Novità Di Marzo Parte I. Jimi Hendrix, Dido, Stereophonics, Laura Mvula, Son Volt, Josh Ritter, Madeleine Peyroux, Ashley Monroe, Roddy Woomble

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Confermata per domani 5 marzo l’uscita di Jimi Hendrix People, Hell And Angels, il disco “inedito” già annunciato sul Blog a fine gennaio (in tutto il mondo, Italia inclusa, ma esclusa misteriosamente l’inghilterra, dove uscirà il 1° aprile), etichetta Sony Legacy. Confermato anche Memphis di Boz Scaggs, di cui avete già letto le recensione completa pochi giorni fa.

Torna, per dirla alla Chico di Zagor o come Brian Eno, Dido Florian Cloud De Bounevialle O’Malley Armstrong, per darle il suo nome completo: il disco Girl Who Got Away, Rca Sony, è il primo dal 2008, e naturalmente esce anche in versione Deluxe doppia con 6 brani in più. Il fratello Rollo, dei Faithless, è sempre al suo fianco come autore e c’è anche un duetto con il rapper Kendrick Lamar. Già da anni aveva annunciato che l’album avrebbe avuto un approccio elettronico ma, per fortuna, non ha mantenuto totalmente le promesse, anche se… 

Anche i gallesi Stereophonics rompono un silenzio che durava dal 2009 e pubblicano per la Stylus Records/EMI, domani 5 marzo, il nuovo CD Graffiti On The Train. C’è la versione Deluxe? Che domanda, certo! Anche se i 6 brani nel secondo dischetto, a parte uno, Overland, sono versioni alternative, acustiche o remix.

 

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Tre voci femminili, piuttosto diverse tra loro, ma tutte interessanti.

Laura Mvula, all’esordio con questo Sing To The Moon, pubblicato sempre dalla RCA, è la scoperta di quest’anno di BBC e Brit Awards, tra i “names to watch” (e listen). Prodotto, attenzione, da Steve Brown (quello di Rumer) e mixato da Tom Elmhirst (quello di Adele), in Inghilterra, dove la fantasia non manca di certo alla stampa, anche troppo, è stato definito un disco di gospeldelia. Più semplicemente, per chi scrive, una bella voce, raffinata, con arrangiamenti anche complessi, misti a brani più semplici, influenze (e cover di) Nina Simone, George Gershwin e Bjork. Sembra interessante. Sì, c’è la versione doppia Deluxe con 6 tracce extra. 

Non sono passati neanche due anni dal precedente Standing On The Rooftop ed esce già un nuovo disco di Madeleine Peyroux, titolo The Blue Room, prodotto nuovamente da Larry Klein, dopo la parentesi con Craig Street, l’album inizialmente doveva essere un tributo al Ray Charles di Modern Sounds In Country & Western Music, e, tratte da quel disco, oltre a I Can Stop Loving You ce ne sono altre tre, a cui si aggiungono Guilty di Randy Newman e Bird On The Wire di Leonard Cohen, nonché Gentle On My Mind, il brano di Glen Campbell scritto da John Hartford, il tutto molto buono, ai suoi migliori livelli. Questa volta prima di parlarvi della versione Deluxe (che c’è), vi ricordo che per le strane traiettorie della discografia miderna, il disco esce, su etichetta Decca/Emarcy, il 5 marzo negli States, il 26 marzo in Italia e l’8 aprile in Inghilterra, mah! La Deluxe, in questo caso, contiene un DVD con un documentario di 30 minuti, il video di Changing All Those Changes (che è un brano di Buddy Holly) e un video unplugged di I Can’t Stop Loving You. Nel CD, come ciliegina sulla torta, c’è anche una bellissima versione di Desperados Under The Eaves di Warren Zevon.

Ashley Monroe, chi è costei? E’ una che fa country ed è anche brava. Ha fatto un bellissimo disco con le Pistol Annies (Miranda Lambert e Angaleena Presley) nel 2011 e uno, Satisfied, a nome suo nel 2009 e per quelli che seguono, è la tipa che duettava con i Train in Bruises. Per questo nuovo album, che esce solo in Usa, sempre il 5 marzo (una brutta notizia, non c’è la deluxe!), titolo Like A Rose, Warner Bros, per la title-track si è scomodato anche Guy Clark che l’ha firmata insieme a lei e c’è un duetto con Blake Shelton, produce Vince Gill. La nuova Dolly Parton?

 

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Sempre parlando di country, anzi Honky Tonk, è il titolo del nuovo disco dei Son Volt. Jay Farrar torna nei ranghi, e dopo l’operazione Gob Iron e quella per Woody Guthrie di New Multitudes, pubblica, come di consueto, per la Rounder/Universal questo nuovo album, con più pedal steel e due violini rispetto al solito sound, ma la voce è la solita, inconfondibile (che mi evoca sempre ricordi del non dimenticato Gene Clark). Sono già due dischi che non c’è la versione Deluxe, comincio ad essere preoccupato, quasi quasi me la invento.


Ma per il nuovo Josh Ritter c’è, anzi ce ne sono addirittura due, più che altro formati “strani”. The Beast In Its Tracks, etichetta Yep Rock, esce in vinile, con il CD allegato, o nuovamente in LP, con CD e 45 giri allegati, sono dei geni del marketing! Naturalmente il prezzo sale esponenzialmente a seconda delle versioni. Per fortuna il disco è bello, forse i suoi problemi amorosi (si è lasciato con la moglie, musicista anche lei, la bravissima Dawn Landes, dopo solo 18 mesi di matrimonio) hanno contribuito alla riuscita di questo nuovo album. Lui è veramente bravo, quindi non mi meraviglia più di tanto. Penso che qualcuno poi farà la recensione completa del disco sul Blog, per il momento un estratto…

E Per finire: Roddy Woomble era il leader degli Idlewild, qualcuno li ricorda? Band scozzese, che in teoria è in pausa indefinita, per permettere la carriera solista di Woomble, che collabora spesso con Kris Drever, John McCusker, Kate Rusby, Karine Polwart, Eddie Reader, Boo Hewerdine, tutta gente brava e anche lui non è male, come dimostra questo Listen To Keep pubblicato dalla Reveal. Come diceva qualcuno anni fa, provare per credere, questa Making Myths è bellissima!

Alla prossima.

Bruno Conti

Forse Non “Quello Giusto”, Ma Non Male Per Un 77enne! Bobby Rush – Down In Lousiana

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Bobby Rush – Down In Louisiana – Deep Rush Records/Thirty Tigers

Se mi chiedessero a bruciapelo di ricordare un paio di album di Bobby Rush, probabilmente citerei Mourning In The Morning e So Many Roads. E sbaglierei, perché sono entrambi dell’altro Rush, Otis, “quello giusto”. D’altronde se qualcuno cerca in rete, nelle varie biografie di Bobby Rush, non corrisponde neppure la data di nascita: c’è chi indica novembre 1935, chi novembre 1940 (ad esempio Wikipedia in inglese o italiano), e non è una differenza da poco. Peraltro, se uno dovesse giudicare dalla foto di copertina di questo ultimo album, Down In Lousiana, dal colore dei capelli (un nero corvino improbabile simile a quello di molti attori e cantanti, probabilmente usano la stessa tinta) si potrebbe presumere che Rush sia nato addirittura intorno al 1970. Ma lasciamo da parte questioni tricologiche ed anagrafiche … anche se, approfondendo, consideriamo come anno di nascita il 1935, sarebbe lo stesso anno di nascita di gente come Gene Vincent o Elvis Presley, il secondo già morto, sia pure da poco, quando il buon Bobby pubblicava il suo primo album nel 1979.

Questo per dire che, come al solito,  le carriere dei bluesmen e degli uomini di soul, prendono il loro abbrivio sempre piuttosto in là negli anni, dopo una lunga gavetta, ma Bobby Rush poi ha recuperato, pubblicando da allora quasi una trentina di dischi, negli anni duemila ancora con una media quasi di uno ogni due anni (l’ultimo nel 2011), ma a differenza dell’altro Rush, senza voler essere polemico, non me ne ricordo uno che sia uno. Lui sostiene di avere “inventato” il FolkFunk (e io che credevo che Richard Thompson, quando ha usato il termine  per parlare del suo ultimo album scherzasse, invece esisteva davvero, ma guarda te), che è anche il titolo di un suo CD, credo del 2004, ma a giudicare da questo album, e soprattutto per i precedenti, si può tranquillamente parlare di funky, con abbondanti dosi di Blues, o viceversa, ma certo non verrà ricordato negli annali di nessuna delle due categorie. Se poi aggiungiamo, che in questo Down In Lousiana, tutto composto da brani firmati dallo stesso Rush, il pezzo migliore è forse quello che dà il titolo all’album e lo apre, una vecchia canzone scritta, tra gli altri, dal grande Jim Ford, con i suoi profumi di New Orleans, evidenziati da un accordion sbarazzino che attraversa le atmosfere funky del suddetto brano, con un freschezza che il resto dell’album non sempre conferma.

D’altra parte, Bobby Rush, viene ed è cresciuto laggiù, nel profondo Sud, in un anno che non ci è dato sapere. Bene, direi che vi ho detto le cose più interessanti e salienti dell’album, passiamo ad altro. Scherzo, ma non c’è moltissimo da aggiungere, se non che la voce, pur se ancora abbastanza pimpante, evidenzia le non poche primavere del protagonista. Registrato in quel di Nashville, il disco si avvale di un quartetto di strumentisti e di una voce femminile di supporto e quindi di uno stile più compatto rispetto a quelli precedenti dove c’era grande profusione di fiati e arrangiamenti meno concisi, e sentito a volumi adeguati, ossia abbastanza alti, si gusta anche con piacere, non vorrei darvi l’impressione che si tratti di un album brutto, anzi, proseguendo negli ascolti migliora e le classiche tre stellette le merita tutte, anche se riviste e siti di settore spesso gliene assegnano cinque, come a molti altri CD del genere, facendo pensare che ogni giorno escano nuovi capolavori imprescindibili, ma i dischi di Waters, Johnson, dei vari King o anche di gente come Buddy Guy o del citato Otis Rush quante ne meriterebbero? Diciotto!

A questo punto, ci vuole un po’ di equilibrio, perché poi gli appassionati del genere si ritrovano nelle loro discoteche miliardi di dischi, forse inutili. Non è il caso di questo, dove oltre all’iniziale title-track che è più zydeco che cajun, si segnalano anche I Ain’t The One, dal ritmo ska misto al blues, dove Bobby Rush si esibisce, con profitto, anche all’armonica, o lo slow blues and soul della melodica Tight Money, dove l’organo è molto presente e la solista disegna delle linee vicine al rock mentre l’armonica aggiunge un pizzico di serenità al brano. Ma anche lo shuffle di Boogie In The Dark è molto classico nella sua sinuosità, senza tralasciare il funky cadenzato di You Just Like A Dresser o le derive più rock-blues di Don’t You Cry con tanto di wah-wah e pure la ripresa della maliziosa Bowlegged Woman dal suo vecchio repertorio o il soul intenso di Raining In My Heart per concludere con il gospel tinto di swamp di Swing Low, con una chitarra tagliente come bonus. Quindi anche se non è il Rush giusto, ci si può fare comunque un pensierino, non male per un settantasettenne, forse!

Bruno Conti  

Duane Allman – Skydog – The Retrospective…Ulteriori Notizie.

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Duane Allman – Skydog – Box 7 CD Rounder/Universal

Da quando, qualche settimana fa (il 1° febbraio, per la precisione, come potete leggere qui e-anche-questo-non-e-male-duane-allman-skydog-the-retrospect.html, dove trovate anche la tracking list completa) ho pubblicato la notizia della imminente uscita di questo cofanetto, ci sono stati alcuni ulteriori sviluppi e visto che questo è un blog quotidiano che vi tiene informati anche su queste cose, le condivido con voi. Prima di tutto, per chi è un lettore anche del Buscadero, dove, come sapete, forse, scrivo regolarmente da una trentina di anni, sul numero di marzo della rivista, uscito oggi, troverete in copertina e all’interno in un succoso articolo di una quindicina di pagine, tutto quello che c’è da sapere sul Box (P&P, pubblicità è progresso, gratuita). Io, a integrazione, posso aggiungere che la data di pubblicazione ufficiale dovrebbe slittare al 19 marzo e sarà una tiratura limitata di 10.000 copie limitata al mercato americano, quindi chi è interessato si affretti.

Per la gioia di grandi e piccini, a questo link, listen.html (che sembra di libero accesso per tutti, ma non chiedetemi dove l’ho trovato)) potete ascoltare il cofanetto in streaming, ma non i 30 secondi canonici di alcuni brani, bensì tutti i 129 pezzi contenuti nel Box, nella loro interezza. Quindi indossate qualcosa di comodo, le vostre pantofoline preferite e sparatevi le oltre sette ore del tutto. Non so quanto rimarrà valido, per cui affrettarsi: Ob-La-Di Ob-La-Di cantata da Arthur Conley a tempo di reggae, con Duane Allman che riffa su uno dei canali dello stereo è una delle mie preferite (scherzo, però è divertente!). Qualità sonora eccellente.

Nell’attesa dell’uscita, buon ascolto.

Bruno Conti

Real Gone Music: Old, New & Previews. Tom Jans, Rick Wakeman, Cat Mother, Billy Joe Shaver, Pozo Seco, John Hartford, Freddie King, Don Nix, Sam Samudio, Borderline

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Mi riservavo sempre di dare uno spazio alle ripubblicazioni di questa nuova etichetta, che si chiama Real Gone Music, e viene vista come una “alleata” di case storiche come la Rhino, la Ace, la Repertoire, la Esoteric, e mille altre, nella difficile arte della Ristampa. Qualità sonora, libretti dettagliati e, ove possibile, bonus tracks, sono tre ingredienti immancabili, e direi che la Real Gone li rispetta tutti. L’etichetta americana è in pista da un paio di anni e nasce dall’incontro tra due persone che già si occupavano di musica, Gabby Castellana della Hep Cat Records e, soprattutto, Gordon Anderson, fondatore della Collectors’ Choice, che per un paio di decadi aveva allietato le vite degli appassionati di buona musica. Sono partiti con qualche vinile d’epoca e poi hanno iniziato a ristampare i titoli della serie Dick’s Picks dei Grateful Dead. Da lì a diventare una delle etichette di punte nel mercato delle ristampe è stato breve. Diciamo che non tutto il catalogo che pubblicano è di interesse per gli appassionati di rock, perché la Real Gone si occupa molto anche di cantanti e musicisti, diciamo tradizionali e, marginalmente anche di jazz. Se volete vedervi tutto il catalogo andate qui http://www.realgonemusic.com/, ma di alcuni titoli recenti e futuri, quelli più interessanti, ad insindacabile giudizio di chi scrive, ci occupiamo oggi. Del primo che vedete effigiato qui sopra, Sam Dees, mi ero già occupato, e lo trovate sfogliando a ritroso le pagine del Blog, che è sempre una piacevole attività, mentre gli altri due sono tra i più gustosi in relazione all’uscita del 2 aprile.

Tom Jans sembra finalmente avere lo spazio che merita e dopo l’antologia della australiana Raven (era-ora-finalmente-in-cd-tom-jans-loving-arms-the-best-of-19.html e qualche uscita giapponese, la Real Gone pubblicherà per la prima volta un CD sul mercato americano: Tom Jans & Mimi Farina Take Heart e l’omonimo Tom Jans, vengono uniti in un dischetto unico. Le informazioni le leggete nel post linkato, questa è la lista dei brani contenuti.

Songs: 

Take Heart

1.   Carolina

2.   Charlotte

3.   Kings and Queen

4.   The Great White Horse

5.   Reach Out (For Chris Ross)

6.   Madman

7.   In the Quiet Morning (For Janis Joplin)

8.   Letter to Jesus

9.   After the Sugar Harvest

10. No Need to Be Lonely

Tom Jans

 

 

 

11. Margarita

12. Old Time Feeling

13. Tender Memory

14. Slippin’ Away

15. Green River

16. Blue Sky Rider

17. Loving Arms

18. Free and Easy

19. (Why Don’t You) Meet Me at the Border

20. Hart’s Island

Don Nix è uno dei tesori nascosti della musica americana ed i suoi dischi originali sono di reperibilità molto difficoltosa, per usare un eufemismo, qualche sporadica uscita giapponese, ma per il resto solo tributi o materiale recente. Come dicevo in altre occasioni, Nix comunque è quello che è scritto Going Down, era uno dei membri fondatori, come sassofonista, dei Mar-Keys e poi produttore, sideman ed arrangiatore alla Stax, per Booker T & Mg’s e il giro di Otis Redding e altri artisti dell’etichetta. Poi è andato alla Shelter di Leon Russell, ma nello stesso tempo continuava a produrre e suonare in dischi di gente come Joe Cocker, Delaney & Bonnie, Tracy Nelson, Albert King, Freddie King. Questo Living By The Days, in uscita il 2 aprile, veniva pubblicato in origine dalla Elektra nel 1971. Nel disco, oltre alla sezione ritmica dei Muscle Shoals, c’erano Donald “Duck” Dunn e parecchi musicisti del giro Shelter People che suonavano con Leon Russell e Joe Cocker, tipo Don Preston (anche con Zappa), Claudia Lennear, Kathi McDonald (scomparsa di recente)e come ospite Furry Lewis (proprio quello del brano di Joni Mitchell), che da lì a poco avrebbe dato vita con lo stesso Nix e Lonnie Mack agli Alabama State Troopers, altra band leggendaria di quel periodo.

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I Borderline erano un trio, sconosciuto ai più, composto da Dave & Jon Gershen e da Jim Rooney. Siamo nel 1972 (anche se il disco uscirà nel 1973), dalle parti di Woodstock, patria della Band e della Bearsville Records, di cui Rooney era il manager e il factotum, da quelle bazzicano fior di musicisti tra cui Van Morrison, prossimo a finire il suo periodo americano, ma soprattutto musicisti country, di quelli che in quel periodo incrociavano i loro strumenti con il meglio del rock dell’epoca: Ben Keith al dobro (dalla band di Neil Young), Vassar Clements e Ken Kosek al violino, Billy Mundy dalla band di Zappa, alla batteria, David Sanborn al sax e, dal giro della Band, Richard Manuel e Garth Hudson, sotto gli pseudonimi di Dick Handle e Campo Malaqua, e il loro produttore, John Simon, al piano. Il disco, Sweet Dreams And Quiet Desires, pubblicato ai tempi dalla Avalanche, che era una sottomarca della United Artists, venne praticamente ignorato, ma visti i musicisti coinvolti fu un vero peccato, perchè si trattava di ottima musica, quella che oggi definiremmo “Americana”, il genere praticato da Little Feat e The Band. Non è che in CD abbia avuto una sorte migliore, pubblicato in Giappone è sparito quasi subito, ma oggi la Real Gone lo (ri)pubblica, con le matrice originali, e aggiungendo anche un The Second Album, rimasto inedito ai tempi, dove suonavano tra gli altri i Brecker Brothers, Will Lee, Amos Garrett, anche in questo caso con le registrazioni originali, miracolosamente riapparse. Il tutto in un unico CD.

Ancora più oscuro è il disco dei Pozo Seco, che all’epoca, 1968, avevano perso per strada il suffisso Singers e un componente, ma vantavano nelle loro fila una voce femminile Susan Taylor (che si faceva chiamare Taylor Pie) e, da sette anni in formazione, tale Don Williams, che da lì a poco, 1971, sarebbe diventato una della stelle della country music, definito “The Gentle Giant” e amatissimo, tra i tanti, da Eric Clapton. Questo Shades Of Time, che potremmo definire un disco di folk-country-pop-rock (mi è venuto così), ha la particolarità di essere prodotto da due grandi del tempo, Elliott Mazer e Bob Johnston (esatto, proprio quelli rispettivamente di, Neil Young e Janis Joplin, e Bob Dylan e Simon & Garfunkel). Il disco, molto piacevole, ha undici bonus tracks, tratte dai singoli dell’epoca.

Forse (anzi togliete pure il forse), No Earthly Connection, non rientra tra i migliori dischi di Rick Wakeman, e neppure tra quelli più popolari, visto che in CD è uscito solo in una rara versione giapponese, ma questo disco editato in orgine nel 1976, farà la gioia dei fans del rock progressivo e non è neppure orribile. Un brano di 28 minuti diviso in cinque parti e due brani di 7 minuti ciascuno, lo inseriscono d’ufficio nel filone del prog rock. In questo caso niente bonus.

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 Tre CD doppi, due usciti da qualche mese, e uno in questi giorni.

Quello di John Hartford, Aereo-Plain/Morning Bugle The Complete Warner Bros. Recordings, raccoglie i due dischi pubblicati per la major americana, tra il 1971 e il 1972, quando questo signore, che non dimentichiamolo è quello che è scritto Gentle on My Mind per Glen Campbell, un brano che ha venduto qualche gazillione di copie, ha il merito di avere re-introdotto la musica bluegrass nel country americana, con tanti altri, a partire dai Dillards. Ma in questi due album, fantastici, suona gente come Vassar Clements, Tut Taylor, Norman Blake, Sam Bush, addirittura nel secondo un trio, che a fianco di Hartford e Blake, vede la presenza del grande contrabassista jazz Dave Holland, per uno stile che Sam Bush dei New Grass Revival, avrebbe proprio ribatezzato come “New Grass”, improvvisazione allo stato puro ma nell’alveo della tradizione popolare country americana. Ovviamente ci sono 8 bonus, quattro nel primo e quattro nel secondo CD. Imperdibile.

Anche quello di Billy Joe Shaver, The Complete Columbia Recordings, raccoglie l’opera omnia incisa per un’altra grande major americana nel periodo centrale della sua carriera, 1981 I’m Just an Old Chunk of Coal (but I’m Gonna Be a Diamond Someday), 1982 l’omonimo Billy Joe Shaver e 1987 Salt Of The Earth, tre dischi di perfetta outlaw country music, tra le cose migliori della sua carriera in assoluto. Considerando che ci sono 3 album completi su 2 CD non deve meravigliare che la bonus track sia una sola, però è bella! Come il resto del contenuto, per chi ama il genere, ma anche per novizi. Il terzo sicuramente era uscito in CD, gli altri due non ricordo.

Per concludere con i doppi, questa antologia dedicata a Freddie King The Complete King And Federal Singles, raccoglie tutti i singoli incisi per queste etichette dal grande cantante e chitarrista, uno dei tre “Re” del Blues, 54 brani, per questo signore che, giustamente, la classifica di Rolling Stone ha inserito al 15° posto tra i più grandi chitarristi della storia, uno che ha influenzato moltissimo gente come Clapton, Beck, Green e Taylor. Non vi sto a citare brani in particolare ma se scorrete quelli contenuti in questa raccolta, è praticamente la storia del blues elettrico:

Tracks:

CD One

1.   You’ve Got to Love Her with a  Feeling

2.   Have You Ever Loved a Woman

3.   Hideaway

4.   I Love the Woman

5.   Lonesome Whistle Blues

6.   It’s Too Bad Things Are Going So Tough

7.   San-Ho-Zay!

8.   See See Baby

9.   I’m Tore Down

10. Sen-Sa-Shun

11. Christmas Tears

12. I Hear Jingle Bells

13. If You Believe (in What You Do)

14. Heads Up

15. Takin’ Care of Business

16. The Stumble

17. Side Tracked

18. Sittin’ on the Boat Dock

19. Do the President Twist

20. What About Love

21. Texas Oil

22. Come On

23. Just Pickin’

24. (Let Your Love) Watch over Me

25. You Can’t Hide

26. In the Open

27. I’m on My Way to Atlanta

CD Two

1.   It’s Easy, Child

2.   The Bossa Nova Watusi Twist

3.   Look, Ma, I’m Cryin’

4.   (I’d Love to) Make Love to You

5.   One Hundred Years

6.   (The Welfare) Turns Its Back on You

7.   You’re Barkin’ Up the Wrong Tree

8.   Surf Monkey

9.   Monkey Donkey

10. Meet Me at the Station

11. King-A-Ling

12. Driving Sideways

13. Someday, After Awhile (You’ll Be Sorry)

14. She Put the Whammy on Me

15. High Rise

16. Now I’ve Got a Woman

17. Onion Rings

18. Some Other Day, Some Other Time

19. Manhole

20. If You Have It

21. I Love You More Everyday

22. Full Time Love

23. She’s The One

24. Use What You’ve Got

25. Double Eyed Whammy

26. You’ve Got Me Licked

27. Girl from Kookamunga

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Le due ultime ristampe sono altre rarità assolute.

La prima, dal titolo, The Street Giveth…And The Street Taketh Away, pubblicata dalla Polydor nel 1969 a nome Cat Mother And The All Night Newsboys (all’epoca per ricordarti i nomi dei gruppi e i titoli dei dischi dovevi avere una memoria ferrea, oppure andavi per indizi, quello con la copertina nera…quello…) ha la particolarità di avere come co-produttore tale Jimi Hendrix (l’unica volta in cui ha prodotto un disco non suo, ma erano amici), che suona anche nel disco. In CD era già apparso un paio di volte fugacemente per etichette più o meno improbabili e pur non essendo un capolavoro assoluto si ascolta con estremo piacere, non solo per collezionisti, buona musica rock di quel periodo, molto eclettica ma valida.

Hard And Heavy è il disco solista pubblicato da Sam Samudio nel 1971 per la Atlantic, Già, ma chi è costui, se vi dico Sam the Sham & the Pharaohs, quelli di Wooly Bully qualcosa dovrebbe dirvi. Anche se il disco è un poderoso esempio di rock-garage-blues, co-prodotto da Jerry Wexler e Tom Dowd (mica cotica), con la partecipazione dei Dixie Flyers, la band dell’epoca di Jim Dickinson, le Sweet Inspirations, il trio vocale nero che accompagnava Ray Charles e Aretha Franklin, i Memphis Horns e Duane Allman alla solista, ciumbia! E il disco è un piccolo gioiello d’epoca con una sola bonus ma di spessore, una versione notevole di Me And Bobby McGee con Duane Allman al dobro. Non per niente alcuni dei brabi di questo album si troveranno nel cofanetto retrospettivo dedicato ad Allman, Skydog, in uscita in questi giorni. Se siete interessati al box, che trovate andando a ritroso nelle pagine del Blog, affrettatevi perchè pare cha la Rouunder/Universal ne pubblicherà “solo” 10.000 copie per il mercato americano, in esclusiva, niente edizione europea.

Direi che per la Real Gone Records, per il momento, è tutto. Con tutta questa “pubblicità” gratuita spero che mi mandino un po’ di materiale promo dagli States! Scherzo naturalmente (però la butto lì), trattasi di musica da conoscere assolutamente, ma i CD costano.

Bruno Conti