Ormai Non Sbaglia Più Un Colpo! Michael McDermott – What In The World…

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Michael McDermott – What In The World… – Appaloosa Records

Capita che un lunedì di maggio, a Milano, in una banalissima pausa pranzo, vengo a sapere che presso la Feltrinelli di Viale Pasubio si esibirà gratuitamente un cantautore che considero uno dei più preziosi segreti della storia del rock, di quelli che negli anni ‘90 hanno riempito le mie serate musicali di adrenalina ed emozioni con le canzoni dei sui primi tre album, il capolavoro 620 W. Surf, Gethsemane e quello che porta semplicemente il suo nome. Mi precipito e me lo trovo davanti, Michael McDermott, in jeans e maglietta neri, chitarra acustica e armonica pronta all’uso, spalleggiato dal bravo Alex kid Gariazzo (Treves Blues Band) alla chitarra e mandolino, di fronte ad una platea distratta da cibo e chiacchiere, a regalare una performance di straordinaria intensità basata per lo più sui brani di Orphans, pubblicato qualche mese prima in Italia dalla benemerita Appaloosa Records. Questo accadeva nel 2019, quando ancora nessuno sapeva cosa significasse la funesta sigla Covid-19 e i concerti rock potevi andarli a sentire regolarmente, senza alcun problema di distanziamento o mascherine.

Nonostante il virus sia purtroppo diventato una triste realtà, da noi ma in misura anche maggiore negli States, McDermott ha deciso di pubblicare quest’anno un nuovo capitolo della sua discografia, sempre attraverso l’Appaloosa del compianto Franco Ratti, con tanto di traduzioni in italiano dei testi, lodevolissima iniziativa che permette di valutare appieno il contenuto delle canzoni del songwriter di Chicago, mentre negli States esce per la sua etichetta personale, la Pauper Sky Records. E devo dire che quest’ultimo What In The World… si rivela essere uno dei migliori lavori della sua carriera, a conferma della autentica rinascita umana ed artistica che Michael ha saputo portare avanti dopo essersi liberato dalla grave dipendenza dall’alcolismo. Fantasmi e demoni non hanno mai abbandonato i suoi racconti in musica, tra frustrazioni ed ossessioni dei personaggi che descrive (non sarà per caso che tra i suoi fans di vecchia data troviamo Stephen King) con occhio attento ai fatti di cronaca e agli aspetti più involuti dell’attuale società americana. La title track, posta volutamente in apertura (e in chiusura, come bonus, in versione acustica ugualmente efficace) si ispira in maniera evidente al Bob Dylan di Subterranean Homesick Blues, fra taglienti sventagliate chitarristiche e una ritmica serrata a sostenere un testo rabbioso che elenca orrori e assurdità che si stanno verificando negli USA dell’era Trump.

Ancor più evidente appare la citazione nel recente video che supporta la canzone, in cui Michael sfoglia cartelli contenenti le parole del testo, facendo il verso a maestro Bob. Ancora un evento tragico, il massacro commesso cinque anni fa da parte di un suprematista bianco nella chiesa di Charleston, nella Carolina del Sud, offre lo spunto per un altro brano potente, Mother Emmanuel, caratterizzato dal suono lancinante delle chitarre e da continui cambi di ritmo. Dalle tragedie collettive spesso si finisce a scavare nel personale come dimostra uno degli episodi migliori della raccolta, The Veils Of Veronica, dedicata alla nipote Erin, morta suicida poco dopo la scomparsa del fratello Ryan, ex militare e per lungo tempo sofferente di PTSD (disturbo da stress post traumatico). L’atmosfera del pezzo è perfetta nel descrivere il dramma interiore della protagonista con il lento crescendo delle chitarre sullo sfondo che ben supportano il tono intenso e dolente della voce di Michael.

Anche Die With Me descrive splendidamente il tentativo di superamento di un profondo trauma, come può essere un abuso sessuale subìto, altra notevole performance vocale del leader con la band alle spalle che lavora di fino. Il disco offre anche momenti più solari e disimpegnati nel gradevolissimo trittico formato da The Things You Want, No Matter What e Contender. La prima gode di un riff cadenzato e un po’ ruffiano che si memorizza subito e ti porta a canticchiarne il ritornello insieme al suo autore. La seconda è più acustica e ricorda certe gustose ballad uscite dalla magica penna di Tom Petty, con tanto di armonica a bocca a sottolinearne la linea melodica azzeccatissima, mentre la terza presenta un arrangiamento fiatistico bello quanto inatteso, con i sax suonati da Rich Parenti che danno vigore e spensieratezza alla vicenda del Contender del titolo, che cade al tappeto 99 volte per rialzarsi alla centesima. Tuttavia, sono le ballads il contesto in cui McDermott esprime il massimo delle sue potenzialità, come dimostra la trascinante New York, Texas… racconto efficace della fuga di una giovane coppia in attesa di un figlio verso una vita migliore.

Oppure la delicata descrizione di una barista in cerca di riscatto sociale in Blue Eyed Barmaid, impreziosita da un notevole arpeggio di chitarre acustiche. Rimangono la romantica Until I Found You manifestamente dedicata alla moglie Heather Lynne Horton, corista e violinista nonché membro dei Westies https://discoclub.myblog.it/2014/05/05/singer-songwriter-eccellenza-michael-mcdermott-and-the-westies-west-side-stories/ , il gruppo fondato da Michael insieme al chitarrista Joe Pisapia, al batterista Ian Fitchuk, al bassista Lex Price e al tastierista John Deaderick, gli ultimi due ancora presenti in quest’album che si chiude, prima della ripresa acustica di What In The World…, con un altro nostalgico gioiellino, atto d’amore nei confronti della Grande Mela in cui McDermott ha vissuto per parecchi e travagliati anni, intitolato Positively Central Park. Una splendida conclusione, che sembra uscire direttamente da uno dei locali del Village dove il suo autore si sarà esibito tante volte, a suggello di un album notevole che ci mostra il cinquantenne Michael McDermott in piana forma fisica e creativa.

Marco Frosi