Due Concerti Storici Finalmente Disponibili…Ma Perché Niente CD E DVD? John Lee Hooker – Live At Montreux 1983 & 1990

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John Lee Hooker – Live At Montreux 1983 & 1990 – Eagle Rock/Universal 2LP – Digital Download

Tra gli innumerevoli concerti che negli anni si sono svolti presso il mitico Montreux Jazz Festival, particolarmente ricercati dai fans (e più volte bootlegati) sono i due show che il grande John Lee Hooker tenne nella località svizzera nel 1983 e 1990: oggi la Eagle Rock rende finalmente ufficiali quelle serate seppur con una modalità discutibile, e cioè solo in doppio LP e niente CD come supporto audio “fisico” (e fin qui ci può stare), ma senza nessuna pubblicazione tangibile per la controparte video, che è pertanto disponibile solo come download digitale. Scelte bizzarre a parte, Live At Montreux 1983 & 1990 testimonia in maniera esauriente due serate in stato di grazia per il leggendario bluesman del Mississippi, accompagnato in entrambi i casi dalla Coast To Coast Blues Band, un gruppo che in quegli anni era la sua abituale backing band e che aveva come punte di diamante il talentuoso chitarrista Michael Osborn e l’eccellente Melvin Jones alle tastiere. Ma il vero protagonista è naturalmente il vecchio Hook, che fornisce due prestazioni formidabili con il suo tipico stile quasi laidback, riuscendo a sprizzare carisma pur restando seduto durante tutta la performance e muovendosi il meno possibile: il resto lo fanno le canzoni, veri e propri classici del blues che non hanno bisogno di grandi presentazioni.

Lo show del 1983, che occupa il primo LP, vede il nostro salire sul palco con un improbabile completo rosa e cappello scuro, e piazzare subito una It Serves Me Right To Suffer da antologia, sinuosa ed elegante, con la band che suona con precisione svizzera (d’altronde siamo a Montreux) ed il vecchio Uncino che dosa da par suo silenzi, pause e momenti in cui “maltratta” la chitarra. Il ritmo si alza con I Didn’t Know, un boogie-blues incalzante con John Lee che non si scompone più di tanto ma guida il gruppo con piglio da vero leader (ottimo l’assolo di Osborn), prima di una versione tosta e sanguigna di Hi-Heel Sneakers, in cui la band si fa notare per compattezza e feeling, e di una strepitosa If You Take Care Of Me, I’ll Take Care Of You, slow blues sensuale ed appiccicoso in cui Hook gigioneggia alla sua maniera e Jones rilascia un notevole assolo d’organo. La temperatura sale ancora con la classica ed applauditissima Boom Boom e con una calda e fluida rilettura dello standard Worried Life Blues (in America la definirebbero “steamy”), seguite dalla frenetica I’m Jealous e dalla lenta e sulfurea Crawlin’ King Snake, altro slow blues coi controfiocchi. La saltellante Little Girl Go Back To School (presente solo nella parte video) prelude allo straordinario finale con una monumentale e strepitosa jam session basata sul superclassico Boogie Chillen, durante la quale salgono sul palco altri musicisti tra cui il chitarrista Luther Allison e l’armonicista Sugar Blue.

Esecuzione letteralmente epica in cui perfino Hooker lascia la sedia ed accenna addirittura il passo dell’oca, mentre tutti on stage sorridono compiaciuti, per più di 25 minuti di grandissimo blues che valgono da soli l’acquisto del doppio album. E veniamo al 1990, in cui un John Lee stavolta vestito di scuro e con occhiali neri si presenta con una vigorosa e coinvolgente jam strumentale senza titolo durante la quale improvvisa il testo sul momento, e prosegue con la soffusa ed attendista Mabel, un blues lento di gran classe: la Coast To Coast Blues Band mostra qualche cambiamento di formazione (ci sono anche un chitarrista ed un sassofonista in più), ma sia Osborn che Jones sono ancora ben saldi al loro posto. Rispetto allo show del 1983 ci sono quattro ripetizioni (Crawlin’ King Snake, in cui Hook duetta con l’affascinante vocalist Vala Cupp https://www.youtube.com/watch?v=PRm54WNNnmQ , It Serves Me Right To Suffer, Boom Boom e la sempre fantastica Boogie Chillen), mentre le novità sono I’m In The Mood, splendido e lussurioso blues dal tempo cadenzato e decisamente coinvolgente, una rilassata Baby Lee e, come bis, una languida e quasi ipnotica rilettura dell’allora recente The Healer (title track dell’album del 1989 che aveva avuto un notevole successo riportando in auge il nome del nostro), in cui Osborn si cala nei panni di Carlos Santana che suonava nella versione in studio.

Un doppio album dunque imperdibile per i fans di John Lee Hooker e del blues in generale, anche se per ascoltarlo dovrete fare ricorso al caro vecchio giradischi o al “moderno” download.

Marco Verdi

Un “Nuovo” Vecchio Amico Di Robben Ford E John Lee Hooker. Michael Osborn – Hangin’ On

michael osborn hangin' on

Michael Osborn – Hangin’ On – Checkerboard Records       

Per la nostra quota mensile di novità blues ecco Michael Osborn, che definire “nuovo” è forse fare torto ad un musicista che ha una storia lunghissima nelle 12 battute, una militanza che inizia verso la metà degli anni ’60, quando parte la sua carriera, insieme a Robben e Patrick Ford, con i quali suona per diversi anni, prima come bassista, poi come chitarrista ritmico (essendoci Robben ovviamente ubi maior minor cessat), arrivando anche a far parte della Charles Ford Blues Band e suonando pure con Charlie Musselwhite, mentre negli anni settanta suona con varie formazioni minori facendo gavetta. Poi nel 1981 tutto questo paga, quando viene invitato a diventare il chitarrista solista della band di John Lee Hooker con cui suona per 13 anni, e ancora nel 1997 è autore di Spellbound per l’album Don’t Look Back. Da allora, oltre ad avere suonato, dal vivo o su disco, con decine, forse centinaia di musicisti, che non citiamo per problemi di spazio, ma ce ne sono di veramente d importanti, ha iniziato una carriera solista, che conta fino ad oggi su otto titoli, di cui 5 pubblicati per la propria etichetta Checkerboard Records, ed è il solito motivo, visto la scarsa reperibilità dei suoi album (anche questo è uscito già da fine maggio 2018), per cui si parla poco di lui, ma è uno che merita di essere conosciuto.

Nonostante la foto che vi accoglie entrando nel suo sito, e che mostra un piacente signore di mezza età, Osborn ha 71 anni, e da qualche anno lavora soprattutto con artisti dell’area di Portland, non una delle mecche del blues, ma Dave Fleschner tastiere, Don Campbell  basso, John Moore (e Dave Melyan ) batteria, Gregg Williams percussioni, e la sezione fiati, presente in una canzone, con Joe McCarthy, Brad Ulrich e Chris Mercer, sono comunque musicisti di pregio, rinforzati da un paio di ospiti, la brava cantante Karen Lovely e l’armonicista e cantante Mitch Kashmar, mentre la sua touring band, The Drivers, è presente in un brano. Il risultato è un solido ed onesto disco di blues elettrico, dieci brani firmati dallo stesso Osborn, con un paio di collaborazioni: la title track Hangin’ On è la classica energica blues ballad, dove si apprezza la pungente solista di Michael, in possesso anche di una voce ricca e pastosa, per avere un riferimento pensare al suo amico Robben Ford, meno raffinato ma altrettanto fluido e con una tecnica notevole al servizio di assoli fluenti e coinvolgenti https://www.youtube.com/watch?v=cqYGJxpfbOI . It’s Your Move è il classico lungo blues lento dalla atmosfera sognante con la chitarra che “soffre” per l’ascoltatore, Fallin’ For You è il tipico shuflfe che rimanda al suono della band dei fratelli Ford, mentre Hey Baby, scritta con Tom Szell, prevede la presenza di Kashmar, che oltre a suonare l’armonica la canta con brio e passione.

When The Blues Come Around, firmata da Osborn con Karen Lovely, che la interpreta, se mi permettete la battuta, con voce “amabile” e di presenza timbrica notevole, è una ballata sixties molto old fashioned ,ma forse anche per questo affascinante; Doctor Please è un errebì funky di buona fattura, ma niente di memorabile, a parte le solite folate della solista, e Say I Do è l’altro brano cantato dalla ottima Lovely, con un timbro vocale che rimanda alla bravissima Mary Coughlan, vissuto e passionale, in questa ballata strappalacrime. When I Listen The Blues è il brano suonato con gli ottimi Drivers, uno dei pezzi più mossi dell’album, anche con la sezione fiati citata in azione, Mint Gin è l’unico pezzo strumentale, uno slow di quelli lancinanti con continui rimandi ai grandi della chitarra blues, e in chiusura troviamo Between A Tear And A Good Time, di nuovo con un pimpante Mitch Kashmar all’armonica, altro esempio dello stile vibrante e ricco di classe di Michael Osborn, forse non un fuoriclasse ma decisamente un buon manico per chi ama le 12 battute.

Bruno Conti