Anticipazioni Della Settimana (Ferr)Agostana, Prossime Uscite Di Settembre: Parte I. Little Steven, Nick Mason, Amos Lee, Anna Calvi, Madeleine Peyroux, Tributo A Roger Miller

Chi legge il Blog con regolarità avrà notato che la rubrica delle Anticipazioni discografiche da qualche tempo ormai appare solo saltuariamente, quando ci sono delle uscite particolarmente sfiziose, sia a livello di cofanetti, come di ristampe di album importanti o dischi di artisti che ci piacciono in modo particolare. Questo sia per motivi di tempo nello scrivere i Post, sia per dare maggiore spazio alle recensioni singole di dischi o box, che negli ultimi tempi si sono comunque incrementate notevolmente di numero. Solo per questo periodo ferragostano, da oggi e per qualche giorno (poi in futuro vedremo), verrà nuovamente dedicata una serie di Post alle uscite più interessanti di settembre, selezionate tra tutte quelle previste nel periodo in ordine cronologico, aggiungendo anche quelle del 31 agosto, da cui partiamo oggi: iniziamo con il Live di Little Steven che, per essere onesti, negli Stati Uniti è già stato pubblicato il 10 agosto, ma visto che in Europa uscirà solo a fine mese lo inseriamo nella lista d’ufficio. Ovviamente di molti di questi CD leggerete poi le recensioni complete di volta in volta al momento dell’uscita.

little steven soulfire live 31-8

CD1: Live]
1. Mike Stoller Intro
2. Soulfire
3. I’m Coming Back
4. Blues Is My Business Intro
5. Blues Is My Business
6. Love On The Wrong Side Of Town
7. Until The Good Is Gone
8. Angel Eyes
9. Some Things Just Don’t Change
10. Saint Valentine’s Day Intro
11. Saint Valentine’s Day
12. Standing In The Line Of Fire Intro
13. Standing In The Line Of Fire
14. I Saw The Light
15. Salvation
16. The City Weeps Tonight Intro
17. The City Weeps Tonight

[CD2: Live]
1. Down And Out In New York City
2. Princess Of Little Italy Intro
3. Princess Of Little Italy
4. Solidarity
5. Leonard Peltier
6. I Am A Patriot
7. Groovin’ Is Easy
8. Ride The Night Away Intro
9. Ride The Night Away
10. Bitter Fruit
11. Forever
12. Checkpoint Charlie Intro
13. Checkpoint Charlie
14. I Don’t Want To Go Home
15. Out Of The Darkness Intro
16. Out Of The Darkness

[CD3: Bonus Tracks]
1. Even The Losers
2. Can’t Be So Bad (featuring Jerry Miller)
3. You Shook Me All Night Long
4. Working Class Hero
5. We Gotta Get Out Of This Place
6. Can I Get A Witness (featuring Richie Sambora)
7. It’s Not My Cross To Bear Intro
8. It’s Not My Cross To Bear
9. Freeze Frame (featuring Peter Wolf)
10. The Time Of Your Life
11. Tenth Avenue Freeze-Out (featuring Bruce Springsteen)
12. I Don’t Want To Go Home (featuring Bruce Springsteen)
13. Merry Christmas (I Don’t Want To Fight Tonight)

Presente sulle piattaforme digitali per il download e su Spotify, già dal 27 di aprile, ora questo doppio dal vivo di Little Steven And The Disciples Of Soul, Soulfire Live, dal nome del suo ottimo disco dello scorso anno https://discoclub.myblog.it/2017/05/26/per-una-volta-il-boss-e-lui-little-steven-soulfire/ , viene distribuito dalla Universal anche a livello fisico come triplo CD, con un intero dischetto ricco di bonus tracks veramente interessanti e con la partecipazione di ospiti che vanno da Jerry Miller dei Moby Grape Richie Sambora dei Bon Jovi, passando per Peter Wolf e naturalmente Bruce Springsteen, presente in due canzoni.

Il concerto sarebbe già fantastico di suo ma queste presenze ne elevano ulteriormente il livello qualitativo. Introdotto da Mike Stoller, Steve Van Zandt introduce a sua volta, con le sue inimitabili, dotte e divertenti presentazioni molti dei brani presenti nell’album, in quello che risulta un vero gioioso e trascinante tuffo nella storia del R&R, del soul, del R&B, del pop più gustoso, con la produzione dello stesso Little Steven, il mixaggio di Bob Clearmountain e il mastering di Bob Ludwig, il meglio di quello che c’è in circolazione per avere il suono più limpido e naturale. Qui sotto trovate anche la lista di tutti i musicisti strepitosi che suonano in questo Soulfire Live.

nick mason unattended luggage 31-8

Ecco una “ristampa” Interessante per gli amanti dei Pink Floyd, anche se il termine è riduttivo: si tratta di un triplo CD pubblicato dalla Harvest/Rhino che contiene i tre album solisti di Nick Mason, ovvero Nick Mason‘s Fictitious Sports, Profiles, e White Of The Eye ed uscira più o meno in contemporanea con la prosecuzione del tour della nuova band del batterista, Nick Mason‘s Saucerful Of Secrets https://www.youtube.com/watch?v=ZkaORKQVM7o .

I tre album all’epoca erano usciti rispettivamente nel 1981, 1985 e 1987, i primi due non hanno circolato molto in CD, mentre il terzo appare addirittura per la prima volta su CD. In Nick Mason‘s Fictitious Sports come ospiti troviamo, tra gli altri, Robert Wyatt, Mike Mantler Carla Bley, in Profiles attribuito a Mason e Fenn (il chitarrista del 10cc), che è un album prevalentemente strumentale, comunque come vocalist ci sono Maggie Reilly, David Gilmour e il tastierista degli UFO,  Danny Peyronel. White Of The Eye era la colonna sonora di un oscuro film inglese del 1987, sempre con Nick Fenn.

Non ci sono bonus ma l’interesse risiede nella rarità del terzo album.

[CD1: Nick Mason‘s Fictitious Sports]
1. Can’t Get My Motor To Start
2. I Was Wrong
3. Siam
4. Hot River
5. Boo To You Too
6. Do Ya?
7. Wervin’
8. I’m A Mineralist

[CD2: Profiles]
1. Malta
2. Lie For A Lie
3. Rhoda
4. Profiles, Pts.1 & 2
5. Israel
6. And The Address
7. Mumbo Jumbo
8. Zip Code
9. Black Ice
10. At The End Of The Day
11. Profiles, Pt.3

[CD3: White Of The Eye]
1. Goldwaters
2. Remember Mike?
3. Where Are You Joany?
4. Dry Junk
5. Present
6. Thrift Store
7. Prelude And Ritual
8. Globe
9. Discovery And Recoil
10. Anne Mason
11. Mendoza
12. A World Of Appearances
13. Sacrifice Dance
14. White Of The Eye

amos lee my new moon 31-8

Torna abbastanza a sorpresa anche il cantautore americano Amos Lee con un nuovo disco, My New Moon, e una nuova etichetta, la Dualtone, dopo il buon Spirit del 2016. Non vi so dire molto sul disco, se non che viene annunciato come un album personale ed intenso, queste comunque sono le tracce incluse nel CD. E dai due video rilasciati finora sembra valido come al solito.

1. No More Darkness, No More Light
2. Louisville
3. Little Light
4. All You Got Is A Song
5. I Get Weak
6. Crooked
7. Hang On, Hang On
8. Don’t Give A Damn Anymore
9. Whiskey On Ice
10. Don’t Fade Away

anna calvi hunter 31-8

La cantautrice britannica Anna Calvi era da ben cinque anni che non pubblicava un nuovo album: dal 2013 quando uscì One Breath, che all’amico Tino Montanari era piaciuto parecchio https://discoclub.myblog.it/2013/10/14/il-difficile-secondo-disco-anna-calvi-one-breath-5728820/ . Ora per il nuovo CD Hunter, sempre su etichetta Domino, la Calvi si è affidata alla produzione di Nick Launay (Nick Cave, Grinderman), ed il disco è stato registrato ai famosi Konk Studios di Londra (quelli dei Kinks). Tra gli abituali collaboratori della cantautrice inglese Mally Harpaz e Alex Thomas, oltre a Adrian Utley (Portishead) e Martyn Casey (The Bad Seeds). Qui sotto i titoli delle canzoni e un breve assaggio dell’album.

1. As A Man
2. Hunter
3. Don’t Beat The Girl Out Of My Boy
4. Indies Or Paradise
5. Swimming Pool
6. Alpha
7. Chain
8. Wish
9. Away
10. Eden

madeleine peyroux anthem 31-8

Sempre abbastanza a sorpresa, e direi molto di più sulla mia lunghezza sonora di ascolto, esce il nuovo album di Madeleine Peyroux: si intitola Anthem, è l’ottavo album di studio per la cantautrice nativa di Athens, Georgia, ma che poi ha vissuto tra New York, la California e Parigi. Sono passati 22 anni dallo splendido esordio Dreamland, a cui fece seguito una lunga pausa di riflessione. La nostra amica lo presenta come il suo progetto più ambizioso, ma si sa che le cartelle stampa spesso non sono obiettive: comunque il disco, come di consueto, è prodotto dall’ottimo Larry Klein (bassista, ex marito di Joni Mitchell e garanzia di qualità) esce su etichetta Decca/Verve del gruppo Universal, vede tra i collaboratori a livello di autori (ma che suonano anche nell’album come musicisti) Patrick Warren, Brian MacLeod David Baerwald, di cui ricordo sempre con grande piacere il bellissimo Boomtown del 1986 pubblicato come David + David https://www.youtube.com/watch?v=97wvwuHUMCw e poi il lavoro fondamentale nel disco di Shery Crow Tuesday Night Music Club.

Tornando al disco della Peyroux ci sono anche due “cover”: la prima, disponibile solo nella versione digitale e nel doppio vinile limitato colorato è un adattamento di un poema di Paul Eluard La Libertè, mentre Anthem, che è la title track è il famoso brano di Leonard Cohen. Sempre delicata, deliziosa e preziosa, un vero nettare per i padiglioni auricolari, la Peyroux sarà in concerto il 10 novembre al Teatro dell’Arte di Milano (vicino alla Triennale) il 10 novembre p.v. 

Ecco la lista completa delle canzoni.

1. ON MY OWN
2. DOWN ON ME
3. PARTY TYME
4. ANTHEM
5. ALL MY HEROES
6. ON A SUNDAY AFTERNOON
7. THE BRAND NEW DEAL
8. LULLABY
9. HONEY PARTY
10. THE GHOSTS OF TOMORROW
11. WE MIGHT AS WELL DANCE
12. LIBERTE
13. LAST NIGHT WHEN WE WERE YOUNG*

*Bonus Track on all Digital Versions + Colored Vinyl

king of the road a tributo to roger miller 31-8

E infine, last but not least, un tributo a Roger Miller, uno dei cantanti country più popolari negli Stati Uniti, meno conosciuto da noi, se non per la sua canzone più celebre King Of The Road, un brano che hanno cantato in tantissimi, oltre agli artisti country, Rufus Wainwright & Teddy Thompson, Giant Sand, Boney M (!?!), Proclaimers, R.e.m. Jerry Lee Lewis e decine di altri. Ma nel suo repertorio c’erano moltissimi altri brani di buon valore, che per l’occasione vengono ripescati per questo doppio King Of The Road A Tribute To Roger Miller, doppio CD che verrà pubblicato dalla BMG sempre il 31 agosto e dove partecipano tantissimi musicisti di quelli che amiamo (qualcuno un po’ meno), provenienti da tutti i generi musicali, come testimonia la notevole lista completa dei brani e dei partecipanti. Ovviamente quel Banter ricorrente non è un artista ma una serie di brevi discorsi posti tra una canzone e l’altra di questo tributo.

Disc One
Greatest Songwriter (Banter)
Chug-a-Lug – Asleep at the Wheel ft. Huey Lewis
Dang Me – Brad Paisley
Leavin’s Not the Only Way to Go – The Stellas ft. Lennon and Maisy
Kansas City Star – Kacey Musgraves
World So Full of Love – Rodney Crowell
Old Friends (Banter)
Old Friends – Willie Nelson, Kris Kristofferson, Merle Haggard
Lock Stock and Teardrops – Mandy Barnett
You Oughta Be Here With Me – Alison Krauss ft. The Cox Family
The Crossing – Ronnie Dunn, The Blind Boys of Alabama
In the Summertime – The Earls of Leicester ft. Shawn Camp
Fiddle (Banter)
England Swings – Lyle Lovett
You Can’t Rollerskate in a Buffalo Herd – Various Artists
Half a Mind – Loretta Lynn
Invitation to the Blues – Shooter Jennings, Jessi Colter
It Only Hurts Me When I Cry (Live) – Dwight Yoakam

Disc Two
Mouth Noises (Banter)
Oo De Lally – Eric Church
Engine, Engine #9 – Emerson Hart ft. Jon Randall
When Two Worlds Collide – Flatt Lonesome
Reincarnation – Cake
You Can’t Do Me This Way and Get By With It – Dean Miller ft. The McCrary Sisters
Chicken S#$! (Banter)
Nothing Can Stop Me – Toad the Wet Sprocket
Husbands and Wives – Jamey Johnson ft. Emmylou Harris
I’ll Pickup My Heart and Go Home  – Lily Meola
I Believe in the Sunshine – Daphne and the Mystery Machines
Guv’ment – John Goodman
Old Songwriters Never Die (Banter)
Hey, Would You Hold It Down? – Ringo Starr
The Last Word in Lonesome Is Me – Dolly Parton ft. Alison Krauss
I’d Come Back to Me – Radney Foster ft. Tawnya Reynolds
One Dying and a Burying – The Dead South
Do Wacka Do – Robert Earl Keen, Jr.
King of the Road – Various Artists

Nei prossimi giorni si continua con le altre uscite.

Bruno Conti

Beato Tra Le Donne! Duke Robillard – And His Dames Of Rhythm

duke robillard and his dames of rhythm

Duke Robillard – And His Dames Of Rhythm – M.C. Records/Ird

Il chitarrista del Rhode Island si è sempre più o meno equamente diviso, a livello discografico, tra le sue due grandi passioni musicali, il blues e il jazz e lo swing (preferibilmente “oscuro” e anni ’20 e ’30). Il sottoscritto ha sempre ammesso pubblicamente la sua preferenza per il Duke Robillard bluesman, ma altrettanto onestamente devo ammettere che i suoi album “jazz” sono sempre molto gradevoli all’ascolto e suonati in grande souplesse. Se di solito il blues batte il jazz di misura, almeno per me, diciamo un 1-0, questa volta in compagnia di una serie di voci femminili His Dames Of Rhythm, oltre alla sua band abituale e una sezione fiati completa che rimanda ai suoi giorni con i Roomful Of Blues, per l’occasione jazz e blues impattano sull’1-1 ed è solo l’ascoltatore a godere. Robillard ancora una volta evidenzia la sua conoscenza mostruosa del repertorio jazz e swing della prima parte del secolo scorso, ed ha saputo utilizzare in modo perfetto le sei voci femminili che si alternano a duettare con lui.

Il disco nasce dall’idea di ricreare in questo CD il sound delle vecchie canzoni del repertorio Tin Pan Alley degli anni ’20 e ’30, più che il jazz tout court: la voce pimpante e cristallina di Sunny Crownover, molto old style, apre le danze in una cover di un vecchio brano di Bing Crosby From Monday On, dove  i due, con aria divertita, ricreano quell’atmosfera senza tempo del primo swing, tra fiati “impazziti” e sezione ritmica in spolvero, mentre il clarinetto di Novick e la chitarra di Robillard cesellano piccoli interventi di gran gusto. La brava Sunny poi torna per un’altra divertente My Heart Belongs To Daddy, sexy e zuccherosa il giusto, con qualche tocco tra il latino e il tango, un vecchio pezzo di un musical di Cole Porter che molti ricordano in versioni successive di Ella Fitzgerald e anche di Marylin Monroe (mi sono documentato), con il piano di Bears e la chitarra acustica arch-top di Robillard impeccabili, mentre la Crownover canta divinamente;  la seconda voce ad appalesarsi è quella di Maria Muldaur, che questo repertorio lo frequenta da decenni, il timbro è più vissuto rispetto agli anni d’oro, ma la classe è sempre presente in questa Got The South In My Soul, altro brano degli anni ‘30 delle Boswell Sisters, con improvvisi cambi di tempo, ma anche la voce deliziosa della Muldaur a guidare i musicisti. Poi tocca a Kelley Hunt, voce più grintosa (già presente anche nell’ultimo disco di Robillard, Blues Full Circle dello scorso anno http://discoclub.myblog.it/2016/11/04/anche-potrebbe-il-disco-blues-del-mese-duke-robillard-and-his-all-star-combo-blues-full-circle/ ) e cantante di grande spessore, che il sottoscritto apprezza in modo particolare, la sua rilettura di Please Don’t Talk About Me (altro pezzo degli anni ’30, che vanta decine di versioni, da Billie Holiday e Sinatra, passando per Willie Nelson) ne evidenzia ancora una volta la voce espressiva e ricca di calore, ed è uno dei tanti highlights di questo bel disco, grazie anche all’intermezzo strumentale veramente superbo nella parte centrale del brano.

E non si può non apprezzare anche la presenza di una adorabile Madeleine Peyroux, che per l’occasione sfodera un timbro un filo più “robusto” del solito, ma sempre molto sexy ed ammiccante, tra Bessie Smith e la Holiday, nel vecchio standard di Fats Waller Squeeze Me, dove Robillard con la sua chitarra sostituisce il piano di Waller, mentre Novick è sempre incisivo al clarinetto. Come conferma in Blues In My Heart, dove la voce solista è quella di Catherine Russell, cantante ed attrice nera, meno nota delle colleghe, ma sempre molto efficace, nella canzone si gode anche del lavoro dei fiati, con in evidenza il sax di Kellso. In Walking Stick di Irving Berlin, cantata dal solo Robillard, si apprezza anche un violino (Joe Lepage) che divide gli spazi solisti con Duke. In Lotus Blossom di Billy Strayhorn, ma pure nel repertorio di Duke Ellington, si apprezza di nuovo la voce vellutata della Hunt e la tromba con sordina, presumo di Doug Woolverton, presente anche altrove nel disco. What’s The Reason I’m Not Pleasin’ You, con le conclusive Ready For The River e Call Of The Freaks, sono gli altri brani dove Robillard fa da solo senza ospiti, mentre l’altra voce impiegata è quella dell’attrice di Downtown Abbey Elizabeth McGovern, alle prese con My Myself And I, altro pezzo del repertorio di Billie Holiday, prestazione onesta ma nulla più. Molto meglio Madeleine Peyroux nella dolcissima Easy Living, sempre di “Lady Soul”, e la Muldaur in un altro pezzo delle Boswell Sisters Was That The Human Thing To Do, con il solito clarinetto malandrino di Novick e il violino ad interagire con la solista di Robillard. Manca ancora un brano, cantato da Kelley Hunt, l’unica utilizzata in tre canzoni, sempre splendida nella struggente If I Could Be With You (One Hour Tonight), un altro standard degli anni ’20 di cui si ricorda una versione di Louis Armstrong, che avrebbe certo approvato la parte strumentale tra swing e dixieland. Ancora una volta quindi il “Duca” centra il colpo: “vecchio stile”, ma solita classe.

Bruno Conti

Tra Jazz E Musica D’Autore: Due Fulgidi Esempi! Madeleine Peyroux – Secular Hymns/John Scofield – Country For Old Men

madeleine peyroux secular hymns

Madeleine Peyroux – Secular Hymns – Impulse/Verve CD

John Scofield – Country For Old Men – Impulse/Verve CD

Oggi si parla di jazz, genere musicale che conta una lunga schiera di appassionati, ma anche parecchi che non lo possono soffrire, e quindi ho scelto due dischi non proprio di jazz purissimo, ma con caratteristiche tali da renderli fruibili per tutti.

Madeleine Peyroux, raffinata cantante americana di origini francesi, ha esordito esattamente vent’anni fa con il notevole Dreamland, anche se ha poi fatto passare ben otto anni per dargli un seguito, Careless Love, che è comunque diventato un grande successo (sei milioni di copie vendute), anche inatteso dato la natura poco commerciale della musica in esso contenuta. Da quel momento per Madeleine si sono cominciati a fare paragoni illustri, scomodando addirittura sua maestà Billie Holiday, e comunque lei non si è montata la testa ma ha continuato a fare la sua musica, senza inflazionare il mercato, centellinando la sua produzione, con esiti più che egregi e dischi molto belli che rispondono ai titoli di Half The Perfect World (splendido), Bare Bones, Standing On The Rooftop e The Blue Room. Il punto di forza della Peyroux è naturalmente la voce, che intelligentemente è sempre stata accompagnata da strumentazioni parche e suonate in punta di dita, facendo così risaltare il suo affascinante timbro e la sua forte capacità interpretativa: Madeleine scrive anche diverse canzoni, ma secondo me il meglio lo dà quando rilegge i classici (del genere jazz ma anche pop e rock), riuscendo a personalizzarli con la sua classe sopraffina. Secular Hymns, che inaugura il nuovo contratto con la Verve e giunge tra anni dopo The Blue Room, vede la cantante esibirsi solamente in qualità di interprete, e con una serie di arrangiamenti ridotti all’osso come mai aveva fatto prima d’ora, in modo da far brillare ancora di più la sua voce e la bellezza della canzoni. Infatti, accanto alla Peyroux stessa (che si accompagna alla chitarra acustica ed al guilele, penso una sorta di ibrido tra chitarra ed ukulele), in questo Secular Hymns suonano solo altri due musicisti, il chitarrista elettrico John Herington ed il bassista acustico Barak Mori (entrambi anche ai cori, e ho fatto anche la rima…), che ricamano con grande finezza attorno alla leader, con estrema creatività, riempiendo gli spazi nel migliore dei modi, specie Herington (già con gli Steely Dan e con il Donald Fagen solista), che si rivela in possesso di un fraseggio eccellente.

Madeleine in questo disco recupera canzoni recenti e passate, conosciute ed oscure, dandoci un lavoro di grande piacevolezza, senza annoiare mai , un album fatto per il puro piacere di suonare:  a partire dall’iniziale Got You On My Mind, un oscuro brano degli anni cinquanta, che comincia con solo basso e voce, poi entrano le chitarre (splendida per pulizia quella di Herington) e la nostra che ci dà subito un saggio della sua classe, con i tre che coniugano grande perizia tecnica ed immediatezza. Tango Till They’re Sore (di Tom Waits) è quasi cabarettistica, con un uso geniale degli strumenti e la Peyroux che giganteggia con la sua ugola strepitosa, mentre Highway Kind è un pezzo di Townes Van Zandt, e qui siamo abbastanza lontani dallo stile del grande texano, con la fusione di folk, jazz e canzone d’autore ed un’interpretazione da brividi per intensità; la mossa Everything I Do Gonna Be Funky, di Allen Toussaint, dona brio al disco, riuscendo a mantenere l’atmosfera di New Orleans anche in questa veste spoglia, mentre If The Sea Was Whiskey è uno scintillante blues di Willie Dixon, con John strepitoso alla slide (sembra Ry Cooder), e Madeleine che fa la sua bella figura anche come blues woman. Hard Times è la canzone più nota del lavoro, un’antica composizione di Stephen Foster ed uno dei classici assoluti del songbook americano, ma la nostra brava vocalist le dona nuova linfa, con un accompagnamento ancor di più ridotto ai minimi termini: classe pura; Hello Babe (altro brano abbastanza oscuro) è puro jazz, il pezzo fin qui più simili alle capostipiti del genere (non solo Holiday, ma anche Sarah Vaughn e Bessie Smith), con Madeleine che modula la voce a suo piacimento, altro pezzo sofisticato e sublime, mentre More Time  ha un’atmosfera quasi anni anni sessanta. L’album, 33 minuti di puro piacere, si chiude con la deliziosa Shout Sister Shout (di Sister Rosetta Tharpe), tra jazz e gospel, e con Trampin’, un traditional folk-blues che Madeleine ci presenta in perfetta solitudine, voce e chitarra, ennesima perla di un disco quasi perfetto.

john scofield country for old men

John Scofield, chitarrista dell’Ohio, è invece sulla braccia da quasi quarant’anni, ed è in possesso di un pedigree di tutto rispetto, avendo collaborato con gente del calibro di Miles Davis, Charles Mingus, Herbie Hancock e Pat Metheny, tra i tanti, e nel corso della sua carriera ha suonato di tutto, dal jazz puro, al free, al jazz-rock alla fusion, al blues, ma un disco country non lo aveva mai inciso. Intendiamoci, Country For Old Men è tale soprattutto nel titolo e nella scelta delle canzoni, veri e propri classici del genere (con qualche sorpresa), dato che John interpreta i vari brani nel suo ormai assodato stile, ed in compagnia di un ristretto manipolo di colleghi (Larry Goldings al piano ed organo, Steve Swallow al basso e Bill Stewart alla batteria): a differenza quindi del disco della Peyroux, questo Country For Old Men è più strumentato, maggiormente elettrico e più incline a lasciar spazio alle improvvisazioni, allungando spesso anche di molto le durate originali (cosa logica dal momento che non ci sono parti vocali, la vera voce è la chitarra di John, che ricama da par suo), ma ha in comune la classe e la capacità di intrattenere senza annoiare, anzi riuscendo a rendere piacevole un genere musicale che può spesso risultare ostico. A partire da Mr. Fool, un brano di George Jones, con John che mantiene intatta la melodia, ben doppiato da Goldings (vero alter ego del nostro in questo disco), e rendendola soffusa ma nello stesso tempo distesa e rilassata. I’m So Lonesome I Could Cry, grande classico di Hank Williams, è molto più jazzata e “free”, con il motivo originale che ogni tanto spunta, ma con John ed i suoi che fanno di tutto per creare diversi paesaggi sonori e portare il pezzo sulle loro abituali latitudini, mentre con Bartender’s Blues di James Taylor (che certo non era un brano country), John invade anche territori soul, grazie all’organo di Larry.

La classica Wildwood Flower è subito riconoscibile e godibile, anche se l’accompagnamento è decisamente jazz, ma i nostri non perdono mai di vista la melodia, mentre il traditional Wayfaring Stranger diventa un raffinatissimo brano tra afterhours e blues, suonato in punta di dita ed ancora con Goldings strepitoso. Il disco continua così, godibile e rilassante canzone dopo canzone, con alcuni pezzi vicini al mood originale (Jolene di Dolly Parton, anche se poi i quattro partono per la tangente per una bellissima jam di sette minuti e mezzo), altri dove si lascia più spazio all’improvvisazione (Mama Tried di Merle Haggard). Just A Girl I Used To Know, di Jack Clement, è suonata in maniera rigorosa ma splendida, mentre la nota Red River Valley ha un ritmo altissimo e quasi rock, per poi riabbassare i toni con la soffusa ballad You’re Still The One di Shania Twain, che dimostra  che il nostro non ha pregiudizi di sorta verso brani più commerciali.

Due CD davvero ottimi, anche se non amate alla follia il jazz: perfetti per allietare le vostre prossime serate autunnali.

Marco Verdi

Novità Di Marzo Parte I. Jimi Hendrix, Dido, Stereophonics, Laura Mvula, Son Volt, Josh Ritter, Madeleine Peyroux, Ashley Monroe, Roddy Woomble

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Confermata per domani 5 marzo l’uscita di Jimi Hendrix People, Hell And Angels, il disco “inedito” già annunciato sul Blog a fine gennaio (in tutto il mondo, Italia inclusa, ma esclusa misteriosamente l’inghilterra, dove uscirà il 1° aprile), etichetta Sony Legacy. Confermato anche Memphis di Boz Scaggs, di cui avete già letto le recensione completa pochi giorni fa.

Torna, per dirla alla Chico di Zagor o come Brian Eno, Dido Florian Cloud De Bounevialle O’Malley Armstrong, per darle il suo nome completo: il disco Girl Who Got Away, Rca Sony, è il primo dal 2008, e naturalmente esce anche in versione Deluxe doppia con 6 brani in più. Il fratello Rollo, dei Faithless, è sempre al suo fianco come autore e c’è anche un duetto con il rapper Kendrick Lamar. Già da anni aveva annunciato che l’album avrebbe avuto un approccio elettronico ma, per fortuna, non ha mantenuto totalmente le promesse, anche se… 

Anche i gallesi Stereophonics rompono un silenzio che durava dal 2009 e pubblicano per la Stylus Records/EMI, domani 5 marzo, il nuovo CD Graffiti On The Train. C’è la versione Deluxe? Che domanda, certo! Anche se i 6 brani nel secondo dischetto, a parte uno, Overland, sono versioni alternative, acustiche o remix.

 

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Tre voci femminili, piuttosto diverse tra loro, ma tutte interessanti.

Laura Mvula, all’esordio con questo Sing To The Moon, pubblicato sempre dalla RCA, è la scoperta di quest’anno di BBC e Brit Awards, tra i “names to watch” (e listen). Prodotto, attenzione, da Steve Brown (quello di Rumer) e mixato da Tom Elmhirst (quello di Adele), in Inghilterra, dove la fantasia non manca di certo alla stampa, anche troppo, è stato definito un disco di gospeldelia. Più semplicemente, per chi scrive, una bella voce, raffinata, con arrangiamenti anche complessi, misti a brani più semplici, influenze (e cover di) Nina Simone, George Gershwin e Bjork. Sembra interessante. Sì, c’è la versione doppia Deluxe con 6 tracce extra. 

Non sono passati neanche due anni dal precedente Standing On The Rooftop ed esce già un nuovo disco di Madeleine Peyroux, titolo The Blue Room, prodotto nuovamente da Larry Klein, dopo la parentesi con Craig Street, l’album inizialmente doveva essere un tributo al Ray Charles di Modern Sounds In Country & Western Music, e, tratte da quel disco, oltre a I Can Stop Loving You ce ne sono altre tre, a cui si aggiungono Guilty di Randy Newman e Bird On The Wire di Leonard Cohen, nonché Gentle On My Mind, il brano di Glen Campbell scritto da John Hartford, il tutto molto buono, ai suoi migliori livelli. Questa volta prima di parlarvi della versione Deluxe (che c’è), vi ricordo che per le strane traiettorie della discografia miderna, il disco esce, su etichetta Decca/Emarcy, il 5 marzo negli States, il 26 marzo in Italia e l’8 aprile in Inghilterra, mah! La Deluxe, in questo caso, contiene un DVD con un documentario di 30 minuti, il video di Changing All Those Changes (che è un brano di Buddy Holly) e un video unplugged di I Can’t Stop Loving You. Nel CD, come ciliegina sulla torta, c’è anche una bellissima versione di Desperados Under The Eaves di Warren Zevon.

Ashley Monroe, chi è costei? E’ una che fa country ed è anche brava. Ha fatto un bellissimo disco con le Pistol Annies (Miranda Lambert e Angaleena Presley) nel 2011 e uno, Satisfied, a nome suo nel 2009 e per quelli che seguono, è la tipa che duettava con i Train in Bruises. Per questo nuovo album, che esce solo in Usa, sempre il 5 marzo (una brutta notizia, non c’è la deluxe!), titolo Like A Rose, Warner Bros, per la title-track si è scomodato anche Guy Clark che l’ha firmata insieme a lei e c’è un duetto con Blake Shelton, produce Vince Gill. La nuova Dolly Parton?

 

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Sempre parlando di country, anzi Honky Tonk, è il titolo del nuovo disco dei Son Volt. Jay Farrar torna nei ranghi, e dopo l’operazione Gob Iron e quella per Woody Guthrie di New Multitudes, pubblica, come di consueto, per la Rounder/Universal questo nuovo album, con più pedal steel e due violini rispetto al solito sound, ma la voce è la solita, inconfondibile (che mi evoca sempre ricordi del non dimenticato Gene Clark). Sono già due dischi che non c’è la versione Deluxe, comincio ad essere preoccupato, quasi quasi me la invento.


Ma per il nuovo Josh Ritter c’è, anzi ce ne sono addirittura due, più che altro formati “strani”. The Beast In Its Tracks, etichetta Yep Rock, esce in vinile, con il CD allegato, o nuovamente in LP, con CD e 45 giri allegati, sono dei geni del marketing! Naturalmente il prezzo sale esponenzialmente a seconda delle versioni. Per fortuna il disco è bello, forse i suoi problemi amorosi (si è lasciato con la moglie, musicista anche lei, la bravissima Dawn Landes, dopo solo 18 mesi di matrimonio) hanno contribuito alla riuscita di questo nuovo album. Lui è veramente bravo, quindi non mi meraviglia più di tanto. Penso che qualcuno poi farà la recensione completa del disco sul Blog, per il momento un estratto…

E Per finire: Roddy Woomble era il leader degli Idlewild, qualcuno li ricorda? Band scozzese, che in teoria è in pausa indefinita, per permettere la carriera solista di Woomble, che collabora spesso con Kris Drever, John McCusker, Kate Rusby, Karine Polwart, Eddie Reader, Boo Hewerdine, tutta gente brava e anche lui non è male, come dimostra questo Listen To Keep pubblicato dalla Reveal. Come diceva qualcuno anni fa, provare per credere, questa Making Myths è bellissima!

Alla prossima.

Bruno Conti

“Nuove” Voci Dall’America. Miss Tess – Sweet Talk

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Miss Tess – Sweet Talk – Signature Sounds

In effetti si tratta di un gruppo, Miss Tess And The Talkbacks, che sono una diretta prosecuzione di Miss Tess & The Bon Ton Parade, e se proprio vogliamo, trattasi di Miss Tess, una pimpante ed eclettica cantante, nativa del Maryland ma newyorchese d’adozione, con 3-4 baldi giovanotti che la accompagnano, chitarra, basso, batteria, più l’occasionale steel guitar e tastiera. Genere? Bella domanda. Mah, vediamo, potremmo dire Americana, visto che ci sono elementi di jazz, country, blues, rock(and roll), western swing e canzone popolare, frullati in uno stile che, di volta in volta, spazia tra un genere e l’altro.

Brani che iniziano con un assolo di contrabbasso o prevedono al loro interno un assolo di batteria non si possono proprio definire pop e quindi fate uno sforzo di immaginazione e provate a pensare ad una Norah Jones più brillante, modello Little Willies o ad una Madeleine Peyroux meno meditativa, senza per questo voler dire che Miss Tess sia più brava, solo come indicazione musicale. Tra l’altro il suo stile si è evoluto da quello del primo gruppo (autore di una manciata di dischi, tra studio e live), i Bon Ton Parade, che prevedendo un clarinetto in formazione erano più jazzati, all’attuale formazione, che avendo introdotto una chitarra solista che si affianca a quella ritmica di Miss Tess, spazia più spesso anche in territori country swing, I’d Never Thought I’d Be Lonely, brillante e cantata con aria sbarazzina, o Everybody’s Darling altro divertente episodio quasi western swing alla Asleep At the Wheel, o proprio country, con tanto di pedal steel, come la bella ballatona Save Me St.Peter.

Ma gli elementi della ballata jazz non sono ovviamente scomparsi, come l’iniziale Don’t Tell Mama, che inizia solo chitarra elettrica e voce alla Peyroux e poi si trasforma in un potente jazz-blues con spazio per gli assolo della chitarra di Will Graefe e del batterista storico della formazione Matt Meyer. Ma c’è anche la vorticosa Adeline, con basso acustico e batteria in overdrive e l’organo di Sam Kassirer che si divide gli spazi solisti con la chitarra, a dimostrazione che siamo proprio a cospetto di un gruppo e non solo di una cantante ben accompagnata. If You Wanna Be My Man ha quel suono anni ’40-’50 dell’era pre R&R, con la bella voce di Miss Tess in evidenza ma People Come Here For Gold è un gagliardo rock and roll che farebbe la gioia dei Blasters o di Bonnie Raitt, con di nuovo l’organo a supportare le chitarre.

Introduction, come dice il nome, è il preludio, solo contrabbasso, della felpata, country meets latin, This Affair, deliziosa e delicata. Detto prima dei brani country disseminati nel CD, rimangono New Orleans, che vi lascio immaginare che tipo di brano possa essere (e il nome del precedente gruppo di Miss Tess faceva pensare ad una formazione dedita a cajun, soul e altre delizie dalla Crescent City), con un pianino insinuante che si affianca alle consuete chitarre, e la conclusiva I Don’t Want To Set The World On Fire, l’unica cover, una canzone anni ’40 degli Ink Spots, una torch song che permette di gustare appieno le qualità vocali di Miss Tess che aggiungiamo, di diritto, tra le cantanti che vale la pena di scoprire ed ascoltare!

Bruno Conti