Savoy Brown – La Band Più Longeva Del British Blues! Parte II

savoy brown 70's

Seconda parte

Gli Anni ‘70, quelli di maggior “successo” commerciale 1970-1975

Successo è una parola forte, visto che al massimo arriveranno al 50° posto in UK, proprio con il disco successivo

savoy brown looking in

Looking In – 1970 Decca **** l’ultimo della formazione con Lonesome Dave Peverett che diventa la voce solista, Tone Stevens al basso e Roger Earl alla batteria, l’album conferma la buona vena compositiva della band, che alterna momenti raffinati ad altri più sanguigni che fanno arrivare il disco anche nella Top 40 americanhttps://www.youtube.com/watch?v=mQ9u3g1Nv-A . Copertina fantasy/horror e sound a tratti decisamente più virato ad un potente rock-blues, che poi i Foghat porteranno a compimento, vedi Poor Girl con Simmonds in gran forma, mentre Take It Easy più laidback, potrebbe passare per un brano di B.B. King, e anche Sunday Night, giocata in punta di dita, illustra il lato più swingante del gruppo, mentre nella sospesa Money Can’t Save Your Soul ci sono delle analogie con i Fleetwood Mac di Peter Green, con la lunga Leaving Again che opta per un approccio più tirato alla Humble Pie. Gran disco che prelude ad un cambio totale: Simmonds ingaggia praticamente quasi tutti i Chicken Shack dell’epoca, Raymond, Sylvester e Bidwell e il nuovo cantante Dave Walker. Il risultato è

savoy brown street corner talking

Street Corner Talking – 1971 Decca ***1/2 forse un filo inferiore, ma con la nuova line-up che va di rock (and roll): Tell Mama, con una ottima slide ricorrente, la cover di I Can’t Get Next To You dei Temptations, dove sembra di ascoltare gli Stones dell’epoca, la potente Let It Rock, la scandita Time Does Tell e la vibrante title track testimoniano di una band in buona salute e con Simmonds in grande forma, che poi nella seconda facciata si scatena nella lunga All I Can Do, dove piano e organo fanno da apripista alla lunga improvvisazione di Kim che poi la ribadisce in Wang Dang Doodle https://www.youtube.com/watch?v=YCSmA0gf14A .

savoy brown hellbound train

Hellbound Train – 1972 Decca *** Copertina ancora memorabile, meno il contenuto, al di là della lunga e travolgente title track che rimane uno dei loro brani più popolari sino ai giorni nostri https://www.youtube.com/watch?v=N6TkCLDcC7o , il resto è meno soddisfacente, benché il disco sarà quello di maggior successo negli States arrivando fino al n° 34 delle classifiche. Intendiamoci il disco non è brutto, però non soddisfa del tutto e segna l’inizio della parabola discendente dei Savoy Brown, ribadita nel successivo

savoy brown lion's share

Lion’s Share – 1972 Decca *** che pure inizia bene con una A Shot In the Head a tutto bottleneck https://www.youtube.com/watch?v=JBqFrMEobtQ  e due cover di blues come Howlin’ For My Far Darlin’ di Howlin’ Wolf e Hate To See You Go di Little Walter, con Simmonds che nel disco suona anche l’armonica, ma manca la grinta degli album precedenti, il suono è fin troppo scolastico.

savoy brown jack the toad

Jack The Toad – 1973 Decca **1/2 è anche peggio. Dave Walker lascia per i Fleetwood Mac e arriva tale Jackie Lynton come voce solista, Sue & Sunny come backing vocalist e Ron Berg alla batteria. Si salva giusto Simmonds alla chitarra e armonica, ma non basta.

savoy brown boogie brothers

Boogie Brothers – 1974 Decca *** è migliore, grazie alla presenza del nuovo cantante e chitarrista, l’ottimo Miller Anderson, un veterano della scena rock-blues britannica, in arrivo dalla Keef Hartley Band: ottime l’iniziale Highway Blues, dove si apprezza la stentorea voce di Anderson https://www.youtube.com/watch?v=3VxeTV4zFBI , il country-blues Me And The Preacher con lap steel in evidenza, la cover a tutto riff di You Don’t Love Me (You Don’t Care) di Bo Diddley, con armonica aggiunta e il potente blues-rock Rock’n’Roll Star con Kim Simmonds al wah-wah https://www.youtube.com/watch?v=_pw1WNmGD_w .

savoy brown wire fire

Wire Fire – 1975 Decca **

Purtroppo Anderson rimane solo per un album, e in questo nuovo le parti vocali sono divise tra Simmonds, il bassista Andy Rae e il tastierista Paul Raymond: francamente si salva poco del disco, forse solo gli assoli di Simmonds, ma quelli sono sempre rimasti l’unica costante positiva nel percorso della band, insieme alla attività live, che ogni tanto ha riservato dei soprassalti di classe in un percorso in declino.

Come Per Altre Grandi Band, Un Lento Ed Inesorabile Declino 1976-2001

savoy brown greatest hits live in concert savoy brown live and kickin'

Vediamo cosa si può salvare in questo lungo periodo. Skin ‘N’ Bone – 1976 Decca ** è anche peggio, ma gli diamo una stelletta in più per la lunga Walkin’ and Talkin’ registrata dal vivo, dove Kim Simmonds rilascia un lungo assolo che vivacizza le operazioni e lavora di fino anche all’armonica. Su alcuni dischi dell’epoca stendiamo un velo pietoso: con l’uso di musicisti di provenienza Metal e Hard Rock, tipo l’ex cantante del Joe Perry Project. Tra i dischi dal vivo buono Greatest Hits Live In Concert – 1981 Town House *** con il titolo che dice tutto, mentre quelli in studio degli anni ‘80 è meglio dimenticarli. Per Kings Of Boogie – 1989 GNP Crescendo *** torna come cantante Dave Walker, che poi rimane anche per il successivo Live And Kickin’ – 1990 GNP *** Il resto della band, per usare un eufemismo, non è straordinario, ma il medley di 20 minuti con I’m Tired/Hard Way To Go/Louisiana Blues/Street Corner Talkin’/Hellbound Train è veramente gagliardo https://www.youtube.com/watch?v=vekUh34mWxs . In questo periodo escono anche molti CD dal vivo di archivio, alcuni registrati nel periodo 1969-1975, interessanti, ma visto che non credo siano molto reperibili vi ricordo solo, se vi capita di trovarli Live At The Record Plant 1975, Looking From The Outside: Live 69/70, Jack the Toad: Live ’70/’72, Hellbound Train, Live 1969-1972 tutti usciti a cavallo tra fine anni ‘90 e inizio 2000, fateci un pensierino.

Il Lungo “Ritorno” 2003-2020

Savoy-Brown-s-Simmonds-proud-of-band-s-longevity

Improvvisamente, agli inizi degli anni 2000, Kim Simmonds decide di porre un freno alla situazione, firma un contratto con la Blind Pig che nel 2003 pubblica Strange Dreams – 2003 Blind Pig ***, il primo di una serie di album, dove il nostro amico , improvvisatosi in seguito quanto meno adeguato cantante, e rimanendo axemen tra i migliori in assoluto in ambito rock-blues, decide di tornare a fare le cose sul serio. La BGO ripubblica in CD, spesso accoppiati a due a due gli album classici e Simmonds inizia a pubblicare per la propria etichetta alcuni dischi dal vivo che danno il via in anticipo ai festeggiamenti per il 50° Anniversario del gruppo in avvicinamento. Ma prima escono alcuni ottimi album per la Ruf Records, dove la nuova line-up, ancora attiva ad oggi, si rivela solida, compatta e finalmente degna delle glorie passate.

savoy brown voodoo moon

Il cantante e sassofonista Joe Whiting rimane solo per l’eccellente Voodoo Moon – 2011 Ruf Records ***1/2 per il quale riprendo quanto detto nella recensione dell’epoca “Non siamo di fronte ad un capolavoro, ma sarà il passaggio ad una casa come la Ruf che conosce l’argomento Blues e dintorni come le proprie tasche, sarà la nuova formazione, comunque il risultato finale non è da buttare, anzi, di tanto il tanto, il vecchio “fuoco” che li aveva portati ad essere una delle formazioni più importanti del cosiddetto British Blues Revival si riaccende https://www.youtube.com/watch?v=_6R7Za5DMb4&list=OLAK5uy_kWdC5oLxYpasJ1Ou1lpyrGb-706NoGWl8 . Non siamo ai livelli dei primi album come Getting To Point o Blue Matter ma ci avviciniamo al sound più rock di ottimi album come Street Corner Talking e Hellbound Train, il loro più grande successo negli States.”.

savoy brown songs from the roadkim simmonds and savoy brown goin' to the delta

Stesso discorso per il successivo Songs From The Road – 2013 Ruf CD/DVD ***1/2 Anche in questo caso mi cito “Era l’ora. Lo so, si dice spesso, ma in questo caso è più vero che mai. Dopo i chiari segnali di ripresa con un buon disco come Voodoo Moon, uscito nel 2011 e di cui vi aveva parlato positivamente sempre chi scrive: il passo successivo poteva, e doveva, essere un bel CD dal vivo (magari con DVD aggiunto): e così è stato, e anche se non sempre l’assioma, “ah, ma dovrebbero fare un disco Live” viene poi confortato dai risultati sperati, per i Savoy Brown, in questo caso, vale!” https://www.youtube.com/watch?v=TZym9Q67WxA  Nel 2014 Whiting abbandona e il gruppo prosegue come power trio, con Simmonds alla voce (uhm!) Tanto che il CD successivo esce come Kim Simmonds And Savoy Brown – Goin’ To The Delta – 2014 Ruf Records ***1/2 lo stile sarà anche Delta Blues, ma, forse per la prima volta, Kim firma tutte le 12 tracce del disco e suona con una grinta e una classe che sembravano perdute: sentire per credere, Laura Lee, grande Chicago Blues, lo slow duro e puro di Sad News, la potente Nuthin’ But The Blues, lo strumentale Cobra dove sembra di ascoltare gli ZZ Top https://www.youtube.com/watch?v=jP8ONu5cVTU .

kim simmonds and savoy brown the devil to paysavoy brown witchy feelin'

E anche il successivo The Devil To Pay – 2015 Ruf Records ***1/2 ribadisce la ritrovata vena, con Simmonds che scrive come un disperato, cosa mai fatta in passato, altre tredici nuove composizioni per festeggiare il cinquantesimo del gruppo che viene celebrato anche con il notevole Still Live After 50 Years Volume 1 pubblicato nel 2017 https://www.youtube.com/watch?v=TFUmjvoFpDk , al quale seguirà il volume 2 uscito nel 2019, entrambi per loro etichetta Panache Records, forse entrambi da 4 stellette. Nel 2017 Kim Simmonds festeggia i suoi 70 anni ed esce l’ultimo disco per la Ruf Records, tra streghe e blues, l’ancora una volta ottimo Witchy Feelin’ – 2017 Ruf Records ***1/2 con lui sempre i fedelissimi Pat DeSalvo al basso e Garnett Grimm alla batteria, in un disco che propone anche lo swamp Why Did You Hoodoo Me o Livin’ On The Bayou, tra Creedence e JJ Cale, il Mississippi Blues a tutto bottleneck di Standing On A Doorway, l’orgia hendrixiana con wah-wah a manetta di Thunder, Lighting And Rain https://www.youtube.com/watch?v=kUd-6ZNuvuc .

savoy brown you should have been theresavoy brown ain't done yet

Conclusa l’avventura Ruf Simmonds firma con la Quarto Valley, ma il risultato non cambia: ancora ottima musica per City Night – 2019 Quarto Valley ***1/2 con il gruppo che dopo tanto cercare sembra avere finalmente trovato l’elisir di lunga vita, con un ulteriore album solo di materiale originale di Simmonds, con le ottime Walking On Hot Stones a tutto riff e slide a manetta, uno slow lancinante come Selfish World e la eccellente title track dove la solista scorre fluida e fluente come ai vecchi tempi https://www.youtube.com/watch?v=2_7dd2IqzTs . Nel frattempo esce anche un ulteriore album dal vivo Savoy Brown Featuring Kim Simmonds  – You Should Have Been There! – Panache Records ****, registrato nel 2003 e che illustra gli inizi del comeback della band. Infine, ed è storia recente, come da titolo del CD https://www.youtube.com/watch?v=2l9HuI1MJ6E , non è ancora finita Savoy Brown – Ain’t Done Yet – Quarto Valley Records ***1/2, mi cito per una ultima volta “Puntuale come un orologio svizzero, quasi ogni anno, Kim Simmonds ci presenta un nuovo album: questo Ain’t Done Yet dovrebbe essere il numero 41 o 42 (parliamo solo di quelli di studio, se aggiungiamo Live e antologie il numero cresce in modo esponenziale), in 55 anni di carriera” https://www.youtube.com/watch?v=SzAgBCCu-hA . Quindi virus o non virus, non è ancora finita, o se preferite non sono finiti: prosegue la saga dei Savoy Brown, forse la più longeva band del blues-rock britannico, non contando nel novero ovviamente gli Stones.. Quindi lunga vita a Kim Simmonds e soci, e in attesa di nuove avventure, per il momento è tutto.

Bruno Conti

Savoy Brown – La Band Più Longeva Del British Blues! Parte I

savoy brown 60's 1savoy brown 60's 2

Proseguendo nella nostra serie di monografie dedicate ad una disamina di alcune delle principali band britanniche, inserite in quel filone che è stato appunto definito British Blues, dopo Fleetwood Mac https://discoclub.myblog.it/2019/06/28/in-attesa-del-cofanetto-inedito-atteso-per-lautunno-ecco-la-storia-dei-fleetwood-mac-peter-green-un-binomio-magico-dal-1967-al-1971-parte-i/ , Ten Years After https://discoclub.myblog.it/2013/03/13/alvin-lee-1944-2013-il-chitarrista-piu-veloce-del-mondo/ , e ovviamente John Mayall, con e senza Bluebreakers https://discoclub.myblog.it/2019/05/20/john-mayall-retrospective-il-grande-padre-bianco-del-blues-parte-i/ , questa volta ci occupiamo dei Savoy Brown, una delle band più longeve, in attività già dal 1965 e a tutti gli effetti, come dicono i nostri amici inglesi “still alive and well”, ancora vivi e vegeti, con una media di una o due nuove uscite discografiche all’anno, l’ultima pubblicazione risalente a fine agosto 2020 https://discoclub.myblog.it/2020/10/05/non-e-ancora-finita-eccoli-di-nuovo-savoy-brown-aint-done-yet/ . Naturalmente nel conteggio non inseriamo i Rolling Stones, che sono i più longevi di tutti, e che ultimamente un paio di capatine dalle parti delle 12 battute le hanno fatte: per essere pignoli mancherebbero i Chicken Shack, di Stan Webb e Christine Perfect, e tutta una serie di band e solisti, di culto o meno, che stanno ai margini di questa scena, o in quanto predecessori del fenomeno, Yardbirds, Animals, Pretty Things, Manfred Mann, “eredi”, dai Free ai Taste, tra i “minori” la Climax Blues Band, i Groundhogs e la Keef Hartley Band passando per Cream, Jeff Beck Group, Led Zeppelin, che però sono fenomeni a sé stanti; poi ci sarebbe la “second wave” del movimento, che partendo a metà anni ‘70 dai Dr. Feelgood, a inizio anni ‘80 approda a gente come la Blues Band e i Nine Below Zero. Magari dedicheremo una puntata al “Best Of The Rest”. Comunque bando alle ciance e veniamo alla vicenda dei nostri amici Savoy Brown: naturalmente mi sono fatto un bel ripasso riascoltando i loro album e ho avuto la conferma che i migliori album come sempre sono quelli di inizio carriera, per quanto punte di eccellenza più saltuarie, ci sono state anche negli anni successivi e nel clamoroso ritorno attuale.

Gli inizi, che coincidono proprio con gli “anni migliori” 1965-1970

Nel febbraio del 1965 Kim Simmonds, “lider maximo” e tuttora alla guida della band, decide di formare a Londra, insieme ad un gruppo di amici, quello che sarà il primo nucleo della sua futura creatura, nsieme a Bryce Portius, uno dei primi musicisti neri a fare parte di una band blues (rock) inglese, che era il vocalist, a cui si aggiungono il tastierista Trevor Jeavons, il bassista Ray Chappell, il batterista Leo Manning e John O’Leary all’armonica, molti dei quali non arriveranno neppure ad incidere, in un tourbillon di sostituzioni, il disco di debutto, che esce sotto il moniker di

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Savoy Brown Blues Band – Shake Down – 1967 Decca ***1/2 Il produttore, quasi inevitabilmente, è il deus ex machina della scena britannica, ovvero Mike Vernon, una garanzia. Undici brani, quasi tutte cover, meno due pezzi: uno The Doormouse Rides The Rails, firmato da Martin Stone, aggiunto come secondo chitarrista solo per questo primo album, poi troverà “fortuna” con i Mighty Baby, band a cavallo tra psych-rock e progressive, di cui se volete approfondire c’è un box di 6 CD At A Point Between Fate And Destiny – The Complete Recordings, con l’opera omnia https://www.youtube.com/watch?v=UnWMLRQ5eW0 . L’altro brano è la lunga Shake ‘Em On Down un traditional arrangiato collegialmente dalla band, con l’aiuto dell’ottimo pianista Bob Hall, che appare in tre brani del disco, in cui spiccano vibranti versioni di I Ain’t Superstitious, Let Me Love You Baby, Black Night, I Smell Trouble, Oh Pretty Woman, It’s All My Fault, ma tutto il disco è eccellente https://www.youtube.com/watch?v=KJKo1QApfVQ , con la formula della doppia chitarra, che viene riproposta per il successivo

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Getting To The Point – 1968 Decca ***1/2 dove come chitarrista arriva Dave Peverett (in futuro nei Foghat come Lonesome Dave Peverett), ottimo alla slide, e il suo socio Roger Earl alla batteria, anche lui poi nei coriacei Foghat. C’è anche un nuovo ottimo cantante Chris Youlden, mentre Bob Hall rimane in pianta stabile, con il nuovo bassista Rivers Jobe. Come vedete il bandleader Simmonds applicava la formula della rotazione, come Mayall con i Bluesbreakers; la band eccelle negli slow blues, dove si apprezza la tecnica sopraffina di Simmonds e la voce potente di Youlden, tipo l’iniziale Flood In Houston https://www.youtube.com/watch?v=pEVKNz0fyZw , Honey Bee di Muddy Waters, Give Me A Penny dove sembra di ascoltare il Jeff Beck Group, la potente Mr. Downchild con doppia chitarra https://www.youtube.com/watch?v=KJKo1QApfVQ , ma anche i pezzi più mossi come You Need Love di Willie Dixon, brano poi trasformato dagli Zeppelin in Whole Lotta Love prendendo spunto soprattutto dalla versione degli Small Faces, ma anche da questa https://www.youtube.com/watch?v=r0AQL0RnXMU . L’anno successivo, con l’innesto di Tone Stevens, viene realizzato

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Blue Matter – 1969 Decca **** che viene considerato (insieme al disco successivo) il loro capolavoro https://www.youtube.com/watch?v=N7wTOiYavCs&list=OLAK5uy_lrUqtRSmh00t70YCyznMN_4s_sjHEpfUE . L’uno-due iniziale con l’accoppiata Train To Nowhere e la minacciosa Tolling Bells è da sballo, ma spiccano anche le cover di Don’t Turn From Your Door di John Lee Hooker, e nella sezione live una superba Louisiana Blues di Mastro Muddy, con le chitarre di Kim e Dave che si inseguono, brano che è tuttora uno dei loro cavalli di battaglia, ottima anche una incendiaria It Hurts Me Too e il brano di Peverett May Be Wrong dove la band tira di brutto. Lo stesso anno, a distanza di pochi mesi, esce anche

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A Step Further – 1969 Decca **** altro disco che prosegue nella collaudata formula studio + live https://www.youtube.com/watch?v=Uybbl1wHWLo . E’ l’ultimo disco con Bob Hall al piano, che faceva da trait d’union tra il loro animo blues e quello più rock: Youlden firma quasi tutte le tracce della prima facciata in studio, tra cui spicca il solito “lentone” intenso Life’s One Act Play, dove appaiono anche gli archi, e spicca un assolo fantastico di Kim, e insieme a Simmonds, il vero tour de force Savoy Brown Boogie, registrato dal vivo a Londra nel Maggio 1969, un lungo medley ribollente di oltre 22 minuti, che incorpora Feel So Good, Whole Lotta Shakin’ Goin’ On, Little Queenie. Purple Haze e Fernando’s Hideway. I Savoy Brown ai vertici della loro potenza, quando competevano alla pari con Ten Years After e Fleetwood Mac, con in più la presenza di Chris Youlden che era un cantante fantastico, sentire per credere., anche se poi la sua carriera solista sarà del tutto deludente. Ma prima di abbandonare registra ancora con loro nel 1969 l’ottimo

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Raw Sienna – 1970 Decca **** non più prodotto da Vernon, ma da Youlden e Simmonds, entrambi anche al piano in alcuni brani, oltre a scrivere la totalità delle canzoni: anche se qualcuno azzarda che Youlden avesse “problemi” di dipendenza e forse fu questa una delle ragioni del suo mancato successo come solista. In effetti in questo album troviamo Needle And Spoon, brano ricercato, come altri presenti nel disco, meno portato al boogie e più rivolto verso il formato canzone https://www.youtube.com/watch?v=R4rQvaL9qxE , come ribadiscono la fiatistica A Litte More Wine, dove Peverett va di slide alla grande, con il supporto di Youlden al piano, in un pezzo in stile Chicago o Blood, Sweat And Tears, come pure That Same Old Feelin’, con grande solo di Kim, reiterato nella superba Master Hare, dove appaiono anche gli archi, mentre anche l’ottima Is That So di Simmonds non scherza, un lungo brano strumentale molto raffinato con forti elementi jazzy. Tutto l’album è comunque solido e centrato, tra i loro migliori.

Fine prima parte.

Bruno Conti