato dalla registrazione limpida, nitida e precisa https://www.youtube.com/watch?v=IGolArmTo9s . A chiudere Day Dream, un brano per solo piano https://www.youtube.com/watch?v=e1u2C_8-weg  dove si apprezza nuovamente la tecnica ed il feeling senza tempo di questo vecchio marpione della musica.

Bruno Conti

Il Supplemento Della Domenica Di Disco Club. Per Non Dimenticare: Una Cantante Sublime! Eva Cassidy – Nightbird

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Eva Cassidy – Nightbird – Blix Street Records/Warner 2CD/DVD

Quella di Eva Cassidy è una delle storie più tristi dell’intero panorama musicale mondiale, e non solo musicale: interprete sopraffina (non era una songwriter), con una formidabile voce in grado di adattarsi a qualunque genere, ha goduto tra la fine del secolo scorso e la prima decade del nuovo millennio di una grande popolarità, che l’ha portata spesso e volentieri (specie in Inghilterra) nelle prime posizioni delle charts. Peccato però che la quasi totalità dei suoi dischi sia uscita postuma, in quanto Eva morì alla fine del 1996 per un terribile melanoma, all’età di soli 33 anni, non potendo così vivere in prima persona il meritato successo, e privando il mondo di un talento che avrebbe potuto portarla chissà a quali vette.

L’unico album pubblicato dalla bionda cantante del Maryland quando era in vita fu il Live At Blues Alley, un disco dal vivo registrato nell’omonimo locale di Washington il 2 e 3 Gennaio dello stesso anno che si sarebbe chiuso con la sua tragica scomparsa, un lavoro che, nelle sue dodici canzoni, rivelava un’interprete raffinatissima, che cantava con innata naturalezza, toccante nelle ballate, grintosa nei pezzi più mossi, con una voce che veniva dal profondo dell’anima ed un feeling mastodontico. Nel corso degli anni altri sette brani di quella performance vennero pubblicati nei vari dischi postumi (composti principalmente di incisioni in studio), ed ora, sempre per la Blix Street Records (l’etichetta di Washington che si è occupata di tutti i suoi album), esce questo splendido Nightbird, che in due CD raccoglie tutte le 31 canzoni (più una in studio) di quella magica esibizione, allegando anche un DVD con dodici pezzi (di qualità amatoriale: bianco e nero, telecamera fissa, teste del pubblico ogni tanto in primo piano, qualità video un po’ sgranata): è però la parte audio quella che più ci interessa e, complice anche una rimasterizzazione impeccabile, possiamo finalmente assaporarla dal principio alla fine.

Eva era in grado di affrontare con la massima nonchalance qualsiasi tipo di repertorio, e Nightbird ne è la prova lampante: si passa dal jazz al blues al rock al gospel, unendo classici contemporanei e non, il tutto con una classe incredibile ed interpretazioni quasi sempre da pelle d’oca; un plauso va senza dubbio anche alla band di quattro elementi, nella quale spicca lo straordinario pianista Lenny Williams, il bravissimo chitarrista elettrico Keith Grimes (Eva invece suona l’acustica e la ritmica elettrica), il bassista Chris Biondo, che è anche il produttore dell’album, ed il batterista Raice McLeod, che suona con un evidente stile influenzato dal jazz.

L’album si apre con la raffinata Blue Skies di Irving Berlin, nella quale Eva Cassidy dà subito un assaggio della sua classe purissima, seguita dal blues di Ain’t Doin’ Too Bad (James Cotton) che, a parte la performance favolosa di Eva, vede un grande assolo di Grimes; che dire poi di Ain’t No Sunshine, proprio il classico di Bill Withers, con l’acustica appena pizzicata, doppiata in maniera discreta dell’elettrica, qualche nota di piano e la voce che si staglia sicura: una goduria unica. O Sting, che personalmente non ho mai potuto soffrire molto, ma nelle mani di Eva sembra un grande della musica mondiale (Fields Of Gold è la canzone, comunque uno dei brani migliori dell’ex Police), o ancora la mitica Bridge Over Troubled Water di Paul Simon (del quale propone anche una vivace Late In The Evening), dove la resa vocale non è di certo inferiore a quella di Garfunkel; e della versione jazz afterhours di Fever (Peggy Lee, ma anche Elvis) non vogliamo parlarne? Michael Bublé dovrebbe ascoltare questo disco alla nausea e poi…cambiare mestiere! Il gospel/soul è rappresentato da una meravigliosa Chain Of Fools (Aretha Franklin, of course), e c’è anche una magica Autumn Leaves: ora, tutti (me compreso) hanno magnificato le interpretazioni di Bob Dylan di classici americani (tra cui proprio Autumn Leaves) più o meno legati a Frank Sinatra, un anno fa su Shadows In The Night, ma nel modo in cui la cantava Eva c’erano giusto The Voice e Charles Aznavour. Ed Eva arriva anche a misurarsi con Mrs. Billie Holiday, ovvero, forse la più grande cantante donna di tutti i tempi, un confronto che farebbe tremare le gambe (e l’ugola) a chiunque, ma la Cassidy se la cava in maniera secondo me entusiasmante (Fine And Mellow è la canzone).

E tutto ciò è solo nel primo CD (e non le ho citate tutte, ma avrebbero meritato): nel secondo, tra i molti highlights, troviamo un’irresistibile Take Me To The River (Al Green), nella quale Eva e la band fanno veramente venire giù il Blues Alley, una calda People Get Ready di Curtis Mayfield, una versione rallentata ma splendida del classico dei Box Tops The Letter, un’intensa Son Of A Preacher Man, che riesce a tener testa all’originale di Dusty Springfield, una resa incredibile di Stormy Monday di T-Bone Walker, che supera di slancio anche la versione dei Them e proietta idealmente il gruppo in un fumoso club di Chicago, una superba Something’s Got A Hold On Me (Etta James), ed una Time After Time acustica che fa sembrare l’originale di Cyndi Lauper un’altra canzone. Dopo il bis finale (una rallentata, ma che pathos, What A Wonderful World di Louis Armstrong) abbiamo una bonus track in studio, una versione di Oh, Had I A Golden Thread di Pete Seeger, che Eva spoglia delle sue caratteristiche folk e trasforma in un gustoso southern-soul, grazie anche all’organo hammond di Hilton Felton.

Una ristampa imperdibile, che ci fa ricordare quanto può essere ingiusto il fato che ci ha portato via troppo presto una cantante meravigliosa, uno dei prototipi della “beautiful loser”!

Con tutto il rispetto, altro che Adele.

Marco Verdi