Una Splendida Full Immersion Nella Leggenda, 3 Giorni Di Pace E Musica! Woodstock – Back To The Garden: The Definitive 50th Anniversary Archive. Giorno 2

woodstock_deluxebox_productshot_1VV.AA: Woodstock – Back To The Garden: The Definitive 50th Anniversary Archive – Rhino/Warner 38CD/BluRay Box Set

Seconda Parte

Day 2/CD 9-23.   

CD9 – Quill. Band di Boston oggi dimenticata, costruita intorno ai fratelli Dan e Jon Cole e con un solo album all’attivo. Quattro lunghe canzoni tra rock e psichedelia di discreto livello, tra le quali spiccano il godibile jumpin’ blues That’s How I Eat e la coinvolgente Waiting For You, piuttosto Doors-oriented.

CD10 – Country Joe McDonald. Esibizione acustica, da folksinger, per Joseph Allen McDonald (tornerà il terzo giorno con The Fish), con brani originali come Rockin’ Round The World, Flying High e I Seen A Rocket, classici country del calibro di Heartaches By The Number, Ring Of Fire e Tennessee Stud e finale con la mitica I-Feel-Like-I’m-Fixin’-To-Die Rag. Tutto abbastanza piacevole anche se con qualche stonatura qua e là.

CD11 – Santana. Il Festival entra nel vivo con uno dei momenti più leggendari. I Santana erano una band sconosciuta (erano stati raccomandati da Bill Graham, e quando Graham raccomandava qualcuno dovevi ascoltarlo) ed il loro set fu uno shock per tutti i presenti, che si ritrovarono di fronte un chitarrista strepitoso ed una band magnifica (con il tastierista e cantante Gregg Rolie perfetto alter ego di Carlos, e Michael Shrieve devastante alla batteria). Il punto più alto della performance è senza dubbio Soul Sacrifice, ma anche i futuri classici Evil Ways e Jingo non sono da sottovalutare, come neppure la calda e ritmata apertura di Waiting, la potente Just Don’t Care ed il sontuoso latin rock di Savor.

CD12 – John Sebastian. Dopo Santana l’esibizione acustica dell’ex Lovin’ Spoonful (tra l’altro interrotta per il parto della moglie) è quasi un anticlimax, anche se il nostro ce la mette tutta e ci regala cinque buone canzoni, tra cui la folkeggiante How Have You Been e la gradevole Darling Be Home Soon.

CD13 – Keef Hartley Band. Gruppo dell’ex batterista di John Mayall (oltre che di Rory & The Hurricanes, proprio come Ringo), che suona un set di solido blues con tanto di fiati, guidato dalla voce e chitarra di Miller Anderson: cinque brani, con la potente Spanish Fly in apertura, strumentale che si presta ad improvvisazioni varie, il gagliardo rock-blues elettrico di She’s Gone ed il notevole medley finale di 18 minuti Sinnin’ For You/Leaving Trunk/Just To Cry.

CD14 – The Incredible String Band. Dopo una poesia introduttiva (Invocation) il gruppo britannico guidato da Mike Heron e Robin Williamson si lancia in cinque brani nel loro caratteristico stile folk acustico e sognante, un set godibile (pur con alcune sbavature vocali) che ha il suo momento migliore nell’orecchiabile This Moment. Forse un po’ fuori posto in questa fase del Festival, li avrei visti meglio il primo giorno.

CD15/16 – Canned Heat. La boogie-blues band di Los Angeles era molto popolare in quel periodo, e la loro fama aumentò proprio grazie alla partecipazione a Woodstock. Spero però di non attirarmi addosso le ire dei lettori se dico che un conto è quando a cantare è Bob Hite (come nell’energico rock-blues I’m Her Man, nel sanguigno medley A Change Is Gonna Come/Leaving This Town o ancora nel travolgente Woodstock Boogie, ben 28 minuti decisamente esplosivi), un conto quando il microfono passa ad Alan Wilson, il cui falsetto già mi è sempre rimasto un po’ indigesto, ma qui è completamente fuori fase e stona alla grande, rovinando completamente i due brani più famosi del gruppo, Going Up The Country e On The Road Again.

CD17 – Mountain. Il quartetto guidato da Leslie West e Felix Pappalardi (con Steve Knight e Norman Smart) è stata una grande band, e pochi si ricordano della loro partecipazione a Woodstock. Un set al fulmicotone con versioni possenti di alcuni dei loro classici, tra rock, blues e hard: la tonante Blood Of The Sun, le intense ballad Theme For An Imaginary Western (scritta da Jack Bruce) e Who Am I But You And The Sun sono per chi scrive gli episodi migliori, senza però dimenticare una magnifica Stormy Monday di T-Bone Walker, rock-blues affilato come una lama e con West monumentale alla solista, ed un uno-due finale da infarto con Dreams Of Milk And Honey e Southbound Train. Grandissima prestazione.

CD18/19 – Grateful Dead. Ed ecco uno degli highlight del box, l’esibizione completa della storica band di San Francisco. Il gruppo guidato da Jerry Garcia non aveva mai amato questa performance, ed è infatti strano che su circa 24.000 dischi dal vivo della loro discografia, di Woodstock non fosse mai uscito nulla tranne Dark Star dieci anni fa. La loro prestazione fu però inficiata da problemi con la messa a terra degli impianti elettrici, problemi causati dalla pioggia battente, che instillò nei nostri la paura di prendere la scossa non appena avessero toccato strumenti o microfoni. Per fortuna andò tutto bene, e risentita oggi la loro performance non è così male, anche se lontana dalla perfezione dei concerti che da lì a tre mesi formeranno l’ossatura di Live/Dead, il loro miglior album dal vivo di sempre. Cinque pezzi in totale, con due di pura psichedelia (St. Stephen, stranamente appena accennata, e la già citata Dark Star) ed altri due che anticipano il futuro suono “roots”, cioè la cover di Mama Tried di Merle Haggard e High Time un anno prima di Workingman’s Dead. Ma l’highlight del concerto è una fantastica Turn On Your Lovelight di ben 38 minuti, una vera goduria in cui la classe di Garcia e soci viene fuori alla grande.

CD20 – Creedence Clearwater Revival. Tosta performance elettrica e decisamente rock per la band dei fratelli Fogerty, gruppo che non ha mai tradito. Tra riletture potenti e dirette di classici (Born On The Bayou, Green River, Bad Moon Rising, Proud Mary, Keep On Chooglin’), un paio di “deep cuts” (Bootleg, Commotion), qualche cover (Ninety-Nine And A Half, I Put A Spell On You, The Night Time Is The Right Time) ed una Suzie Q di dieci minuti assolutamente devastante, i CCR forniscono una delle migliori prestazioni del Festival. *NDB Come avrete visto all’inizio di agosto è uscito per la Concord anche il CD con la esibizione completa di Fogerty e soci.

CD21 – Janis Joplin. La cantante texana era un’altra che non deludeva mai, una interprete formidabile che qui dimostra di cavarsela alla grande con tutti gli stili, siano essi evergreen (una Summertime da brividi), ballate di derivazione pop (To Love Somebody dei Bee Gees), vibranti errebi (Raise Your Hand di Eddie Floyd e I Can’t Turn You Loose di Otis Redding, cantata in duetto con il sassofonista Cornelius Flowers), blues lenti ma torridi (Kozmic Blues, da pelle d’oca, e Ball And Chain di Big Mama Thornton) e perfino un accenno di swamp alla Creedence con Try (Just A Little Bit Harder). Non manca la splendida Piece Of My Heart, tra i più grandi classici di Janis.

CD22 – Sly & The Family Stone. Non sono mai stato un fan di questa band e della musica funky in generale, ma è difficile restare indifferenti al set infuocato di Sylvester Stone e Famiglia (e poi c’è anche parecchio errebi), che può contare su riprese piene di ritmo ed energia di alcuni classici del loro repertorio, con un cenno particolare per il dirompente medley di 20 minuti Everyday People/Dance To The Music/Music Lover/I Want To Take You Higher.

CD23 – The Who. Il secondo giorno si chiude con un’altra esibizione storica, anche questa tra le più belle del Festival, roccata, grintosa e potente: una macchina da guerra. Tommy era uscito da tre mesi e la quasi totalità dei brani presenti proviene dalla mitica rock opera (ben 16 pezzi), con i soliti highlights che conosciamo (Amazing Journey, Acid Queen, Pinball Wizard, Go To The Mirror Boy, I’m Free, We’re Not Gonna Take It). Il quartetto arrotonda con due classici del calibro di I Can’t Explain e My Generation e due scatenati rock’n’roll come Summertime Blues di Eddie Cochran e Shakin’ All Over di Johnny Kidd & The Pirates. In mezzo al concerto, il ben noto “Abbie Hoffman Incident”, in cui il disturbatore di estrema sinistra Abbie Hoffman (una specie di Gabriele Paolini dell’epoca) salì sul palco tentando di interrompere la performance ma venne preso a male parole e, pare, buttato giù dal palco a chitarrate da Pete Townshend. Che per questo si è guadagnato la mia stima imperitura.

Fine della seconda parte, segue…

Marco Verdi

Una Splendida Full Immersion Nella Leggenda, 3 Giorni Di Pace E Musica! Woodstock – Back To The Garden: The Definitive 50th Anniversary Archive. Giorno 2ultima modifica: 2019-09-01T20:50:39+02:00da bruno_conti
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4 pensieri su “Una Splendida Full Immersion Nella Leggenda, 3 Giorni Di Pace E Musica! Woodstock – Back To The Garden: The Definitive 50th Anniversary Archive. Giorno 2

  1. Buona recensione, na non si puó liquidare la band di Carlos Santana citando “l’ottimo tastierista”. La performance, allora e adesso, è stata resa indimenticabile dal giovanissimo e talentuoso batterista Michael Shrieve. Omissione grande.

    • Chiedo venia, conosco l’importanza di Shrieve nel suono della band ed in particolare nella performance di Woodstock: a dire il vero inizialmente pensavo di citare la band al completo, ma poi non volevo allungare ulteriormente un post già abbastanza lungo e quindi ho deciso di nominare solo Rolie in qualità di direttore musicale del gruppo e cantante.
      MV

      • No, scusa tu, ma ricordo benissimo l’effetto che mi fece quel batterista all’epoca dell’uscita del film. Poco dopo ho anche scoperto che era un quindicenne, se non sbaglio. Comunque bella recensione e purtroppo mi farai acquistare l’ennesima edizione di Woodstock. Ovviamente mi dovrò accontentare di quella da 10 cd, ma è anche troppo. Buon lavoro, alla prossima recensione.

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