Ancora Chitarristi! Eric Gales – Good For Sumthin’

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Eric Gales – Good For Sumthin’ – Cleopatra Records

Il cambio di etichetta, dalla Tone Center/Shrapnel alla Cleopatra, e di produttore, da Mike Varney a Raphael Saadiq, poteva far presagire un radicale cambio di suono e di stile di Eric Gales, ma mi pare che il nostro si mantenga fedele al suo sound abituale, una miscela di rock hendrixiano, blues decisamente energico, giravolte jazz-rock e prog, con una più accentuata attitudine al funky, portata probabilmente dal nuovo produttore, bassista e buon interprete delle nuove frontiere del soul e del R&B. Forse il brano che meglio esemplifica questa “nuova” svolta è l’unica cover del disco, una versione di Miss You, che suona molto come potrebbe averla fatta Hendrix ai tempi della Band Of Gypsies, intro spaziale, poi il classico groove ritmato del brano, sottolineato dal poderoso giro di basso, suonato per l’occasione da Saadiq, e le immancabili improvvisazioni della solista del mancino Gales, imperdibile https://www.youtube.com/watch?v=TgNbu3Ue7wI ? No, però si lascia ascoltare. Continuiamo con la disamina dei brani posti in coda al disco e poi andiamo a ritroso: Steep Climb è un duetto con l’hard rocker Zakk Wylde, molto vicino ai brani registrati con i PGP (Pinnick, Gales & Pridgen) http://discoclub.myblog.it/2014/09/12/fenomeni-nuovo-capitolo-pinnick-gales-pridgen-pgp-2/ , rock decisamente duro, con chitarre in libertà, spesso in modalità wah-wah https://www.youtube.com/watch?v=w11_N_qfx9c , l’ultimo brano E2 (Note For Note) è uno strumentale registrato in coppia con Eric Johnson, in quell’area prog-jazz-rock che già presagivo nella recensione del precedente Ghost Notes http://discoclub.myblog.it/2013/12/11/il-figlioccio-jimi-hendrix-tenta-nuove-strade-eric-gales-trio-ghost-notes/ , brano virtuosistico che sarà apprezzato dagli appassionati dei chitarristi molto tecnici ed entrambi lo sono.

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Per il resto i fans di Gales (che fisiognomicamente ricorda Will Smith, fateci caso) possono stare tranquilli (forse solo loro), siamo di fronte a del solido rock-blues, anche se quei guizzi in cui si accende la fiamma dell’ispirazione, come capita nei dischi live, sono meno numerosi che ad inizio carriera: si  va dal potente blues-rock in black and white di Come A Long Way, con il pirotecnico solismo del buon Eric, all’orgia wah-wah di 1019, sempre ispirata dal suo mito Jimi https://www.youtube.com/watch?v=50KUWVEksIU , anche se non manca il boogie-blues tirato, alla ZZ Top, di Going Back To Memphis, le derive più funky, ma sempre belle “cattive” della title-track https://www.youtube.com/watch?v=rZocjX55gFo  e l’eccellente slow blues primo amore, sia pure meticciato, di una torrenziale Six Deep, dove Gales mette in mostra tutta la sua abilità di axeman https://www.youtube.com/watch?v=iMmygR5nJys . You Give Me Life è una piacevole ballata elettrica che mette in evidenza, come nel resto del disco, la produzione nitida e secca di Saadiq, mentre Heaven’s Gate è un’altra botta di adrenalinico rock-blues ad alta densità chitarristica e Tonight (I’m Leaving), scritta, come altre presenti nel disco, con il fratello Eugene (il terzo dei Gales Brothers era Manuel, più noto come Little Jimmy King, forse il più bravo dei tre, scomparso nel 2002), ha un assolo lancinante che la eleva da una aurea mediocrità. Show Me How è un ballatone acoustic soul dove si sente lo zampino di Saadiq, che vocalizza sullo sfondo, non c’entra un tubo con il resto dell’album, ma rimane comunque assai godibile. Del resto si è detto.

Bruno Conti

“Fenomeni”, Nuovo Capitolo. Pinnick Gales Pridgen – PGP 2

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Pinnick Gales Pridgen – PGP 2 – Magna Carta

E’ passato poco più di un anno e mezzo dalla pubblicazione del precedente album http://discoclub.myblog.it/2013/02/21/esagerati-ma-bravi-un-mini-supergruppo-pinnick-gales-pridge/  e Dug Pinnick, Eric Gales e Thomas Pridgen pubblicano un nuovo album, che, secondo la classica formula del rock, dopo un esordio senza nome, vuole che il secondo porti il numero 2 come titolo (e forse potremo andare avanti, chissà?). Ovviamente la formula musicale, fortemente voluta anche dal loro produttore Mike Varney non muta ( e probabilmente era logico aspettarselo), siamo dalle parti di un hard-rock-blues (poco di quest’ultimo) in forma power-trio, un tipo di musica che nei quasi 44 anni che sono passati dalla scomparsa di Jimi Hendrix, raramente (dovrei dire mai) è stato avvicinato per non dire migliorato. Però, gli ammiratori, gli epigoni, del mancino di Seattle non sono mai mancati: qui addirittura siamo quasi nel patologico, con un chitarrista e un bassista, entrambi mancini, ma non dalla nascita, potremmo dire acquisiti, con Pinnick che per dare una sferzata di originalità al suo stile ha montato le corde del suo basso all’inverso, uno strumento per destrorsi con la corda più spessa in alto https://www.youtube.com/watch?v=OB5tDMyKkp4 .

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Al di là di questi tecnicismi, comunque il contenuto di PGP 2 ribadisce quello del suo predecessore: chitarre a manetta ululanti, spesso con il cry baby inserito, nelle mani di Eric Gales, basso pompato e usato quasi come fosse a sua volta uno strumento solista, batteria dal suono poderoso ed avvolgente, tra derive hard rock e tocchi funky, almeno nel brano di apertura Every Step Of The Way, firmato da Pinnick che la canta https://www.youtube.com/watch?v=_GazRcc3BJ4 . Ma non è che le cose cambino molto nella successiva It’s Not My Time To Die, sostituite la voce di Dug con quella di Gales, che è l’autore del brano, ma chitarra, basso e batteria continuano a macinare note inesorabilmente, con grande virtuosismo ma non una eccessiva varietà di temi, forse un’atmosfera più dark, anche per il testo più “buio” e violento della canzone.

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I tre sono indubbiamente bravi, ma ti danno quella sensazione di oppressione sonora, c’è troppo di tutto, chitarre rutilanti, ritmica megagalattica, voci trattate, come nella esplosiva Psychofunkadelic Blues (bel titolo però), saranno anche i Cream, gli Experience o meglio ancora, la Band Of Gypsys del 21° secolo, però se non amate il vostro rock duro, ma molto duro, si fatica a reggere. Intendiamoci le possibilità ci sono, nella introduzione quasi psichedelica della lunga Watchman, e poi nel corpo della canzone, Gales suona qualcosa che pare un sitar elettrico, ma è probabilmente una chitarra passata attraverso le diavolerie della sua pedaliera, i ritmi rallentano, si fanno meno frenetici, il virtuosismo rimane, visto che la formula è quella, ma si cerca, se non di rinnovarla, perché sarebbe difficile, quantomeno di renderla il più varia ed interessante possibile e in questo brano, a tratti, ci riescono. Interessanti anche le due tracce strumentali, la brevissima Ladonna, solo Eric e le sue chitarre, in modalità, manco a dirlo, hendrixiana, quello più sperimentale comunque, e la conclusiva Jambiance, che come lascia intuire il titolo è una sorta di jam ambient, dalla struttura più melodica e meno frenetica.

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In mezzo troviamo l’heavy blues di Have Cried, con ricorrenti armonizzazioni vocali di Gales e Pinnick, che lo rendono quantomeno inconsueto, il rock più moderato di Like You Used To Do, non particolarmente memorabile, o il lite metal di The Past Is The Past, ovvio come il titolo del brano, bravissimi ma vi devono piacere parecchio questi suoni e non sto sindacando la loro validità, constato! The Past Is The Past, Ain’t Got No Money e Down To The Bone sono ulteriori variazioni sul tema. Se mi posso permettere: c’erano più idee in una singola canzone di Hendrix o dei Cream che in tutto questo disco, ma forse mi sbaglio. In ogni caso suonato molto bene, come i prodotti di Varney in generale, se la cosa può consolare. Ripristinerei le due stellette e mezzo, non è così brutto da meritare due stellette ma non ne vale neppure tre.

Bruno Conti